Miracolo eucaristico di Lanciano
Il miracolo eucaristico di Lanciano avvenne nell'omonima cittadina intorno all'anno 700: mentre un sacerdote celebrava la messa, l'ostia e il vino consacrati si trasformarono in carne e sangue.
Il santuario del miracolo eucaristico, gestito dai Frati Minori Conventuali, è oggetto di pellegrinaggio da parte di centinaia di migliaia di persone ogni anno.
Storia
La tradizione colloca il fatto circa nel 700; basandosi su alcuni indizi storici, si può ipotizzare una data tra il 730 e il 750[1]. Si tratta quindi del più antico miracolo eucaristico tra quelli riconosciuti dalla Chiesa cattolica. La più antica documentazione scritta conosciuta, tuttavia, risale al 1586[2].
Secondo il racconto tradizionale, un monaco basiliano, mentre celebrava la Messa nella chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano, dubitò della presenza reale di Gesù nell'eucaristia. In quel momento l'Ostia divenne carne ed il vino si tramutò in sangue.
Nei secoli successivi la chiesa dei santi Legonziano e Domiziano passò dai monaci basiliani ai benedettini e quindi ai francescani, i quali nel 1252 iniziarono la costruzione di una nuova chiesa, dedicata a san Francesco, sopra quella esistente. Essi vi abitarono fino al periodo napoleonico, quando ne vennero espulsi; ne ripresero possesso circa 150 anni più tardi e vi abitano tuttora.
Il santuario
L'Ordine francescano, nato nel 1209, confermato da papa Onorio III nel 1223, in pochi decenni si estese prodigiosamente in tutta l'Europa e per tutte le contrade d'Italia. Nel Capitolo generale del 1230 l'Abruzzo francescano divenne una Provincia autonoma, prendendo il nome di "Provincia Pennese". Approdati a Lanciano negli anni 1240-1250, accolti con simpatia ed ospitati dall’Arciprete, vivevano la precarietà distintiva dell’Ordine e collaboravano in umiltà con il clero della città.
Desiderando fermarsi definitivamente a Lanciano, sottoposero probabilmente all’Arciprete l’idea e l'intenzione di voler costruire una chiesa in proprio da dedicare a San Francesco, in cui erigere un'apposita cappella per una più degna custodia del preziosissimo Tesoro eucaristico costituito dalle Sante Reliquie, in ossequio alle direttive della Chiesa e alle indicazioni contenute nella lettera di San Francesco, indirizzata a tutti i chierici: "Ovunque il Santissimo Corpo del Signore Nostro Gesù Cristo sarà stato senza decoro collocato e lasciato, sia tolto di là e sia posto e custodito in un luogo prezioso".
Essendo favorevole l’Arciprete, il neo eletto vescovo di Chieti, Landolfo Caracciolo, grande estimatore dei Frati Minori, da Perugia scrisse la lettera di concessione della chiesa di San Legonziano ai frati del Poverello di Assisi in data 3 aprile 1252.
Poi, perché nessuno ardisse revocare la donazione, chiese e ottenne la ratifica da parte del Papa Innocenzo IV. Il Sommo Pontefice, dando "il grato assenso" a quanto "provvidamente" aveva concesso il Vescovo Landolfo, confermò "con l’autorità apostolica, la concessione in perpetuo della chiesa di San Legonziano" ai Frati Minori (20 aprile 1252).
La chiesa di San Francesco, iniziata nel 1252 e ultimata nel 1258, in stile gotico, eretta in area "superiore e attigua" a quella di San Legonziano, è una delle prime chiese conventuali sorte in Abruzzo. La facciata rettangolare con pietre squadrate è un magnifico esempio dell’architettura semplice e solenne di derivazione francese borgognone.
La parte superiore della facciata è stata rifatta, in seguito ad un rovinoso terremoto, nella prima metà del XVIII secolo, con elementi di diversa provenienza, nonché con materiale prelevato dalla cappella Sant'Angelo, detta dei Lombardi, che si trovava nell’interno della chiesa.
I radicali lavori di adeguamento del Santuario ai canoni estetici del gusto barocco, compiuti tra il 1730-1745, ci hanno consegnato l’odierno aspetto di monoaula grande ed alta. Dei sei altari laterali presenti all’origine, oggi ne restano due, nelle immediate vicinanze del presbiterio.
Nella seconda metà del Settecento la decorazione delle volte venne affidata al pittore teatino Teodoro Donato. Ispirati alle preziosità artistiche e agli artifici scenici sono pure la cantoria d’organo e lo splendido pulpito ligneo, donato da Papa Clemente XIV al Santuario, opere di Modesto Salvini di Orsogna.
Con i lavori di restauro per il Grande Giubileo dell’anno 2000, sono stati restituiti alla chiesa di San Francesco la sua configurazione e suggestione settecentesca.
Il monumento marmoreo che fa velo alle preziosissime Reliquie, stringendole in un delicato abbraccio, fu inaugurato il 4 ottobre 1902. L’opera, realizzata da Angelo Rocca di Carrara, su disegno dell’ingegnere Filippo Sergiacomo, è stata ricomposta, alleggerita ed abbassata, al fine di consentire un più facile accesso alla visione del Miracolo.
I due reliquiari sono un Calice di cristallo di rocca del XVII secolo e un artistico ostensorio d’argento, opera di artisti napoletani (1713).
L'ostensorio, sovvenzionato da un certo Domenico Coli da Norcia, è un vero gioiello nel suo genere. Vi sono raffigurati due angeli in ginocchio, in atteggiamento devoto. Sulla mano di ciascun angelo passa un nastro svolazzante con incise queste parole latine: "Tantum ergo sacramentum – veneremur cernui".
La Cappella dell'Adorazione
In fondo alla Cappella della Riconciliazione, in alto, si trova quella della Custodia eucaristica e dell’Adorazione, dove si espone il Santissimo Sacramento nei tempi forti di Avvento e Quaresima e in molte altre circostanze.
Il luogo è della massima importanza perché in questo luogo fu conservato il Miracolo fino al 1636. Con l’arrivo dei frati minori conventuali (1252) si volle costruire un nuovo tempio sull’Oratorio di San Legonziano (luogo dove è avvenuto il Miracolo) e le Reliquie furono portate e conservate nella nuova chiesa, in un’apposita cappella di cui è visibile ancora oggi un’appariscente monofora di quell’epoca.
Il luogo, corrispondente alla base del campanile, fu scelto probabilmente per salvare il Miracolo dalle incursioni dei Turchi, che spadroneggiavano sui lidi dell’Adriatico, quindi per un certo tempo il Miracolo è stato murato in questa cappella.
Osservando attentamente l’antica custodia del Miracolo (1636), già posta nella cappella seicentesca di Valsecca, si denota, nella sua semplicità e austerità espressa attraverso l'inferriata, l’importanza del Miracolo e la premura della Chiesa per proteggere il prezioso Tesoro Eucaristico. La Custodia, oggi Tabernacolo che conserva il Santissimo Sacramento, nelle sue piccole linee architettoniche, nei suoi colori, con il tempo trascorso, desta ammirazione e viva venerazione tra i fedeli visitatori.
San Legonziano
Gli scavi effettuati sotto l’area celebrativa della chiesa di San Francesco, hanno consentito di localizzare l’impianto della chiesa originaria del Miracolo proprio in questa zona. A ridosso di un muro romano è stato rinvenuto un preziosissimo lacerto di abside (sec. VI-VII), riconosciuto come impianto originale della chiesa di San Legonziano.
L’impianto complessivo dell’edificio sacro presentava un orientamento opposto a quello attuale e doveva essere lungo circa 17 metri, largo 9 e, probabilmente, articolato in tre navate.
Dalle arcane profondità del tempo è riemerso un modesto, ma per noi prezioso "rudere" della chiesa altomedievale dei Santi Legonziano e Domiziano, a testimonianza e conferma di un'ininterrotta tradizione orale: in quel luogo, nel VIII secolo, si era verificato un accadimento che aveva lasciato il "Segno", ancora oggi rimirato con commozione e venerato con estatico fervore. Su quelle pietre absidali potemmo scrivere, con la gioia di un insperato ritrovamento: "Qui la fede subì un cedimento e si svelò il Mistero" (Enzio D’Antonio, Arcivescovo).
Il convento
Negli anni 1730-1745 la chiesa di San Francesco, a causa di un forte terremoto, fu ricostruita e trasformata in stile barocco. Accanto alla chiesa fu eretto l’attuale convento con chiostro, divenendo un centro di spiritualità, di studi filosofici e teologici. Ciò spiega la maestosità e l’ampiezza di tale complesso che dopo due soppressioni (1809 e 1866) è stato riconsegnato ufficialmente ai Franti Minori Conventuali nel 1953.
Le reliquie
Le reliquie del miracolo sono oggi permanentemente esposte sull'altare della basilica di San Francesco in un artistico reliquiario che si compone di un ostensorio, che contiene l'ostia di carne, e di un calice di cristallo, che contiene i cinque grumi di sangue rappreso. L'ostia presenta un ampio foro centrale: si presume che esso si sia formato quando la carne, seccandosi, si ritirò, e non potendo restringersi poiché era stata inchiodata su una tavoletta (lo testimoniano i forellini dei chiodi, tuttora visibili), si lacerò nel mezzo.
Nell'inverno 1970-1971 e una seconda volta nel 1981, le reliquie sono state esaminate dal professor Odoardo Linoli, docente di anatomia patologica, che ha prelevato campioni dell'ostia e dei grumi e li ha sottoposti a diverse analisi scientifiche. Le sue conclusioni[3] sono state che l'ostia è costituita da vera carne umana e i grumi da vero sangue umano, entrambi di gruppo sanguigno AB, lo stesso rilevato sulla sindone[4]. La carne è precisamente tessuto miocardico. Linoli non ha rilevato alcuna traccia di sostanze conservanti o mummificanti, per cui appare eccezionale in sé il fatto che la carne e il sangue, custoditi per secoli in un ambiente non sterile, si siano conservati perfettamente. I risultati di Linoli sono stati confermati da Ruggero Bertelli, ordinario di anatomia umana[2].
Un'altra singolare caratteristica delle reliquie fu osservata nel 1574: pesando i cinque grumi di sangue singolarmente, o tutti insieme, o a gruppi di due, tre o quattro, si ottenne sempre lo stesso peso. Il fatto fu considerato un'ulteriore conferma del miracolo eucaristico e riportato, tra l'altro, in un'epigrafe collocata nella basilica nel 1636 e tuttora esistente. Il prodigio, tuttavia, non si è più ripetuto nelle successive pesature effettuate nel 1886 e da Linoli nel 1970: in entrambi i casi i cinque grumi sono risultati di pesi disuguali e il loro peso complessivo è risultato uguale alla somma dei cinque[2].
Nuovi esami scientifici
Il caso interessò anche l'OMS, che formò una commissione scientifica apposita. L'analisi durò 15 mesi, nei quali vennero compiuti circa 500 esami per verificare quelli di Linoli. Oltre ad essere confermati gli esami italiani, venne appurato con certezza scientifica che non vennero utilizzate sul pezzo di miocardio sostanze conservanti, antisettiche, antifermentative o mummificanti. I risultati della commissione medica vennero pubblicati a New York e a Ginevra nel 1976, senza pervenire a una spiegazione definitiva.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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