Filone di Alessandria
Filone di Alessandria Pagano | |
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Età alla morte | circa 70 anni |
Nascita | Alessandria d'Egitto 20 a.C. ca. |
Morte | 50 ca.[1] |
Filone di Alessandria, noto anche come Filone l'Ebreo (Alessandria d'Egitto, 20 a.C. ca.; † 50 ca.[1]), è stato un filosofo greco antico, ellenistico di cultura ebraica.
Biografia
Nelle opere di Giuseppe Flavio si possono trovare i pochi dettagli biografici che lo riguardano. Coltissimo esponente della potente comunità ebraica di Alessandria, nel 40 fu rappresentante della delegazione a Roma presso l'imperatore romano Caligola. Provenne da una delle più ricche ed influenti famiglie della città e forse fu il primo grande commentatore dei testi biblici da lui conosciuti in traduzione greca.
Pensiero
La sua originalità sta nell'aver interpretato in maniera platonica la Bibbia. Egli vede nella teoria del Demiurgo (esposta da Platone nel suo Timeo) il Dio creatore ebraico.
Filone teorizzò il metodo dell'interpretazione allegorica fondata sulla distinzione tra due significati presenti nello scritto: la lettera e lo spirito, che racchiude il significato più autentico. Tramite questa interpretazione egli vede nella Bibbia la dottrina dell'esistenza di Dio. Dio è ineffabile e il linguaggio non è uno strumento sufficiente per esprimerne l'essenza.
I testi mosaici del Pentateuco, contenenti la descrizione della creazione e le principali leggi divine insieme agli altri testi accorpati a questi, furono da Filone spogliati del loro significato più immediato e letterale e reinterpretati allegoricamente. Questo modo di leggere i testi biblici avrà di li a poco molta fortuna e costituirà il metodo interpretativo principale per la tradizione neoplatonica di area ebraica.
Opere di Filone di Alessandria
Commentari allegorici
Le opere di Filone improntate ad una interpretazione allegorica sono:
- "Legum allegoriae," libri i.-iii., Gen. ii. 1-iii. 1a, 8b-19 (sulla completezza e sui contenuti di questi tre libri e sull'esatto collegamento dei libri i. e ii., si rinvia a Schürer, "Gesch." iii. 503);
- "De cherubim," Gen. iii. 24, iv. 1;
- "De sacrificiis Abelis et Caini," Gen. iv. 2-4 (cfr. Schürer, l.c. p. 504);
- "De eo quod deterius potiori insidiatur";
- "De posteritate Caini," Gen. iv. 16-25 (vedi Cohn and Wendland, "Philonis Alexandrini," etc., ii., pp. xviii. et seq., 1-41; "Philologus," lvii. 248-288);
- "De gigantibus," Gen. vi. 1-4;
- "Quod Deus sit immutabilis," Gen. vi. 4-12 (Schürer [l.c. p. 506] correttamente collega N. 6 e 7 in un solo libro; Massebieau ("Bibliothèque de l'Ecole des Hautes Etudes," p. 23, note 2, Paris, 1889) aggiunge dopo il N. 7 i libri perduti Περὶ Διαϑηκῶν);
- "De Agricultura Noë," Gen. ix. 20 (cfr. Von Arnim, "Quellenstudien zu Philo von Alexandria," 1899, pp. 101-140);
- "De Ebrietate," Gen. ix. 21 (sul secondo libro perduto vedi Schürer, l.c. p. 507, and Von Arnim, l.c. pp. 53-100);
- "Resipuit; Noë, seu De Sobrietate," Gen. ix. 24-27;
- "De Confusione Linguarum," Gen. xi. 1-9;
- "De. Migratione Abrahami," Gen. xii. 1-6;
- "Quis Rerum Divinarum Heres Sit," Gen. xv. 2-18 (sull'opera Περὶ Μισϑῶν citata in questo trattato vedi Massebieau, l.c. pp. 27 et seq., note 3);
- "De Congressu Quærendæ Eruditionis Gratia," Gen. xvi. 1-6;
- "De Fuga et Inventione," Gen. xvi. 6-14 (a volte riportato in edizioni più datate col titolo "De Profugis");
- "De Mutatione Nominum," Gen. xvii, 1-22 (sul frammento "De Deo," che contiene un commentario a Gen. xviii. 2, vedi Massebieau, l.c. p. 29);
- "De Somniis," libro i., Gen. xxviii. 12 e seg., xxxi. 11 e seg. (il sogno di Giacobbe); "De Somniis," libro ii., Gen. xxxvii. 40 e seg. (i sogni di Giuseppe, del coppiere, del fornaio e del Faraone). Altri tre libri di Filone sui sogni sono andati perduti. Il primo di questi(sui sogni di Abimelech e Laban) precedeva l'attuale libro i., e discuteva sui sogni in cui Dio stesso parlò ai dormienti, tema che ben si ricollega a Gen. xx. 3. Sulla fonte dossografica utilizzata da Filone nel libro i., § 4 [i. 623], vedi Wendland in "Sitzungsbericht der Berliner Akademie." 1897. N. xlix. 1-6.
Sui Patriarchi
Filone scrisse un'opera sistematica concernente Mosè ed il decalogo, introdotta dal trattato "De Opificio Mundi," che nelle attuali edizioni precede "De Allegoriis Legum," vol.i ("De Abrahamo," § 1 [ii. 1], con "De Præmiis et Pœnis," § 1 [ii. 408]). La Creazione, secondo Filone, è il fondamento della legislazione Mosaica, che è in completa armonia con la natura ("De Opificio Mundi," § 1 [i. 1]). L'esposizione della Legge è suddivisa in due sezioni. Nella prima sezione, vi sono le biografie di uomini quali, Enos, Enoch, Noè, Abramo, Isacco, e Giacobbe, che precedettero le svariate leggi scritte della Torah. Questi furono i Patriarchi, viventi personificazioni della virtù secondo la legge naturale prima ancora che vi fossero leggi scritte.
Sulla Legge
Nella seconda sezione vengono discusse in dettaglio le leggi: per primi i dieci comandamenti (il Decalogo), quindi i precetti derivanti da ciascun comandamento. L'opera è suddivisa nei seguenti trattati:
- "De Opificio Mundi" (cfr. Siegfried in "Zeitschrift für Wissenschaftliche Theologie," 1874, pp. 562-565; l'importante edizione estrapolata di questo trattato fatta da L Cohn, Breslau, 1889, precedeva l'edizione dello stesso "Philonis Alexandrini," etc., 1896, i.).
- "De Abrahamo," su Abramo, simboleggiante la rettitudine acquisita tramite la conoscenza. Le vite di Isacco e Giacobbe sono andate perdute. I tre patriarchi erano intesi a rappresentare l'ideale condizione cosmopolita del mondo.
- "De Josepho," la vita di Giuseppe, proposta per mostrare come l'uomo saggio deve agire nella realtà quotidiana.
- "De Vita Mosis," libri i.-iii.; Schürer, l.c. p. 523, riunisce i tre libri in due solo; ma, come Massebieau dimostra (l.c. pp. 42 et seq.), un passaggio, benché sia difficile possa essere un intero libro, è mancante alla fine dell'attuale secondo libro (Wendland, in "Hermes," xxxi. 440). Schürer (l.c. pp. 515, 524) esclude questo trattato dal contesto, nonostante egli ammetta che, da un punto di vista letterario, esso possa rientrare in questo gruppo di opere; tuttavia egli considera il De vita Mosis estraneo in generale al tema dell'opera, dato che Mosè, a differenza dei Patriarchi, non può essere inteso come un modello universalmente valido di azione morale, e nemmeno può essere descritto come tale. Su quest'ultimo punto si può essere d'accordo, tuttavia resta in piedi la questione se sia necessario considerare tale materia sotto questa luce. Sembra più naturale far precedere la discussione sulla legge dalla biografia del legislatore, mentre è da considerare artificioso e repentino il passaggio da Giuseppe al tema della legislazione, dall'uomo di governo che nulla ha a che fare con le leggi divine alla discussione di queste medesime leggi. Mosè, come uomo perfetto, unisce in sé, in un certo qual modo, tutte le facoltà tipiche dei patriarchi. È sua la "mente più pura" ("De Mutatione Nominum," 37 [i. 610]), egli è il "virtuoso per eccellenza" che è stato purificato di tutte le passioni ("De Allegoriis Legum," iii. 45, 48 [i. 113, 115]). Essendo il prescelto per ricevere la rivelazione divina, egli è anche il più adatto ad annunciarla agli altri nella forma dei Comandamenti(ib. iii. 4 [i. 89 et seq.]).
- "De Decalogo," è il trattato introduttivo al Decalogo.
- "De Specialibus Legibus," in questo trattato Filone cerca di ordinare in sistema le varie leggi della Torah, e di conformarle ai 10 Comandamenti. Infatti al primo e al secondo comandamento è aggiunta la norma relativa ai sacerdoti ed ai sacrifici; al terzo (non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano), le norme relative a bestemmie e giuramenti, etc.; al quarto (ricordati di santificare il giorno del riposo), le regole delle festività; al quinto (onora il padre e la madre), il rispetto per i parenti, gli anziani, etc.; al sesto, le leggi civili e penali; al settimo, le leggi sul matrimonio; all'ottavo, le leggi relative al furto; al nono, le leggi sulla testimonianza; infine al decimo, le leggi sulla concupiscenza[2]. Il primo libro contiene i seguenti trattati presenti nelle correnti edizioni: "De Circumcisione"; "De Monarchia," libri i. e ii.; "De Sacerdotum Honoribus"; "De Victimis." Riguardo alla divisione del libro in queste sezioni ed ai titoli delle più recenti sezioni ritrovate, si veda Schürer, l.c. p. 517; Wendland, l.c. pp. 136 e seg. Il secondo libro contiene una sezione intitolata pure "De Specialibus Legibus" (ii. 270-277), cui è aggiunto il trattato "De Septenario," che è, comunque, incompleto in Mangey. La parte più cospicua della porzione mancante fu messo a disposizione da Mai (1818) con il titolo "De Cophini Festo et de Colendis Parentibus," nella edizione Richter, v. 48-50, Leipsic, 1828. Il testo completo del secondo libro fu pubblicato da Tischendorf nella sua "Philonea" (pp. 1-83). Il terzo libro è incluso con il titolo "De Specialibus Legibus" nella edizione Mangey, ii. 299-334. Il quarto libro è intitolato anche "De Specialibus Legibus"; ad esso sono aggiunte le ultime sezioni portanti nelle consuete edizioni i titoli "De Judice" e "De Concupiscentia"; inoltre sono incluse, come appendice, le sezioni "De Justitia" e "De Creatione Principum."
- I trattati "De Fortitudine," "De Caritate," e "De Pœnitentia" sono una specie di appendice a "De Specialibus Legibus." Schürer (l.c. pp. 519 [note 82], 520-522) collega questi trattati in un singolo libro che, egli ritiene sia stato scritto da Filone
- "De Præmiis et Pœnis" e "De Execratione." Sul collegamento fra questi trattati vedi Schürer, l.c. pp. 522 et seq. Così si conclude l'esposizione della Legge Mosaica.
Opere varie
- "Quod Omnis Probus Liber," è la seconda metà di un'opera sulla libertà dell'uomo probo basata sui principi dello Stoicismo. L'autenticità di quest'opera è stata messa in discussione da Zecharias Frankel (in "Monatsschrift," ii. 30 e seg., 61 e seg.), da Heinrich Grätz ("Gesch." iii. 464 e seg.), da Ansfeld (1887), Hilgenfeld (in "Zeitschrift für Wissenschaftliche Theologie," 1888, pp. 49-71), ed altri autori. Paul Wendland, Ohle, Emil Schürer, Massebieau, e Krell considerano quest'opera autentica, fatta eccezione dei passaggi interpolati riguardanti gli Esseni.
- "In Flaccum" e "De Legatione ad Caium," vi è descritta la persecuzione degli ebrei di Alessandria sotto il regno di Caligola. Questo resoconto, consistente originalmente in cinque libri, è giunto a noi solo in parte (vedi Schürer, l.c. pp. 525 e seg.; vedi anche il commentario di Pieter W. van der Horst, 'Il Flaccus di Filone: Il Primo Pogrom. Introduzione, Traduzione e Commento' 2005). Con quest'opera Filone intendeva mostrare la spaventosa punizione inflitta da Dio ai persecutori degli Ebrei (sulla predilezione di Filone per temi simili vedi Siegfried, "Philo von Alexandria," p.157).
- "De Providentia," quest'opera è giunta a noi in lingua armena, è stata data alle stampe da Richter ed altri nella traduzione latina fatta da Aucher (sui frammenti greci di quest'opera si rinvia a Schürer, l.c. pp. 531 e seg.).
- "De Animalibus" (si veda Schürer, l.c. p. 532; in Richter's ed. viii. 101-144).
- ϓποθετικά ("Counsels"), quest'opera è conosciuta solo tramite i frammenti riportati da Eusebio in "Præparatio Evangelica," viii. 6, 7. Il significato del titolo è oggetto di discussione, potrebbe, secondo alcuni, essere ricollegato alla seguente opera.
- Περὶ Ἰονδαίων una apologia degli Ebrei (Schürer, l.c. pp. 532 e seg.).
Per un elenco delle opere perdute di Filone si rinvia a Schürer, l.c. p. 534.
De Vita Contemplativa
"De Vita Contemplativa" (su titoli diversi cfr. Schürer, l.c. p. 535). Quest'opera descrive il modus vivendi e le ricorrenze religiose di una comunità di asceti Ebrei che, secondo l'autore, sono diffusi dappertutto ma si incontrano specialmente in ogni casa dell'Egitto. L'autore, comunque si limita a descrivere una colonia di eremiti che vive sulle rive del lago Mareotis in Egitto, dove ognuno vive nella propria dimora. Per sei giorni sono in devota contemplazione, principalmente, della Sacra Scrittura. Al settimo giorno uomini e donne si riuniscono in una sala dove la guida della comunità tiene un sermone consistente in una interpretazione allegorica di un passaggio delle Scritture. Il quindicesimo giorno è occasione di una celebraqzione speciale. La cerimonia inizia con un pasto frugale consistente in pane, vegetali conditi con sale e acqua; durante il pranzo viene commentato un passaggio delle Scritture. Al termine del pasto i membri della comunità a turno cantano diversi tipi di inni religiosi, l'assemblea a sua volta risponde con un ritornello. La cerimonia termina con una rappresentazione corale in ricordo della cerimonia che Mosè e Miriam organizzarono dopo l'attraversamento del Mar Rosso, le voci degli uomini e delle donne unite in armonia si alzano al cielo fino nal sorgere del sole. Dop la preghiera del mattino recitata in comune ognuno torna alla sua dimora per riprendere la contemplation. Questa pè la vita contemplativa (βίος θεωρητικός)condotta da questi Θεραπευταί ("servi di Yhwh").
La Chiesa antica considerava questi Therapeutae come una dissimulazione dei monaci cristiani. Questa posizione ha trovato sostenitori anche in tempi recenti; in particolare è stata ampiamente recepita l'opinione di Lucius secondo cui la comunità monastica del III secolo è stata in quest'opera esaltata sotto spoglie ebraiche("Die Therapeuten," 1879). Tuttavia il rituale della comunità, che era del tutto in disaccordo con la Cristianità, confuta questa opinione. In special modo la cerimonia principale, la rappresentazione corale della traversata del Mar Rosso, non ha alcun particolare significato per la Cristianità; né ci sono mai state nella Chiesa cristiana cerimonie notturne celebrate unitamente da uomini e donne. Massebieau ("Revue de l'Histoire des Religions," 1887, xvi. 170 e seg., 284 e seg.), F. C. Conybeare ("Philo About the Contemplative Life," Oxford, 1895), e Wendland ("Die Therapeuten," etc., Leipsig, 1896) attribuiscono l'intera opera a Filone, basando la loro convinzione su motivi linguistici che semrano abbastanza decisivi. Tuttavia, bisogna sottolineare grandi discordanze fra le concezioni fondamentali dell'autore di "De Vita Contemplativa" e quelle di Filone. Quest'ultimo guarda all'affinità intercorrente tra cultura e filosofia greche, l'altro autore è ostile verso la filosofia greca (vedi Siegfried in "Protestantische Kirchenzeitung," 1896, No.42). Infatti, questi ripudia una scienza che annoverava fra i suoi seguaci i Pitagorici con i loro misteri, uomini ispirati come Parmenide, Empedocle, Zenone, Cleante, Eraclito, e Platone, pensatori che invece Filone apprezzava ("Quod Omnis Probus," i., ii.; "Quis Rerum Divinarum Heres Sit," 43; "De Providentia," ii. 42, 48, etc.). L'autore di De vita contemplativa considera il simposio come una riprovevole, ordinaria bisboccia. Tale posizione non può essere spiegata come una diatriba stoica; perché in tal caso Filone non sarebbe certo ritornato su questo argomento. Infatti, Filone non si sarebbe mai permesso di interpretare l'eros platonico nel modo volgare in cui viene presentato in "De Vita Contemplativa," 7 (ii. 480), dato che egli ripetutamente usa il mito del Doppio allegoricamente nella sua interpretazione delle Scritture ("De Opificio Mundi," 24; "De Allegoriis Legum," ii. 24). Inoltre, bisogna tener presente che Filone in nessun altra sua opera menziona queste comunità di asceti allegorizzanti, che certamente avrebbero suscitato il suo interesse se fosse stato a conoscenza della loro esistenza. Tuttavia, è possibile che degli allievi di Filone successivamente abbiano fondato vicino ad Alessandria delle comunità di questo genere che cercarono di realizzare l'ideale del maestro per una vita pura vittoriosa sulle passioni e i sensi; ed è anche possibile che questi allievi siano stati responsabili dello sviluppo unilaterale di certi principi del maestro. Pur desiderando rinunciare ai piaceri del mondo, Filone aderì alla cultura scientifica Ellenistica, che invece viene denunciata dall'autore di quest'opera. Benché agognasse ad una vita contemplativa e se ne lamentasse per la carenza (De Specialibus Legibus, 1 [ii. 299], Filone non privò la sua gente del suo operato.
Altre opere attribuite a Filone
- "De Incorruptibilitate Mundi." Sin dalla sua pubblicazione, in seguito alle ricerche di Jakob Bernays è stato accertato che quest'opera è spuria. L'idea della scuola Peripatetica secondo cui il mondo è eterno e indistruttibile contraddice tutti i principi dell'ebraismo che per Filone sono un presupposto indiscutibile. Bernays ha dimostrato, allo stesso tempo, che il testo risulta confuso per una errata impaginazione ed ha intelligentemente provveduto a ripristinarlo ("Gesammelte Abhandlungen," 1885, i. 283-290; "Abhandlung der Berliner Akademie," 1876, Philosophical-Historical Division, pp. 209-278; ib. 1882, sect. iii. 82; Von Arnim, l.c. pp. 1-52).
- "De Mundo," è una collezione di brani tratti dalla precedente opera (cfr. Wendland, "Philo," ii., pp. vi.-x.).
- "De Sampsone" e "De Jona," opera pervenuta in Armeno, pubblicata da Aucher con traduzione in latino.
- "Interpretatio Hebraicorum Nominum," è una collezione, stilata da un Anonimo ebreo, riportante i nomi ebraici ricorrenti nelle opere di Filone. Origene ampliò questo elenco aggiungendo i nomi presenti nel Nuovo Testamento; Girolamo ne fece una revisione. Riguardo alla etimologia dei nomi presenti nelle opere esegetiche di Filone si veda sotto.
- "Liber Antiquitatum Biblicarum," che venne stampato nel XVI secolo e che in seguito è andato disperso, è stato oggetto di discussione da parte di Cohn in "J. Q. R." 1898, x. 277-332. Quest'opera narra la storia biblica a partire da Adamo fino al re Saul (vedi Schürer, l.c. p. 542).
- "Breviarium Temporum," opera di uno pseudo-Filone pubblicata da Annius di Viterbo (vedi Schürer, l.c. note 168).
Opere apocrife
Note | |
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Bibliografia | |
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