Maiale

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Maiale
Les Très Riches Heures du duc de Berry novembre.jpg
Fratelli Limbourg, Mese di novembre, miniatura tratta da Très riches heures du Duc de Berry (1412 - 1416 ca.); Chantilly (Francia), Musée Condé
Altro nome Porco, suino
Tipologia Animale
Etimologia Dal latino majalis, che significa "animale da sacrificare alla dea Maia".
Origini
Caratteristiche
Significato Lussuria, avarizia, ingordigia, gola, ozio
Personaggi biblici
Persone cristiane Sant'Antonio abate
Persone storiche
Personaggi letterari Circe
Simboli
correlati
Fonti bibliche e cristiane
Fonti storiche e letterarie
Episodi biblici e cristiani
Episodi storici e letterari
Virgolette aperte.png
Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci.
Virgolette chiuse.png

Il maiale, detto comunemente anche porco (o, con intenzioni più o meno eufemistiche, suino), è un animale domestico allevato per essere ingrassato e destinato al macello: simbolo, generalmente, della lussuria, avarizia, ingordigia, gola ed ozio.

Etimologia dei vocaboli

Il termine italiano maiale dal latino majalis che probabilmente indica "animale da sacrificare alla dea Maia", madre di Hermes (Mercurio). Nell'antichità classica il maiale era anche la persona che finiva nell'anonimato: nunc tecum obsecro, ut mihi subvenias, ego ne majalis fuam, "ti scongiuro ad aiutarmi perché io non diventi un maiale";[1] come appellativo majalis poteva costituire un insulto[2].

Altro termine italiano è porco che deriva dal latino porcus[3] che rimanda, almeno per assonanza, al greco pórkos, la "nassa", cesta solitamente di vimini utile per pescare anguille.

Altro nome italiano dell'animale è suino,[4] da suinus, che è simile al greco sûs,[5] corrispondente a hýs per l'aferesi[6] della s; il greco sûs evoca il sanscrito sû-karas, "scrofa", la cui radice rimanda a generazione o procreazione,[7] e quindi alla prolificità dell'animale.

Nella Bibbia

Il maiale viene menzionato più volte nella Bibbia. Per gli ebrei è un animale impuro.

« Un anello d'oro al naso di un porco, tale è la donna bella ma senza cervello. »

« Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci. »

Animale etnico

In sei versetti dell'Antico Testamento[8] questo animale corrisponde a חזיר (chazir)[9] che indica il verro o cinghiale femmina,[10] dai LXX, solo in un Salmo, tradotto con σῦς (sûs) o ὗς (hûs), da cui suino[11] e che corrisponde, in un caso, alla scrofa[12] la quale, lavata e ripulita, torna a ruzzolarsi nel fango, rappresentando, in questo gesto, i falsi profeti influenti sulla prima chiesa, che dimenticando il vangelo, tornavano al loro passato pagano.

Secondo il Levitico e il Deuteronomio, il porco è impuro perché, pur avendo l'unghia bipartita, non rumina. Pertanto non deve essere consumata la sua carne e neppure toccata la sua carcassa.

Secondo Isaia, il Signore odia la condotta del suo popolo che l'ha abbandonato per altri culti, sacrificando nei giardini, tra le tombe, in nascondigli notturni, consumando carne suina e offrendo sangue di porco, tutte cose obbrobriose in quanto evocano l'idolatria delle nazioni quando sostituiscono Dio con animali o cose.

Causa di morte

Con la penetrazione dell'ellenismo in Israele, grazie ai successori di Alessandro Magno, inizia la civiltà avanzata e con essa la persecuzione dei giudei, con l'imposizione di culto e costumi greci: ovunque sono costruiti, anche in Gerusalemme, altari per sacrificarvi sopra animali, considerati immondi dagli ebrei, insieme a carne suina,[13] in greco ὕειος (hýeios), che corrisponde all'ebraico חזיר (chazir).[14]

Un giorno, tale Eleazaro, uno degli scribi più ispirati, avanti negli anni e molto dignitoso, fu costretto ad aprire la bocca per ingoiare carne suina.[15] Ragionando tra sé, decise di sputare il boccone, considerato una forzata quanto illecita partecipazione ad un banchetto sacrificale in onore di divinità minori, inesistenti, e coscientemente si incamminò al supplizio.

Nelle stesse circostanze vennero a trovarsi sette fratelli che, insieme alla loro madre, subirono un tentativo di persuasione, anche a forza di nerbate, perché mangiassero carni suine.[16] Rifiutarono orgogliosamente, impressionando così il pubblico per il loro coraggio nel sopportare tormenti crudi e di lasciarsi uccidere, per la convinzione, tradizionale, della fede nel Dio unico e vero.

Risorsa ambigua

Il termine porco corrisponde al greco χοῖρος (choiros)[17] solo in 12 versetti, solo nei tre vangeli sinottici.[18]

Nello stabilire il regno di Dio tra la sua gente ma anche oltre confine, giunto nel paese dei Gadareni[19] per Matteo, o dei Geraseni[20] per Marco e Luca, Gesù fu affrontato con violenza da uno (per Marco e Luca) o due (per Matteo) individui sovrumanamente forzuti, che, fuoriuscendo dalle tombe, gli si fecero incontro furiosi. Riconobbero Gesù come il Figlio di Dio ma proprio per questo cercarono di allontanarlo. A poca distanza, pascolava una numerosa mandria di porci. Dalla bocca dei due, o di uno solo, uscì un'invocazione abissale, d'una intera legione[21] di demoni:

« Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci. »

Gesù acconsentì ed essi entrarono nei porci: l'intera mandria, di circa duemila animali, precipitò dalla rupe e affogò nelle acque. Appurato il fatto, i geraseni, o gadareni, che non capirono il messaggio, pregarono Gesù di allontanarsi per non danneggiare oltre alla loro economia.

In un contesto come questo Gesù ambienta anche la parabola del figliol prodigo. Dopo aver lasciato casa, con la sua parte di eredità, e dopo aver sperperato il patrimonio con prostitute, il giovane decise il da farsi e si asservì ad un pagano che lo incaricò di badare ai suoi porci[22] Deperito e scontento, il giovane desiderava saziarsi, anche solo con le carrube di cui si nutrivano i porci,[23] ma a lui nessuno davvero più prestava attenzione. Decise allora di fare il servo in casa di suo Padre piuttosto che il padrone di se stesso altrove. Rientrò in famiglia e suo padre lo accolse da figlio più di prima.

Citazioni

« Non abbiamo imparato in una Mishna (Trattato Ohaloth): le abitazioni dei pagani devono essere considerate impure (perché si supponeva che vi seppellissero gli aborti) e quando tempo il pagano deve averci abitato per rendere impura la propria casa? Quaranta giorni, anche senza moglie; se, però, quando l'abitazione era stata abbandonata, se era stata lasciata aperta in modo che gatti e porco vi entravano, non era più necessario investigare sulla sua impurità. (È infatti certamente pura, perché anche se lì fosse stato contenuto un qualcosa come un feto, sicuramente i gatti o il porco l'avrebbero divorato. Di qui vediamo come la supposizione di gatti che avrebbero divorato l'oggetto impuro renda non necessaria l'investigazione, ma perché allora non dovrebbe, nel nostro caso, il fatto che la donnola abbia sottratto pane eliminare la necessità di un'altra approfondita verifica?). Disse R. Zera: Il fatto non presenta difficoltà, nel caso dell'abitazione del pagano, l'impurità era causata dalla carne e non è probabile che ne avanzò, per quanto riguarda il pane, può essere invece che ne sia avanzato. »
(Dalla Gemara, Commento alla Mishna, nel Talmud Babilonese, Sezione Moed, Trattato Pesachim)
« Se asini, cani, porci avessero un poco di umana sapienza e di abilità tecnica e desiderassero onorarci con qualche tipo di culto, e mostrarci rispetto dedicandoci statue, con quanta collera non ci infiammerebbero, quale tempesta di passioni non ecciterebbero in noi se decidessero che le nostre immagini dovrebbero assumere e mostrare le fattezze dei loro stessi corpi? Come, ripeto, non ci riempirebbero di collera, incitando le nostre passioni, se il fondatore di Roma, Romolo, dovesse essere raffigurato con la faccia d'asino, il riverito [Numa] Pompilio con quella di cane e se sotto la figura di un porco fosse scritto il nome di Catone o di Marco Cicerone? »
(Dai Sette libri di Arnobio contro i pagani – Adversus gentes, Libro III n. 16)

Santi correlati

Il maiale è utilizzato anche come attributo di sant'Antonio abate.

Note
  1. Titin. Non. 111,11 (Com. Rel. V. 33 Rib.).
  2. L'accezione è attestata in Cicerone.
  3. Cfr. la traduzione dal greco al latino della Vulgata di 2Mac 6,18 ; Lc 15,16 . Anche il nome di "Porcium Festum" (At 24,27 ) condivide forse questa stessa origine.
  4. Cfr. il latino di 1Mac 1,47 ; 2Mac 6,18;7,1 ; Is 65,4;66,17 .
  5. Cfr. nella Vulgata, l'aggettivo riferito alla carne, suilla, in Is 65,4;66,17 e nella LXX di Sal 79,14
  6. L'aferesi è la caduta di una o più lettere iniziali di parola.
  7. Sû-nus è, infatti, il figlio in sanscrito.
  8. Lev 11,7 ; Dt 14,8 ; Pr 11,22 ; Is 65,4;66,3;66,17
  9. Cfr. l'arabo khinzir.- Chezir, in ebraico con le stesse consonanti, è anche una cittadina d'Israele, menzionata in 1Cr 24,15 , Nee 10,21 . Se il porco era poco allevato in Palestina, quelli selvatici, di vari tipi, vagavano in mandrie lungo la valle del Giordano e sui monti di Israele. Una specie era, per esempio, la scrofa Susanna.
  10. Cfr. Sal 79,14
  11. In latino sus.
  12. 2Pt 2,22 .
  13. 1Mac 1,47 .
  14. In Is 65,4;66,3;66,17 .
  15. 2Mac 6,18 .
  16. 2Mac 3,2 ; cfr. anche l'apocrifo 4Maccabei 5,2-6; 6,15.
  17. L'aggettivo choíreos, "suino", è documentato già nel P Magd 48 del 221 prima di Cristo; il diminutivo choirídion, "porcello", compare, ma fuori del Nuovo Testamento, in alcuni papiri a cominciare dal 38 d.C.
  18. Mt 7,6;8,30;8,31;8,32 ; Mc 5,11;5,12;5,13;5,16 ; Lc 8,32;8,33;15,15;15,16 .
  19. Gadara era la capitale della Perea.
  20. Gerasa era una cittadina ad est del Giordano.
  21. In greco λεγιών e in latino legio, indicava un gruppo organizzato di circa 6.000 soldati.
  22. Lc 15,15 .
  23. Lc 15,16
Bibliografia
  • Jean Chevalier et al., Dizionario dei simboli, vol. II, Editore BUR-Rizzoli, Milano 1983, pp. 239 - 240 ISBN 9788830403789
  • James Hall, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell'Arte, col. "I Marmi", Editore Longanesi & C., Milano 1983, p. 252 ISBN 9788830403789
  • Lucia Impelluso, La natura e i suoi simboli, col. "Dizionari dell'Arte", Editore Mondadori-Electa, Milano 2003, pp. 267 - 269 ISBN 9788837020408
  • Corinne Morel, Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze, Editore Giunti, Firenze 2006, pp. 677 - 678 ISBN 9788809040717
Voci correlate