Case romane del Celio
Case romane del Celio | |
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Roma, Clivo di Scauro, ingresso alle case romane | |
Collocazione storica | Impero romano |
Civiltà | Romana |
Oggetto generico | Struttura abitativa |
Oggetto specifico | Complesso residenziale |
Data fondazione | II secolo |
Inizio della costruzione | II secolo |
Completamento | IV secolo, seconda metà |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Diocesi di Roma Vicariatus Urbis |
Primi scavi | |
Datazione scavi | 1887 - 1951 |
Archeologi | Germano Ruoppolo |
Archeologi | Lamberto Budde |
Archeologi | Adriano Prandi |
Amministrazione | |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Indirizzo | Via del Clivo di Scauro 00184 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 39967755; +39 06 39967450; 848082408 |
Posta elettronica | info@coopculture.it |
Sito web | sito web ufficiale |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
Con l'espressione Case romane del Celio si intendono i resti di un complesso residenziale romano sottostante la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, situato nel centro storico di Roma, nel rione Celio.
Storia
Fasi costruttive
Il complesso residenziale è risultato di una serie di trasformazioni e di stratificazioni edilizie avvenute tra il II e la fine del IV secolo d.C. e che si conclusero con la costruzione della sovrastante Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Si individuano cinque principali fasi di utilizzo e trasformazione del complesso:
- La prima fase si fa risalire all'inizio del II secolo d.C., quando l'area era occupata da due grandi domus a due piani, separate da uno stretto cortile, successivamente trasformato in un elegante ninfeo. La casa posta più a nord-est si affacciava in origine su un vicolo parallelo al Clivo di Scauro e verso la via a questa perpendicolare, che correva lungo il Tempio del Divo Claudio, ed era dotata di un impianto termale privato (balneum) al piano terra e di ambienti di soggiorno al piano superiore.
- La seconda fase databile all'inizio del III secolo d.C., quando, di fronte alla domus e con affaccio sul medesimo vicolo, fu costruita un'insula, a pianta trapezoidale, composta da ambienti commerciali (tabernae) al piano terra e piccoli appartamenti d'affitto ai piani superiori, destinati alle classi sociali meno abbienti. L'ingresso alle botteghe avveniva attraverso un portico aperto sul Clivo di Scauro. Ciascuna bottega era dotata di un soppalco ligneo e di un retrobottega.
- La terza fase, situata tra la fine del III e gli inizi del IV secolo d.C., si realizzò quando un nuovo proprietario acquistò l'intero isolato, trasformando gli edifici in un'unica abitazione signorile attraverso il collegamento degli ambienti commerciali dell'insula con i retrostanti vani pertinenti al primo piano della domus. Il nuovo progetto abitativo prevedeva probabilmente l'utilizzo dei piani superiori a caseggiato d'affitto e la trasformazione del piano terra nella domus, destinata ad una sola famiglia: un simile un processo edilizio si può osservare anche in molte case di Ostia Antica.
- La quarta e la quinta fase si identificano nella seconda metà del IV secolo d.C., quando la tradizione cristiana colloca in questo luogo l'abitazione dei santi Giovanni e Paolo, martirizzati nel 362, durante la persecuzione dell'imperatore Giuliano l'Apostata (331 - 363), che li fece uccidere e seppellire nella loro stessa casa: ciò trasformò il sito in un luogo sacro e venerato, sulla quale fu costruito prima un titulus e poi l'attuale basilica.
Scoperta del complesso
Lo straordinario complesso archeologico delle "Case Romane del Celio" fu scoperto nel 1887 dal venerabile Germano Ruoppolo (1850 - 1909), rettore della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, il quale si calò da un'apertura scavata nel pavimento dellachiesa in cerca della tomba dei due martiri e trovandosi di fronte a vari ambienti dipinti ritenne di avere scoperto e restituito alla comunità le aedes celimontanae, Ioannis et Pauli domicilium.[1]
Ulteriori indagini archeologiche furono condotte nel 1913-1914 dal padre passionista Lamberto Budde e nel 1951 gli interventi dell'architetto Adriano Prandi († 1978) portarono alla riscoperta dell'intero complesso.
Dopo lunghi e complessi interventi di recupero e restauro, realizzati dal Fondo Edifici di Culto, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza Archeologica di Roma, la Soprintendenza per il Polo Museale romano e l'Istituto Centrale del Restauro, nel 2002 l'area archeologica è stata riaperta al pubblico con un nuovo percorso di visita.
Descrizione
Clivus Scauri
La via, che costeggia la parete meridionale della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, conserva il nome originario, Clivus Scauri, con un percorso che ricalca perfettamente quello antico, come testimoniato da fonti medioevali a partire dall'VIII secolo, ma anche da un'iscrizione di età imperiale. L'apertura della strada va attribuita ad un membro della celebre famiglia degli Aemilii Scauri, forse Marco Emilio Scauro (163 a.C. – 89 a.C. ca.). Caratteristici i contrafforti in laterizio che scavalcano la strada, ricostruiti in età medioevale, ma probabilmente già esistenti in epoca romana e che fino al XVI secolo erano sormontati da un secondo ordine.
Portico e Oratorio del Salvatore
Si entra nel complesso attraverso un ambiente che costituiva il portico (1) di passaggio per accedere alle botteghe poste al piano terra dell'insula e che si affacciava direttamente sul Clivus Scauri. Proprio in uno degli ambienti del portico fu ricavata una cappella medioevale conosciuto come Oratorio del Salvatore (2), decorato con alcuni dipinti murali ad affresco affreschi di ambito romano a soggetto cristologico risalenti all'inizio del IX secolo, raffiguranti:
- Crocifissione di Gesù Cristo: nell'opera si nota il Redentore vestito di una tunica blu (colobium) tra le figure di Maria Vergine e di san Giovanni apostolo, secondo la tradizione iconografica siriaco-palestinese;
- Soldati si giocano a dadi le vesti di Gesù Cristo;[2]
- Gesù Cristo deposto nel sepolcro
- Discesa di Gesù Cristo al limbo.
Taberna
Dall'ingresso, uno stretto passaggio ad arco, aperto nel muro di fondazione della basilica, immette in una delle Tabernae (3), ossia botteghe, poste al piano terra dell'insula, che si affacciavano direttamente sul portico esterno ed erano dotate anche di un magazzino.
Sala dei Geni
La successiva Sala dei Geni (4) originariamente era un ampio ambiente con funzione di magazzino, poi trasformato, nella seconda metà del III secolo d.C., in un elegante ambiente di rappresentanza che si apriva sul cortile interno (poi trasformato in ninfeo, 11): oggi il muro di fondazione della soprastante basilica ne ostruisce la vista. L'intera sala era rivestita, sul pavimento e per i primi due metri di altezza delle pareti, da una lussuosa decorazione in opus sectile marmoreo, asportata al momento dell'abbandono degli ambienti, ma della quale restano ben visibili le impronte delle lastre.
La volta mostra una splendida e raffinata decorazione a fondo bianco di ispirazione naturalistica disposta su due registri raffiguranti:
- nell'inferiore, Giovani nudi, pavoni e altri uccelli: l'opera presenta sei figure maschili (geni o efebi) uniti da un ricco festone di frutti e fiori della stagione estiva, alternati a grandi volatili.
- nel superiore, Scena di vendemmia con uccelli: nel dipinto compaiono alcuni eroti (cupidi), tra tralci e girali di vite, intenti nella raccolta dell'uva che si svolge in autunno.
Gli elementi descritti suggeriscono per la sala una decorazione ispirata all'alternanza delle stagioni. Si noti, inoltre, la ricca ed accurata è la rappresentazione di molteplici specie ornitologiche.
Sala dei Finti Marmi
L'ambiente successivo, che si raggiunge dopo aver superato sulla destra una stanza di passaggio, è la Sala dei Finti Marmi (5), così denominata per la presenza di una decorazione pittorica, ad affresco, risalente all'inizio del IV secolo d.C. che presenta un rivestimento marmoreo in opus sectile e nella parte superiore tracce di una raffigurazione a soggetto naturalistico.
Il foro di scarico fognario presente in un angolo appartiene alla fase di utilizzo della sala come taberna (bottega).
Gli altari e le iscrizioni, qui collocati, testimoniano gli interventi compiuti dai pontefici e dai passionisti alla fine del XIX secolo.
Sala del Bue Api
A seguire si entra nella Sala del Bue Api e salatrices (6), così denominata perché conserva sulla volta un dipinto murale raffigurante:
- Dio Api e due baccanti (prima metà del IV secolo), affresco di ambito romano.
Sala dell'Orante
Subito dopo s'incontra la cosiddetta Sala dell'Orante (7) con una decorazione pittorica, ad affresco, risalente all'inizio del IV secolo d.C., che conserva nella parte inferiore un alto zoccolo imitante un opus sectile a finto alabastro e da un fregio floreale sovrastante a girali d'acanto che si sviluppano da cespi.
La volta, parzialmente conservata, presenta una decorazione particolarmente interessante e complessa, ancora oggetto di studio da parte degli esperti che vi ravvisano elementi cristiani, riconducibili ad una domus ecclesia, o comunque una testimonianza del clima culturale di convivenza religiosa presente a Roma all'inizio del IV secolo d.C., aperta già ad ambienti cristiani. La volta è suddivisa in 12 settori nei quali si alternano personaggi maschili che reggono rotuli scritti, interpretabili forse quali filosofi, con coppie caprine ed ovine.
Completamente integro è il celebre dipinto murale raffigurante:
- entro lunetta, Donna orante (IV secolo), affresco di ambito romano: nell'opera si vede una figura femminile, che indossa una tunica ornata da una fascia purpurea e con le braccia aperte, in un gesto di preghiera, che dimostra il carattere cristiano della casa in questo periodo.
Seguono, inoltre, una serie di riquadri con figurazioni di varia natura quali: la maschera del Sileno circondata da ramoscelli di olivo; una maschera teatrale femminile tra fiori policromi ed un'altra maschera di Sileno tra spighe di grano, un ramoscello di vite e mostri marini fantastici sospesi a mezz'aria.
Cella Vinaria
Dalla Sala dell'Orante si torna indietro alla Sala del Bue Api e salatrices e, superati alcuni ambienti, probabilmente vani di servizio della casa, non caratterizzati da rivestimenti pregiati o affreschi, si giunge alla Cella Vinaria (8), un ambiente ricavato da una stanza con eleganti decorazioni del II secolo d.C. trasformata in un vano di servizio il cui uso si protrasse nel tempo, forse fino al VII secolo, come indica la cronologia delle anfore qui ritrovate ed ora esposte nell'Antiquarium. L'utilizzo quale magazzino è testimoniato anche dalla presenza di vasche in cocciopesto, di un'anfora interrata nel piano pavimentale e di un pozzo.
Vicolo
Attraverso uno stretto passaggio e scesi i alcuni gradini si percorre il vicus (9), un lungo e stretto vicolo lastricato con basoli irregolari che separava originariamente la ricca domus del II secolo d.C. (posta sulla destra) dall'edificio popolare (insula). Il vicolo, inglobato nella ristrutturazione del complesso nella metà del III secolo d.C., divenne elemento interno di raccordo tra due zone di un'unica grande domus, allargandosi in parte in un cortile a cielo aperto: il ninfeo, visibile nei prossimi ambienti. Sulla destra è l'accesso al sottostante impianto termale privato (12).
Confessione
Percorrendo l'intero vicolo, sulla sinistra si giunge al sottoscala, luogo dove, secondo la tradizione, avrebbero subìto il martirio e sarebbero stati sepolti i martiri Giovanni e Paolo e dove fu realizzata, dopo la metà del IV secolo d.C., la confessio (10). In questa piccola cappella di culto i fedeli si soffermavano in preghiera in corrispondenza delle venerate sepolture e di fronte alle scene cristiane, che coprivano tre lati della nicchia, sulla quale si apriva la fenestella confessionis.
La decorazione pittorica, datata nella seconda metà del IV secolo d.C., è disposta su due registri:
- in alto, a sinistra, Due uomini e una donna scortati da due soldati romani: i tre personaggi nella scena si possono identificare probabilmente con i martiri cristiani Crispo, Crispiniano e Benedetta, per i quali una versione più tarda della passio ne ricorda qui anche la sepoltura.
- in alto, a destra, Martirio per decapitazione dei tre personaggi.
- al centro, in basso, Uomo orante con due persone prostrate ai suoi piedi:[3] la figura stante, al centro, è stata interpretata dagli studiosi come san Pammachio al quale si deve la costruzione della basilica.
L'esistenza di soggetti cristiani nella decorazione pittorica databile all'inizio del IV secolo; la probabile utilizzazione come luogo di riunione del primo piano della casa, di forma e dimensioni non troppo diverse da quelle della successiva basilica; i dipinti murali della seconda metà del IV secolo - di poco posteriori agli avvenimenti narrati nella passio dei santi Giovanni e Paolo - nei quali è rappresentato il martirio di due uomini e una donna coincidono perfettamente con i dati della tradizione per non costituire una conferma della stessa.
Ninfeo di Proserpina
Scendendo la scala si raggiunge il Ninfeo di Proserpina (11), che nasce come un cortile a cielo aperto che separava le due domus del II secolo, trasformato, in una seconda fase, in un ricco ed elegante ninfeo con l'inserimento di nicchie alternamente quadrate e semicilindriche: si tratta evidentemente di un'istallazione di fontane con giochi d'acqua. Il piano di calpestio è ricoperto da un pavimento del III secolo d.C., formato da grandi tessere marmoree policrome. La struttura quadrata di colore rosso, al centro, è identificabile come un grande pozzo, che poi fu prolungato in alto, fino al pavimento della chiesa. Una ricca decorazione pittorica rivestiva le pareti dell'ambiente: sulla destra si vedono ancora tracce di un dipinto murale raffigurante:
- Corteo di eroti su mostri marini.
L'elemento decorativo più notevole dell'ambiente è quello che occupa la parte superiore del lato corto occidentale: si tratta di un grandioso dipinto murale (5 x 3 m) raffigurante:
- Ritorno di Proserpina dall'Ade (III secolo), affresco di ambito romano: l'opera rappresenta una scena mitologica inserita in un contesto marino del quale fanno parte i piccoli eroti, impegnati in attività di pesca e di navigazione. Al centro su una sorta di isolotto sono semi-sdraiate, all'uso dei banchetti, due figure femminili: una avvolta in un pallio (mantello) e l'altra seminuda con accanto un personaggio maschile, in piedi, nell'atto di versare da bere.
Ambiente con mosaico bianco e nero
Nell'ambiente attiguo si conserva un pavimento a piccole tessere di mosaico bianche e nere riferibili al II secolo d.C., decorato con tralci vegetali e colombe. La piccola stanza, tagliata dal muro di fondazione della basilica, faceva parte di un preesistente edificio del II secolo d.C. e fu inglobata nel progetto della domus tardo antica.
Facciata della domus
Dal centro della passerella metallica e volgendo le spalle alla struttura cilindrica costituita da un pozzo di scarico medioevale, è possibile ammirare gran parte della facciata interna della domus, che si conserva in questo punto per due piani: al piano inferiore presenta due finestre che davano luce ad un piccolo impianto termale (12) di carattere privato (balneum), formato da due ambienti: in uno era una vasca, in un altro, un bacino (labrum) di terracotta.
Sopra il balneum era situato un appartamento del quale si conservano ancora due ambienti con le relative finestre. La parete trasversale costituiva il prospetto posteriore esterno della domus, ornato da una fontanella a tre nicchie. Nel III secolo d.C., nel momento della fusione delle due case, il piano inferiore fu interrato fino al livello del piano terra dell'insula, dando origine al cortile sul quale venne costruita una scala, di cui si conservano ancora pochi gradini, per salire ai piani superiori dell'abitazione. Sotto la pavimentazione del cortile è visibile un sistema di scarico delle acque con la caratteristica forma a cappuccina.
Antiquarium
Alla fine del percorso si giunge all'Antiquarium (13), che occupa il basamento a croce greca della sovrastante Cappella di San Paolo della Croce. Il moderno allestimento museale curato dalla Soprintendenza Archeologica di Roma raccoglie i materiali romani e medioevali delle domus provenienti dagli scavi realizzati fra il 1887 ed 1936.
All'interno si possono ammirare:
- Iscrizioni di varia tipologia ed appartenenza, diversi tipi di anfore da trasporto (I - VII secolo d.C.), vari materiali di uso quotidiano come vasellame, piccoli rocchetti in bronzo, aghi crinali e da cucito in avorio, lucerne ad olio.
- Gesù Cristo redentore tra san Gabriele arcangelo, san Michele arcangelo ed i santi Giovanni e Paolo (ultimo quarto del XII secolo), affresco di ambito romano, proveniente dal medioevale Oratorio del Salvatore, di cui si è parlato in precedenza: l'opera a metà del XX secolo fu distaccata e collocata nell'Antiquarium.[4]
- Lastra tombale di Francesco da Bobone (1322), in marmo di ambito romano.[5]
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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