Concilio Vaticano II

Da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica.
100%Decrease text sizeStandard text sizeIncrease text size
Share/Save/Bookmark
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Concilio Vaticano II
ConcilioVaticanoII 001.jpg

Concilio Vaticano II
Concili ecumenici della Chiesa cattolica
Data 11 ottobre 1962,
8 dicembre 1965
Luogo Città del Vaticano
Convocato da papa Giovanni XXIII
Presieduto da papa Giovanni XXIII,
papa Paolo VI
Argomenti in discussione Ecclesiologia, La Chiesa nel mondo moderno, Ecumenismo, Ispirazione della Bibbia, Riforma liturgica, Rapporti con gli Ebrei, I presbiteri, i vescovi, la Vita consacrata, Le comunicazioni sociali
Documenti e pronunciamenti quattro costituzioni, nove decreti e tre dichiarazioni
Concilio precedente Concilio Vaticano I
Concilio successivo nessuno
Storia del Cristianesimo

Il Concilio Vaticano II è il XXI Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica; fu celebrato a Roma, nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dall'11 ottobre 1962 all'8 dicembre 1965.

Storia

L'annuncio di Giovanni XXIII: 25 gennaio 1959

L'elezione di Angelo Roncalli al soglio pontificio, il 28 ottobre 1958, colse tutti di sorpresa: era infatti pressoché sconosciuto ai più, e, dopo il lungo pontificato di Pio XII, molti pensarono subito a un papa di transizione. In realtà lasciò un segno indelebile nella storia della Chiesa.

Tre mesi dopo l'elezione, il 25 gennaio 1959, festa della conversione di San Paolo, al termine della funzione celebrata in occasione della chiusura della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, annunciò a un ristretto numero di cardinali presenti in una sala dell'appartamento abbaziale, l'ispirata e meditata intenzione di indire il Sinodo diocesano Romano, il Concilio Ecumenico per la Chiesa universale, e intraprendere l'aggiornamento del Codice di Diritto Canonico [1].

La sorpresa fu grandissima anche da parte dei cardinali e suscitò in loro una grande emozione, gioia e commozione insieme e una certa apprensione per l'impegnativo programma.[2]. C'era stato il Concilio Vaticano I ma fu interrotto a causa degli avvenimenti del 1870. Pio XI ne fece menzione nel dicembre 1922 nella lettera enciclica Fin dal primo momento, prese contatti con i vescovi per averne il parere; l'impegno sopraggiunto per la fondazione del nuovo Stato della Città del Vaticano, in seguito alla conciliazione del 1929 fece andare in secondo piano l'idea iniziale. Anche Pio XII aveva pensato a un Concilio e ne affidò lo studio alla Congregazione del Sant'Offizio. Giovanni XXIII vi tornò a riflettere, ne parlò con alcuni cardinali e poi si decise.

« Appena Egli ebbe finito di leggere nel monastero di San Paolo il discorso d'annuncio...i cardinali gli si strinsero intorno per esprimere i primi sentimenti. Il cardinale Canali, bene al corrente della via prescelta dal precedente pontefice, avanzò, tra l'impacciato e il curioso, la domanda se nella preparazione ne verrebbe, anche questa volta, incaricato il sant'Offizio. Papa Giovanni ristette un'istante, come sorpreso e poi con tono di voce tranquilla ma decisa, rispose: " Presidente del Concilio è il Papa. E tutto finì lì. »
(Carlo Confalonieri, momenti romani, Ed pro-sanctitate - Roma 1979, p. 86)

La sua fu una decisione personale, consapevole della situazione in cui versava la Chiesa, adagiata in un certo immobilismo e il mondo, diviso in due blocchi contrapposti. Non pensava certamente a un concilio di condanne o anatemi, ma un concilio pastorale di dialogo con tutti e di aggiornamento. I profondi cambiamenti della società esigevano che il messaggio evangelico fosse espresso in modo il più possibile rispondente ai bisogni dell'uomo contemporaneo. Il papa era convinto che un'autentica esperienza di fede fosse in grado di trovare sempre il linguaggio che lo rendessero comunicabile e affascinante per qualsiasi interlocutore.[3]

La fase antepreparatoria: 27 aprile 1959 - 1º maggio 1960

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Commissione Antepreparatoria

Il papa aveva espresso il desiderio che tutti i cardinali, non solo quelli di Curia ma anche i più lontani, esprimessero un loro parere, dessero i loro suggerimenti: ma su 75 cardinali, solo 26 risposero e di questi, 24 diedero risposte generiche e banali. Da queste risposte si ha l'impressione che l'iniziativa del papa fosse accolta con perplessità dalle massime autorità della Chiesa.

Nel giugno 1959 il cardinale Tardini, Segretario di Stato, invitò tutti i vescovi, i Superiori Maggiori degli Istituti Religiosi e le Università cattoliche a inviare al Papa le loro proposte per il concilio. I voti confluirono un po' lentamente e non sembra comunque che influirono efficacemente sui futuri lavori.

Fin dal momento dell'annuncio del Concilio, si manifestò una evidente frattura nelle gerarchie della Chiesa: da una parte una minoranza tra cui Ottaviani, Siri, Ruffini, Lefebvre, Moscillo, Carli; e dall'altra una maggioranza che raccoglieva tra gli altri Bea, Suenens, Leger, Alfrink, Lercaro.

La preparazione: 5 giugno 1960 - 11 ottobre 1962

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Pontificia Commissione Centrale Preparatoria
Papa Giovanni XXIII apre il Concilio

Il 5 giugno 1960 iniziò la reale preparazione del concilio, che sarebbe durata due anni. Venne istituita la Commissione Centrale Preparatoria, 10 commissioni particolari corrispondenti per competenza ai dicasteri della Santa Sede, tre segretariati e 4 sottocommissioni:

Nel Natale del 1961, con la costituzione apostolica Humanae Salutis[6], il concilio venne ufficialmente convocato per l'anno seguente. Più tardi con la Lettera Apostolica Motu Proprio Consilium del 2 febbraio 1962 si stabilì il nome: Concilio Vaticano Secondo e la data di inaugurazione: 11 ottobre 1962. Il 1º luglio 1962 Il Papa pubblicò l'Enciclica Paenitentiam agere sulla necessità della preghiera e penitenza per la riuscita del Concilio. Nel mese di agosto 1962 fu stabilito il regolamento conciliare con Lettera Apostolia Motu Proprio Datae Appropinquante Concilio del 6 agosto. L'assemblea era diretta da un consiglio di presidenza di dieci cardinali nominati dal papa. Le commissioni presentavano gli schemi di decreto che eventualmente modificavano secondo i pareri espressi. Ogni padre poteva parlare non più di dieci minuti. Con i Brevi Apostolici del 4 settembre 1962 sono stati nominati e confermati i Presidenti delle Commissioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, si definirono gli ultimi organismi previsti per la conduzione dei lavori conciliari: si nominarono i componenti del Consiglio di Presidenza del Concilio Ecumenico Vaticano II; monsignor Pericle Felici fu nominato segretario del Concilio; il cardinale Francesco Roberti, Presidente del Tribunale Amministrativo del Concilio Ecumenico Vaticano II [7]. A un mese di distanza dal suo inizio ufficiale, l'11 settembre 1962 fu diffuso il radiomessaggio Ecclesia Christi lumen gentium ai fedeli di tutto il mondo, "soprattutto i poveri".

Il lavoro delle commissioni preparatorie portò a un numero considerevole di schemi, che dovettero poi essere in parte ridotti o accorpati tra loro. Due episodi significativi:

  • di fronte allo schema preparato dal cardinale Bea sugli ebrei, il cardinale Cicognani, succeduto nel frattempo al Segretario di Stato cardinale Tardini deceduto il 30 luglio 1961, osservò che esso era superfluo: gli ebrei sanno già che saranno accolti con affetto se si convertono; ci sono ben altri problemi da affrontare, osservava Cicognani. Bea non ritenne opportuno per il momento insistere;
  • il 20 giugno 1962 la commissione presieduta dal cardinale Ottaviani e il segretariato presieduto dal cardinale Bea presentarono due schemi assai differenti sullo stesso tema, la libertà religiosa. Il primo difendeva la tesi tradizionale, secondo cui la libertà religiosa, in sé male, andava comunque tollerata per evitare mali maggiori; Bea invece sottolineava il diritto di ciascuno di seguire la propria coscienza, l'esclusione di ogni coazione esterna, la libertà anche pubblica di culto. Ottaviani si irritò molto di fronte allo schema di Bea.

Queste differenze di vedute mostravano, da un lato il manifestarsi di due schieramenti interni al Concilio, conservatore e progressista; dall'altro la mancanza di unità, di una autorità coordinatrice, o, come disse poi Paolo VI, di "una idea centrale, architettonica".

I lavori del Concilio

I lavori del Concilio

Alla seduta inaugurale l'11 ottobre 1962 presero parte 2540 padri conciliari, quasi i cinque sesti dell'episcopato mondiale. I continenti erano così rappresentati: 1060 europei (423 italiani, 144 francesi, 87 spagnoli, 59 polacchi, 29 portoghesi); 408 asiatici; 351 africani; 416 nordamericani; 620 sudamericani; 74 dell'Oceania; 129 religiosi. Mancavano, per ovvie ragioni, i vescovi albanesi, lituani, rumeni, molti cecoslovacchi, ungheresi e cinesi.

Vennero create le commissioni conciliari, composte da 16 membri eletti dalla base e di 8 nominati dal papa più gli esperti. Per la prima volta furono invitati al Concilio degli osservatori cristiani non cattolici.

L'allocuzione iniziale di Giovanni XXIII, la Gaudet Mater Ecclesia segnò il punto culminante della cerimonia d'apertura. Il papa ricorda i concili passati segno della vitalità della Chiesa, della sua ricchezza di tradizioni (orientale e occidentale) e della continuità del magistero; confuta la visione pessimistica dei "profeti di sventura" che vedono nel presente un male da cui difendersi e guardano con nostalgia al passato; afferma che scopo del concilio sarebbe stato quello di proporre in forma adatta agli uomini del nostro tempo la dottrina e la tradizione cristiana; in altri termini il contenuto della fede, che è e resta immutabile, doveva essere esposto in modo moderno all'uomo di oggi; infine il pontefice ricordava che eventuali condanne di errori dovevano essere fatta in modo positivo.

Primo periodo: 11 ottobre - 8 dicembre 1962

Molti padri conciliari, tra cui lo stesso papa Giovanni, pensavano a una conclusione rapida del concilio, addirittura per il Natale del '62. Ma i fatti dimostravano che l'assemblea non si sarebbe piegata a una pacifica accettazione di decisioni prese dall'alto.

Mancava poi un piano di lavoro e questo si manifestò fin dall'inizio. Infatti il 16 ottobre, il segretario del concilio, Pericle Felici, annunciò che l'assemblea avrebbe cominciato i lavori discutendo lo schema sulla liturgia. Ma due giorni dopo il cardinal Montini, in una lettera al Segretario di Stato Cicognani, notava che la scelta non era giustificata, perché così si dava l'impressione che il concilio avrebbe costituito una mole di blocchi staccati, senza nessun collegamento tra loro che ne garantisse un monumento organico; per Montini un solo tema avrebbe dovuto polarizzare i lavori, la Chiesa, vista come mistero, nel suo rapporto col mondo, con i fratelli separati, la sua missione, ecc.

Il 22 ottobre comunque iniziarono le discussioni sullo schema della liturgia, in cui, tra le altre cose, si parlava della comunione sotto le due specie, delle lingue volgari, e, cautamente, della riforma dei libri liturgici. Subito acceso fu lo scontro tra la maggioranza (Lercaro, Montini, i tedeschi e i francesi) e la minoranza (Ottaviani, Ruffini, Spellman). Quest'ultimi chiesero e ottennero che lo schema fosse rielaborato dalla commissione teologica.

Più accesa fu la discussione sullo schema de fontibus revelationis, opera del gesuita della Pontificia Università Gregoriana Sebastian Tromp. Si fronteggiavano due concezioni: una visione tradizionale, che poneva una netta distinzione tra Scrittura e Tradizione; per la maggioranza invece Scrittura e Tradizione formano un'unica fonte: la rivelazione cioè è contenuta nella Bibbia (Scrittura) e spiegata dalla Chiesa (Tradizione). L'empasse fu superato andando alla votazione se interrompere o meno la discussione: il "sì", ossia l'interruzione della discussione, acquistava così un significato contrario allo schema proposto. Su 2209 voti, si ebbero 1368 sì e 822 no. Ma la maggioranza richiesta era di 1473. Non c'erano i numeri per interrompere la discussione, ma era chiaro che la maggioranza dell'assemblea voleva che si interrompesse la discussione. A questo punto intervenne papa Giovanni che, di sua autorità, fece ritirare lo schema e ne affidò la rielaborazione a una commissione mista, in cui le due parti erano ugualmente rappresentate, presieduta dai cardinali Ottaviani e Bea.

Tra novembre e l'8 dicembre furono esaminati genericamente gli schemi sulle comunicazioni sociali, sulle chiese orientali e sulla Chiesa, oggetto tutte e tre di diverse critiche. Il dissenso più vivace si manifestò sullo schema della Chiesa, che vedeva una Chiesa chiusa in sé, non aperta al mondo, una visione di Chiesa trionfale e giuridica. Lo schema metteva in sottordine il mistero della Chiesa, la sua vita mistica e morale, la presenza in essa di Cristo; non chiariva il rapporto tra papa e vescovi.

L'8 dicembre si chiudeva così il primo periodo senza che nessuno degli schemi presentati fosse approvato. La mancata approvazione dello schema De Fontibus revelationis , convinse il Papa della necessità di costituire una Commissione di Coordinamento al fine di scegliere e modificare i documenti da presentare per la discussione. Prima della seconda sessione, con la lettera Mirabilis ille del 6 gennaio 1963, ne specificò l'operatività e l'indirizzo.[8]

L'intersessione 1962-1963

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Commissione conciliare di Coordinamento

L'intersessione 1962-1963 si mostrò alquanto feconda. La Commissione di Coordinamento rielaborò gli schemi discussi. Quello sulla Chiesa abbandonò il classico punto di partenza della "societas perfecta" centrando la riflessione sulla Chiesa come mistero di salvezza (così come aveva sottolineato il cardinale Montini).

Il 6 aprile 1963 fu pubblicata la composizione della costituita Commissione per la revisione del Diritto Canonico.[9]

L'11 aprile 1963 usciva la Pacem in terris, l'enciclica nella quale per la prima volta un papa si rivolgeva a tutti gli uomini di buona volontà. In essa il papa riassume i diritti fondamentali di tutti gli uomini, la necessità di una solidarietà fra le nazioni, e insieme apre a nuove prospettive: è accennata la libertà di coscienza; è riconosciuta la possibilità di una collaborazione tra forze cattoliche e forze di altra ispirazione (il superamento dello "storico steccato" affermato da Alcide De Gasperi e poi ripreso da Aldo Moro); si riconosce superata l'idea di una Chiesa che detta direttive immediate nella politica (la cristianitas è definitivamente tramontata, appartiene a un'epoca che non c'è più).

La sera del 3 giugno 1963 Papa Giovanni moriva. Il Conclave si aprì il 19 giugno e due giorni dopo veniva eletto papa il card. Montini, che prese il nome di Paolo VI. Il nuovo papa si trovò davanti a una situazione non facile: continuare il concilio, che finora non aveva trovato la sua strada e portarlo a termine, dandogli però un ordine e un metodo, nella scia comunque degli ideali del predecessore. Così il 21 giugno Paolo VI confermava il Cicognani come segretario di Stato; il 22 annunciava il proseguimento del concilio e ne annunziava la riapertura per il 27 settembre. I lavori delle commissioni ripresero. Vennero annunciate anche alcune importanti novità, tra cui la nascita di un segretariato per le religioni non cristiane; e la riduzione degli schemi da 69 a 17;

Secondo periodo: 29 settembre - 4 dicembre 1963

Il 29 settembre Paolo VI apriva il secondo periodo conciliare con una calda allocuzione, in cui affermava che tema principale sarebbe stato quello della Chiesa, il suo rapporto con Cristo, la sua riforma, il dialogo con i fratelli separati, il dialogo col mondo intero.

L'11 ottobre, festa della Divina Maternità di Maria, a memoria del Concilio di Efeso di quindici secoli prima, tenne un discorso ai padri conciliari radunati nella Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore, a un anno dall'apertura del Concilio Vaticano II.[10] Il secondo periodo è caratterizzato dall'approvazione della costituzione sulla liturgia, con la Sacrosanctum Concilium e del decreto sulle comunicazioni sociali, l'Inter Mirifica.

Si passò poi anche a ridiscutere la nuova redazione dello schema sulla Chiesa, su cui fu decisa una nuova rielaborazione.

Si esaminò lo schema sull'ecumenismo. Il capitolo sugli ebrei, introdotto per opera del cardinal Bea, che voleva superare per sempre l'antisemitismo, incontrò la resistenza dei vescovi arabi del Medio Oriente, che temevano un'interpretazione politica di tale riavvicinamento. La questione rimase in sospeso.

Molto più importante fu l'intervento di mons. De Smedt, vescovo di Bruges, sulla libertà religiosa. Egli dapprima confuta le false accezioni di libertà religiosa (uguaglianza obiettiva di tutte le religioni o indifferentismo) e poi ne ricorda la vera natura: il diritto della persona umana al libero esercizio della religione secondo i principi della propria coscienza e l'immunità da ogni coazione esterna.

Terzo Periodo: 14 settembre - 21 novembre 1964

Il terzo periodo è caratterizzato dai tentativi della minoranza di impedire la vittoria della maggioranza riguardo soprattutto i rapporti tra papato ed episcopato. Se nel Concilio Vaticano I gli antiinfallibilisti lottarono fino alla fine per subordinare l'infallibilità al consenso dell'episcopato, ora al Vaticano II la minoranza lottò per timore di una negazione o diminuzione del primato papale di fronte all'affermarsi della dignità, dei diritti e del posto dell'episcopato nella Chiesa.

Per ben cinque volte Paolo VI ricevette fra l'11 settembre e il 7 novembre due lunghe relazioni contrarie al cap. III dello schema sulla Chiesa (sulla costituzione gerarchica della Chiesa e dell'episcopato), ritenuto una novità, che intaccava e svuotava il primato. Paolo VI cercò in tutti i modi di rassicurare gli oppositori. Fece redigere dal gesuita Bertrams una nota (la Nota praevia) sui punti criticati che fu accolta dall'assemblea. La costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium venne approvata il 21 novembre (2151 sì e 5 no).

Lo stesso giorno venne approvato il decreto sulle Chiese Orientali (Orientalium Ecclesiarum), che riconosceva il pluralismo liturgico, disciplinare, spirituale della Chiesa cattolica e il decreto sull'ecumenismo (Unitatis redintegratio). La III Sessione conciliare si concluse con la proclamazione della Madonna Madre della Chiesa di Paolo VI [11] e la celebrazione eucaristica di tutti i padri conciliari in Santa Maria Maggiore.

« Come infatti la divina Maternità è la causa per cui Maria ha una relazione assolutamente unica con Cristo ed è presente nell'opera dell'umana salvezza realizzata da Cristo, così pure soprattutto dalla divina Maternità fluiscono i rapporti che intercorrono tra Maria e la Chiesa; giacché Maria è la Madre di Cristo, che non appena assunse la natura umana nel suo grembo verginale unì a sé come Capo il suo Corpo mistico, ossia la Chiesa. Dunque Maria, come Madre di Cristo, è da ritenere anche Madre di tutti i fedeli e i Pastori, vale a dire della Chiesa. »
(tratto dall' Allocuzione del Santo Padre Paolo VI a conclusione della III sessione - Basilica Vaticana, 21 novembre 1964)

Quarto periodo: 14 settembre - 8 dicembre 1965

Nell'ultima fase conciliare, si assistette a una vera corsa contro il tempo. Moltissimo restava ancora da fare (finora solo 5 documenti erano stati approvati).

Nuove resistenze si ebbero sulla libertà religiosa, quando un gruppo di spagnoli scrisse al papa invitandolo a non far approvare la dichiarazione, perché sconfessava l'insegnamento pontificio dell'Ottocento e rischiava di costituire un processo al passato. Ma Paolo VI non potè non rispettare la chiara volontà della maggioranza. La dichiarazione Dignitatis Humanae venne approvata il 7 dicembre 1965 e rappresenta nella storia della Chiesa un documento eccezionale che chiude un periodo secolare.

Altri documenti approvati in quest'ultimo periodo:

Lo stesso giorno, in una dichiarazione letta contemporaneamente a Roma e a Istanbul, Paolo VI e il patriarca Atenagora di Costantinopoli cancellavano le reciproche scomuniche.

Infine, l'8 dicembre 1965 si svolse la cerimonia conclusiva del concilio, con la lettura dei padri conciliari dei vari messaggi.

I principali documenti conciliari

Il concilio ha emanato:

La costituzione sulla liturgia, Sacrosanctum Concilium, ribadisce la vera natura della liturgia, "esercizio del sacerdozio di Cristo" e auspica la piena, attiva e consapevole partecipazione dei fedeli. Novità introdotte:

  • è mantenuta la lingua latina, ma le conferenze episcopali possono permettere l'uso del volgare nelle letture;
  • si ammette un certo pluralismo nell'amministrazione dei sacramenti, nelle processioni, nella musica;
  • è semplificato il rito della Messa;
  • è ammessa la revisione dei riti dei vari sacramenti, dell'ufficio divino, del calendario liturgico.

La costituzione sulla Chiesa, Lumen Gentium, rappresenta il completamento della Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I. Se nel 1870 si sottolineava con maggior forza il posto che il papa occupa nella Chiesa, nel 1965 si sottolinea la natura e le funzioni dell'episcopato, sostegno insostituibile del papato, corresponsabile con lui nel governo della Chiesa universale. La schiacciante vittoria dell'ultramontanismo nel 1870 trova ora il suo equilibrio con la teologia dell'episcopato e l'affermazione della sua collegialità. La costituzione conciliare poi capovolge la visione di Chiesa, ora vista come popolo di Dio: in un certo modo è superato il clericalismo dei secoli precedenti, sottolineando il sacerdozio universale dei fedeli.

Un posto speciale occupano i due documenti sui rapporti con le altre religioni e sulla libertà religiosa.

Il primo, Nostra Aetate, voluto fortemente dal cardinal Bea, contiene quattro solenni affermazioni:

  1. la Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto dal popolo ebraico la rivelazione dell'Antico Testamento;
  2. sono irrevocabili la chiamata divina del popolo ebraico, i suoi doni e la sua vocazione;
  3. occorre allora promuovere la mutua conoscenza e stima, un dialogo fraterno;
  4. quanto è avvenuto nella Passione di Cristo non è imputabile a tutti gli ebrei allora viventi e tantomeno agli ebrei successivi; per questo la Chiesa "deplora" (ma il concilio avrebbe dovuto usare l'espressione "condanna") tutte le manifestazioni di antisemitismo.

La dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae, parla della libertà religiosa come di un diritto di ogni essere umano a essere immune da ogni forma di coercizione nell'esercizio della religione alla quale in coscienza ha aderito. La dichiarazione cioè riconosce il dovere e il diritto per ciascuno di seguire i dettami della propria coscienza, senza che alcuno eserciti qualsiasi tipo di coercizione esterna. Il concilio riconosce poi la libertà di culto pubblico, di propaganda, di associazione, ma afferma altresì dei limiti, ossia quando questa libertà viola i diritti altrui. Condanna infine con fermezza ogni forma di discriminazione giuridica per motivi religiosi.


Note
  1. Allocuzione di annuncio di Giovanni XXIII online sul sito della Santa Sede
  2. Carlo Confalonieri, Momenti romani, ed. Pro-sanctitate, 1979, p. 84
  3. G.Zanchi F. Mores, Lo spirito del Concilio, introduzione di Mons. Prof. Goffredo Zanchi, Presidente del Comitato scientifico - Edizioni Studium - Fondazione Papa Giovanni XXIII, Bergamo 2012 - p. 10, 11
  4. cfr. Archbishop Martin John O'Connor su catholic-hierarchy.org. URL consultato il 03-07-2023
  5. Gli organismi post-conciliari online
  6. Testo della costituzione dal sito della Santa Sede
  7. Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale, Anno 1962, pp. 687-- online
  8. G.Zanchi F. Mores, Lo spirito del Concilio, introduzione di Mons. Prof. Goffredo Zanchi, Presidente del Comitato scientifico - Edizioni Studium - Fondazione Papa Giovanni XXIII, Bergamo 2012 - p. 10, 11
  9. Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale, Anno 1963, p. 363 online.
  10. Discorso di Paolo VI nel 1º anniversario dell'inizio del Concilio
  11. Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale, Anno 1964, p. 1007-1018 online
  12. Gli organismi post-conciliari online


Fonti
  • Acta et documenta Concilio Oecumenico Vaticano II Apparanda, con i documenti riguardanti il periodo della preparazione (fase antipreparatoria e preparatoria)
  • Acta synodalia, Città del Vaticano, 1970 e seguenti: di queste due ultime serie sono ancora in corso le pubblicazioni dei volumi
  • Giovanni XXIII, Il giornale dell'anima, Edizioni San Paolo, Milano 2003, ISBN 9788821542244
  • Giacomo Lercaro, Lettere dal Concilio 1962-1965, Bologna, 1980
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni