Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze
Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze | |
Concili ecumenici della Chiesa cattolica | |
Data | 1431-1445 |
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Luogo | Basilea, Ferrara |
Convocato da | papa Martino V |
Presieduto da | cardinale Giuliano Cesarini, successivamente papa Eugenio IV |
Argomenti in discussione | Ussiti, Scisma d'Oriente-Occidente |
Documenti e pronunciamenti | varie bolle papali, riconciliazione con le chiese ortodosse di breve durata (eccetto Europa danubiana), riconciliazione con la Chiesa cattolica armena (senza effetti fino al 1740) |
Concilio precedente | Concilio di Costanza |
Concilio successivo | Concilio Lateranense V |
Storia del Cristianesimo |
Il Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze fu convocato da Papa Martino V nel 1431 (l'ultimo anno del suo pontificato), in applicazione del decreto del Concilio di Costanza (il decreto Frequens), che prevedeva la tenuta periodica di un concilio della Chiesa cattolica.
A Basilea
I padri conciliari, ancora traumatizzati dal ricordo dello scisma d'occidente, tuttavia già regolato dal recente Concilio di Costanza, propendevano in maggioranza per la superiorità delle decisioni del Concilio sul Papa (conciliarismo).
Il successore di Martino V, Eugenio IV (1431-1447), giudicando tale propensione verso il conciliarismo in contraddizione con la tradizione della Chiesa, trasferì il concilio dalla Svizzera all'Italia, a Ferrara, nel 1438.
I conciliaristi restati a Basilea tentarono, spalleggiati dalle Università, di schierare la Chiesa contro il Papa, proclamando decaduto Eugenio IV ed eleggendo in sua vece un antipapa, il duca di Savoia Amedeo VIII sotto il nome di Felice V: si era giunti al piccolo scisma d'Occidente, che venne ricomposto solo dieci anni dopo, durante l'ultima sessione a Losanna, nel 1449 con la spontanea deposizione della tiara da parte di Amedeo.
A Ferrara
In Italia arrivò una nutrita delegazione bizantina, per trattare la riunione delle Chiese latina ed ortodossa come premessa per l'aiuto occidentale a Costantinopoli e all'impero bizantino ormai assediato dai turchi ottomani. Facevano parte della delegazione l'imperatore Giovanni VIII Paleologo, suo fratello Demetrio, il patriarca di Costantinopoli Giuseppe II e un numero imprecisato di vescovi, dotti e teologi, tra i quali spiccavano Giovanni Bessarione, Isidoro di Kiev, Marco Efesio, Balsamon, Giorgio Gemisto Pletone, Giorgio Scolario, Giovanni Argiropulo.
Fra i vescovi latini intervenuti, si segnalarono: il cardinal Giuliano Cesarini, l'arcivescovo di Rodi Andrea, il vescovo di Forlì Luigi Pirano.
La sede di Ferrara venne abbandonata durante uno stallo dei lavori, soprattutto per problemi logistici e per l'arrivo della peste in città.
A Firenze
Su pressione di Cosimo il Vecchio nel 1439 il concilio venne trasferito a Firenze. Il capostipite dei Medici presiedette alla riunificazione (effimera) fra la chiesa latina, rappresentata da Papa Eugenio IV, e quella bizantina, rappresentata dall'Imperatore Giovanni VIII Paleologo e dal patriarca Giuseppe. La riunificazione sarebbe dovuta avvenire sul piano dogmatico e disciplinare, ma si sarebbero dovute mantenere le differenze sul piano liturgico secondo quella differenza che sarà costante in tutti i tentativi di chiese Uniate.
Diversamente da quanto era accaduto nel concilio di Lione II (1274), ci furono discussioni comuni e condivise e si assistette ad un progressivo avvicinamento dei rispettivi punti di vista. La stessa disposizione dei posti a sedere in assise lasciava intravedere un clima di unione: il papa non sedeva al centro, ma era semplicemente il primo della fila dei latini. Tra i vari punti discussi, vi furono quelli riguardanti il Filioque, la dottrina sul Purgatorio, la questione delle Sacre Specie e il primato papale. In ognuno di questi punti da entrambe le parti si poté giungere ad una sostanziale uniformità di pensiero. Infine, con la felice firma del decreto Laetentur coeli (6 luglio 1439) si giunse alla completa riunificazione tra "greci" e "latini". Simili conclusioni di unione vennero raggiunte con i siri, i copti e gli armeni.
Risultati e conseguenze
In realtà, questo accordo rimase in buona parte solo sulla carta. Fu più che altro il tentativo disperato dell'imperatore bizantino di ottenere aiuto dall'Occidente in vista dell'assedio sempre più stretto dei turchi alla sua capitale, Costantinopoli (l'impero romano d'Oriente cadrà infatti poco dopo il 29 maggio 1453). I risultati del concilio non vennero ratificati, anzi, al ritorno a Costantinopoli della delegazione bizantina, due terzi dei vescovi e dignitari firmatari (21 su 31) ritrattarono l'appoggio e negarono l'accordo, anche per via delle rimostranze delle comunità bizantine che piuttosto che rinunciare alle proprie tradizioni liturgiche e teologiche sottomettendosi alla "tiara" papale preferivano il "turbante" degli ottomani. Questo partito anti latino era guidato da uno dei fratelli dell'imperatore, Demetrio e dal Mega dux Luca Notara.
Ungheria e Polonia si impegnarono comunque a promuovere i dettami del Concilio, riuscendo a porre sotto Roma importanti comunità di ortodossi che da allora formano la Chiesa uniate, che raduna oggi più di 6 milioni di persone, soprattutto in Ucraina e ex Ungheria (Slovacchia, Transilvania).
L'arrivo degli illustri personaggi consacrò l'importanza di Firenze a livello europeo e l'esotico corteo dei dignitari stranieri ebbe un notevole impatto sugli artisti della città, come raffigurato nella Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli. Ne vennero sicuramente influenzati anche Piero della Francesca, Filarete e (a Ferrara) Pisanello. Alcuni storici dell'arte mettono in diretto rapporto il passaggio della cultura neoplatonica bizantina in Occidente, tramite alcuni delegati bizantini del concilio come Giorgio Gemisto Pletone e Giovanni Bessarione, come uno dei motori del Rinascimento italiano, che da allora ebbe un "salto di qualità".
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