Gesù Cristo crocifisso (Diego Velázquez)
Diego Velázquez, Gesù Cristo crocifisso (1632 ca.), olio su tela | |
Gesù Cristo crocifisso | |
Opera d'arte | |
Stato | Spagna |
Comunità | Madrid |
Regione ecclesiastica | [[|]] |
Provincia | Madrid |
Comune | Madrid |
Diocesi | Madrid |
Ubicazione specifica | Museo del Prado |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Madrid |
Luogo di provenienza | Monastero benedettino di San Placido, sacrestia |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo crocifisso |
Datazione | 1632 ca. |
Ambito culturale | |
Autore | Diego Velázquez |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 248 cm; l. 169 cm |
Iscrizioni | IESUS NAZARENUS REX IUDAEROUM |
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Gesù Cristo crocifisso è un dipinto, eseguito nel 1632 circa, ad olio su tela, dal pittore spagnolo Diego Velázquez (1599 – 1660), proveniente dalla sacrestia del Monastero benedettino di San Placido a Madrid (Spagna) ed attualmente conservato presso il Museo del Prado nella medesima città.
Descrizione
Soggetto
Nel dipinto, su un fondo completamente nero, compare:
- Gesù Cristo crocifisso è presentato con gli occhi chiusi, la testa incoronata di spine reclinata in avanti, i capelli lisci che gli coprono gran parte del viso e i piedi inchiodati separatamente ed appoggiati ad una mensola.[1] Il volto ed il corpo sono distesi, non mostrano più gli spasimi dell'agonia, anche se dalle ferite cola ancora copiosamente il sangue. Gesù è già morto, come indica la presenza della ferita sul costato che gli venne inflitta, dopo il decesso da un soldato (Gv 19,34 ). Le braccia disegnano una sottile curva, anziché formare un triangolo. Il perizoma bianco, piuttosto piccolo, serve a sottolineare la nudità del corpo. La testa è circondata da una stretta aureola di luce che proviene dalla figura stessa.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- L'atmosfera cupa e il realismo del corpo rimandano alla pittura caravaggesca, mentre le proporzioni classiche, la postura calma del corpo e il volto idealizzato di Gesù, malgrado il momento drammatico della crocifissione, richiamano le opere dei pittori classicisti come Guido Reni. Il Cristo, infatti, sembra quasi un dio greco, tanto rispetta perfettamente i canoni classici: Velázquez, durante il suo viaggio in Italia, rimase fortemente affascinato dalla scultura greco-romana, tanto che questa influenzò notevolmente i suoi lavori successivi.
- Il fondale scuro ricorda il buio che scende sulla terra dall'ora sesta all'ora nona del Venerdì Santo, ma è anche un modo per isolare il Cristo crocifisso e trasformarlo in immagine universale.
Iscrizione
Nel dipinto figura un'iscrizione a lettere capitali in triplice lingua (ebraico, greco e latino), posta sulla terminazione superiore del montante della croce di Gesù, detta titulus crucis, nella quale si legge:
(HE) | (EL) | (LA) | ||||||
« | ישו מנצרת, מלך היהודים » | « | Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων » | « | IESUS NAZARAENUS REX IUDAEROUM » |
Tradotto in italiano:
« | Gesù il Nazareno, il re dei Giudei » |
Notizie storico-critiche
Il dipinto, fa parte di un gruppo di opere d'arte sacra che il pittore realizzò, dopo essere tornato dal soggiorno romano (1629 - 1630), per le monache benedettine di San Placido a Madrid. Una tradizione popolare vuole che questo dipinto fosse stato commissionato da Filippo IV di Spagna (1605 – 1665), come ex voto di penitenza per il suo amore sacrilego verso una giovane religiosa.
Nel 1805, il dipinto era fra gli oggetti acquistati presso il monastero dal politico spagnolo Manuel Godoy (1767 – 1851), che successivamente lo diede alla moglie Maria Teresa di Borbone-Vallabriga (1779 – 1828), contessa di Chinchón. Dopo la sua morte, l'opera passò al cognato, Joaquín José de Melgarejo y Saurín (†1835), il duca di San Fernando de Quiroga, che la donò al re Ferdinando VII di Spagna (1784 – 1833), il quale nel 1828 la inserì nelle collezioni del Museo del Prado.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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