Fede
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Con fede, nella tradizione cattolica, si intendono due aspetti distinti ma correlati:
- La fede in quanto atto, la fede soggettiva, nella tradizione teologica latina detta fides qua, "fede con la quale si crede". È la risposta della persona alla rivelazione di Dio, con tutte le sue facoltà (ragione, sentimento, volontà). In tal senso, ogni uomo avverte nel suo intimo che Dio lo chiama a sé ("rivelazione naturale") e questa chiamata diventa esplicita nella rivelazione in senso proprio, che comprende scrittura, tradizione e magistero. L'uomo è chiamato a aderire alla rivelazione con la propria esistenza, tramite l'adesione intellettuale a verità di fede (dogmi), con sentimenti di pia devozione, con fattive volontà di impegno e carità;
- La fede come contenuto, cioè la fede oggettiva, o fides quae, "fede che si crede". È l'insieme delle verità (o dottrina) presentate dalla rivelazione: dogmi come l'esistenza e la Trinità di Dio, la creazione, l'incarnazione, ecc. Tali verità non possono essere colte in maniera immediata dallo spirito umano a causa della sua condizione limitata e travalicano la sua facoltà razionale ("misteri della fede"). Fede e ragione però non sono in contrasto ma, quando procedono correttamente e senza ideologie e fondamentalismi, esiste tra esse un rapporto di complementarità.
In senso teologico la fede è l'opzione fondamentale con cui l'uomo, sorretto dalla grazia e dalla fiducia nella potenza di Dio operante in Gesù Cristo, risponde all'iniziativa di salvezza di Dio che si rivela e lo professa in sintonia con la Chiesa[2]. È un'adesione assoluta fondata su una intrinseca sicurezza.
Nella Bibbia
Per approfondire, vedi la voce Fede (Bibbia) |
I verbi biblici della fede | ||||||||||||||||||||||
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La Bibbia parla della fede con concetti diversi, come illustrato dalla tabella a lato[4].
Nell'Antico Testamento
Nell'Antico Testamento la fede è la ferma fiducia nelle promesse e nella guida di Dio nei confronti del suo popolo, Israele[2].
Criterio della retta fede sono le opere che la persona compie:
- Abramo reagisce a quanto Dio gli comunica confidando, sperando e obbedendo (Gen 12,22 ) e diventa così "padre di tutti (quelli che) credono" (Rm 4,11 );
- Mosè, obbedendo al piano di Dio, diventa il liberatore del suo popolo (Es 3,16-17 ; cfr. Eb 11,23-31 );
- i profeti, confidando con perseveranza e con fermezza nei disegni di Dio, diventano i consolatori di Israele (Is 40,27-31 ).
Tali esperienze si sedimentano in formule di fede, come Dt 26,5-9 e Gs 24,2-13 .
Qua e là la fede è definita come garanzia dell'esistenza (Is 7,9 ), obbedienza (Gen 22,1-2 ), fiducia (Gen 15,6 ; Sal 119,66 ; Ger 29,18 ), fedeltà (Is 26,2-3 ), speranza (Ger 8,15 ; Sal 119,81-82 ).
Nel Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento la fede è il nome che indica tutto il rapporto tra Dio e l'uomo in virtù dell'azione salvifica divina in e mediante Gesù Cristo[2]. Ne sono componenti la confidenza (Mc 11,24 ), la fiducia (Mc 9,24 ), l'obbedienza (Rm 10,16 ; 2Cor 9,13 ), la conoscenza (Gv 1,18; 6,69; 14,9 ).
Nella predicazione di Gesù la fede è il presupposto perché egli operi i miracoli (Mc 6,5-6 ), le guarigioni (Mc 5,34 ; Mt 9,23-24 ) e rimetta i peccati (Mc 2,1-12 Lc 7,48-50 ). In Giovanni il riconoscimento della sua missione è condizione della salvezza (3,15-16.36; 5,24; 6,40-47).
Negli scritti apostolici la fede viene articolata come riconoscimento di Gesù quale Cristo di Dio (Rm 10,9-10 ; 1Cor 15,2-5 ; Ef 1,3-13 ), riconoscimento mediante il quale l'uomo entra in una relazione completamente nuova con lui; essa viene descritta come nuovo essere in Cristo (2Cor 5,17 ; Gal 2,20; 6,15 ), partecipazione al suo destino (Rm 6,4-11 ), apertura di nuove possibilità di conoscenza (Gv 1,18; 14,9 ), di un sapere superiore (1Cor 2,10; 3,1 ).
La fede opera la giustificazione del peccatore (Rm 1,17; 4,13; 3,21-31 ; Gal 3,15-18 ). A tal maniera essa è addirittura un nuovo fondamento (hypóstasis) della realtà (Eb 11,1 ; in termini giovannei essa è luce (Gv 3,21 ; 1Gv 1,5 ), vita e via (Gv 14,4-6; 17,3; 20,31 ). Nasce dall'ascolto della parola di Dio nel Vangelo (Rm 10,14-21 ), è in grado di crescere (2Cor 10,15-16 ) e va salvaguardata dalle contestazioni degli eretici (1Tim 4,1; 6,20-21 ). È grazia e, nello stesso tempo, come sottolinea la lettera di Giacomo, agire morale dell'uomo (2,14-26).
Nella storia del pensiero cristiano
Nell'antichità
È Sant'Agostino a introdurre[5] una importantissima distinzione, divenuta classica nella teologia. La fede si può intendere in due sensi:
- come fides qua ("fede con cui", sottinteso "si crede"), o fede soggettiva, cioè l'atteggiamento interiore del credente nei confronti di Dio che si rivela;
- come fides quae ("fede che", sottinteso, "si crede"), o fede oggettiva, cioè le verità rivelate da Dio e credute per fede.
La riflessione che si sviluppò nel corso dei secoli è perciò sempre influenzata da quella sulla rivelazione.
Conseguentemente, nell'antichità cristiana, in corrispondenza alla concezione epifanica della rivelazione, la fede è formalmente vista come dedizione personale al Dio di Gesù Cristo, dedizione che si manifesta nella vita pratica[6], cioè nelle scelte morali.
L'aspetto contenutistico della fede viene invece sviluppato nel canone, nella regola di fede, nei dogmi, nelle opere teologiche e nell'articolazione del magistero della Chiesa. Un impulso determinante per questo lavoro viene dalle eresie, contro cui si usa lo strumento della scomunica (anáthema): la fede riveste un aspetto ecclesiale giuridico.
Nel Medioevo
Il Medioevo vede un cambiamento di registro. In conformità al modello teoretico istruttivo della rivelazione, la fede viene concepita come adesione ("ritenere per vero") alle verità proclamate autoritativamente dal magistero ecclesiastico[6]. Essa diventa così un tema della ragione[7], la quale è in grado di fornire motivazioni a essa necessarie[8].
La Scolastica sottolinea l'aspetto razionale della fede, mentre la teologia monastica e, poi, quella francescana (San Bonaventura) ne mettono in rilievo l'elemento psicologico-affettivo. San Tommaso d'Aquino tenta la sintesi: per lui la fede è un assenso speculativo-intellettuale alle verità rivelate, assenso operato dalla volontà.
Riforma e Controriforma
Lutero (†1546), in polemica con la presunta giustizia delle opere della Chiesa antica, esalta il carattere di grazia della fede, la quale è per lui un evento operato dallo Spirito e coinvolgente tutto l'uomo; in questo evento l'uomo è giustificato senza aver prima dato alcun contributo da parte sua[9]. Da parte di Dio la fede è totalmente grazia; da parte dell'uomo è "fiducia viva nella grazia di Dio"[10], pura fiducia. La fides quae passa decisamente in secondo piano. Tuttavia Melantone (†1560) e l'ortodossia veteroprotestante ammisero una certa cooperazione umana.
Contro i riformatori protestanti il Concilio di Trento dichiarò la fede parte costitutiva integrante - e quindi necessaria per salvarsi - della giustificazione e ne parlò soprattutto come un atto di assenso dell'intelletto[11].
Gli ultimi secoli
Nel XIX secolo si discute soprattutto del rapporto tra fede e sapere e si sviluppa una polemica tra due posizioni estremistiche della concezione cattolica:
- il razionalismo (Hegel, † 1831) dissolve la fede in sapere;
- il fideismo (Lamennais, † 1854, Bonnetty, † 1879) respinge qualsiasi razionalità a favore di un'intuizione non razionale e di un'esperienza interiore.
Il Concilio Vaticano I confermò la concezione teoretico-istruttiva della fede come accettazione dell'autorità di Dio che si rivela, accettazione operata dallo Spirito Santo e sostenuta da segni esteriori come miracoli e profezie[12].
In connessione con l'elaborazione di un modello teoretico comunicativo della rivelazione, si assiste a un rinnovamento del concetto di fede, a opera del beato Newman (†1890), Blondel (†1949), Laberthonnière (†1932): la fede è vista da essi come risposta radicale all'amore di Dio.
Un problema di particolare importanza viene trattato sotto il titolo latino di analysis fidei ("analisi della fede"): come possiamo legittimare la certezza della fede? Se essa poggia sulla pura autorità di Dio non è più razionale, se poggia su una precedente conoscenza dei contenuti della rivelazione non è più libera.
Il Concilio Vaticano II ha presentato la fede come affidamento totale di sé stessi a Dio, affidamento operato nella luce dello Spirito Santo:
« | A Dio che rivela è dovuta "l'obbedienza della fede" (Rm 16,26 ; cfr. Rm 1,5 ; 2Cor 10,5-6 ), con la quale l'uomo gli si abbandona tutt'intero e liberamente prestandogli "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà"[13] e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia "a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità"[14]. Affinché poi l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni. » | |
(Dei Verbum, n. 5)
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Sistemazione teologica
La fede non è un atto umano spontaneo, ma è basata sulla rivelazione, la quale peraltro giunge al suo scopo solo se suscita la fede. La sua sostanza può quindi essere espressa con l'espressione: "Credo nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo"[9].
Nel suo aspetto di fides qua, cioè riguardo all'atteggiamento interiore di colui che crede, le fede è:
- un atto reso possibile dalla grazia di Dio, in quanto nella fede Dio dona all'uomo la salvezza;
- un atto con una struttura trinitaria: il Padre è iniziatore e autore della fede, il Figlio è il vertice della rivelazione e quindi il motivo principale della fede, lo Spirito Santo in quanto Paraclito è operatore della fede cristiana;
- un atto personale e complessivo, che porta l'uomo a conoscere in maniera nuova e con amore Dio stesso, il prossimo, la storia e l'universo e gli fa così sperimentare un senso liberatore, al di là di ogni conoscenza nata dall'esperienza;
- un atto unitario, perché in tutte le sue forme e articolazioni esso è sempre riferito a Dio;
- un atto che integra il sapere, in quanto conduce il sapere, al di là delle leggi impostegli, a incontrare il fondamento trascendentale del mondo; in tal senso la fede è un'offerta di senso alla ragione esistenziale e porta il sapere a completezza;
- un atto orientato all'escatologia, perché tende all'adempimento dei tutte le promesse nella comunione eterna con Dio;
- un atto libero: la fede è una risposta genuinamente umana all'offerta di dialogo fatta da Dio nella rivelazione;
- un atto razionale, in quanto esso è una decisione fondamentale dell'uomo, che è essenzialmente dotato di ragione; la certezza gli deriva dalla verifica delle affermazioni della fede nella vita pratica (analysis fidei): la fede è perciò sia una decisione, sia un progetto che investe, abbraccia e interpreta tutta la persona e tutta la sua realtà.
Nel suo aspetto di fides quae, cioè in relazione ai contenuti che vengono creduti, la fede diventa oggettiva nelle proposizioni e nelle formule di fede. Sotto questo aspetto la fede comprende i seguenti aspetti:
- è la professione delle affermazioni materiali della rivelazione;
- ha una valenza ecclesiale, in quanto la rivelazione è sempre in rapporto con la comunità e avviene perciò nella comunità concreta della Chiesa, che è la comunità di tutti coloro che vivono la fede;
- è soggetta alla regolamentazione del linguaggio, perché l'unità della comunità può essere articolata solo con un linguaggio comune;
- è oggetto di studio della teologia; la teologia occupa una posizione mediana tra rivelazione e fede, analizzando motivi, interessi, condizioni storiche e strutture di pensiero delle enunciazioni di fede e cercando allo stesso tempo di tradurle, se necessario, in nuovi modelli, al fine di una maggiore comprensibilità.
I peccati contro la fede
Essi sono l'infedeltà o incredulità, l'apostasia, l'eresia[15].
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |