Cappella degli Scrovegni (Padova)
Cappella degli Scrovegni | |
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Padova, Cappella degli Scrovegni (esterno) | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Provincia | Padova |
Comune | Padova |
Diocesi | Padova |
Religione | Cattolica |
Sito web | |
Proprietà | Stato italiano |
Oggetto tipo | Cappella |
Dedicazione | Maria Vergine |
Fondatore | Enrico Scrovegni |
Data fondazione | 1303 |
Inizio della costruzione | 1303 |
Completamento | 1305 |
Coordinate geografiche | |
Italia |
La Cappella degli Scrovegni, sita nel centro storico di Padova, ospita un celeberrimo ciclo di affreschi di Giotto dei primi del XIV secolo, considerato uno dei capolavori dell'arte occidentale.
Storia
Intitolata a Santa Maria della Carità, la Cappella fu fatta costruire e affrescare tra il 1303 e i primi mesi del 1305 - a beneficio della sua famiglia e dell'intera popolazione padovana - da Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere padovano, che nel febbraio del 1300 aveva acquistato l'intera area dell'antica arena romana di Padova e vi aveva eretto un sontuoso palazzo, di cui la Cappella era l'oratorio privato e il futuro mausoleo della famiglia. Enrico incaricò di affrescare la cappella il fiorentino Giotto, il quale, dopo aver lavorato con i francescani di Assisi e di Rimini, era stato chiamato a Padova dai Frati Minori Conventuali a dipingere nella loro Basilica di Sant'Antonio.
Le pareti dell'oratorio sono lisce, senza nervature, perfette per la stesura di affreschi, mentre il soffitto è coperto da una volta a botte. Opposta all'entrata, si apre una parete con un coretto. Giotto stese gli affreschi su tutta la superficie, organizzati in quattro fasce, dove sono composti i pannelli, con le storie vere e proprie dei personaggi principali, divisi da cornici geometriche.
Giotto dipinse l'intera superficie con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologo agostiniano di raffinata competenza, recentemente identificato in Alberto da Padova[1]. Tra le fonti utilizzate vi sono molti testi agostiniani, i Vangeli apocrifi dello pseudo-Matteo e di Nicodemo, la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e, per piccoli dettagli iconografici, le Meditazioni sulla vita di Gesù dello pseudo-Bonaventura. Ma anche testi della tradizione medievale cristiana, tra cui Il Fisiologo.
Giotto dipinse, dividendolo in 40 scene, un ciclo incentrato sul tema della Salvezza. Si parte dalla lunetta in alto sull'arco trionfale, dove Dio avvia la riconciliazione con l'uomo, si prosegue sul registro più alto della parete nord con le Storie di San Gioacchino e Sant'Anna e si continua sulla parete opposta con le storie di Maria, dalla nascita allo Sposalizio con San Giuseppe. Si torna sull'arco trionfale con la scena dell'Annunciazione e il riquadro della Visitazione. A questo punto sul secondo registro della parete nord iniziano le storie della vicenda terrena di Gesù, che si svolgono lungo i due registri centrali delle pareti, con un passaggio sull'arco trionfale nel riquadro del Tradimento di Giuda. L'ultimo riquadro presenta la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli nella Pentecoste. Subito sotto inizia il percorso del quarto registro, costituito da quattordici allegorie monocrome, alternate a specchiature in finto marmo, che simboleggiano i Vizi e le Virtù.
« | La storia sacra diventa storia umana. Fin qui Giotto ha illustrato il passato; nella controfacciata dipingerà il Giudizio Universale, l'approdo del futuro, la fine del mondo e del tempo, l'ottavo giorno. Il quarto registro immette nello spazio temporale del presente, nella dimensione terrena e attuale. Pone l'uomo di fronte alla scelta » | |
(Giuliano Pisani, I volti segreti di Giotto, Rizzoli 2008, p. 147)
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È il cuore filosofico-teologico della Cappella degli Scrovegni. La parete nord presenta le allegorie di sette vizi ossia Stultitia, Inconstantia, Ira, Iniusticia, Infidelitas, Invidia, Desperatio; lungo la parete sud sono raffigurate le allegorie delle sette Virtù, le quattro cardinali ossia Prudencia, Fortitudo, Temperantia, Iusticia e le tre teologali ossia Fides, Charitas, Spes. Il nome del Vizio o della Virtù è scritto in alto in latino e indica chiaramente che cosa rappresentino queste immagini. Vizi e Virtù si fronteggiano a coppia. L'obiettivo da coronare è il raggiungimento del Paradiso, superando con la cura delle Virtù corrispondenti gli ostacoli posti dai Vizi.
L'ultima scena, che occupa l'intera controfacciata rappresenta il Giudizio Universale e la visione del Paradiso. Chiude il tutto la volta con stelle a otto punte su un cielo blu, colore simbolo della Sapienza divina. Due tondi rappresentano La Madonna con il bambino e il Cristo benedicente. Otto Profeti, i sette dell'Antico Testamento e San Giovanni Battista, fanno loro corona.
Sull'altare della Cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna con Bambino e due Angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni a compiere questo mirabile capolavoro.
La Cappella, acquisita dalla municipalità di Padova nel 1880, era originariamente collegata, attraverso un ingresso laterale, al palazzo della famiglia Scrovegni (oggi non più esistente), che fu fatto erigere seguendo il tracciato ellittico dei resti della vicina arena romana che oggi costituisce il giardino antistante l'edificio.
L'esterno della Cappella si presenta come una costruzione - più volte modificata nel corso dei secoli - con mattoni a vista e tetto a due falde.
Il ciclo pittorico
Il carattere di ex voto della Cappella è chiarificato, nel Giudizio universale, dalla rappresentazione del committente, che offre alla Madonna, affiancata da San Giovanni e da Santa Caterina d'Alessandria, un modello preciso dell'edificio, come lasciapassare per il Regno dei Cieli.
Giotto calcolò con grande precisione il punto di vista ideale, al centro dell'Oratorio e disegnò l'intelaiatura tra i pannelli in modo da sembrare un finto basamento in marmo e logge sovrapposte. Valutò la fonte di luce e la accordò con la luce nelle scene. Uno sfoggio di virtuosismo illusionistico è la presenza dei cosiddetti coretti, due finte stanze che si aprono all'altezza del primo registro accanto al Coro vero, che lasciano intravedere delle volte a crociera in prospettiva.
Rispetto alle Storie di San Francesco, si assiste a un maggiore affinamento dei mezzi espressivi, ad una più forte padronanza della composizione per gli effetti narrativi, dei gesti, della cromia in generale. I preziosi pigmenti, che da tutto il bacino del Mediterraneo arrivavano a Venezia, furono sicuramente approvvigionati per il lavoro del maestro a Padova: rosa, gialli, arancioni e il costosissimo blu oltremare, che dà un tono intenso agli sfondi dei cieli.
Le figure hanno un volume ancora più reale che ad Assisi, avvolte da ampi mantelli attraverso cui si intravede la modellazione dei corpi sottostanti. Anche le architetture di sfondo, una delle caratteristiche più evidenti di Giotto, non presentano più incertezze e concessioni allo sfondo irreale. Sono chiare e reali, proporzionate con le figure che interagiscono con esse. Per esempio nella Presentazione della Vergine al Tempio vi sono più forme combinate che creano un notevole gioco di vuoti e pieni, con zone aperte in piena luce e recessi coperti in una fitta ombra. Anche la Cacciata dei mercanti dal Tempio presenta un'articolata costruzione tridimensionale (eloquente è il gesto minaccioso del Cristo infuriato che alza il pugno), oppure nella scena delle Nozze di Cana.
Nel celeberrimo Compianto sul Cristo morto, i personaggi hanno espressioni di vero dolore e i loro gesti, amplificano con realismo la drammaticità della scena. La composizione qui è molto raffinata, con un gioco di linee oblique parallele che indirizzano lo sguardo dello spettatore inequivocabilmente verso il nodo della scena, dove Maria abbraccia con incredula disperazione le spalle e le braccia del figlio morto. Le pose dei personaggi sono quanto mai varie: San Giovanni di profilo con le braccia spalancate in una costernata sorpresa, la donna con le mani sotto al mento, la misteriosa figura di spalle in primo piano a sinistra. Alcuni hanno notato come le pose patetiche del Compianto siano derivate probabilmente da un sarcofago antico a Padova, il Sarcofago di Melagro (vedi: Meleagro), ma comunque Giotto ha dimostrato un pieno dominio nella pittura per l'espressione di valori universali.
Anche in altre scene Giotto usa figure di spalle, per dare alle scene ritmo e l'effetto di quotidiana casualità nella quale lo spettatore possa riconoscere il proprio mondo. Nella famosa scena dell'Incontro fra Gioacchino e Anna rappresentò con gesti teneri il primo bacio dell'arte italiana (e ultimo per tutto il Trecento). Dietro di loro un'emblematica figura coperta da un mantello nero mostra soltanto metà del suo volto, mentre a sinistra un pastore sta arrivando: colto durante il movimento è raffigurato solo per metà nella scena.
Un altro straordinario momento è quello della Cattura di Cristo, dove un gioco di linee simili a quelle del Compianto, fa convergere lo sguardo al serratissimo incrocio faccia a faccia tra Cristo e Giuda.
Protesta degli Eremitani e modifica del piano originale
Nel 1305, quando i lavori per la Cappella stavano per concludersi, gli Eremitani, che vivevano in un convento li vicino, protestarono con veemenza perché la costruzione della Cappella, andando oltre gli accordi presi, si stava trasformando da oratorio in una vera e propria chiesa con campanile e forme ritenute, all'epoca, eccessivamente visibili. Non risulta noto come la vicenda si sia conclusa. Forse in seguito a queste rimostranze la chiesa fu ridotta in dimensioni, con l'abbattimento della monumentale parte absidale con ampio transetto (documentata nel "modellino" dipinto da Giotto nell'affresco in controfacciata), dove lo Scrovegni aveva progettato di inserire il proprio mausoleo sepolcrale: la datazione più tarda degli affreschi dell'abside (1320) confermerebbe questa ipotesi[2]. È certo, comunque, che l'attuale campanile, vicino alla Cappella degli Scrovegni, è diverso da quello originale.
Astronomia e pittura
Nell'Adorazione dei Magi Giotto ha raffigurato la cometa di Halley che aveva osservato al suo passaggio nel 1301, usandola come modello per la Stella di Betlemme. Oggi si sa per certo che la cometa di Halley passò nel 12 a.C. ed è generalmente accettato che la Stella di Betlemme non fosse altro che un eccezionale allineamento fra Giove e Saturno, Giotto non poteva comunque saperlo perché tale allineamento è stato calcolato per la prima volta da Keplero nel 1604.
Galleria fotografica
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Note | |
Bibliografia | |
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