San Massimo d'Aveia

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San Massimo d'Aveia
Diacono · Martire
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battezzato
Santo
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Giulio Cesare Bedeschini, San Massimo d'Aveia (prima metà del XVII secolo), olio su tela; L'Aquila, Museo Nazionale
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte {{{età}}} anni
Nascita Aveia
228 ca.
Morte tra il 249 e il 251
Sepoltura
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
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Fine del
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Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione pre-canonizzazione
Ricorrenza 10 giugno
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di L'Aquila, Penne, Isola del Gran Sasso
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
Nome completo {{{nome completo}}}
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
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Collegamenti esterni
Scheda su santiebeati.it
Invito all'ascolto
Firma autografa
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San Massimo d'Aveia (Aveia, 228 ca.; † tra il 249 e il 251) è stato un diacono e martire italiano.

Biografia

Nacque ad Aveia oggi Fossa, intorno al 228 da una famiglia cristiana. Era levita ossia diacono. Massimo aspirava al sacerdozio e professò la sua fede anche davanti al Prefetto di Aveia, dopo che fu catturato durante la persecuzione di Decio (ottobre 249-novembre 251). In una Passio si legge che a tutte le interrogazioni, Massimo rispose senza mai rinnegare la fede in Gesù Cristo, per questo venne a lungo torturato, ma inutilmente.

Si sa, inoltre, che per dissuaderlo si arrivò anche a promettergli in sposa una giovane di nome Cesaria, e che alla fine Massimo fu gettato dalla rupe più alta della città, detta "Circolo e Torre del Tempio".

Venerazione e culto

Probabilmente in seguito a questo martirio la città di Aveia divenne sede vescovile. Alla distruzione di Aveia le reliquie vennero portate a Civitas Sancti Maximi (poi Forcona) e fu qui che il 10 giugno del 956 l'imperatore Ottone I il Grande e papa Giovanni XII vennero per venerare le reliquie del santo.

Nel 1256 la sede vescovile e le reliquie vennero spostate a L'Aquila, città appena fondata, e vennero messe nella nuova Cattedrale a lui dedicata, insieme a San Giorgio. La sede vescovile dell'Aquila raccolse così l'eredità di Forcona, l'antica capitale religiosa della provincia Valeria, nella quale era confluita anche la cattedra di Amiterno. San Massimo fu dunque nominato patrono della città de L'Aquila e fu affiancato a papa Celestino V, San Bernardino da Siena e sant'Equizio.

Anche le reliquie di San Raniero finirono nella nuova sede vescovile dell'Aquila, ma tornarono più tardi nel paese di origine del santo per volere del popolo.

Durante il terremoto che colpì L'Aquila nel 1703, le reliquie di san Massimo andarono perdute.