Padri della Chiesa

Da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica.
100%Decrease text sizeStandard text sizeIncrease text size
Share/Save/Bookmark
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambig-dark.svg
Questa voce tratta degli aspetti generali dei Padri
⇒  Un elenco degli stessi si può trovare in Padri e scrittori della Chiesa

Padri della Chiesa sono quegli scrittori ecclesiastici antichi che, avendo responsabilità pastorali - molti di essi erano Vescovi -, attraverso la predicazione e gli scritti influirono con decisione sia sugli sviluppi della dottrina cristiana, sia sulla formazione del costume cristiano[2]. Si tratta quindi di personaggi particolarmente autorevoli, le cui opinioni (specialmente allorché sono concordi) fanno testo in materia di fede[3].

Virgolette aperte.png
Padri della Chiesa sono giustamente chiamati quei santi che, con la forza di fede, la profondità e la ricchezza dei loro insegnamenti, nel corso dei primi secoli l'hanno rigenerata e grandemente incrementata (cfr. Gal 4,19 )[1].

In verità "padri" della Chiesa, perché da loro, mediante il Vangelo, essa ha ricevuto la vita (cfr. 1Cor 4,15 ). E anche suoi costruttori, perché da loro - sul fondamento unico posto dagli apostoli, che è il Cristo (cfr. 1Cor 3,11 ) - la Chiesa di Dio è stata edificata nelle sue strutture portanti. [..]

Padri dunque sono stati e padri restano per sempre: essi stessi, infatti, sono una struttura stabile della Chiesa e per la Chiesa di tutti i secoli adempiono a una funzione perenne. Cosicché ogni annuncio e magistero successivo, se vuole essere autentico, deve confrontarsi con il loro annuncio e il loro magistero; ogni carisma e ogni ministero deve attingere alla sorgente vitale della loro paternità; e ogni pietra nuova, aggiunta all'edificio santo che ogni giorno cresce e si amplifica (cfr. Ef 2,21 ), deve collocarsi nelle strutture già da loro poste e con esse saldarsi e connettersi.

Virgolette chiuse.png

I padri più autorevoli ebbero anche il titolo di Dottori della Chiesa, che di per sé non richiede l'antichità ma richiede invece una erudizione eminente e il riconoscimento esplicito da parte della Chiesa.

Due discipline studiano la produzione dei Padri della Chiesa: la patrologia, si concentra sugli aspetti storico-letterari, mentre la patristica di quelli teologico-dottrinali. Gli scritti dei Padri della Chiesa costituiscono la letteratura patristica.

Denominazione

L'appellativo Padre della Chiesa è usato a partire dal IV secolo. Ma è antica e di matrice orientale, la consuetudine di usare l'appellativo di Padri nei confronti dei maestri:[4] gli antichi popoli d'Oriente, infatti, onoravano con questo appellativo i maestri, considerati come autori della vita intellettuale, originata dal loro insegnamento. Ugualmente, i discepoli delle scuole profetiche furono denominati "figli dei profeti" e il loro maestro fu detto detto "padre" (cfr. 1Sam 10,12 ; 1Re 20,35 ; 2Re 2,3.5.7.15; 4,1.38; 5,22; 6,1; 9,1 ). Anche San Paolo si dice "padre" dei nuovi convertiti (1Cor 4,15 ).

Nella Chiesa primitiva con il nome di Padri vennero designati i vescovi, i quali, appunto perché ministri dei Sacramenti e depositari del patrimonio dottrinale della Chiesa, erano ritenuti generatori di quella vita in Cristo[5].

A partire dal IV sec, quando i vescovi primitivi incominciarono a essere considerati testimoni autorevoli della Tradizione e giudici nelle controversie dogmatiche, si valutò soprattutto l'autorità dottrinale e il nome di Padri si restrinse a quegli assertori della fede che avevano lasciato testimonianza scritta. Ben presto però il titolo si estese anche ai non vescovi: Sant'Agostino citò a testimone della dottrina cattolica circa il peccato originale il contemporaneo San Girolamo, che era solo presbitero.

Però non tutti gli scrittori ecclesiastici erano atti a testimoniare la fede della Chiesa e taluni erano caduti in gravi errori dottrinali; perciò gli scrittori ecclesiastici antichi vennero distinti in due categorie: quelli riconosciuti dalla Chiesa come testimoni della fede e quelli che non lo erano. Il primo esempio di tale distinzione si trova nella decretale De libris recipiendis et non recipiendis ("Sui libri da recepire e quelli da non recepire") del VI secolo attribuita a papa Gelasio: essa è il più antico catalogo di scrittori cristiani riconosciuti come Padri della Chiesa.

Criteri per considerare uno scrittore tra i Padri della Chiesa

Non tutti gli scrittori antichi, quindi, anche se importanti, hanno il titolo di padre della Chiesa. Vi sono infatti quattro requisiti perché la Chiesa attribuisca il titolo di "Padre della Chiesa" a uno scrittore:[6]

  1. purezza della dottrina: i suoi scritti devono esprimere una fedele comunione di dottrina con la Chiesa, senza però pretendere l'immunità totale da errori anche materiali; complessivamente devono contenere un'eccellente difesa o illustrazione della dottrina cristiana;
  2. santità della vita: come maestri, devono presentare in grado elevato le virtù cristiane, non solo predicate, ma anche praticate;
  3. approvazione della Chiesa, esplicita o implicita[7]; solo la Chiesa, infatti, così come definisce il canone delle Scritture, può definire i testimoni autentici della Tradizione
  4. antichità: appartenere al periodo della Chiesa antica (prima dell'VIII secolo).

Quando manca una delle ultime tre caratteristiche l'autore viene generalmente definito "scrittore ecclesiastico"; tali furono ad esempio Origene[8] nella chiesa greca e Tertulliano[9] in quella latina.

Lingua

Le lingua usata universalmente dai Padri della Chiesa fino al II secolo fu il greco.

In Occidente il greco fu poi fu rimpiazzato dal latino.

In Oriente invece il greco fu affiancato da lingue locali come il siriaco e l'aramaico.

La delimitazione dell'età dei Padri

Sulla delimitazione concreta dell'età dei Padri della Chiesa si è alquanto oscillato e, per vario tempo, vennero classificati tra i Padri della Chiesa anche scrittori medievali dell'epoca precedente alla scolastica. Poi prevalse una maggiore severità, e ora l'età patristica si fa comunemente concludere:

L'età patristica si può suddividere in tre periodi che, se sono d'ineguale estensione, sono sotto certi aspetti di eguale importanza[10]: il periodo delle origini, il periodo aureo e il periodo della decadenza.

Il Periodo delle origini (fino al 325)

Tale primo periodo arriva fino al Concilio di Nicea (325), ed è quello che maggiormente interessa la critica moderna, la cui attenzione è rivolta in modo particolare alle origini cristiane.

La lettera scritta da San Clemente Romano alla comunità di Corinto in Grecia verso gli anni 96-98 d.C. è assunta generalmente come il documento patristico più antico.

Appartengono a quest'epoca i Padri Apostolici, i cui scritti, sebbene scarsi di valore letterario o filosofico, riflettono tuttavia l'eco immediata della predicazione apostolica offrendo un quadro autentico e immediato della vita, dei sentimenti, delle aspirazioni e delle idee delle prime comunità cristiane sparse nel bacino orientale del Mediterraneo a cavallo tra il I e il II secolo, ed testimoniano come venne intesa e realizzata fin dagli inizi la costituzione impressa da Cristo alla sua Chiesa.

Tale autorità è condivisa solo in parte dai Padri Apologisti del II secolo e ancor meno dai Padri Controversisti del secolo successivo; in compenso questi ultimi offrono i primi saggi di sistemazione dottrinale, che ne fanno dei veri precursori dei grandi maestri del periodo aureo.

Il Periodo aureo (dal 325 al 431)

Dei tre periodi è il più breve, in quanto termina con la morte di Sant'Agostino (431), ma è anche quello del massimo splendore della letteratura patristica.

Crisi dottrinali profonde, come l'ariana e la pelagiana, travagliarono in questo tempo la Chiesa. I Padri di quest'epoca, impegnati nelle grandi dispute, seppero dare un contributo decisivo alla sistemazione della scienza teologica.

Emergono tra essi le figure di Sant'Atanasio, San Basilio, San Gregorio Nazianzeno, San Giovanni Crisostomo, considerati come i dottori massimi della Chiesa Orientale; invece in Occidente dominano incontrastati San Girolamo, Sant'Ambrogio e Sant'Agostino; quest'ultimo fu, per vari secoli, il principale se non l'unico ispiratore del pensiero cristiano occidentale.

Il Periodo della decadenza (dal 431 ai secoli VII/VIII)

Si estende dalla morte di Sant'Agostino fino al termine dell'età patristica.

È un periodo di lento decadimento, causato dalle invasioni barbariche in Occidente e dal dispotismo degli imperatori in Oriente.

Le grandi opere vennero quasi del tutto a mancare e quelle poche che si scrissero risentono della stanchezza e della mancanza di originalità. Ciò non impedisce che emergano ancora qua e là figure grandissime, come quelle di San Giovanni Damasceno e di San Gregorio Magno; ma queste non sono che felici eccezioni, che non distruggono l'impressione dell'insieme.

L'importanza dei Padri di quest'epoca consiste soprattutto nell'aver conservato i tesori dell'antico sapere teologico, cosicché, posti come anello di congiunzione tra il mondo antico che tramonta. e quello nuovo che s'inizia, ebbero il merito di porre i fondamenti della successiva civiltà medievale.

Autorità

L'importanza dei Padri della Chiesa non è soltanto di ordine letterario o storico, ma soprattutto si fonda sulla loro dottrina, desunta dalla Tradizione come fonte di fede[6]. Ciò deriva dalla connessione strettissima che essi ebbero con il magistero infallibile della Chiesa.

I Padri della Chiesa furono in gran parte vescovi e la loro azione intellettuale fu come il respiro della Chiesa stessa. Ai loro tempi costituivano di fatto il magistero o almeno la parte principale di esso, in quanto tutta la Chiesa, pastori e fedeli mirava a essi, delegava loro la propria difesa, ne accoglieva gli scritti e li circondava di approvazione e di lode. Questo complesso di circostanze li costituiva voce autorevole nella Chiesa e legava il loro operato alla responsabilità del suo magistero.

In realtà non in tutto i Padri della Chiesa trasmettono fedelmente le verità rivelate. Prescindendo dalle dottrine non relazionate direttamente alla rivelazione e che rientrano perciò più nel campo della ragione, pure nell'ambito della fede e della morale molte loro espressioni e detti valgono solo come punti di passaggio e non ancora come formulazione definitiva della dottrina. Più di una volta infatti hanno corretto sé stessi e non di rado solo dopo un severo esame e vivaci dispute sono giunti a una più esatta esposizione della dottrina tramandata.

Nel valutare l'autorità dei Padri occorre quindi tenere presenti vari fattori:

  • i loro talenti intellettuali sono assai diversi;
  • essi sono anelli nella trasmissione della dottrina, non il termine;
  • non sono ispirati né esenti da errori;
  • i loro scritti sono per lo più occasionali, di circostanza e non esposizioni sistematiche delle verità di fede;
  • prima delle controversie parlano spesso senza precauzioni.

Secondo il detto di Sant'Agostino, "bisogna pesare le loro voci e non contarle"[11]. Ciò fa distinguere in essi un duplice aspetto:

  • quello di testi della Tradizione, su cui si estende la garanzia della Chiesa;
  • quello di dottori privati, che non ha quella garanzia, ma tanto è attendibile in base alla loro eccellenza intellettuale, alla loro santità, e, soprattutto, alle ragioni che essi adducono.

Per valutare convenientemente l'autorità dei Padri della Chiesa i teologi hanno elaborato i seguenti criteri:

  • nessun Padre per sé è infallibile; fa eccezione il caso che sia stato papa e abbia insegnato ex cathedra; fanno eccezione anche quei singoli passi che siano stati convalidati da un Concilio ecumenico; papa Alessandro VII ha giustamente riprovato l'esagerazione dei giansenisti, che giunsero a preferire l'autorità di un solo Padre (in concreto, Sant'Agostino) al magistero vivente della Chiesa[12];
  • il consenso unanime dei Padri in materia di fede e di costumi è da considerarsi autorità irrefragabile, perché equivale alla dottrina stessa della Chiesa: ciò insegna il Concilio di Trento[13], ripreso dal Concilio Vaticano I[14], che proibirono di dare alla Sacra Scrittura un significato contrario alla dottrina concorde dei Padri della Chiesa; tale consenso non richiede tuttavia l'unanimità numerica, è sufficiente quella morale, quale potrebbe aversi anche dalla testimonianza di pochi, purché dalle circostanze in cui fu emessa si possa arguire che essa rispecchia la fede comune della Chiesa;
  • qualora manchi tale consenso, la dottrina di uno o più Padri, specialmente se contrasta con quella di altri, non è da ammettersi come certa, ma non per questo però deve essere trascurata;
  • i Padri che, con l'approvazione della Chiesa, si sono distinti nel combattere speciali eresie, valgono come autorità classiche nei dogmi relativi. Così San Cirillo d'Alessandria nella cristologia e Sant'Agostino nella dottrina della Grazia.

Importanza nella formazione sacerdotale

Il decreto Optatam Totius del Concilio Vaticano II sulla formazione sacerdotale raccomanda lo studio dei Padri nella formazione che si impartisce nei seminari:

« Si illustri poi agli alunni il contributo dei Padri della Chiesa d'Oriente e d'Occidente nella fedele trasmissione ed enucleazione delle singole verità rivelate, nonché l'ulteriore storia del dogma, considerando anche i rapporti di questa con la storia generale della Chiesa»
(n. 16, online)

Alla radice di tale raccomandazione si possono enunciare tre motivi fondamentali[15]:

  1. i Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione;
  2. ci hanno tramandato un metodo teologico che è insieme luminoso e sicuro;
  3. i loro scritti offrono una ricchezza culturale, spirituale ed apostolica che ne fa grandi maestri della Chiesa di ieri e di oggi.

Nelle altre confessioni cristiane

La concezione dei Padri della Chiesa esula dalla visuale protestanti: i protestanti, infatti, rigettando il concetto cattolico di Tradizione, non ammettono altra guida nel campo della fede che la Sacra Scrittura: non possono quindi attribuire ai Padri altra autorità che quella umana.

Note
  1. Vedi anche Vincenzo di Lerins, Commonitorium, I,3: PL 50, 641.
  2. Pier Franco Beatrice, Introduzione ai Padri della Chiesa, Istituto San Gaetano, Vicenza 1983, p. 11.
  3. Alberto Pincherle (1935).
  4. Guglielmo Zannoni (1952) 523.
  5. Cfr. Martirio di Policarpo, 12,2: la folla urla riferendosi a San Policarpo:
    « Questo è il maestro dell'Asia, il padre dei Cristiani, il distruttore dei nostri dei, colui che insegna a molti a non sacrificare e a non adorarli»
  6. 6,0 6,1 Guglielmo Zannoni (1952) 524.
  7. Un esempio di approvazione implicita di un Padre potrebbe aversi nella citazione di esso da parte di un Concilio ecumenico.
  8. È noto che Origene, interpretando letteralmente il passo di Mt 19,12 , si castrò e ciò è considerato dalla Chiesa un gesto peccaminoso.
  9. Dopo un primo periodo cattolico Tertulliano abbracciò dottrine eretiche.
  10. Alberto Pincherle (1935) 525-526.
  11. Contra Iulianum, 2, 35.
  12. Denzinger-Umberg 320.
  13. Decretum de vulgata editione Bibliorum et de modo interpretandi Sacram Scripturam, sessione IV, 8 aprile 1546, che parla di unanimem consensum Patrum: DS 1507.
  14. Costituzione dogmatica Dei Filius, c. 2: DS 3007.
  15. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Istruzione sullo studio dei padri della chiesa nella formazione sacerdotale, 10 novembre 1989, nn. 17-40, online
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni

Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 30 dicembre 2013 da don Paolo Benvenuto, baccelliere in Teologia.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.