Islam

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Islam
Fondatore Maometto
Divinità Dio (Allah)
Tipologia Monoteismo, Abramitica
Nome e numero dei seguaci Musulmani,
1.350 milioni
Testo sacro Corano
Nato in Arabia
Primo paese che ha adottato l'Islam Medina logo Medina
Paese con più seguaci Indonesia flag Indonesia
Rami Sunniti, Sciiti,
Kharigiti
Simbolo mezzaluna
Comunità Umma
Edifici religiosi Moschea
Prima moschea islamica Medina logo Medina

Moschea del Profeta

Moschea più grande del Mondo Saudi Arabia flag Arabia Saudita

Masjid al-Haram
Mecca

Clero La religione islamica non contempla alcun tipo di clero come è inteso ad es nella Chiesa Cattolica. Cfr. Imam, Ulema, Muftì
Religioni relazionate Ebraismo, Cristianesimo e Mazdeismo

L'Islam (in arabo: إسلام ) da pronunciare "Islàm", traducibile con "sottomissione a Dio", che deriva dalla radice "slm" ovvero "essere salvato", è una religione monoteista, osservata dai musulmani. L'Islam si è manifestato per la prima volta nella cittadina higiazena della Mecca (Penisola Araba) nel VII secolo. Suo portavoce è stato Maometto (in arabo :محمد Muḥammad), considerato dai musulmani l'ultimo e definitivo profeta inviato da Dio (in arabo: الله Allāh) al mondo intero.

Quanto a numero di fedeli l'Islam (con tutte le sue varianti) segue soltanto il Cristianesimo, anch'esso da intendersi in un'accezione globale. I numeri sono peraltro oggetto di disputa, variando tra il miliardo e 200 milioni e il miliardo e mezzo di devoti.

La religione islamica, per quanto presenti alcuni punti generali di somiglianza col Cristianesimo (monoteismo, creazione, escatologia), è profondamente diversa da questa sia dal punto di vista teologico (rifiuto della divinità di Gesù) sia soprattutto dal punto di vista morale e sociale (cf. Islam e Cristianesimo, condizione della donna nell'Islam, matrimonio islamico, schiavitù nell'Islam, jihad, libertà religiosa nell'Islam).

Ecumenismo islamico

L'Islam considera che il messaggio divino, contenuto nel suo libro sacro (il Corano) e negli insegnamenti del profeta Maometto, sia destinato a tutto il genere umano dall'inizio dei tempi, incluse quindi le comunità religiose monoteistiche ed enoteistiche precedenti alla sua comparsa e affermazione. Il loro credo, di cui si accettano taluni assunti e molti profeti (da Adamo a Noè, da Abramo a Mosè, fino a Gesù), viene ritenuto di origine celeste ma alterato dal fluire del tempo e dalla malizia degli uomini.

Secondo i musulmani, l'Islam è la definitiva e non più modificabile riaffermazione divina della sua volontà, destinata a perdurare inalterata fino al Giorno del Giudizio, anche se talora tradita o trascurata dai suoi fedeli.

Modelli ispiratori

Quali siano stati i modelli religiosi ispiratori è ancora argomento di discussione fra gli storici delle religioni. Se infatti si può parlare, coi dovuti distinguo, di debiti contratti verso il Giudaismo, lo Zoroastrismo, il Cristianesimo orientale e, più ancora, il credo delle comunità ebraico-cristiane attive nella stessa Penisola Araba - debiti per molti versi e in diversa misura difficilmente negabili - non manca però chi sostiene l'indubbia esistenza di una matrice indigena sud-arabica che affrancherebbe l'Islam da una sorta di tutela strettamente allogena. Del resto non sono episodiche le prove, epigrafiche, artistiche (statuaria votiva) e archeologiche, circa l'esistenza di culti monoteistici negli ambienti culturali sud-arabici e il loro lento accostamento a forme sempre più spiccatamente monoteistiche.

Che l'Islam appartenga al medesimo contesto di valori dell'Ebraismo e del Cristianesimo, viene sottolineato dalla sua inclusione tra le cosiddette religioni abramitiche.[1][2]

Differenze fra i concetti di Islam e Islamismo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Islamismo e Antislamismo

Quanto al lessico impiegato, se in contesti linguistici diversi da quello italiano la differenza fra il termine Islam e Islamismo è abbastanza sfumata, in italiano una diversità sostanziale invece esiste, perché con la parola Islam s'intende quell'insieme di atti di fede, di pratiche rituali e di norme comportamentali che è praticato da Sunniti e Sciiti che, insieme, rappresentano quasi il 99% dei fedeli musulmani, mentre il termine Islamismo indica di fatto una concezione dell'uomo e del mondo che s'ispira ai valori dell'Islam ma che si esprime a livello politico.

La disciplina che studia l'Islam è tradizionalmente detta in italiano islamistica, e islamisti sono detti i suoi cultori e studiosi. Sennonché, per il disinvolto e improprio uso fattone dai media, il termine "islamista" tende a essere per lo più percepito come sinonimo di "estremista islamico", generando comprensibile e crescente disagio per gli studiosi della materia che potrebbero in alternativa ricorrere al gallicismo islamologi. Dunque islamistica o islamologia? Si può dire che islamistica rimane la dizione ufficiale della branca disciplinare relativa alla cultura dell'Islam, anche se esiste la possibilità che il sostantivo islamologia - del tutto assente dalla nomenclatura accademico-scientifica in Italia - per le ragioni predette possa trovare una maggior diffusione.

Altra fonte di confusione terminologica si ha negli ultimi anni con il crescente e improprio uso come sostantivo dell'aggettivo islamico[3]. Il sostantivo che si riferisce a chi professa la religione islamica è infatti musulmano (nell'uso corretto si dovrebbe dire: i musulmani e non gli islamici).

L'uso come sostantivo dell'aggettivo è nato, come abbreviazione di islamista, per indicare i militanti di movimenti radicali di matrice islamica che spesso tracimano nel terrorismo, il che conferisce a quest'uso una sfumatura negativa; ciononostante si assiste a una sua crescente diffusione nei mezzi di comunicazione di massa anche come semplice sinonimo di musulmano.

La fede

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cinque pilastri dell'Islam

La fede islamica predicata da Maometto aveva una struttura semplice, basata su tre articoli fondamentali:

  1. Credere nell'unicità di Dio
  2. Profezia di Maometto
  3. Mistero dei giorni estremi

Per essere un "uomo dell'Islam" si deve possedere perfettamente la fede in questi principi ed esercitare il bene e la pietà (birr). Le parole "Islam" e "Salam" (pace) hanno la stessa radice consonantica e sono come fuse. L'Islam si configura quindi come "intima pace dell'uomo con Dio" e il mùslim (musulmano) è colui che si affida con pienezza al Signore. Questo fiducioso abbandono è manifestato dal credente assolvendo per quanto può ai doveri espressi dai cinque arkàn al-Islàm, vale a dire i cinque "pilastri della fede islamica".

L'Islam non è soltanto una religione, nel senso tecnico del termine (cfr. il latino religio), che si basi principalmente su un'intima persuasione di fede, ma è anche (e non secondariamente) un'ortoprassi, cioè una serie di azioni e comportamenti obbligatori. I comportamenti esteriori sono giudicati secondo la Shari'a, la disciplina legale islamica, mentre per quelli interiori il solo giudice è Dio.

Ciò non toglie che, dopo un lungo e animato dibattito teologico durato quasi un secolo[4], mirante a determinare se per potersi definire "musulmano" bastasse l'imān (la fede) o se invece essa dovesse accompagnarsi o addirittura essere subordinata alle opere (a‘māl) la risposta è stata quella di dare assoluta preminenza alla prima, tant'è vero che per essere considerato a pieno titolo "musulmano" è sufficiente una seria shahāda, anche se un musulmano non potrà poi esimersi dall'esprimere coerentemente nei fatti della vita la profondità e la sincerità della sua fede.

Questo di per sé eliminerebbe la necessità di parlare di un "Integralismo islamico", dal momento che l'Islam ha per definizione un approccio "integrale" alla realtà fenomenologica, senza alcuna separazione fra aspetti mondani e ultramondani. Si può invece a buon diritto parlare di "Fondamentalismo", inteso come metodologia per interpretare la lettera della Rivelazione coranica.

Il nome di Allāh in lingua araba

Gli arkān al-Islam ("Pilastri dell'Islam") sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:

  • la shahāda, o "testimonianza" di fede (affermazione, espressa con retta intenzione, dell'esistenza in Dio Uno e Unico nella missione profetica di Maometto, da effettuare alla presenza di due validi testimoni);
  • la Ṣalāt, Preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo del muʾadhdhin (in arabo: مؤذن muezzin) che operano nelle moschee (oggi spesso sostituiti da registrazioni diffuse con altoparlanti);
  • la zakāt, o versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità o aventi come fine l'islamizzazione all'interno o all'esterno dei paesi islamici (da‘wa);
  • Sawm ramaḍān (in arabo: صوم رمضان), ovvero digiuno del mese lunare di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo;
  • Hajj (in arabo: الحج), pellegrinaggio canonico a Mecca e dintorni, nel mese lunare di Dhū l-hijja, per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.

In ambienti come quello hanbalita, si aggiunge un sesto pilastro, il[5] Jihad, lo "sforzo", o "impegno per Dio".

Obblighi morali e sociali

Il musulmano ha comunque il diritto-dovere di assolvere al jihād (in arabo: جهاد), indicato letteralmente dai musulmani come "impegno [del singolo] sulla Strada di Dio" ( jahada fī sabīl Allāh ), nella speranza di poter vedere nell'Aldilà il Suo Volto ( li-wajhihi ), grazie alla riuscita lotta decisa contro le pulsioni negative del proprio corpo e del proprio spirito.

Se il jihād si presentasse esclusivamente nella sua accezione prioritaria ("maggiore", akbar, dice la giurisprudenza), esso andrebbe a costituire senza obiezione alcuna il sesto Pilastro della fede islamica. Il fatto però di prevedere anche una sua forma di minor rilevanza spirituale (aghar), ossia quella di combattere una concreta "guerra obbligatoria" contro i nemici dell'Islam, non consente un siffatto inserimento a pieno titolo tra i cinque arkān al-Islām. Anche nella sua veste minore, il jihād deve essere ulteriormente definito e differenziato dalla sharīʿa. Se infatti un'offesa o un'aggressione sono portate dalla dar al-Harb nel cuore della dar al-Islam, l'impegno a prendere le armi per contrastare ed eliminare l'oltraggio incombe su tutta la Umma, mentre se si intendesse realizzare l'espansione dei confini fisici e spirituali della Umma, l'impegno al jihād incomberebbe esclusivamente su volontari espressi dalla Umma. Nel primo caso si parla allora di far ʿayn (obbligo individuale), nel secondo invece di far kifāya (obbligo collettivo).

Il "jihād maggiore" costituisce il sesto pilastro anche per l'intero Sciismo. Per spiegazioni più dettagliate si rinvia al relativo lemma.

Moschea del Profeta a Medina, seconda città sacra dell'Islam

Generico obbligo è anche quello di "ordinare il bene e vietare il male" ( al-amr bi-l-maʿrūf wa-nahy ʿan al-munkar ) ovunque essi si presentino, ricorrendo a ogni mezzo lecito e necessario (con la mano, la parola, la penna o la spada), laddove il bene e il male sono determinati esplicitamente da Dio nel Corano, dovendosi intendere come Bene la sua volontà e Male il disobbedirgli.

Nessuna "teologia naturale" è ammessa, che possa far presumere all'intelligenza umana di penetrare razionalmente i confini tra il Volere di Dio e la Sua non-Volontà, essendo la creatura umana tenuta ad assoggettarsi senza distinguo al dettato coranico. In senso letterale, la parola "Islàm" significa infatti sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio. Abbandono a un Progetto divino che concerne l'umanità intera e che l'uomo non può conoscere per la sua intrinseca limitatezza, al quale tuttavia esso si dovrà abbandonare, fiducioso della bontà e della misericordia divina.

Dio - al contrario di quanto pensavano i mutaziliti - non concede il libero arbitrio all'uomo, essendo ogni atto (compreso quello umano) creato da Dio. Egli dà all'uomo tutt'al più il possesso ( iktisāb ) dell'atto compiuto e il presumere di poter creare qualcosa o di penetrare l'insondabile Volontà divina sono peccati di massima superbia, con la conseguenza che il Volere divino dovrà essere accettato senza condizione alcuna da parte delle Sue creature.

Questo avviene non solo nelle pratiche di culto (modalità minuziose nell'assolvimento della preghiera, senza osservare con precisione le quali l'obbligo non si considera convenientemente assolto; precise ritualità da osservare nel corso del pellegrinaggio obbligatorio a Mecca e nei suoi dintorni) ma anche nell'ottemperare alle precise e cogenti norme alimentari che, secondo lo schema vetero-testamentario, non si giustificano con motivazioni di carattere razionale, in grado cioè di essere percepite dall'intelligenza umana, ma che devono essere accettate come tutto il resto "senza chiedersi il come e il perché" (bi-lā kayfa).

Mancanza di clero

Folla di pellegrini nella Spianata Sacra della Mecca, la città più santa dell'Islam per la presenza della Kaʿba

Le correnti principali dell'Islam non ammettono né riconoscono clero e tanto meno gerarchie (indirettamente una forma di ambiente clericale esiste però nell'ambito sciita), dal momento che si crede non possa esistere alcun intermediario fra Dio e le Sue creature.

Da non confondere col clero è la categoria degli imam, musulmani che per le loro buone conoscenze liturgiche, sono incaricati dalla maggioranza dei fedeli di condurre nelle moschee la preghiera obbligatoria.

Neppure gli ‘ulamā’ che si limitano a interpretare il Corano possono essere avvicinati a una forma di clero, anche se, nell'assolvere alla loro funzione, di fatto tendono a riaffermare il ruolo privilegiato che deve svolgere la religione islamica nella società. A un ben delimitato ambito giuridico vanno invece ricondotti i muftì, che sono autorizzati a esprimere pareri astratti nelle diverse fattispecie giuridiche, indicando se una data norma sia o meno coerente con l'impianto giuridico islamico.

Similmente deve dirsi dei qadi. Di nomina governativa, essi eventualmente sono chiamati a giudicare in base alle norme della shari'a all'interno di particolari tribunali (definiti sciaraitici) che un tempo prevalevano nelle società islamiche ma che oggi sono soppiantati dai tribunali statali. Questi ultimi giudicano sulla base di codici, per lo più d'ispirazione occidentale, anche se ispirati alla normativa sciaraitica.

Il fatto di non interfacciarsi col sacro non consente quindi in alcun modo di assimilare le loro figure a quella del sacerdote.

Scuole giuridiche e teologiche

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Fiqh, Kalam e Madhhab
Distribuzione delle scuole giuridico-religiose islamiche nel mondo

Se ognuno è sacerdote di se stesso e responsabile dei suoi errori. Il discrimine fra quanto è considerato consono all'Islam e quanto gli è contrario potrà scaturire solo dall'approfondito dibattito fra esperti "dottori" ( ʿulamāʾ ).

Esiste in materia un pluralismo di scuole giuridiche (Madhhab) e teologiche, con numerose diverse interpretazioni di una stessa fattispecie giuridica (salvo, ovviamente, l'impossibilità di discutere gli assetti dogmatici dell'Islam, che non sono contestabili, per non incorrere automaticamente nella condanna di kufr (infedeltà massima) che fa conseguire la qualifica di "eretico" (kāfir, pl. kāfirūn).

Tutte le cosiddette "scienze religiose" ( ʿulūm dīniyya ) tendono alla formazione di un consenso maggioritario ( ijmāʿ ) circa il modo d'interpretare il disposto coranico e sciaraitico. Tale consenso potrà comunque mutare nel tempo, in caso si esprima in tal senso una nuova maggioranza. Si parla di una vera e propria "polverizzazione" dei modi di giudicare della Umma, divisa in numerose scuole teologiche e giuridiche, alle quali potrebbe aggiungere anche l'enorme differenziato panorama costituito dalle confraternite mistiche, tanto che qualcuno ha proposto che, più che parlare di Islam, si dovrebbe parlare di "pluralità di Islam" (Islams in inglese).

Culto

Mentre il culto per Dio, chiamato Allah, è immutabile e del tutto indifferente all'epoca e allo spazio fisico in cui esso è praticato, la liturgia espressa potrà in varie occasioni adattarsi invece al tempo e al luogo in cui il fedele vive.

Ciò è in perfetta coerenza col principio condiviso che l'Islam sia una religione wusta, cioè collocata su una linea "mediana" rispetto agli opposti estremi costituiti dall'ateismo da un lato e da un formalismo rigido di facciata, non pervaso dalla reale comprensione e dalla tolleranza nei confronti di chi sbaglia[6]. È nota l'affermazione di Muḥammad, secondo cui l'Islam aborre gli eccessi e il fanatismo, basandosi sull'assunto, più volte ribadito nel Corano, che "Dio non ama gli eccessivi" (II:190; VI:141; VII:31; XVII:26-27; XXV:67; XLIV:31 e LVII:23). Per questo motivo l'estremo rigore sul piano, sia della lettera, sia dei contenuti della Legge, corrisponde nei fatti a un'estrema flessibilità.

Testi fondamentali

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Corano
La Cupola della Roccia a Gerusalemme, la terza città santa dell'Islam

I testi fondamentali a cui fanno riferimento i musulmani sono, in ordine di importanza:

  • Il Corano (letteralmente "Recitazione"): è considerato dai musulmani rivelazione letterale (ogni singola parola) da Dio (Allah). I musulmani ritengono che Maometto abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe rivelato in lingua araba.[7] È per questo che i fondamentali atti liturgici islamici sono recitati in tale idioma in tutto il mondo musulmano. Dopo la Rivelazione ricevuta da Maometto l'Islamismo crede, per Dogma, che non ci sarà nessun altro. Secondo i fedeli, il Corano non venne messo immediatamente per iscritto. Maometto, analfabeta, lo ha "proclamato" per grazia divina via via che l'Arcangelo Gabriele glielo srotolava attorno alla testa come una lunga fascia luminosa; lo memorizzò e lo recitò più volte ai suoi seguaci finché essi stessi non lo memorizzarono. Solo più tardi fu messo per iscritto e da allora il testo è immutabile.
  • La Sunna (letteralmente "consuetudine") è una serie di detti e fatti di Maometto, basata su Ḥadith (ḥadīth) (tradizioni), tramandati da testimoni ritenuti sicuri. Essa è rintracciabile nei Sei libri (al-kutub al-sitta), i più importanti dei quali sono quelli di Bukhārī e di Muslim ibn al-Ḥajjāj mentre gli altri furono composti da Ibn Māja, al-Nasāʾī, al-Tirmidhī e Abū Dāwūd al-Sījistānī.

I musulmani credono che siano d'ispirazione divina, ma corrotti dal tempo o dagli uomini:

Il dilemma se trattare gli induisti come politeisti cui offrire l'opportunità fra conversione o morte fu superata grazie all'interpretazione di numerosi dotti musulmani, secondo cui anche i Veda sarebbero stati un testo d'origine divina, per quanto particolarmente corrotti.

Accanto alle sacre scritture, e da esse direttamente ispirata, v'è un'immensa letteratura prodotta nei secoli dalla comunità dei dottori appartenenti sia all'Islam sunnita sia a quello sciita: testi di Fiqh (giurisprudenza), di Kalām (teologia), di Tasawwuf (mistica). Non è da trascurarsi infine che, soprattutto per quanto riguarda la mistica islamica o Sufismo, molta pregevole letteratura è stata prodotta in versi da autori di espressione araba e persiana soprattutto, ma anche in turco, urdu ecc.

Profeti

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Maometto

I musulmani dichiarano che la loro religione si riallaccia direttamente alle tradizioni religiose che sarebbero state predicate dal patriarca biblico Abramo, considerato da Maometto come il suo più autorevole predecessore. È per questo che, in chiave puramente formale, l'Islam viene classificato come religione abramitica, al pari dell'Ebraismo e del Cristianesimo.

Il primo profeta islamico sarebbe peraltro stato Adamo e, dopo di lui, Nūḥ (Noè). Sono annoverati fra i tanti profeti islamici, dopo Ibrāhīm (Abramo), i suoi figli Isḥāq (Isacco) e Ismāʿīl (Ismaele), Yaʿqūb (Giacobbe), Yūsuf (Giuseppe), Mūsā (Mosè), Dāwūd (Davide), Sulaymān (Salomone), Yaḥyā (Giovanni Battista) e, prima di Muḥammad, ʿĪsā ibn Maryam, Gesù di Nazareth (vedi Gesù secondo l'Islam) figlio di Maryam (Maria), considerata nel Corano come esempio sublime di devozione femminile a Dio.

Dopo Maometto, chiamato per questo "il sigillo dei profeti" ( khātim al-anbiyāʾ ), la profezia avrebbe avuto termine.

La figura di Maria

Anche Maria, per i musulmani Maryam, unica donna, è annoverata nella serie dei Profeti, come discendente di Adamo, Abramo, Noè, 'Imrân, padre di Aronne e Mosè. In tutto il Corano è quindi citata con grande rispetto, ma nello stesso tempo sono frequenti i passi in cui si tende a ribadire l'errore dei cristiani che le attribuiscono qualità soprannaturali.
 A lei, piuttosto, il Corano attribuisce prerogative particolari: è stata prescelta tra tutte le donne e preservata da ogni macchia (Sura 3:42); è rimasta vergine anche dopo il parto ed è un Siddiqua (Sura 5:75) che vuol dire: credente, giusto, fedele, virtuoso, sinonimo, quindi di "Salih", buono, santo e giusto. Maryam è anche indicata nel libro sacro come modello dei credenti (Sura 66:10-12), per aver preservato la verginità e per la sua fede e devozione a Dio. E' assai interessante sapere che, nonostante il rigido monoteismo islamico, per cui il culto si deve solo ad Allah, Maria conosce la venerazione popolare in molte zone. Nei santuari di Efeso e Algeri, come quelli di Fatima e Damasco, i musulmani si recano a venerare l'immagine della Vergine accanto ai cristiani: solo in [[Egitto] ci sono una decina di luoghi di pellegrinaggio mariani frequentati anche da islamici.

Gruppi religiosi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Sunnismo e Sciismo
Stati con popolazione di religione islamica.

I musulmani vengono differenziati in:

Dominante in Iran, lo Sciismo è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein. Gli sciiti si dividono a loro volta in:

  • un gruppo maggioritario (duodecimano, o imamita o ithnaʿashariyya),
  • un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o sabaʿiyya)
  • un gruppo ancor più esiguo, detto "zaydita", che teorizza la possibilità che a guidare legittimamente la Comunità islamica (Umma) possa essere qualsiasi discendente del Profeta purché questi agisca concretamente contro i musulmani usurpatori del califfato e reprobi, con deciso impegno militante e che non lasci spazio a un comodo quietismo limitato a un'attività puramente teoretica.

Gruppi di ismailiti sono presenti in India mentre lo Zaydismo è prevalente in Yemen.

Di derivazione islamica ma considerati eterodossi sono invece:

L'Islam politico

Dal 1969 i paesi musulmani fanno riferimento per la difesa dei valori dell'Islam all'associazione Organizzazione della Conferenza Islamica. Quelli arabofoni fanno anche riferimento, ma essenzialmente politico, alla Lega Araba.

La concezione del mondo

Questa dottrina esposta è la tradizionale concezione dell'Islam elaborata dai pensatori musulmani nei primi cinque secoli (il Corano non ne fa infatti il minimo accenno).

Il mondo sarebbe diviso per essa in tre parti

  • La Casa della Pace, "Dār al-Salām" o "Dār al-Islām", "la Casa dell'Islam", dove vivono i musulmani sotto la protezione della Legge islamica e i popoli sottomessi - dhimmi (dhimmī) - appartenenti cioè a fedi diverse da quella islamica e sottoposti al pagamento di un tributo personale, la jizya, che garantisce loro la "protezione" da parte dello Stato islamico. Le interpretazioni dei teologi musulmani differiscono sulla possibilità di accettare come dhimmī fedeli di religioni differenti da quella dei cristiani, ebrei, zoroastriani e sabei ma, storicamente, si accettò anche l'Induismo come religione proteggibile, in quanto esso poteva vantare un testo scritto (i Veda) che fu considerato anch'esso ispirato divinamente.
  • La Casa della Tregua, "Dār al-Hudna", dove vivono i popoli non sottomessi con i quali è stata conclusa una tregua temporanea nell'attesa di riprendere le ostilità per l'affermazione universale dell'Islamismo.
  • La Casa della Guerra, "Dār al-ḥarb", dove vivono tutti i popoli non sottomessi. Gli infedeli sono penalizzati dalla non-conoscenza di Dio, che naturalmente genera ingiustizia e quindi violenza.

Il proselitismo è un obbligo morale per il musulmano (daʿwa, "appello" alla conversione) contro il paganesimo e l'idolatria, ma non riguarda i popoli monoteisti, che in diversa misura posseggono già una parte della Rivelazione tramite l'uso delle Sacre Scritture, che sono sempre ispirate dallo stesso Dio, ma rese incomplete e corrotte per via della manipolazione umana. Le popolazioni del Libro sono innanzitutto ebrei e cristiani, ma nel corso dell'espansione islamica vi furono compresi anche mandei, mazdei e buddisti.

Maometto stesso ha sottolineato in vari hadith della sua Sunna il portato della Rivelazione coranica, laddove essa afferma:

« Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero han dichiarato illecito, e coloro, fra quelli cui fu data la Scrittura, che non s'attengono alla Religione della Verità. Combatteteli finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati »
(Corano, IX:29)

specificando con precisione quali differenze vi siano tra fede e sottomissione politica e impositiva per le Genti del Libro, cui la Umma islamica deve garantire il libero esercizio del proprio credo nei territori dell'Islam, pur dovendo rinunciare a qualsiasi forma di proselitismo e pur accettando, in quanto comunità protette, la superiorità politica dell'Islam, la lealtà verso la Umma in quanto entità politica e il pagamento di un tributo. Questa sostanziale "tolleranza religiosa" fu tra i fattori che permisero la veloce conquista dei territori dell'Impero bizantino, dove le eresie cristiane (come il monofisismo) erano invece pesantemente combattute e dove la tassazione era più alta di quella richiesta dagli arabi conquistatori.

Bibliografia

Introduzioni più recenti, in italiano o tradotte:

Introduzioni di autori musulmani e simpatizzanti:

  • Sadik J. Al-Azm, L'illuminismo islamico, Roma, Di Renzo Editore, 2001.
  • Toufiq Fahd, «L’Islam», in Storia delle religioni, vol. IX, a cura di H.-C. Puech, Bari, Laterza, 1977 (rist. dalla stessa casa editrice sotto il titolo Storia dell’islamismo).
  • Sayyid Hosein Nasr, Ideali e realtà dell'Islam, Milano, Rusconi, 1988
  • Albert Hourani, Storia dei popoli arabi. Da Maometto ai nostri giorni, Milano, Mondadori, 1998
  • Tariq Ramadan, Maometto. Dall'islam di ieri all'islam di oggi, Torino, Einaudi, 2007
  • Allama Tabataba'i, Muhammad alla luce dell'islam, Camagnola, 1982
  • Martin Lings, Il profeta Muhammad. La sua vita secondo le fonti più antiche, SITI, Trieste 1988
  • F. Schuon, Comprendere l'islam, Milano, SE, 1989
  • Abu l-Ala Mawdudi, Conoscere l'islam, Roma, Ed. Mediterranee, 1873
  • Fazlur Rahman, La religione del Corano, Milano, Saggiatore, 1968

Su temi più particolari:

  • W. Ende-U. Steinbach, L'islam oggi, EDB, Bologna 1991
  • Maurice Borrmans, Islam e Cristianesimo. Le vie del dialogo, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993
  • J. Jomier, Per comprendere l'islam, Roma, Edizioni Borla, 1996
  • H. Kragg, Maometto e il cristiano. Un problema che attende risposta, Torino, 1986
  • Pier Giovanni Donini, Il mondo islamico. Breve storia dal Cinquecento a oggi, Bari-Roma, Laterza, 2003
  • G. Finazzo, I musulmani e il cristianesimo - Alle origini del pensiero islamico (secc. VII-X), Roma, Edizioni Studium, 2005.
  • Gustav E. von Grunebaum, Classical Islam: a History 600 AD to 1258 AD, Chicago, 1970.
  • Hugh Kennedy, The Prophet and the Age of the Caliphates, London-New York, Longman, 1986.
  • Giorgio Levi Della Vida, Arabi ed Ebrei nella storia, Napoli, Ricciardi, 1984.
  • Bernard Lewis, Uno sguardo dal Medioriente, Roma, Di Renzo Editore, 1999.
  • Robert Mantran, L’espansione musulmana dal VIII all’XI secolo, Milano, Mursia, 1978.
  • Carlo Saccone, Allah il Dio del Terzo Testamento. Letture coraniche, Milano, Medusa, 2006
  • Maurice Lombard, Splendore e apogeo dell'Islam: VIII-XI secolo, Milano, Rizzoli-BUR, 1991
  • Tariq Ramadan, Essere musulmano europeo, Troina (En), Città aperta, 2002
  • Joseph Schacht, Introduzione al diritto musulmano, Torino, Ed. Fondazione Giovanni Agnelli, 1995
  • R. Schulze, Il mondo islamico del XX secolo. Politica e società civile, Milano, Feltrinelli, 1998

Su Europa e Islam:

Note
  1. Religion, Religions, Religious, essay by Jonathan Z. Smith, published in book: su press.uchicago.edu
  2. Jacques Derrida, Once More, Once More: Derrida, the Jew, the Arab, introduction to Gil Anidjar, Acts of Religion, Routledge, New York & London, 2001.
  3. Cfr. il Dizionario Enciclopedico Italiano (DEI) dell'Istituto Treccani, vol. VI: «islàmico agg. (pl. m. -ci). Dell'Islam: religione i., cultura i.; più genericam., che appartiene all'islamismo, inteso non solo come religione ma come sistema politico, sociale e culturale: popolazioni i.; il mondo i.; la civiltà islamica».
  4. Il voler subordinare la fede alle opere fu la logica perseguita dagli Omayyadi per motivi essenzialmente politici e fiscali, al fine cioè di poter seguitare a percepire le imposte non-islamiche anche da chi - i mawālī - s'era invece convertito, pur senza aver ancora bene imparato le ritualità e le liturgie previste dall'Islam.
  5. Il sostantivo è maschile in arabo ed è del tutto scorretto renderlo femminile per la persistente volontà di tradurlo esclusivamente come "guerra".
  6. Si veda in merito quanto affermato da Ahmad ibn Hanbal e dal suo tardo epigono, Ibn Taymiyya, secondo cui «un musulmano non deve mai stancarsi di ammonire il fratello che sbaglia», rendendo così illegittima qualsiasi sanzione personale del peccatore.
  7. Questa posizione è stata contestata, recentemente, da Cristoph Luxenberg Die syro-aramaeische Lesart des Koran; Ein Beitrag zur Entschlüsselung der Qur'ansprache, Berlino, 2000, il quale - nel solco della corrente degli studiosi iper-scettici che fa capo a John Wansbrough - considera invece che la composizione originale del Corano sia avvenuta in ambito siro-aramaico.
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