Congregazione Vallombrosana
Congregazione Vallombrosana | |
in latino Congregatio Vallis Umbrosae Ordinis Sancti Benedict | |
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Istituto di vita consacrata Ordine monastico maschile di diritto pontificio | |
monastica contemplativa | |
Altri nomi Ordine di Vallombrosa, vallombrosini | |
Fondatore | San Giovanni Gualberto |
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Data fondazione | 1039 |
Luogo fondazione | Abbazia di Vallombrosa (Firenze) |
sigla | O.S.B. Vall. |
Regola | San Benedetto (S. VI) |
Approvato da | Papa Vittorio II |
Data di approvazione | 1056 |
Motto | paziente Disciplina (Disciplina della Pace) |
Abito | tunica, scapolare e cappuccio grigio, marrone e ora nero |
Scopo | conseguimento degli obiettivi con rigore, vita comunitaria con l'austerità del eremítismo, lotta contro la simonia e la corruzione nella Chiesa |
Santo patrono | San Benedetto da Norcia, San Giovanni Gualberto |
Collegamenti esterni | |
Sito ufficiale |
La Congregazione Vallombrosana, pospongono al loro nome la sigla O.S.B. Vall., è una comunità di monaci benedettini fondata da San Giovanni Gualberto nel 1039, che prende il nome dalla località di Vallombrosa, oggi in provincia di Firenze.
Fra i centri vallombrosani nel nord-Italia vanno ricordati: l'Abbazia di San Mercuriale di Forlì, che rimase a quest'Ordine dal 1176 fino alle soppressioni napoleoniche; e il monastero di Astino di Bergamo.
A Firenze, i Vallombrosani amministravano la chiesa di San Salvi e la Chiesa di San Bartolomeo nella Badia a Ripoli, ma la chiesa più importante che i Vallombrosani gestiscono è la Basilica di Santa Trinita.
I monaci vallombrosani si sono distinti, nel corso dei secoli, per la lotta contro la simonia, contro la corruzione e la mondanità della Chiesa; è attribuita a loro l'istituzione della figura dei monaci conversi, che secondo alcuni autori, invece, dovrebbe essere attribuita ai Cistercensi.
I Vallombrosani sono da sempre sensibili alla tutela del creato e, in particolare, possono ritenersi dei veri e propri "monaci forestali" dato che per lungo tempo (dal XI al XIX secolo) hanno gestito la Foresta di Vallombrosa.
I monaci coltivavano l'abete bianco in purezza, applicando la tecnica selvicolturale - da loro codificata - del "taglio raso con rinnovazione artificiale posticipata", che da Vallombrosa si irradiò in tutta Europa.
Dal 1866, a seguito dell'incameramento dei beni ecclesiastici da parte del Regno d'Italia, la Foresta di Vallombrosa è gestita dall'Amministrazione Forestale dello Stato a cui si deve la riclassificazione in "Riserva Naturale Statale Biogenetica" avvenuta nel 1977.
Dagli inizi al 1500
Il periodo dal 1036 fino agli inizi del 1330 è l'epoca del fervore degli inizi e della diffusione. L'unione nei singoli monasteri e fra gli stessi, sotto la guida dell'abate maggiore, trovò espressione soprattutto nell'annuale raduno a Vallombrosa dei superiori e nello scambio di monaci.
È l'epoca d'oro dell'ordine e dell'espansione della congregazione sia nel centro e nord Italia che in Sardegna (in quest'ultima erige ricchi e splendidi monasteri e governa un gran numero di villaggi rurali). Nel 1160 i monaci di Vallombrosa erano presenti in 57 monasteri.
In seguito fu introdotta l'assunzione della guida dei monasteri per commenda, con questo sistema la guida del convento era assunta da personalità estranee alla vita monacale, nominate dalla Sede apostolica. L'abate commendatario, spesso lontano dal monastero, era interessato all'amministrazione dei suoi beni temporali di cui beneficiava in gran parte. Fu un periodo di decadenza sia per le comunità che per la congregazione.
Dal 1550 al 1800
Il periodo dal 1500 al 1800 è meno uniforme del precedente, nel I secolo, grazie al Concilio di Trento, si assiste ad una ripresa spirituale e ad un grande sviluppo economico che ha lasciato la sua traccia profonda nella grandiosità delle abbazie vallombrosane.
Presso i monaci di Vallombrosa, intorno al 1578, riceve la sua prima formazione culturale (ed entra a far parte dell'ordine come novizio per un breve periodo) il giovane Galileo Galilei. Qui studia logica, retorica e grammatica.
Con l'illuminismo, fu accentuato l'inserimento dei monaci nelle attività culturali e scientifiche, ma la loro attività primaria rimase
- l'agricoltura in pianura,
- la selvicoltura in montagna, e la
- costruzione e gestione di ospedali e di ostelli per i pellegrini.
Dal 1662 al 1680 l'ordine fu unito a quello dei Silvestrini.
Al XVIII secolo risale un'importante fonte per la storia del Vallombrosani, l'opera Memorie miscellanee appartenenti alla religione vallombrosana, o Memorie vallombrosane (ms., AGCV, C.IV; Archivio del Seminario Arcivescovile Maggiore - Firenze, B.VI.25), di Fulgenzio Nardi, abate prima di San Mercuriale a Forlì e poi di Santa Trinita a Firenze.
Gli ultimi secoli
Per approfondire, vedi la voce Eversione dell'asse ecclesiastico |
Il 1800 è l'epoca delle soppressioni attuate dalle autorità statali. Il 10 ottobre 1810 per la prima volta i monaci furono costretti ad abbandonare addirittura l'abbazia di Vallombrosa, la casa madre. Vi rientreranno solo nel 1818 con 15 sacerdoti e 16 fratelli.
Nel 1866, in applicazione delle leggi italiane riguardanti la soppressione degli istituti religiosi, ai monaci fu tolta nuovamente l'abbazia di Vallombrosa, che nel 1869 divenne sede del primo Istituto Forestale d'Italia.
I monaci di Vallombrosa si trasferirono a Pescia (Pistoia) fino al ritorno a Vallombrosa, nel 1949, reso possibile solo dalla concessione del monastero alla congregazione da parte dello Stato.
Con la soppressione napoleonica era stato tolto ai monaci Vallombrosani anche il Monastero di San Michele presso la Badia di Passignano (Fi) che per la congregazione è secondo solo a quello di Vallombrosa ed ha una sua particolare importanza in quanto nella sua cripta sono custoditi i resti di San Giovanni Gualberto in un pregevole reliquario.
Dopo varie vicissitudini questo importante monastero Vallombrosano è tornato nel 1986 ai Monaci che lo hanno riacquistato da privati e lo stanno via via ripristinando agli antichi splendori. Di particolare importanza sono il refettorio monastico con una immensa Ultima Cena dipinta dal Ghirlandaio e l'antica cucina del monastero, ancora conservata con gli arredi originari del 1400.
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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