Vergini sagge e vergini stolte (Parmigianino)
Parmigianino, Decorazione dell'arco trionfale (part. Vergini sagge), 1530 - 1539, affresco | |
Vergini sagge e vergini stolte | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Emilia Romagna |
Regione ecclesiastica | Emilia |
Provincia | Parma |
Comune | Parma |
Diocesi | Parma |
Ubicazione specifica | Chiesa della Madonna della Steccata, arco trionfale, intradosso |
Uso liturgico | quotidiano |
Comune di provenienza | Parma |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Vergini sagge e vergini stolte, Eva, Aronne, Adamo, Mosè, motivi decorativi vegetali, ignudi, fregio con vasi, libri ed oggetti di culto |
Datazione | 1530 - 1539 |
Ambito culturale | |
Autore |
Parmigianino (Francesco Mazzola) detto Parmigianino |
Materia e tecnica | affresco |
Stemmi, Punzoni, Marchi | stemma di Bartolomeo Montini |
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Le Vergini sagge e vergini stolte è un dipinto murale, eseguito tra il 1530 ed il 1539, ad affresco, da Francesco Mazzola, detto Parmigianino (1503 - 1540), ubicata originariamente sull'intradosso dell'arco trionfale nella Chiesa della Madonna della Steccata a Parma.
Descrizione
Soggetto
La decorazione murale, realizzata sull'intradosso dell'arco trionfale, è composta di:
- quattordici lacunari ornati da rosoni in rame dorato.
- fastose cornici, attorno ai rosoni, dipinte con conchiglie e arieti.
- decorazione su sfondo rosso di grottesche dorate, in cui si vedono aragoste, rane e altro, variamente associabili ai quattro elementi.
- festoni (con melograni, alloro, carciofi, test d'aglio, cipolle), granchi (guardando dall'ingresso verso l'altare, a sinistra), colombi (a destra).
- Vergini sagge e vergini stolte della parabola di Gesù rappresentate come tre fanciulle per lato, idealmente in piedi sulla linea d'imposta, delle quali quella centrale con le braccia distese, le due laterali con un braccio disteso in avanti ed uno alzato lungo il profilo dell'arco. Esse, vestite a festa, tengono in mano, con un elegante ritmo nei gesti, due lampade accese (destra) e due spente (sinistra) e portano sulla testa vasi ricolmi di gigli per accogliere lo sposo che viene nel cuore della notte. Le vergini sagge hanno volti severi, quasi crucciati, mentre quelle stolte sono sorridenti, forse perché spensierate nella loro sventatezza.
- decorazioni geometriche dorate, lungo l'arco su sfondo blu intenso e due coppie di finte nicchie per lato, contenenti figure bibliche a monocromo:
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- La Confraternita della Steccata si occupava di fornire la dote alle giovani povere, ma oneste, per questo fu scelto il soggetto della parabola evangelica, a sfondo nuziale, che si adattava perfettamente. Le giovani dovevano ricordare le dieci ragazze, indicate dai confratelli, alle quali ogni anno erano donate le elemosine per costituirne la dote e che sfilavano in processione, vestite di bianco, per le vie cittadine.
- Il numero delle Vergini, sei invece di dieci, non corrisponde a quello citato nel Vangelo, poiché probabilmente per problemi di spazio non furono realizzate.
- Nella composizione iconografica, l'artista si è forse ispirato al trattato di liturgia Rationale Divinorum Ufficium di Guillaume Durand (1230 ca. – 1296), vescovo di Mende (Francia), che contiene un rito di consacrazione delle Vergini e ne spiega le modalità d'esecuzione. Infatti, esiste una stretta correlazione tra le parole e le immagini dipinte, rafforzata anche dai libri a natura morta, disegnati nel fregio dell'affresco, sulla copertina di uno dei quali si leggono le iniziali "R. D...
- Il complesso decorativo s'ispira ai dipinti murali della Domus Aurea e a quelli realizzati dal Correggio nella Chiesa di San Giovanni Evangelista di Parma, mentre le Vergini, slanciate ed eleganti, riprendono le canefore presenti nel dipinto murale dell'Incendio di Borgo (1514) di Raffaello Sanzio nell'Appartamento di Giulio II.
- Le Vergini rappresentano il modello femminile ideale dell'artista, dai corpi allungati e rilucenti di bagliori freddi, incisi quasi nel metallo, frutto di una sensibilità e di un linguaggio manierista. I monocromi poi, così dinamici e anticlassici, rappresentano la summa delle esperienze romane e bolognesi dell'artista[1].
- Le grottesche e le decorazioni figurate perfezionano il genere, con una freschezza viva, data dagli effetti atmosferici e luminosi che fanno sembrare gli oggetti fluttuanti nell'aria. In queste, si nota un gusto per la sontuosità che si traduce in dettagli raffinati, trompe l'oeil e virtuosismi spesso gratuiti, poiché invisibili dal basso. Se ne ricava così una ricerca di perfezione estrema e di bellezza assoluta e sublime, in grado di dialogare con le più grandi imprese pittoriche del secolo.
Stemmi
Nella decorazione compare, sulle estremità dell'arco trionfale, per due volte un blasone identificabile come:
- Stemma di Bartolomeo Montini.
Notizie storico-critiche
Nel 1530, il Parmigianino tornò nella sua città per decorare l'abside maggiore della Chiesa della Madonna della Steccata, costruita nel 1521 in ringraziamento per la sconfitta dei Francesi. I fondi per l'impresa erano stati messi a disposizione per lascito testamentario da Bartolomeo Montini.
Quella che sembrava una felice opportunità, in realtà si rivelò poi una vera e propria tragedia professionale ed umana per l'artista, che lo impegnò dieci lunghi anni e che, stando alla testimonianza di Giorgio Vasari, lo debilitò fino a condurlo ad una prematura morte. Nel contratto si erano stabiliti diciotto mesi per il completamento dell'opera, ma i lavori si protrassero a lungo sia per problemi finanziari, sia per i profondi contrasti ed incomprensioni con la committenza, che l'estrema lentezza operativa dello stesso pittore. Furono anni difficili per l'artista, che Giorgio Vasari descrisse profondamente trasformato:[1]
« | [da] delicato e gentile, fatto con la barba e le chiome lunghe e malconce, quasi un uomo salvatico, un altro da quello che era stato. » |
Un documento del settembre 1539 dimostra che l'artista aveva terminato solo l'arco trionfale: centonove giornate di lavoro effettivo (circa cinque mesi) spalmati nel corso di quasi dieci anni rendono bene l'idea di quanto esasperante, per entrambe le parti, si rivelò l'impresa.
Ottenuto questo primo risultato, i confratelli pensarono bene di liberarsi dello scomodo artista, ed a niente servì il progetto di una splendida Incoronazione di Maria Vergine da affrescare nell'abside, abbozzata in un disegno, oggi conservato nella Galleria Nazionale di Parma.
Il 19 dicembre 1539, la confraternita congedò il pittore con un atto notarile, nel quale si determinava che:
« | Maestro Francesco Mazzolo pictore non si abbia più per modo alcuno intromettersi né impaciare de la pictura de la Capella grande de la giesa nova de la Madonna de la Steccata. » |
Inoltre, la vicenda si avviò verso un epilogo tragico, con l'arresto e l'imprigionamento per due mesi dell'artista per inadempienza, e per il risultato finale che era talmente innovatore stilisticamente da non essere compreso dai membri della confraternita, ancora un po' provinciali, proprio come era avvenuto al Correggio, qualche anno prima.
Appena rilasciato, Parmigianino approfittò per fuggire oltre il confine dello Stato, a Casalmaggiore (Cremona), dove morì il 24 agosto 1540.
Galleria fotografica
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Note | |
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