Libro di Ezechiele
Libro di Ezechiele | |
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Michelangelo Buonarroti, Ezechiele (1508-1512), affresco; Città del Vaticano, Cappella Sistina | |
Sigla biblica | Ez |
Titolo originale | יחזקאל (yehzqè'l) |
Lingua originale | ebraico |
Autore | Anonimo |
Datazione | II secolo a.C. |
Luogo edizione | Giudea |
Ambientazione Geografica | |
Ambientazione Storica | VI secolo a.C. |
Personaggi principali: | |
Il Libro di Ezechiele (in ebraico יחזקאל, yehzqè'l; in greco Ιεζεκιήλ, Iezekiél; in latino Ezechièl) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.
È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V secolo a.C., sulla base di oracoli precedenti attribuiti al profeta Ezechiele, datati tra il 592 e il 571 a.C. circa, proferiti nel Regno di Giuda e nell'esilio di Babilonia.
È composto da 48 capitoli. Il tema specifico del libro è quello dell'invito alla sottomissione a Dio, sempre con il suo popolo anche se questo si trova in esilio a Babilonia: alla fine il popolo d'Israele sarà vittorioso e Gerusalemme e il tempio saranno ricostruiti.
Struttura e composizione
Il libro di Ezechiele si presenta come un tutto bene ordinato.
Dopo un'introduzione (1-3), dove il profeta riceve da Dio la sua missione, il corpo del libro si divide chiaramente in quattro parti:
- i capitoli 4-24 contengono quasi unicamente rimproveri e minacce contro gli israeliti prima dell'assedio di Gerusalemme;
- i capitoli 25-32 sono oracoli contro le nazioni, in cui il profeta estende la maledizione divina ai complici e ai provocatori della nazione infedele;
- nei capitoli 33-39, durante e dopo l'assedio, il profeta consola il suo popolo promettendo un avvenire migliore;
- i capitoli 40-48 delineano infine lo statuto politico e religioso della comunità futura, ristabilita in Palestina.
Tale struttura molto semplice nasconde però numerose "stranezze":
- Ci sono numerosi doppioni: 3,17-21 = 33,7-9; 18,25-29 = 33,17-20, ecc.
- Le indicazioni sul mutismo da cui Ezechiele è colpito per opera di Dio (3,26;24,27;33,22) sono separate da lunghi discorsi.
- La visione del carro divino (1,4-3,15) è interrotta da quella del libro (2,1-3,9).
- La descrizione dei peccati di Gerusalemme (11,1-21) fa seguito al capitolo 8 e divide chiaramente il racconto della partenza del carro divino che, da 10,22, continua in 11,22.
- Le date esposte nei capitoli 26-33 non si susseguono con ordine.
Queste sviste sono difficilmente imputabili a un autore che scriva la sua opera di un solo getto. È molto più verosimile che siano dovute a discepoli che lavoravano su scritti o ricordi, combinandoli e completandoli. Il libro di Ezechiele ha dunque avuto una storia di composizione simile a quelle degli altri libri profetici.
Nonostante la sua storia di composizione, l'eguaglianza della forma e della dottrina all'interno del libro ci assicurano che i discepoli ci hanno conservato fedelmente il pensiero e, generalmente, la parola stessa del maestro. Il lavoro redazionale è soprattutto sensibile nell'ultima parte del libro (c. 40-48); però il nucleo dell'opera risale a Ezechiele stesso.
Le ipotesi sul ministero
Stando ai dati attuali del suo libro, Ezechiele ha esercitato tutta la sua attività tra gli esiliati di Babilonia tra il 593 e il 571 a.C., date estreme indicate dal testo (1,2;29,17). È questa la tesi tradizionale.
Ci si è meravigliati, tuttavia, che, in queste condizioni, gli oracoli della prima parte appaiano rivolti agli abitanti di Gerusalemme e che talvolta Ezechiele sembri essere corporalmente presente nella città, soprattutto in 11,13. È quindi stata formulata l'ipotesi di un doppio ministero di Ezechiele:
- Il profeta sarebbe rimasto in Palestina e vi avrebbe predicato fin dopo la rovina di Gerusalemme nel 587 a.C..
- Solo allora avrebbe raggiunto i prigionieri di Babilonia.
La visione del rotolo in 2,1-3,9 segnerebbe la vocazione del profeta in Palestina; quella del carro divino (1,4-28;3,10-15) segnerebbe l'arrivo presso gli esiliati. Il trasferimento della visione del carro all'inizio del libro ne avrebbe cambiato tutta la prospettiva.
L'ipotesi del doppio ministero serve a rispondere a certe difficoltà, ma ne solleva altre. Essa comporta seri rimaneggiamenti del testo; deve ammettere che, anche durante il suo ministero "palestinese", Ezechiele viveva ordinariamente fuori della città, poiché vi è "trasportato" (8,3); ed è curioso che, se Ezechiele e Geremia hanno predicato insieme a Gerusalemme, né l'uno né l'altro faccia allusione al ministero del suo confratello.
D'altra parte, le difficoltà della tesi tradizionale non devono essere esagerate: i rimproveri rivolti agli abitanti di Gerusalemme servivano di lezione agli esiliati e quando Ezechiele sembra essere nella città santa, il testo dice espressamente che vi è trasportato "in visione" (8,3), come ne è ricondotto "in visione" (11,24). L'ipotesi di un doppio ministero conserva oggi pochi sostenitori.
La figura del profeta
Qualunque sia la ipotesi che si segue, emerge dal libro la stessa grande figura:
- Ezechiele è un sacerdote (1,3).
- Il tempio è la sua preoccupazione, si tratti del tempio presente che è contaminato da riti impuri (c. 8) ed è abbandonato dalla gloria di YHWH (c. 10), o del tempio futuro, di cui descrive minuziosamente il disegno (c. 40-42) e dove vede ritornare la gloria di Dio (c. 43).
- Egli ha il culto della legge, e, nella sua storia delle infedeltà di Israele (c. 20), il rimprovero di aver "profanato i sabati" riappare come un ritornello.
- Egli ha orrore delle impurità legali (4,14) e una grande cura di separare il sacro dal profano (45,1-6).
- Come sacerdote, regola casi di diritto e di morale e il suo insegnamento assume, da questo fatto, uno stile casuistico (c. 18).
- Il suo pensiero e il suo vocabolario si collegano alla legge di santità (Lev 17-26 ). Però non si può dimostrare né che se ne sia ispirato, né che la legge di santità dipenda da lui e i contatti che colpiscono di più si trovano in passi redazionali. Resta il fatto che le due raccolte sono state trasmesse in ambienti di pensiero molto vicini.
- L'opera di Ezechiele si integra nella corrente "sacerdotale"[1].
Ezechiele è anche un profeta di azione. Più di qualunque altro, ha moltiplicato i gesti simbolici; Ezechiele mima:
- l'assedio di Gerusalemme (4,1-5,4);
- la partenza degli esuli (12,1-7);
- il re di Babilonia all'incrocio delle strade (21,23s);
- l'unione di Giuda e di Israele (37,15s).
Anche nelle prove personali che Dio gli invia, Ezechiele è un "segno" per Israele (24,24), come erano stati segni Osea, Isaia e Geremia. Ma la complessità delle sue azioni simboliche contrasta con la semplicità dei gesti dei suoi predecessori.
Stile
Ezechiele si distingue per le visioni. Il suo libro non contiene che quattro visioni propriamente dette, ma occupano un posto considerevole. Esse si trovano:
- i quattro animali del carro di JHWH (c. 1-3);
- la sarabanda cultuale del tempio con il suo formicolio di bestie e di idoli (c. 8-11);
- la pianura di ossa che si animano (37);
- il tempio futuro disegnato come sul progetto di un architetto, da dove scaturisce un fiume di sogno in una geografia utopistica (c. 40-48).
Il potere del profeta di immaginare si estende ai quadri allegorici da lui tracciati:
- le due sorelle Oolà e Oolibà (c. 23);
- il naufragio di Tiro (c. 27);
- il faraone coccodrillo (ĉ. 29;32);
- l'albero gigante (c. 31);
- la discesa agli inferi (c. 32).
In contrasto la potenza delle visioni, lo stile di Ezechiele è monotono e grigio, freddo e diluito, di una indigenza rara quando lo si confronti con quello dei grandi classici. Ezechiele non ha la purezza vigorosa di Isaia, né il calore commovente di Geremia. L'arte di Ezechiele vale per le sue dimensioni e per il suo rilievo, che creano come un'atmosfera di orrore sacro davanti al mistero del divino.
Dottrina
Se per molti tratti Ezechiele si collega ai suoi predecessori, apre nondimeno una via nuova. E ciò è vero anche della sua dottrina.
Ezechiele rompe con il passato della sua nazione:
- Il ricordo delle promesse fatte ai padri e dell'alleanza conclusa sul Sinai appare sporadicamente.
- Se YHWH ha salvato fino a qui il suo popolo contaminato fin dalla nascita (16,3s), non è per compiere le promesse, è per difendere l'onore del suo nome (c. 20).
- Se YHWH deve sostituire l'antica alleanza con un'alleanza eterna (16,60;37,26-27), non è in ricompensa di un "ritorno" del popolo verso di lui, è per pura benevolenza[2] e il pentimento verrà dopo (16,62-63).
- Il messianismo di Ezechiele, d'altronde poco espresso, non è più regale e glorioso: annunzia un futuro Davide, ma questo non sarà che il "pastore" del suo popolo (34,23;37,24), un "principe" (24,24) e non più un re, per il quale non c'è posto nella visione teocratica dell'avvenire (45,7s).
- Ezechiele rompe con la tradizione della solidarietà nel castigo e afferma il principio della retribuzione individuale (c. 18; cfr. c. 33)[3].
- Sacerdote tanto attaccato al suo tempio, rompe, come aveva già fatto Geremia, con l'idea che Dio è legato al suo santuario.
In Ezechiele si congiungono lo spirito profetico e lo spirito sacerdotale che erano restati spesso opposti: i riti - che sussistono - sono valorizzati dai sentimenti che li ispirano.
Tutta la dottrina di Ezechiele è centrata sul rinnovamento interiore: bisogna farsi un cuore nuovo e uno spirito nuovo (18,31), o piuttosto Dio stesso darà un "altro" cuore, un cuore "nuovo" e metterà nell'uomo uno spirito "nuovo" (11,19;36,26)[4].
La spiritualizzazione di tutti i dati religiosi è il grande apporto di Ezechiele. Egli viene a volte considerato il "padre del giudaismo", in riferimento alla sua cura di separazione dal profano, di purità legale, alle sue minuzie rituali[5], ma ciò è del tutto ingiusto: Ezechiele, come Geremia ma in altro modo, è all'origine della corrente spirituale purissima che ha attraversato il giudaismo e sfocia nel Nuovo Testamento. E Gesù è il buon pastore che Ezechiele aveva annunziato; lo stesso Gesù ha poi inaugurato il culto in spirito che questi aveva invocato.
Per un altro dei suoi aspetti, Ezechiele è all'origine della corrente apocalittica. Le sue visioni grandiose preludono a quelle di Daniele e non sorprende che nell'Apocalisse di san Giovanni si ritrovi così spesso la sua influenza.
Note | |
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