Esegesi

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L'esegesi (in greco ἐξήγησις, exéghēsis, dal verbo ex-egheomai: condurre fuori, estrarre, quindi spiegazione interna di un testo) è l'interpretazione critica dei testi, specialmente dei testi biblici[1] finalizzata alla comprensione del significato.

L'esegesi ha una forte affinità con la critica testuale o filologia testuale e con l'ermeneutica, che è la scienza della corretta esegesi di un testo, e del testo biblico in particolare. Spesso in casi di dubbio sulla corretta lezione di un termine si deve ricorrere alla Paleografia. Lo specialista o l'esperto in esegesi si chiama esegeta.

A formare la scienza esegetica concorrono diversi campi di ricerca: la conoscenza dell'autore dell'opera sotto ogni rispetto; lo stile di comporre o usus scribendi dell'autore e degli altri autori del suo tempo storico e del suo territorio; l'indagine sui modi in cui l'opera è stata tramandata; conoscenza della storia esterna, culturale, religiosa, sociale, politica, economica, militare, nella quale si è andato sviluppando il testo esaminato.

Figure significative di esegeti dei testi biblici

Tra gli esegeti antichi ricordiamo:

Nel Medioevo abbiamo:

Nel Concilio Vaticano II

Per comprendere il concetto cattolico di esegesi biblica è fondamentale il n. 12 della Dei Verbum:

« Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana[2], l'interprete della sacra Scrittura, per capir bene ciò che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole.

Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È necessario adunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha di fatto espresso[3]. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l'autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani[4].

Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta[5], per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede. È compito degli esegeti contribuire, seguendo queste norme, alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della Chiesa. Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio[6]»

Necessità dell'esegesi critica

Il brano del Concilio Vaticano II afferma anzitutto la necessità dell'esegesi storico-critica, e fa esplicito riferimento alla conoscenza e individuazione dei vari generi letterari. Il criterio fondamentale è comprendere ciò che l'autore biblico ha voluto esprimere attraverso il linguaggio e la cultura del suo tempo.

Criteri teologici dell'esegesi

Indica tre criteri per una interpretazione della Sacra Scrittura in conformità con lo Spirito Santo che l'ha ispirata:

  • l'unità di tutta la Scrittura;
  • la lettura della Scrittura nel contesto della tradizione viva della Chiesa;
  • l'analogia della fede, cioè la comprensione dei singoli testi a partire dall'insieme della rivelazione

Esegesi e Magistero

La parte finale del paragrafo sopra riportato riporta un altro importante criterio: gli studi esegetici sono in funzione della formazione del giudizio da parte dell'autorità della Chiesa: l'esegeta quindi non è l'ultima istanza interpretativa, dal momento che Cristo ha affidato la rivelazione agli Apostoli: ai loro successori, in comunione con il successore di Pietro, spetta l'interpretazione autentica della Scrittura.

Note
  1. Nel vocabolario cattolico per "esegesi" si intende normalmente "esegesi biblica", ma di per sé il significato del termine è più generale, potendo riferirsi ad ambiti diversi: la legislazione (esegesi giuridica), la storia (esegesi delle fonti storiche del Medioevo), la letteratura (esegesi manzoniana), ecc.
  2. Cfr. Sant'Agostino d'Ippona, De Civitate Dei, XVII,6,2: PL 41,537; CSEL 40,2,228.
  3. Cfr. Sant'Agostino d'Ippona, De Doctrina Christiana, III,18,26: PL 34,75-76; CSEL 80,95.
  4. Cfr. Pio XII, Enciclica Divino Afflante Spiritu, nota 5: Dz 2294 (3829-3830); EB 557-562.
  5. Cfr. Benedetto XV, Enciclica Spiritus Paraclitus, 15 settembre 1920: EB 469. San Girolamo , In Gal. 5,19-21: PL 26, 417A.
  6. Cfr. Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2: Dz 1788 (3007).
Collegamenti esterni
Voci correlate