Compianto su Gesù Cristo morto (Giottino)

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Firenze GalUffizi Giottino CompiantoCristo 1360-1365ca.jpg

Giottino, Compianto su Gesù Cristo morto (1360 - 1365 ca.), tempera su tavola
Pietà di San Remigio
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Firenze
Comune Stemma Firenze
Diocesi Firenze
Ubicazione specifica Galleria degli Uffizi, sala del Trecento fiorentino
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Firenze
Luogo di provenienza Chiesa di San Remigio
Oggetto dipinto
Soggetto Compianto su Gesù Cristo morto
Datazione 1360 - 1365 ca.
Ambito culturale
Ambito fiorentino
Autore Giottino (Tommaso di Stefano)
detto Giottino
Materia e tecnica tempera su tavola
Misure h. 195 cm; l. 134 cm
Iscrizioni YNRI
Virgolette aperte.png
42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il regno di Dio, con coraggio andò da Ponzio Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all'entrata del sepolcro.
Virgolette chiuse.png

La Compianto su Gesù Cristo morto, detto anche Pietà di San Remigio, è un dipinto, eseguito tra il 1360 ed il 1365 circa, a tempera su tavola, da Tommaso di Stefano detto Giottino (1324 ca. - post 1369), proveniente dalla Chiesa di San Remigio a Firenze ed attualmente conservato nella Galleria degli Uffizi della medesima città.

Descrizione

Soggetto

La scena del dipinto, su uno splendido fondo oro - che annulla lo spazio ma ne esalta il senso spirituale - nel quale è immersa la croce, che divide in due parti la scena:

  • a destra, sono raffigurati i protagonisti dell'evento raccolti attorno al Cristo, ciascuno con una diversa reazione emotiva puntualmente indagata dall'artista:
    • Gesù Cristo morto, appena deposto dalla croce, il cui corpo nudo ed irrigidito, è disteso in un lungo lenzuolo usato come sudario.
    • Maria Vergine, vestita con uno splendido manto blu decorato da due stelle dorate, contempla con gli occhi bassi, assorta nel suo pacato dolore, il Figlio morto, che sostiene amorevolmente con mano sinistra.
    • Tre pie donne, due sono accanto a Gesù, piegate dal dolore, gli stanno sorreggendo le mani, mentre un'altra è inginocchiata in preghiera davanti ai suoi piedi: queste sono le stesse che tre giorni dopo scopriranno il sepolcro vuoto, abbandonato da Risorto.
    • San Giovanni apostolo, con le mani giunte, piangente, presenta un volto contratto dalla sofferenza.
    • Santa Maria Maddalena ammantata di rosso, seduta e piangente, si tiene la testa con una mano come per non vedere il corpo piagato di Gesù.
    • Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, in piedi, presentano un volto preoccipato
Giottino, Compianto su Gesù Cristo morto (part. Committenti in preghiera), 1360 - 1365 ca., tempera su tavola
  • a sinistra, sono presentate (in dimensione più piccola di quella delle figure sacre) le committenti inginocchiate su cui poggiano le mani in segno di protezione i propri santi patroni, mentre assistono con attenzione e silenziosa partecipazione al compianto tra i veri protagonisti della scena sacra:
    • Monaca benedettina
    • Giovane nobildonna, resa un'estrema cura dei dettagli, vestita con un elegante abito nero, ornato da un bordo ricamato sullo scollo e stretto da una cintura di placche smaltate, che le cade morbidamente sui fianchi. In questa cura minuziosa il pittore si allontana dalle masse compatte e sintetiche di Giotto, incamminandosi piuttosto verso quelli che saranno gli sviluppi del gotico internazionale: forse ciò è dovuto a un'influenza lombarda.
    • San Remigio di Reims, in vesti vescovili con baculo pastorale
    • San Benedetto da Norcia, in abito monacale bianco

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

  • L'opera riprende lo schema compositivo del dipinto murale con il Compianto su Gesù Cristo morto (1303 - 1305), affrescato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova: la disposizione di alcuni personaggi è identica, anche se ribaltata specularmente; le figure sono disposte su piani diversi a suggerire tridimensionalità; le espressioni dei volti comunicano i loro sentimenti e la loro umanità. A differenza di Giotto però compaiono i committenti ed, inoltre, la spazialità del grande maestro è pienamente compresa da Giottino, ma risulta meno dirompente perché il poetico fondo oro sostituisce il profilo roccioso e l'albero scheletrico dell'ambientazione padovana.
Giotto, Compianto su Gesù Cristo morto (1303 - 1305), affresco; Padova, Cappella degli Scrovegni
  • L'artista sperimenta, in questa tavola, un modo di dipingere morbidamente colorato che si avvicina a quello di Maso di Banco nel ciclo di dipinti murali con Storie di san Silvestro e Costantino (1336 - 1337), affrescate nella cappella Bardi della Basilica di Santa Croce.[1] Le ombre sfumano delicatamente, i colori hanno impasti teneri e preziosi, e sono stesi in modo unito, conferendo un senso di serena limpidezza alla scena.

Iscrizione

Nel dipinto figura un'iscrizione posta nella cuspide, sopra la terminazione superiore del montante della croce di Gesù, detta titulus crucis, nella quale si legge:

(LA) (IT)
« Y(esus) N(azarenus) R(ex) I(udaeorum) » « Gesù il Nazareno, Re dei Giudei »

Notizie storico-critiche

Grazie alla grande qualità delle poche opere attribuite a Giottino ed alla menzione nelle fonti, la figura dell'artista, pressoché ignota dai documenti, è oggi risconosciuta dagli studiosi come una delle più importanti dell'ambito fiorentino tra i seguaci di Giotto, che cercarono di sviluppare il modo di dipingere del maestro.

Il dipinto era collocato sull'altare o sul tramezzo della Chiesa di San Remigio a Firenze, dove lo vide lo storico dell'arte, Giorgio Vasari, che con parole di sincera ammirazione lo descrive nelle Vite (1568), sottolineando la capacità del pittore di restituire verità umana ai sentimenti e agli atteggiamenti dei personaggi raffigurati:[2]

« Laonde, è quest'opera sommamente degna di lode, non tanto per lo soggetto e per l'invenzione, quanto per avere in essa mostrato l'artefice in alcune teste che piangono che, ancora che il lineamento si storca nelle ciglia, ne gl'occhi, nel naso e nella bocca di chi piagne, non guasta però né altera una certa bellezza, che suole molto patire nel pianto quando altri non sa bene valersi dei buon modi nell'arte. »

Nel 1851, l'opera venne trasferita alla Galleria degli Uffizi, dove è sempre rimasta, a parte la parentesi della Seconda Guerra mondiale, tra il 1940 ed 1945, quando venne trasferita per precauzione nei rifugi bellici della villa di Poggio a Caiano e del Castello di Poppi.

Note
  1. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  2. Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), col. "Mammut Gold", Editore Newton Compton, Milano 2016, pp. 221 - 222
Bibliografia
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 2, Editore Electa-Bruno Mondadori, Milano 1990, p. 52 ISBN 9788842445227
  • Susanna Buricchi, Galleria degli Uffizi, col. I Grandi Musei del Mondo, Editore Scala, Roma 2003, pp. 40 - 43
  • Gloria Fossi, Uffizi, Editore Giunti, Firenze 2004 ISBN 9788809036751
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 12 gennaio 2017 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.