Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo (Annibale Carracci)
Annibale Carracci, Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo (1593 - 1594), olio su tela | |
Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Lombardia |
Regione ecclesiastica | Lombardia |
Provincia | Milano |
Comune | |
Diocesi | Milano |
Ubicazione specifica | Pinacoteca di Brera, sala 28 |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Bologna |
Luogo di provenienza | Palazzo Sampieri |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo |
Datazione | 1593 - 1594 |
Ambito culturale | Scuola emiliana |
Autore |
Annibale Carracci |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 170 cm; l. 225 cm |
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Gesù Cristo e la Samaritana al pozzo è un dipinto ad olio su tela eseguito tra il 1593 ed il 1594 da Annibale Carracci (1560 - 1609); proveniente da Palazzo Sampieri a Bologna, è ora conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano.
Descrizione
Soggetto
La scena si svolge in campagna nel podere che il patriarca Giacobbe aveva donato al figlio Giuseppe, al centro del quale vi era un pozzo detto "di Giacobbe", che era in realtà una ricca fonte, utilizzata sia per attingere l'acqua sia per abbeverare gli animali.
Nel dipinto, che raffigura la seconda parte del racconto evangelico, compaiono:
- al centro, la Samaritana raffigurata come una giovane donna, che inizialmente ha cercato di tenere testa a Gesù nel dialogo, appare qui ormai vinta dall'eloquenza e dalle rivelazioni di Cristo.
- a destra, Gesù Cristo, seduto, con la mano destra sul petto allude a se stesso come il Messia, mentre con la sinistra indica la città, che si vede in lontananza, invitandola a diffondere la notizia dell'incontro.
- a sinistra, Apostoli stanno tornando da Sicar con il cibo: il pittore in questo particolare segue fedelmente quanto narrato nel Vangelo.
Inoltre, nella scena sono presenti alcuni dettagli, resi con grande cura, spesso di valore simbolico, come:
- Orcio, posto fra la Samaritana e Gesù Cristo, ricorda che il loro dialogo che si svolge tra i due protagonisti, ha per tema della sete fisica e spirituale.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Nel leggere la narrazione della scena è importante ricordare che a causa delle spartizioni territoriali tra i figli di Giacobbe, fra i Giudei ed i Samaritani correva da vari secoli una profonda rivalità politica e religiosa, con reciproche accuse di eresia.
- Il dipinto rappresenta insieme con le altre, un'importante testimonianza per l'arte italiana a metà tra il Rinascimento e l'Illuminismo. Frutto dei dettami dell'Accademia bolognese degli Incamminati, fondata a Bologna intorno al 1585 sul valore che il Concilio di Trento (1545 - 1563) volle dedicare alle immagini per diffondere la fede, nell'opera, incantano anche la dolce ambientazione pastorale della scena, influenzata dal clima culturale suggerito dai poemi di Torquato Tasso (1544 – 1595) è, la sospesa solennità del momento, la calibratura dei gesti e degli affetti, la piacevolezza dell'armonia cromatica.
Notizie storico-critiche
Il dipinto di Annibale Carracci è entrato nella Pinacoteca di Brera nel 1811, con altre due opere, con il quale costituiva una sorta di trittico, che raffigura episodi evangelici in cui Cristo incontra personaggi femminili:
- Gesù Cristo e l'adultera (fine del XVI secolo), olio su tela, del fratello Agostino Carracci;
- Gesù Cristo guarisce la figlia della Cananea (1595 - 1596), olio su tela, del cugino Ludovico Carracci.[1]
I tre dipinti erano, infatti, collocati in successione nella galleria di Palazzo Sampieri a Bologna, sormontando l'accesso ad altrettanti ambienti, anch'essi decorati dai tre artisti. Insieme arrivarono alla Pinacoteca di Brera, le opere della stessa provenienza di Guercino, Guido Reni e Francesco Albani: nello stesso anno i marchesi Sampieri saldarono, infatti, i lori debiti con l'erario, cedendo una parte della loro celebre collezione, che era stata formata dalla fine del XVI secolo, quando la famiglia fu elevata dal pontefice alla dignità senatoria e il giovane abate Astorre Sampieri, avviato ad un'importante carriera ecclesiastica, si fece protettore di vari artisti: fu lui, con ogni probabilità, intorno al 1593 a commissionare i tre dipinti. Proprio perché concepiti insieme e perché sono l'ultimo frutto del lavoro congiunto dei tre Carracci, prima della partenza per Roma di Annibale (1595) e di Agostino (1598), per entrare al servizio del cardinale Odoardo Farnese (1573 – 1626).[2]
Note | |
Bibliografia | |
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