Ampolline

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Giovanni Bellavite, Servizio di ampolline (1776), argento sbalzato, cesellato e dorato; Mantova, Museo Diocesano "Francesco Gonzaga"

Le ampolline sono due piccoli vasi sacri destinati a contenere il vino e l'acqua per la celebrazione della Messa.

Il termine ampollina deriva dal latino ampŭlla (diminutivo di amphŏra, cioè "anfora") che significa "piccola anfora".

Storia

Fin dai primi secoli del Cristianesimo si poté aggiungere un po' d'acqua nel vino della consacrazione.

In origine per la celebrazione della Messa, il vino veniva offerto dai fedeli ognuno dei quali lo portava all'altare entro piccoli contenitori, detti amulae, che il diacono restituiva al proprietario dopo averne versato il contenuto nel calice o in un recipiente più capiente, detto hama. È questo il termine che compare nel Liber Pontificalis a indicare l'anfora per la raccolta del vino che si usava sia per la consacrazione, sia per essere distribuito ai poveri della comunità; mentre il contenitore per l'acqua era indicato con il termine di fons.

Grandi recipienti per il vino rimasero in uso ancora nel cerimoniale carolingio per decadere progressivamente con la fine del rito dell'offerta di questo.

Fino all'anno Mille non si ha alcun preciso cenno alla coppia di ampolline contenti l'acqua e il vino, adottate normalmente solo a partire dall'XI secolo. Una delle fonti più antiche a riguardo è la descrizione della Messa del monaco cluniacense Udarico (XI secolo):

« ... Item in ampullas dua infundit vinum et aquam... »
Bottega palermitana, Ampolline con vassoio (1968), argento; Barletta, Museo Diocesano

Le ampolline erano destinate per l'acqua e il vino non ancora consacrati, per questo non vennero inizialmente sottoposte ad alcuna norma; solo con il Sinodo di Würzburg (1298) si stabilì che fossero realizzate in vetro, peltro, oro e argento. Anche sulla forma non esiste alcuna prescrizione; è certo solo che si trattava di oggetti molto piccoli.

I più antichi documenti figurativi presentano, infatti, ampolle piccole e panciute, con manico sottile e beccuccio-versatoio, come si vede ad esempio nel dipinto raffigurante:

Inoltre, è probabile che sin dal XIII secolo le ampolline non in vetro fossero contrassegnate in modo da distinguere facilmente il contenuto:

  • una perla (per l'acqua) e una granata (per il vino);
  • le iniziali A e V sui coperchi.
Bottega milanese, Ampolline con vassoio (XX secolo), argento e vetro; Barletta, Museo Diocesano

Per l'ubicazione delle ampolline, durante il rito, erano prescritte un'apposita nicchia o un piccolo tavolo accanto all'altare; qui erano collocate su un vassoio con accanto il manutergio, un piccolo panno per asciugare le mani.

Tipologie, materiale e motivi decorativi

A secondo della loro forma, le ampolline possono distinguersi in tre principali tipologie:

  • a fiaschetta, con collo lungo il cui bordo superiore si apre a formare un piccolo versatoio appuntito e prive di manico;
  • a brocca, con corpo panciuto poggiante su piede, lungo collo con versatoio a beccuccio oppure allungato a forma di S e manico a voluta;
  • a boccale, solitamente privo di piede, con bordo superiore a beccuccio e manico.

Quanto al materiale, oggi è solitamente utilizzato il vetro, mentre nei secoli precedenti si impiegarono anche l'oro, l'argento, il rame, il bronzo, lo stagno, ecc. Anche i motivi decorativi delle ampolline erano dei più vari, benché prevalsero elementi di tipo simbolico, quali tralci di vite e grappoli d'uva.

Esemplari significativi

Fra gli esempi di maggior rilievo storico-artistico si ricorda:

Bottega veneziana, Ampolline (XVII secolo), vetro soffiato; Milano, Museo Poldi Pezzoli
Bibliografia
  • Rosa Giorgi, Oggetti e arredi liturgici, in Simboli, protagonisti e storia della Chiesa, col. "Dizionari dell'Arte", Editore Mondadori Electa, Milano 2004, pp. 46 - 47 ISBN 9788837027896, pp. 46 - 47
  • Benedetta Montevecchi, I vasi sacri, in Suppellettile ecclesiastica, Centro Di Editore, Firenze 1988, ISBN 88703816412, pp. 138 - 139
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 20 febbraio 2013 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.