Questione femminile
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La riflessione sul ruolo della donna è ancora oggi una questione aperta oltre che nel campo sociale e politico anche all'interno di tutte le religioni. Il rapporto fra le donne e la religione cristiana ha suscitato, per esempio, in questi anni una grande attenzione sia da parte delle teoriche del femminismo sia delle studiose di storia delle donne, le quali, tra l'altro, hanno approntato rilevanti ricerche anche sul ruolo delle religiose nel passato[3].
A voi donne
Una sottolineatura sul ruolo della donna di oggi nella Chiesa è stata data dalla lettera A voi donne di Papa Giovanni Paolo II e dal dibattito nella IV Conferenza sulle problematiche femminili promossa dall'ONU e svoltasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995 a cui la lettera fa esplicito riferimento. La lettera contiene elementi innovativi rispetto al passato; essa coniuga l'esigenza di giustizia per la donna con le necessità della storia. Un punto di novità è l'autocritica sull'atteggiamento della Chiesa nei suoi confronti.
« | Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù [...]. Ma se in questo non sono mancate, specie in determinati contesti storici, responsabilità oggettive anche in non pochi figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente. Tale rammarico si traduca per tutta la Chiesa in un impegno di rinnovata fedeltà all'ispirazione evangelica, che proprio sul tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di dominio ha un messaggio di perenne attualità. » | |
Nella lettera il Papa riconosce e ammette altresì il ruolo svolto dal movimento femminista:
« | In proposito non posso manifestare la mia ammirazione per le donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici e ne hanno preso coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo e magari un peccato. » |
Nel riconoscere il ruolo di emarginazione che talora la donna ha assunto nei servizi ecclesiali, il Papa fa appello al genio della donna, non solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio che va accolto e onorato, ma anche perché abbia maggiore spazio nell'insieme della vita sociale, nonché in quella ecclesiale.
L'appello del Papa ai valori femminili - scrive la ricercatrice sociologa Carmelina Chiara Canta[5] nella sua indagine sulle tipologie religiose e culturali in Italia - è stato giudicato vicino alla tesi della sociologa femminista Miriam Johnson[6]. Il suo intento era di scoprire la tendenza che hanno le società ad attribuire un valore più elevato ai ruoli e alle capacità esercitate dagli uomini. In particolare, analizza quel tipo di potere che è considerato legittimo, secondo la definizione di Max Weber[7], l'autorità. La Johnson rivaluta la madre e il desiderio di maternità che continua a far nascere bambini a dispetto delle difficoltà che ciò comporta[8].
Alla Conferenza dell'ONU le religioni hanno costituito un problema, non solo per quelle ancestrali con i loro riti violenti nei confronti delle donne, ma anche quelle che si rifanno alla spiritualità monoteista. Si parla spesso del fondamentalismo nell'Islam - scrive la Canta - e "dell'asprezza maschilista e patriarcale della religione ebraica".
Un altro tema dibattuto all'interno del mondo femminile riguarda il sacerdozio. L'argomento spesso è sulle pagine dei quotidiani, ma sulle ragioni per cui la Chiesa cattolica non ammette le donne al sacerdozio Gaetana Cazora Russo[9] ha condotto sia nel 1978 che nel 1995 alcune indagini empiriche i cui risultati indicano prospettive interessanti[10].
Si può dunque affermare che c'è in atto un processo di cambiamento dell'immagine della donna nella società. L'universo femminile offre elementi contrastanti. Sempre più donne nel mercato del lavoro, ma partecipazione al di sotto dei valori europei e aumento dei rischi di marginalità professionale, sempre più donne che arrivano in spazi prima maschili, ma anche sostanziale immutabilità e divisione dei ruoli tradizionali, dentro e fuori le mura domestiche. Un quadro, tutto sommato, in cui i nuovi elementi di "parità" non sembrano avere ancora rimosso antiche differenze e in cui le nicchie di vitalità rimangono ancora nicchie.
Il ruolo della Conferenza di Pechino sulla condizione della donna
La pluralità delle voci delle donne e l'attenzione mostrata a esse dalla società civile e politica planetaria hanno cominciato a fondersi dal 1972, quando l'Assemblea Generale dell'ONU proclamava il 1975 anno internazionale delle donne e per l'occasione indisse dal 19 giugno al 2 luglio la Prima Conferenza Mondiale sulle donne a Città del Messico[11]. La Conferenza si concluse con la proclamazione del decennio della donna e con l'impegno di raggiungere gli obiettivi concordati di uguaglianza - sviluppo - pace fissati nel Piano di azione mondiale entro il 1985.
Il decennio è stato scandito da due appuntamenti: nel 1980 la Seconda Conferenza Mondiale a Copenaghen dal 14 al 30 luglio in cui fu approvata la Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna[12]; e nel 1985, a conclusione del decennio della donna, fu organizzata la Terza Conferenza Mondiale a Nairobi dal 15 al 26 luglio[13]. Proprio in Kenya furono formulate le Strategie e le azioni positive per il progresso delle donne verso il 2000[14].
Le misure adottate si aggiravano intorno agli stessi tre obiettivi: uguaglianza, sviluppo e pace. La cui applicazione si volle, poi, verificare a Pechino.[15] Paese dai "diversi conti in sospeso nel campo dei diritti umani e della condizione delle donne, soggette a trattamenti coercitivi di pianificazione delle nascite e di sterilizzazioni forzate".[16]
La IV Conferenza Mondiale di Pechino
La celebrazione della IV Conferenza Mondiale di Pechino si inserisce nel contesto di una serie di Conferenze mondiali organizzate sempre dall'ONU nel decennio degli anni novanta. In esse si evidenziano tematiche generali sulla condizione della donna nel mondo che la riguardano e la chiamano in causa.
Fase preparatoria: dal 1992 al 1994
La prima è la Conferenza Mondiale sull'Ambiente e lo Sviluppo svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, in cui si delinearono impegni precisi a livello internazionale anche a favore della donna per raggiungere uno sviluppo sostenibile ed equo[17].
Segue a Vienna dal 14 al 25 giugno 1993 la II Conferenza Mondiale sui Diritti Umani.[18]. L'azione di lobby esercitata dalle donne nella Conferenza ottenne nella Dichiarazione finale e nel Programma di Azione della stessa Conferenza, adottati il 25 giugno 1993, nella sezione dedicata a "Uguaglianza, dignità e tolleranza", l'inserimento di nove articoli (dal 36 al 44) relativi a "L'uguale condizione e l'uguaglianza dei diritti umani delle donne"[19]. Tali affermazioni di principio rappresentarono un passaggio fondamentale preparatorio alla IV Conferenza di Pechino per l'affermazione dei diritti delle donne.
La terza è la Conferenza Mondiale su Popolazione e Sviluppo celebrata a Il Cairo dal 5 al 13 settembre 1994. Questa Conferenza diede prova delle capacità organizzative della donna per incidere sul tema della salute e dei diritti riproduttivi[20].
Del decennio, la quarta Conferenza è quella del Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sociale celebrata a Copenaghen dal 6 al 12 marzo 1995[21], realizzata sei mesi prima della Conferenza di Pechino.
Il Vertice aveva sottolineato la necessità di un'ottica globale per risolvere i diversi problemi che incidono sullo stato dello sviluppo della popolazione mondiale. Le donne avevano evidenziato le remore che incontrano per partecipare alla gestione dei processi sociali, economici e culturali dei loro contesti.
Sviluppo: 1995
La IV Conferenza Mondiale di Pechino sul tema Azione per l'Eguaglianza, lo Sviluppo e la Pace è stata un processo che ha sia completato sia valutato il cammino fatto nel ventennio precedente. Convocata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione n.45/129 del 14 dicembre 1990,[23] si è centrata sul riesame e sulla valutazione dell'avanzamento della condizione femminile a partire dal 1985, e cioè dagli obiettivi proposti nelle Strategie di Nairobi per promuovere maggiore uguaglianza e opportunità per le donne in tutto il mondo.[24]Alla Conferenza di Pechino parteciparono trentaseimila donne e millecinquecento uomini.[25]. Ed è stata la dimostrazione che le donne di tutto il mondo, elaborando le loro differenze culturali, hanno trovato un linguaggio comune per intendersi su quelli che sono i valori universali di pari dignità, libertà, partecipazione sociale e politica validi per gli uomini e le donne, fatte salve e valorizzate le diversità[26].
Questa maturazione si è sviluppata in Italia negli ultimi decenni con percorsi differenti tra donne cattoliche e donne laiche[27]. Queste ultime sono partite con la rivendicazione dell'uguaglianza, successivamente hanno sottolineato la differenza, poi hanno iniziato a tematizzare la reciprocità uomo/donna.[28].
Il femminismo cattolico è partito con il superamento dell'inferiorità della donna per affermare la sua diversità, successivamente - pressappoco in occasione del Concilio Vaticano II - ha tematizzato l'uguaglianza e la complementarietà spingendo a ricentrare il messaggio evangelico attraverso la valorizzazione della voce femminile.
Anche a Pechino il femminismo si caratterizza come un evento socioculturale di ampia consistenza. Nasce un femminismo transnazionale che ricerca nelle differenze punti in comune[29], una realtà trasversale ed ecumenica, che nutre come principale intenzione quella di rivisitare gli aspetti più fondanti della vita di una donna e trovare loro una giusta dimensione: dalla maternità all'impegno sociale, dal lavoro alla famiglia all'impegno politico[30]. Si tratta di aggredire una nuova forma antropologica e di ricomprenderla evidenziando il significato e la funzione della sessualità e della corporeità umane[31].
Per le donne due sono le scelte su cui impegnare la nuova battaglia: una strategica, sul tema della "differenza"; l'altra tattica e circoscritta, per il recupero di luoghi di produzione e di gestione in tutti i settori della società. La tesi le donne non sono uomini nella sua ovvietà racchiude una pesante discriminazione: rifiuta alla donna la dignità umana. Invece la valorizzazione della donna rappresenta un punto di osservazione particolarmente importante per giudicare le qualità morali e spirituali di una società.
Le donne non si muovono più nell'ottica del perseguimento di una parità che significherebbe omologazione al modello che ha creato la discriminazione, ma recuperano questa positiva percezione del proprio genere dalla consapevolezza di saper far fronte e gestire contemporaneamente più situazioni qualitativamente differenti. Emergono quindi nuovi contenuti che caratterizzano l'interdipendenza tra donna e uomo: la prospettiva di un'antropologia della reciprocità, che vede nell'analisi comparata di culture di identità una metodologia da privilegiare.
La cultura della reciprocità
L'obiettivo non è più una cultura della parità, ma dell'equivalenza. Con tale concetto si dà conto di due elementi coessenziali: la diversità, che è una realtà, una ricchezza e, in quanto tale, non va assolutamente negata e, aspetto anche questo insopprimibile, l'uguaglianza di valore in quanto donne e uomini. Partire da questa consapevolezza di parzialità reciproca significa porre le premesse per una comprensione nuova dei rapporti tra le diversità.
La reciprocità uomo/donna chiede di essere declinata culturalmente ed esige un percorso di coscienza autoriflessa delle due identità - dell'uomo e della donna - per diventare poi realtà socioculturale. Questa è una delle sfide del futuro: reciprocità in famiglia, nel lavoro, nella cultura, nella Chiesa, dovunque sia possibile modellare la vita umana sul principio del "maschio e femmina li creò" e quindi sulla uni-dualità antropologica a immagine della uni-trinità di Dio. Dio crea a sua immagine e somiglianza un'unica umanità che si differenzia in uomo e donna ma in stretta relazione tra loro, capaci di dialogare con Dio. L'uni-trinità divina si riflette allora nell'uni-dualità umana e viceversa. Analogamente all'uni-trinità divina dove il Padre, il Figlio e lo Spirito sono singolarmente Dio ma non rappresentano il tutto della divinità, anche nell'uni-dualità umana l'uomo e la donna - creature in sé complete - devono singolarmente ammettere: "Io non sono il tutto, tu non sei il tutto". Cioè: tu, uomo, non rappresenti tutta l'umanità, così come non la rappresento io donna perché la natura è due, per cui nessuno realizza il tutto.[32]
Piattaforma di Azione
A Pechino le aree di interesse della Piattaforma di Azione sono dodici. Nella sua versione originale, il documento è suddiviso in sei capitoli:
- I, Obiettivi;
- II, Contesto mondiale;
- III, Aree di crisi;
- IV, Obiettivi strategici e azioni;
- V, Creazione di strutture;
- VI, Disposizioni finanziarie.
Il capitolo IV descrive le dodici aree di interesse su cui, nel periodo preparatorio, hanno discusso governi, società e organizzazioni non governative e poiché le argomentazioni presentavano segni di cambiamento furono riportati in sintesi:
- La povertà;
- L'educazione;
- La salute;
- La violenza;
- Conflitti armati e altri tipi di conflitti;
- Partecipazione economica;
- Partecipazione al potere e ai processi decisionali;
- Meccanismi nazionali e internazionali per favorire il progresso;
- Diritti umani;
- Mezzi di comunicazione di massa;
- Ambiente e sviluppo;
- Le bambine[33].
Concetti chiave
Da questi dodici punti, articolati in obiettivi strategici, si dipinge una nuova immagine della donna. Essa ruota attorno a tre concetti chiave:
- Genere e differenza[34];
- Empowerment;
- Mainstreaming.
a) Genere e Differenza
Nella prima, genere e differenza, si vuole che ogni persona riconosca e rispetti l'identità dell'altro (uomo/donna), attraverso il confronto intelligente e aperto senza prese di posizioni dentro i confini dei propri principi. Le donne nella critica al ruolo e al comportamento maschili oltrepassano la denuncia per cercare di elaborare e proporre, insieme agli uomini, un nuovo modello di complementarità in cui si attui lo scambio delle ricchezze maschili e femminili. In questo cammino di affermazione della cultura dell'equivalenza, le donne incontrano fortissime resistenze culturali, che trovano nei mass media il luogo privilegiato. Questi, dai giornali quotidiani alla televisione, alla pubblicità, discriminano la donna con una duplice operazione che Gioia Di Cristoforo Longo[35] definisce della « sottorappresentazione, dell'occultamento sistematico delle realtà femminili positive nella società e della sovrarappresentazione della donna oggetto, simbolo sessuale. Si tratta di due facce complementari: presenze e assenze, entrambe, vanno a delineare un modello femminile sostanzialmente tradizionale e, comunque negano visibilità alla nuova realtà della donna. [...] Se consideriamo i mass media come lo specchio del potere, la resistenza che essi operano nei confronti del nuovo soggetto donna, è indicativa delle difficoltà della terza fase del processo di emancipazione e liberazione della donna: quella del potere»[36].
b) Empowerment
Con la seconda, empowerment, le donne chiedono nuovi spazi di espressione, per gestire, da donne, i compiti loro affidati o che potrebbero e dovrebbero essere affidati anche a loro. Ma il problema da parte delle donne - dichiara Silvia Costa - « non credo tuttavia sia soltanto quello di accedere al potere, ma anche quello più esigente di cambiarne il significato. Se le donne al potere non riescono a modificare il significato attuale o non fanno percepire che esso è un servizio alla comunità, rischiamo di perdere una grande occasione. Il potere è un servizio riconoscibile alla comunità e deve essere riconoscibile senza mediazioni. Il vero potere non è la cooptazione dall'alto, ma è la persona che, in base a quello che fa per il bene comune, è riconosciuta "potente" e quindi è libera e può permettersi di parlare a voce alta agli uomini. Secondo me, questa dimensione del potere "femminile" è forse la sfida più grande che noi abbiamo di fronte: non quella di essere omologate, ma quella di riuscire a dare un segno diverso ad esso»[37].
c) Mainstreaming
La terza, mainstreaming, tende a inserire il punto di vista delle donne in tutte le politiche perché qualunque legge, programma, politica sia frutto di una completa visione femminile e maschile. Le donne rifiutano non solo la maschilizzazione della società, ma anche la sua femminilizzazione. Insieme con gli uomini intendono rielaborare un sistema culturale a due voci in cui sottolineano come valori l'autonomia, la valorizzazione delle risorse umane, la responsabilità, la libertà di scelta, la capacità e la possibilità di autodeterminazione, la gratuità, la disponibilità, la qualità dello sviluppo, il rispetto e la giustizia.
Da queste tre parole chiavi la Conferenza di Pechino ha suscitato delle sensibilità nei confronti della donna. La pregnanza di significati di queste ultime due empowerment e mainstreaming racchiudono tutta la potenzialità della Piattaforma d'azione. In forza di esse viene coniata un'inedita immagine femminile. Queste due parole, di conseguenza, possono essere assunte come parametri di confronto con le tematiche femminili contenute nelle lettere al giornale, poiché non si parla di discorsi femministi di tipo culturale quanto di azioni di sviluppo. A empowerment, quindi, sono connessi temi come autostima, autovalorizzazione, accrescere abilità e competenze, autonomia, voce in capitolo nella famiglia, nella società, nella politica, nei processi di pace, nella ricomposizione del tessuto sociale; mainstreaming è in relazione a temi come la prospettiva di genere deve passare in tutte le politiche, qualità dello sviluppo, valorizzazione delle risorse umane, lavoro di cura, lavoro in modo autonomo, uguaglianza nella reciprocità, equità.
Il dopo Pechino
Tali aspetti sono stati recepiti anche dal mondo religioso femminile. Nella lettera-circolare, per esempio, scritta nel 1999 dalla Madre generale, suor Antonia Colombo, all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, tra l'altro, diceva: « È tempo di empowerment, ossia di reciproco potenziamento nell'ascolto, nell'accoglienza e valorizzazione delle diversità, espressione della ricchezza di ogni persona e cultura in cui si incarna il carisma»[38].
Anche alla Seconda Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'Europa è approdata la questione femminile. Questione che ha fatto intervenire le donne religiose e laiche presenti. Hanno fatto sentire la loro voce di suore, di madri di famiglia, di leader di movimenti, a riguardo della crisi religiosa dell'Europa. Tra l'altro, Paola Bignardi, presidente dell'Azione Cattolica italiana, ha detto al Papa e ai Padri sinodali: « La condizione femminile vive oggi una inedita fase: si allarga la distanza tra donne con grandi possibilità culturali e materiali e alti livelli di autoconsapevolezza, e donne con minime opportunità, più sfruttate, più violate; ora anche più sole e silenziose”. Ed ha poi chiesto che la Chiesa “valorizzi e accolga le risorse e anche le povertà delle donne. Sia attenta a queste nuove forme di espressione della condizione femminile».
L'Assemblea poi denominata Pechino+5, tenutasi a New York dal 5 al 9 giugno 2000, sancì l'applicazione della Piattaforma d'Azione della IV Conferenza. La coscienza femminile va educata al discernimento, all'assunzione di responsabilità, alla partecipazione. Ma la coscienza femminile, allo stesso tempo, educa alla scelta di valori di umanità e di vita, al coraggio e alla tolleranza per portare il contributo insostituibile della sensibilità femminile nella costruzione del bene comune. Il reciproco riconoscimento è una concreta premessa per trasmettere a tutto il sociale la cultura della reciprocità, dove dare vuol dire anche saper ricevere, e dove libertà vuol dire ascolto e sintonia.
Note | |
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Bibliografia | |
Studi 1.Sulla questione femminile
Magistero di Giovanni Paolo II sulla donna nel corso dell'anno 1995 All'Angelus
Discorsi
Encicliche
Lettere
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Voci correlate | |