Antropologia teologica
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L'antropologia teologica è la branca della teologia che indaga e spiega il mistero dell'uomo ponendosi dal punto di vista di Dio, sotto la luce della fede e nell'orizzonte soprannaturale[1].
Identità della disciplina
L'identità dell'antropologia teologica è ancora fluida e incerta. La manualistica classica non prevedeva un trattato specifico, ma affrontava le tematiche antropologiche nei differenti trattati teologici, senza riuscire a giungere a un'esposizione unitaria.
Ancora oggi neanche la sua denominazione è univoca; altre denominazioni usate sono antropologia soprannaturale e antropologia cristiana. Sono invece oggi maggiormente condivisi i contenuti oggetto di questa disciplina teologica:
Lo statuto della disciplina rimane controverso, poiché tra teologia e antropologia non esiste un nesso logico stretto ed inequivocabile.
Inoltre l'antropologia teologica è nata su una base apologetica, per dare risposta a varie domande poste dalla cultura odierna, e insistendo su alcune questioni disparate e non ancora aggregate in una dottrina sistematica sull'uomo.
Contenuto
L'antropologia teologica si può definire come lo studio del fenomeno umano alla luce e sotto la guida della Parola di Dio, nella cornice generale di una visione cristiana del mondo. L'uomo nel suo legame essenziale al mistero di Dio è il contenuto specifico dell'antropologia teologica. È di fronte a Dio che l'uomo scopre il mistero della sua origine e il significato della propria vita e del proprio destino.
Il rapporto tra Dio e l'uomo è mediato e reso possibile da Gesù Cristo.
Di fronte a Dio l'uomo conosce se stesso innanzi tutto come creatura. La sua creaturalità ha da una parte un risvolto negativo, perché significa finitudine, fragilità e anche peccaminosità; ma dall'altra ha un risvolto positivo, perché significa riferimento a Dio, al suo essere soprannaturale; diversamente da tutte le altre creature, poi l'uomo si riconosce fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Profilo storico
Né l'età patristica né la teologia medievale avevano un trattato di antropologia:
- i Padri della Chiesa parlavano dell'uomo commentando i racconti della creazione e della caduta;
- i teologi medievali affrontavano invece disparate questioni sulla creazione del mondo materiale, sulla natura e sulla struttura dell'uomo, sullo stato dell'uomo precedente il peccato originale.
Attorno al 1680 nacque il trattato De Gratia, fondato sul magistero del Concilio di Trento, e prese forma nel clima delle controversie con i protestanti. Nell'arco evolutivo della storia il termine "grazia" assume una serie di significati stratificati:
- in Sant'Agostino essa è intesa come un aiuto divino dato gratuitamente all'uomo peccatore, per essere perdonato, risanato e salvato;
- in epoca medievale è intesa come dono aggiunto da Dio alla natura umana, che ne viene arricchita senza esserne snaturata (estrinsecismo)
- la grazie è comunque un dono increato dello Spirito Santo.
Alla fine del XIX secolo si formò il trattato De Deo creante et elevante, articolato in tre parti:
- la creazione del mondo, degli uomini, degli angeli;
- l'uomo nella condizione originaria e i doni ricevuti da Dio: naturali, preternaturali, soprannaturali;
- la caduta.
Metodo
Il metodo dell'antropologia teologica è storico-salvifico: esso non parte dall'uomo ma dalla storia della salvezza come categoria ermeneutica utilizzata per interpretare il fenomeno umano.
La storia del popolo ebraico, attraverso la quale Dio si rivela a tutta l'umanità, è suddivisa da San Paolo in due parti:
Queste due categorie possono essere viste come perennemente compresenti nella vicenda dell'umanità e di ogni uomo, anche se il cristocentrismo iscritto in tutta l'antropologia teologica impedisce di valutarle in termini paritetici. Tutto avviene per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Note | |
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