Salmo 119

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Il Salmo 119 (118 nella numerazione greca) è un Salmo alfabetico; è un imponente e solenne canto sulla Torah[1] di YHWH.

È stato probabilmente scritto poco prima della deportazione a Babilonia.

Caratteristiche letterarie

È composto da 176 distici che, a gruppi di otto, formano ventidue strofe: ognuna di esse comincia con una delle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico, in successione alfabetica: per questo viene detto salmo alfabetico. Siccome tutti i versetti di ogni ottava cominciano con la stessa lettera, il salmo risulta composto da ventidue tautogrammi.

È il Salmo più lungo di tutto il salterio.

Il contenuto è disposto con il procedimento della variazione concettuale: usa cioè diversi termini per designare il medesimo concetto.

Messaggio

Il Salmo è tutto pervaso di amore per la Parola di Dio; ne celebra la bellezza, la forza salvifica, la capacità di donare gioia e vita. Nel Salmo 119 la Legge divina non è giogo pesante di schiavitù, ma dono di grazia che fa liberi e porta alla felicità. Alcune significative affermazioni al riguardo:

  • "Nei tuoi decreti è la mia delizia, non dimenticherò la tua parola" (v. 16);
  • "Guidami sul sentiero dei tuoi comandi, perché in essi è la mia felicità" (v. 35);
  • "Quanto amo la tua legge! La medito tutto il giorno" (v. 97).

La Legge di YHWH, la sua Parola, è il centro della vita del salmista; in essa egli trova consolazione, ne fa oggetto di meditazione, la conserva nel suo cuore: "Ripongo nel cuore la tua promessa per non peccare contro di te" (v. 11), è il segreto della felicità del Salmista; "Gli orgogliosi mi hanno coperto di menzogne, ma io con tutto il cuore custodisco i tuoi precetti" (v. 69).

Il Salmo 119 è tutto intessuto intorno alla Parola di Dio, che è parola di vita e di beatitudine. Se il suo tema centrale è la Parola (dabar) e la Legge (torah) di YHWH, accanto a questi termini si rincorrono molti sinonimi: "precetti" (piqqudîm), "decreto" (hôq), "comando" (miswah), "insegnamenti", "promessa", "giudizio" (mishpat), "testimonianza" (edût), "detto" (imrah); e poi tanti verbi ad essi correlati: "osservare", "custodire", "comprendere", "conoscere", "amare", "meditare", "vivere". Tutto l’alfabeto si snoda attraverso le ventidue strofe di questo Salmo, e anche tutto il vocabolario del rapporto fiducioso del credente con Dio; vi si trova la lode, il ringraziamento, la fiducia, ma anche la supplica e il lamento, sempre però pervasi dalla certezza della grazia divina e della potenza della Parola di Dio.

Anche i versetti maggiormente segnati dal dolore e dal senso di buio rimangono aperti alla speranza e sono permeati di fede:

  • "La mia vita è incollata alla polvere: fammi vivere secondo la tua parola" (v. 25);
  • "Io sono come un otre esposto al fumo, non dimentico i tuoi decreti" (v. 83);
  • "A chi mi insulta darò una risposta, perché ho fiducia nella tua parola" (v. 42);
  • "Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra, ma io non ho abbandonato i tuoi precetti" (v. 87).

La legge divina, oggetto dell'amore appassionato del Salmista e di ogni credente, è fonte di vita. Il desiderio di comprenderla, di osservarla, di orientare ad essa tutto il proprio essere è la caratteristica dell'uomo giusto e fedele al Signore, che la "medita giorno e notte" (Sal 1,2 ).

Il compimento nel Nuovo Testamento

La fedeltà del Salmista nasce dall'ascolto della Parola, da custodire nell'intimo, meditandola e amandola. Nello stesso ordine si situa il cammino interiore di Maria, che "custodiva, meditandole nel suo cuore" le parole che le erano state rivolte e gli eventi meravigliosi in cui Dio si rivelava, chiedendo il suo assenso di fede (cfr. Lc 2,19.51 ).

Il Salmo 119 inizia proclamando "beato chi cammina nella Legge del Signore" (v. 1b) e "chi custodisce i suoi insegnamenti" (v. 2a); anche in questo aspetto è ancora la Vergine Maria che porta a compimento la perfetta figura del credente descritto dal Salmista. Ella è la vera beata, proclamata tale da Elisabetta perché "ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto" (Lc 1,45 ).

Il Salmo 119 orienta verso il Vangelo anche per la tematica della parte[2]: "La mia parte è il Signore; ho deciso di osservare le tue parole" (v. Sal 119,57 ). Il termine "parte" evoca l'evento della ripartizione della terra promessa tra le tribù d'Israele, quando ai Leviti non venne assegnata alcuna porzione del territorio, perché la loroparte era il Signore stesso (Nm 18,20 ; Dt 10,9 ; cfr. Dt 18,2 ; Gs 13,33 ; Ez 44,28 ). Dicendo "la mia parte è il Signore" l'orante del Salmo 119 applica a sé questa realtà. Ora, questo versetto è importante per tutti i discepoli di Gesù, che costituiscono il popolo di Dio, che appartiene a Lui solo, e che sono stati costituiti "regno di sacerdoti" per il Signore (cfr. 1Pt 2,9 ; Ap 1,6; 5,10 ), che sono chiamati alla radicalità del Vangelo, ad essere testimoni della vita portata dal Cristo. In particolare, poi, il versetto si applica a tutti i consacrati e i sacerdoti, "chiamati a vivere solo del Signore e della sua Parola, senza altre sicurezze, avendo Lui come unico bene e unica fonte di vera vita. In questa luce si comprende la libera scelta del celibato per il Regno dei cieli"[3].

Nella preghiera della Chiesa

Il Salmo 119 viene pregato nella Liturgia delle ore, soprattutto nell'Ora Media, suddiviso in unità secondo le lettere alfabetiche.

Note
  1. Il termine ebraico Torah significa "insegnamento", "istruzione", "direttiva di vita". "La Torah è rivelazione, è Parola di Dio che interpella l'uomo e ne provoca la risposta di obbedienza fiduciosa e di amore generoso" (Benedetto XVI, Catechesi sul Salmo 119).
  2. Il tema della parte compare anche in altri Salmi: 16,5; 73,23; 142,6.
  3. http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2011/documents/hf_ben-xvi_aud_20111109_it.html
Bibliografia
Voci correlate