Caso Calas

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Manoscritto autografo di Voltaire relativo al caso Calas. Nell'ultimo rigo è leggibile il motto écrasez l'infâme, con riferimento alla Chiesa cattolica, da lui odiata.

Il caso Calas è una vicenda giudiziaria svoltasi a Tolosa nel XVIII secolo, divenuta famosa per aver offerto a Voltaire l'occasione per una feroce campagna mediata anticattolica.

Jean Calas, commerciante calvinista residente a Tolosa, il 10 marzo 1762 fu processato e giustiziato con l'accusa di aver assassinato il figlio per impedirne la conversione al cattolicesimo. In seguito all'accesa campagna mediatica messa in atto da Voltaire, Jean Calas fu poi assolto dalle accuse e la sua memoria riabilitata. Ancor oggi sussistono dei dubbi sulla reale dinamica dei fatti.

La vicenda

La famiglia Calas e la morte di Marc-Antoine

Al tempo della vicenda che lo rese noto, Jean Calas, calvinista francese nato il 19 marzo 1698 a Lacabarède, nella Francia meridionale, era un agiato commerciante residente a Tolosa da una quarantina anni. Nel 1731 aveva sposato Anne-Rose Cabibel, da cui ebbe sei figli: quattro maschi (Marc-Antoine, Louis, Pierre e Donat) e due femmine (Rose e Anne). Uno dei figli maschi, Louis, intorno al 1760 si era convertito al cattolicesimo; suo fratello Marc-Antoine, sebbene avesse manifestato simpatia per la vera fede, non aveva mai compiuto il passo decisivo, forse per la contrarietà della sua famiglia.

Il 13 ottobre 1761 Marc-Antoine fu trovato impiccato nel negozio di suo padre. La notizia si diffuse rapidamente e i magistrati comunali si precipitarono sul posto. Anche la gente comune cominciò a raccogliersi intorno alla casa dei Calas, e tra la folla qualcuno gridò che Marc-Antoine era stato assassinato da suo padre per impedirgli di abiurare il protestantesimo. L'idea fu subito accolta, e i membri della famiglia furono arrestati. Marc-Antoine fu ritenuto come un martire dal popolino, e il suo funerale fu celebrato con una grande cerimonia.

Il processo a Jean Calas e la successiva riabilitazione

Durante l'interrogatorio gli accusati caddero in contraddizioni e il 9 marzo 1762 il Parlamento di Tolosa, con otto voti a favore e cinque contrari, pronunciò la sentenza di morte contro Jean Calas. Questi fu condannato alla tortura, ordinaria e straordinaria, sulla ruota, e infine arso sul rogo; la sentenza fu eseguita il giorno successivo. Calas sopportò la sofferenza con ammirabile coraggio e, fino al suo ultimo respiro, continuò a protestare la propria innocenza. La proprietà della famiglia fu confiscata; Madame Calas fu liberata, ma le sue due figlie, assenti da casa al momento della morte del loro fratello, furono costrette a entrare nel convento della Visitazione. Pierre e Donat fuggirono a Ginevra.

Voltaire, all'epoca risedente a Ferney, entrò in contatto con la famiglia e subito si impegnò per ottenere la riabilitazione ufficiale di Jean Calas; al tempo stesso sfruttò il caso per montare nuovi attacchi contro l'odiata Chiesa cattolica. Difese la causa di Calas con lettere e libelli, e coinvolse nella vicenda diversi tra i suoi potenti amici, finché riuscì a dare al caso un'eco internazionale.

Il 9 marzo 1765 un tribunale parigino dichiarò all'unanimità l'innocenza di Calas. Al Parlamento di Tolosa fu ordinato di revocare la sentenza di morte, ma questo non accettò mai l'ingiunzione. Ciò che restava della proprietà familiare fu restituito ai Calas; questi grazie a una pubblica sottoscrizione e ai doni in denaro da parte di re Luigi XV, poterono condurre una vita dignitosa.

Echi nella letteratura

Il caso Calas ha avuto una vasta eco nella letteratura contemporanea e immediatamente successiva alla vicenda stessa: si calcola che le pubblicazioni sull'argomento siano oltre un centinaio[1]. Diversi autori ne trassero drammi per il teatro parigino: F.-L. Laya portò questa vicenda sulla scena nel 1790, immediatamente seguito da Lemierre d'Argy; l'anno successivo fu la volta di Marie-Joseph Chénier e più tardi, nel 1819, di Victor Du Cange.

Alla fama del caso Calas ha contribuito fortemente il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, che proprio da questo episodio trae ispirazione. Voltaire, comunque, non può essere considerato un testimone imparziale della vicenda: infatti, piuttosto che dal desiderio di portare alla luce l'esatto accaduto, era mosso soprattutto dalla volontà di muovere un duro attacco contro la Chiesa cattolica.

Oltre che preconcette, le accuse di Voltaire sono per giunta pretestuose e immotivate, dal momento che la sentenza fu pronunciata dalle autorità civili, e non da quelle religiose; inoltre Calas fu condannato non per aver violato un precetto di religione, ma perché ritenuto colpevole di un omicidio, questo sì commesso per motivi di intolleranza.

Dubbi sulla reale dinamica dei fatti

Diversi storici, mossi dal desiderio di assicurare l'innocenza di Jean Calas, sostengono con convinzione che Marc-Antoine si sia suicidato. Ci sono però seri motivi per dubitare dell'innocenza di Jean Calas[1].

Scrive Giuseppe de Maistre nelle sue Serate di San Pietroburgo:

(FR) (IT)
« Rien de moins prouvé, messieurs, je vous l'assure, que l'innocence de Calas. Il y a mille raisons d'en douter, et même de croire el contraire » « [Non c'è] nulla di meno provato, signori, ve l'assicuro, che l'innocenza di Calas. Ci sono mille ragioni per dubitarne, e lo stesso per credere il contrario »
(De Maistre (1821), pp. 46-47 )
Note
  1. 1,0 1,1 Nicholas Weber (1908).
Bibliografia


Voci correlate