Opzione fondamentale
L'Opzione fondamentale è la sorgente del modo di essere, di pensarsi e di agire dell'uomo.
Il concetto appartiene alla teologia morale, e in particolare all'analisi dell'atto morale: si riferisce al rapporto tra la persona e i suoi atti, tra l'identità (dinamica) del soggetto che agisce e le sue singole scelte in situazioni particolari.
Storia
Il concetto nasce dal tentativo di sviluppare una psicologia della grazia[1], allo scopo di afferrare il momento della giustificazione, e in particolare il momento in cui il soggetto ne diventa cosciente. L'ottica è quella di comprendere come interagiscono l'azione di Dio e quella dell'uomo nell'esistenza cristiana. La proposta salvifica di Dio suppone la capacità di riceverla da parte dell'uomo, e tale capacità si esplica in maniera primordiale attraverso il sì del cristiano nella sua interezza; tale sì viene chiamato opzione fondamentale.
Il concetto di opzione fondamentale nasce quindi per superare una tendenza che può essere chiamata di positivismo ed estrinsecismo teologico. L'ambito in cui venne "plasmato" è quello della filosofia e teologia trascendentale. Fu poi completato dal "teologumeno dell'opzione finale[2], secondo il quale l'uomo opera l'opzione definitiva e decisiva della propria salvezza nell'attimo della morte"[3]. Le scelte particolari fatte durante la vita predeterminano, ma non in maniera automatica, la scelta finale; la libertà non perde il suo significato.
Fondamento biblico
L'opzione fondamentale del cristiano va compresa all'interno della storia della salvezza. Nell'Antico Testamento YHWH chiede al pio Israelita di amarlo con tutto se stesso (Dt 6,5 ). Gesù, nella stessa linea, chiede ai suoi discepoli di non anteporre nulla a lui (Mt 10,37 ).
Approfondimento morale
L'uomo non è mai, per quanto possa essere sincero nella sua opzione fondamentale, così unitario nella sua scelta da eliminare qualsiasi tendenza contraria. Durante la vita le scelte di fondo possono cambiare.
L'opzione fondamentale si colloca, tuttavia, al livello più profondo e più intimo dell'uomo, e si manifesta attraverso l'agire concreto.
Non è facile collegare direttamente l'opzione fondamentale e l'agire dell'uomo, a causa della complessità della persona e dei suoi condizionamenti.
Il magistero della Chiesa ha a più riprese precisato che la presenza di un'opzione fondamentale non rende automaticamente buono qualunque agire umano. L'enciclica Veritatis Splendor sintetizza così:
« | Non c'è dubbio che la dottrina morale cristiana, nelle sue stesse radici bibliche, riconosce la specifica importanza di una scelta fondamentale che qualifica la vita morale e che impegna la libertà a livello radicale di fronte a Dio. Si tratta della scelta della fede, dell'obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26 ), "con la quale l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando 'il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà'"[4]. (..)
L'appello di Gesù "vieni e seguimi" segna la massima esaltazione possibile della libertà dell'uomo e, nello stesso tempo, attesta la verità e l'obbligazione di atti di fede e di decisioni che si possono dire di opzione fondamentale. Analoga esaltazione della libertà umana troviamo nelle parole di san Paolo: "Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà" (Gal 5,13 ). Ma l'Apostolo immediatamente aggiunge un grave monito: "Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne". In questo monito riecheggiano le sue precedenti parole: "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù" (Gal 5,1 ). L'apostolo Paolo ci invita alla vigilanza: la libertà è sempre insidiata dalla schiavitù. Ed è proprio questo il caso di un atto di fede - nel senso di un'opzione fondamentale - che viene dissociato dalla scelta degli atti particolari, secondo le tendenze sopra ricordate. » | |
(N. 66)
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Note | |
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Voci correlate | |