Abbazia di Santa Maria Assunta di Vallombrosa (Reggello)
Abbazia di Vallombrosa | |
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Abbazia di Santa Maria Assunta di Vallombrosa, complesso monastico | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | Reggello |
Località | Vallombrosa |
Diocesi | Fiesole |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Via San Benedetto, 2 Loc. Vallombrosa 50066 Reggello (FI) |
Telefono | +39 055 862251 |
Fax | +39 055 86225244 |
Posta elettronica | info@monaci.org |
Sito web | |
Proprietà | Congregazione Vallombrosana |
Oggetto tipo | Abbazia |
Oggetto qualificazione | vallombrosana |
Dedicazione | Maria Vergine |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. Vall. |
Fondatore | San Giovanni Gualberto |
Data fondazione | 1036 |
Stile architettonico | Romanico, barocco, neoclassico |
Inizio della costruzione | 1036 |
Completamento | XIX secolo |
Data di consacrazione | 1038 |
Consacrato da | Rodolfo, arcivescovo di Paderborn |
Altitudine | 958 m s.l.m. |
Coordinate geografiche | |
Toscana | |
L'Abbazia di Santa Maria Assunta di Vallombrosa è un complesso monumentale che ospita un monastero vallombrosano, situato nella località omonima, nel territorio del comune di Reggello (Firenze).
Storia
La Congregazione Vallombrosana (ramificazione dell'Ordine benedettino) sorse nell'XI secolo per iniziativa di san Giovanni Gualberto (995 - 1073), nato da un'illustre famiglia fiorentina e divenuto monaco nell'Abbazia di San Miniato al Monte, il quale nel 1036 si ritirò con alcuni seguaci a Vallombrosa, allora detta "Acquabella". La riforma monastica, che era alla base della nuova comunità, destinata a svolgere un ruolo di primo piano nelle vicende religiose, civili e sociali del suo tempo ed oltre, era ispirata alla fusione di due ideali spirituali diversi: il cenobitismo benedettino, attivamente impegnato nella lotta alla simonia e l'eremitismo, di origine orientale, che in nome della purezza della vita contemplativa rifiutava ogni compromesso con il mondo.
Il primo nucleo del cenobio fu una cappella in legno, consacrata nel 1038 da Rodolfo, arcivescovo di Paderborn (Germania), successivamente ricostruita in pietra e consacrata il 9 luglio 1058 dal cardinale Umberto di Silvacandida (1000 ca. - 1061).
Dopo l'approvazione papale del 1055, iniziò la fase ascendente della Congregazione Vallombrosana, che si consolidò con il sostegno della Repubblica di Firenze (1115 - 1532), acquisendo un grande patrimonio fondiario, oltre ad un rilevante potere politico. Nel tempo gran parte della dorsale appenninica del Pratomagno divenne possesso dell'abbazia, grazie soprattutto a due donazioni, la prima nel 1039 da parte di Itta, badessa del monastero di Sant'Ilario di Alfiano, la seconda nel 1103 da Matilde di Canossa (1046 - 1115).
Tra il 1224 ed il 1230, la chiesa venne sostituita da un edificio più ampio, mentre anche il monastero prendeva corpo e volume. Dopo una fase di grandi lavori nel corso del XV secolo, cui si devono il chiostro grande, la sacrestia, la torre, il refettorio con la cucina e dopo una lunga serie di incendi e ricostruzioni, è nel XVII secolo, con ulteriori rifacimenti nel XVIII secolo, che la chiesa ed il monastero assumono l'aspetto attuale.
Dopo la soppressione napoleonica del monastero (1808) e la demanializzazione delle proprietà da parte dello Stato italiano (1867), anche l'imponente patrimonio accumulato nel corso dei secoli ha subito un notevole depauperamento; solo tra il 1949 ed il 1963 la Congregazione Vallombrosana ha gradualmente ripreso il possesso dell'abbazia.
Descrizione
Il complesso monastico è costituito da vari corpi di fabbrica, dei quali si evidenziano:
Ingresso
Uno scenografico viale rettilineo ed una peschiera - dove un tempo i monaci allevavano le trote - entrambi del 1790, precedono l'ingresso all'abbazia.
All'esterno l'imponente complesso architettonico mantiene ancor oggi, col suo campanile del XII secolo e la torre di difesa del XV secolo, un carattere austero di contenuta eleganza, fin dal grande cortile antistante, tenuto a giardino e circondato da alte mura cui, si accede attraverso un cancello in ferro battuto del 1773 e dove prospetta la severa facciata (1637), opera di Gherardo Silvani, il quale proseguì, rispettandone il disegno, l'ala settentrionale dell'edificio, pertinente ad una fase costruttiva precedente, iniziata alla fine del XVI secolo da Alfonso Parigi.
Basilica di Santa Maria Assunta
La storia della Basilica, dedicata all'Assunzione di Maria Vergine si può sintetizzare in quattro fasi costruttive:
- La prima costruzione risale all'XI secolo, ai tempi della fondazione e si trattava di un semplice oratorio ligneo con l'altare in pietra, consacrato nel 1038.
- Costruzione della chiesa, in pietra e sua consacrazione nel 1058.
- Dopo lo sviluppo della comunità monastica, tra il 1224 e il 1230, si procedette ad innalzare un nuovo edificio sacro.
- La chiesa, all'interno, viene completamente ristrutturata, dandogli un aspetto prevalentemente barocco, pur conservando l'impianto del XIII secolo.
Il 28 novembre 1950 papa Pio XII ha elevato la chiesa abbaziale alla dignità di Basilica minore.[1]
Esterno
Per un portale a bugnato, si accede ad un atrio scoperto, sul quale si innalza la facciata della Basilica, realizzata nel 1644 da Gherardo Silvani, con decorazioni in pietra serena, dominata dalla sobria torre campanaria della prima metà del XIII secolo. Sulla facciata si notano:
- in alto, ai lati della statua della Madonna assunta, gli stemmi dei Medici e della Congregazione Vallombrosana (un bastone appuntito a forma di Tau);
- in basso, sotto il portico d'ingresso, a sinistra del portale, entro nicchia:
- Statua di san Giovanni Gualberto (1632), in pietra serena, di Bastiano Salvini.
Interno
L'interno barocco, a croce latina, presenta una navata unica (m. 47 x 8,60), che conserva ancora le mura perimetrali della struttura romanica, edificata tra il 1224 ed 1230, quando sotto l'abate Benigno la chiesa fu ricostruita da un certo "maestro Pietro", di origini lombarde.
La copertura originaria della chiesa romanica è stata nascosta da tre volte padiglionate, rette da archi ribassati, decorate nel 1750 da Giuseppe Antonio Fabbrini con dipinti murali raffiguranti:
All'interno, tra le opere di maggior rilievo si segnalano:
- nella parete sinistra, si apre la Cappella di San Paolo detta anche dei Conversi, che all'inizio del XX secolo divenne il battistero dell'abbazia (1), dove si nota:
- Conversione di san Paolo (metà del XVII secolo), olio su tela, di Cesare Dandini.[2]
- alle pareti laterali della navata, ciclo di dipinti con Storie delle vite di santi vallombrosani (1730 - 1732), olio su tela, raffiguranti:
- a destra:
- Martirio del beato Tesauro Beccaria di Niccolò Lapi;[3]
- Enrico IV incontra papa Gregorio VII alla presenza di Matilde di Canossa di Niccolò Mannelli;
- Sant'Atto di Pistoia riceve le reliquie di san Giacomo apostolo portate da Santiago de Compostela di Agostino Veracini;
- a sinistra:
- Beato Pietro Igneo e la prova del fuoco, di Agostino Veracini;[4]
- Beato Pietro Igneo eletto cardinale vescovo di Albano da papa Gregorio VII, di Antonio Puglieschi;
- Beato Pietro Igneo scomunica i canonici del Duomo di Lucca, di Ignazio Hugford.[5]
- a destra:
- nella cupola, Assunzione di Maria Vergine (1780), affresco, di Giuseppe Antonio Fabbrini e Antonio Donati.
- nel transetto sinistro (3), Trinità (1665), olio su tela: questo dipinto è l'ultima opera di Lorenzo Lippi.
- nel transetto destro (8), San Sebastiano (secondo quarto del XVII secolo), olio su tela, di ambito fiorentino: opera variamente attribuita dagli studiosi a Cesare Dandini, a Sigismondo Coccapani od a Alessandro Rosi.[6]
- all'altare maggiore (5),
- pala con Assunzione di Maria Vergine (1670 - 1690), olio su tela, di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano.[7]
- Coro dei monaci (1444 - 1446), legno intagliato ed intarsiato, di Francesco da Poggibonsi, proveniente dall'ex Chiesa di San Pancrazio a Firenze (6).
- sulla controfacciata, Tramezzo (1487), in pietra arenaria, finemente decorato, che un'iscrizione data al tempo dell'abate Biagio Milanesi: già collocato al centro della navata, dove serviva a separare il coro dei monaci dal resto della chiesa.
Cappella di San Giovanni Gualberto
Dal transetto sinistro, si accede alla Cappella di San Giovanni Gualberto o delle Reliquie (4), edificata tra il 1695 e il 1707 e decorata da marmi e stucchi di Carlo Marcellini (1695 - 1700). All'interno si notano:
- sulla volta, Madonna con san Giovanni Gualberto (primo quarto del XVIII secolo), affresco di Alessandro Gherardini.
- al centro, Altare (metà del XVIII secolo), in scagliola, opera di Enrico Hugford, fratello di Ignazio e monaco vallombrosano, sormontato da una pala raffigurante:
- San Giovanni Gualberto in preghiera (1703), olio su tela, di Antonio Franchi.
Davanti all'altare arde costantemente una lampada votiva il cui olio è offerto annualmente - regione dopo regione - dai Forestali italiani di cui san Giovanni Gualberto è patrono e che viene consegnato all'Abbazia con una solenne cerimonia il 12 luglio, anniversario della morte del santo e festa liturgica.
Nella cappella sono conservati anche alcuni reliquiari contenenti i resti o oggetti del Santo, tra i quali il più interessante è:
- Reliquario a braccio di san Giovanni Gualberto (1500), decorato da smalti, capolavoro dell'orafo fiorentino Paolo Sogliani.
Cappella del SS.mo Sacramento
Dal transetto sinistro, di fronte alla precedente, si accede anche alla neoclassica Cappella del SS.mo Sacramento o dei Dieci Beati (9), edificata tra il 1755 ed il 1757, sul sepolcreto dei primi monaci e restaurata dopo i danni provocati dalla soppressione napoleonica. All'interno si osserva:
- Altare (1757), in marmo policromo e scagliola, opera di Enrico Hugford.
Sacrestia
Dal transetto destro, si accede alla sacrestia rinascimentale (7), che risale alla fase promossa dall'abate Francesco Altoviti (1463 - 1476), su invito di papa Pio II, dove si notano:
- all'altare, pala con San Bernardo degli Uberti aggredito da alcuni eretici (prima metà del XIX secolo), olio su tela, di Luigi Sabatelli.
- alle pareti laterali,
- a sinistra, rilievo con Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Giovanni Gualberto, la Beata Umiltà e due devoti (1520 ca.), in terracotta invetriata, attribuita alla bottega di Andrea della Robbia:[8] i due personaggi inginocchiati, alla base del trono, sono il committente l'abate Biagio Milanesi e il fratello Riccardo.
- a destra, San Giovanni Gualberto in trono tra santa Maria Maddalena, san Giovanni Battista, san Bernardo degli Uberti e santa Caterina d'Alessandria (1508), tavola di Raffaellino del Garbo.[9]
Aula Capitolare
L'Aula capitolare è un'ambiente caratteristico del monastero, dove la comunità si radunava per la lettura della Parola di Dio e per trattare argomenti riguardanti la vita spirituale e materiale dell'abbazia. Oggi è adibita a sala di conferenze per incontri e convegni. Alle pareti è collocato un ciclo di dodici dipinti raffiguranti:
- Storie della vita di san Benedetto da Norcia (1998), olio su tela, di Venturino Venturi.
Chiostro maggiore
Dalla sacrestia, si accede al Chiostro maggiore, detto anche della Meridiana, che utilizza la muratura romanica esterna della chiesa, fu costruito tra il 1470 ed 1480, all'epoca dell'abate Francesco Altoviti, come testimoniano i numerosi stemmi che decorano i capitelli rinascimentali; l'aspetto attuale è il risultato di posteriori rifacimenti. Nel 1753 vennero ampliate le finestre e le quattro grandi porte. Il chiostro è coperto da volte a crociera su peducci variamente decorati fra i quali spiccano quelli recanti figurazioni umane, santi o monaci, opera di discepoli di Benedetto da Rovezzano (1474 - 1554 ca.).
Refettorio
L'antico refettorio, che si presenta nella sua trasformazione barocca, venne realizzato tra il 1740 ed 1745, è decorato con dipinti di Ignazio Hugford, raffiguranti:
- alle pareti,
- Cena in Emmaus, olio su tela
- San Benedetto da Norcia, san Giovanni Gualberto e altri santi della Congregazione Vallombrosana, olio su tela;
- sulla volta, Assunzione di Maria Vergine, affresco.
Antirefettorio
Il refettorio è collegato alla cucina tramite un'ambiente, dove si trova il lavabo in pietra (1606) e dove è collocato:
- Rilievo con Madonna con Gesù Bambino tra san Giacomo il maggiore e san Giovanni Gualberto (1530 - 1540 ca.), terracotta invetriata policroma, attribuita a Santi Buglioni.[10]
Cucina
Sull'architrave della porta è incisa un'iscrizione che riporta parte di una frase di san Paolo nella Lettera ai Romani 14,17:
(LA) | (IT) | ||||
« | Regnum Dei non esta esca et potus » | « | Il Regno di Dio non è questione di cibo e di bevande » |
La cucina è uno degli ambienti più caratteristici dell'abbazia, dove si trova un focolare con cappa esagonale, sorretta da pilastri, in pietra serena, datato al 1789. Accanto al camino, un forno per il pane e l'acquaio. Sui tavoli in pietra sono collocati alcuni utensili appartenenti alla cucina ed all'antica spezieria del monastero.
Biblioteca
Nella biblioteca, ristrutturata nel XIX secolo in stile neoclassico, si conservano:
- sulla parete di fondo, Donazione di Matilde di Canossa all'abate san Bernardo degli Uberti (1609), olio su tela, di Donato Mascagni.
- al centro della sala, Tavolo ottagonale (XIX secolo), in legno intarsiato dell'ebanista Antonio Moschini.
Galleria fotografica
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Note | |
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