Basilica dei Santi Giovanni e Paolo (Roma)
Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio | |
Roma, Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazza dei Santi Giovanni e Paolo, 13 00184 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 772711; +39 06 7005745 |
Fax | 06 77271455 |
Posta elettronica | basilica.gioepaolo@passiochristi.org |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santi Giovanni e Paolo |
Sigla Ordine qualificante | C.P. |
Sigla Ordine reggente | C.P. |
Fondatore | senatore Bizante e il figlio san Pammachio |
Data fondazione | 398 |
Architetti |
Antonio Canevari (restauro del 1714 - 1718) Andrea Garagni (restauro del 1714 - 1718) Filippo Marinucci (cupola) |
Stile architettonico | Paleocristiano, romanico, barocco |
Inizio della costruzione | IV secolo, fine |
Completamento | 1952 |
Strutture preesistenti | Case romane del II-III secolo, Tempio del Divo Claudio |
Iscrizioni | PRESBITER ECCLESI(a)E ROMAN(a)E RITE JOHANNES / H(a)EC ANIMI VOTO DONA VOVENDA DEDIT / MARTYRIBUS CHRISTI PAULO PARITERQUE LO(h)ANNI PASSIO QUOS EADEM CONTULIT ESSE PARES. |
Marcatura | stemma del cardinale Matteo Orsini |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio è un chiesa di Roma, che sorge sull'omonima piazza, situata nel centro storico della città, nel rione Celio.
Storia
Preesistenze romane
Per approfondire, vedi la voce Case romane del Celio |
La basilica è dedicata ai due ufficiali romani Giovanni e Paolo, martirizzati nel 362, durante la persecuzione dell'imperatore Giuliano l'Apostata (331-363), che li fece uccidere e seppellire nella loro stessa casa.
Gli scavi sotto la chiesa hanno effettivamente rinvenuto due case romane risalenti all'inizio del II secolo: la prima era costituita su due livelli, con un edificio termale al piano inferiore e un cortile-ninfeo nel quale si conserva tuttora un dipinto murale del III secolo raffigurante il Ritorno di Proserpina dall'Ade. L'altra casa, adiacente al Clivus Scauri, già alla fine del II secolo aveva assunto l'aspetto di un'insula, ossia un'abitazione plurifamiliare con portico e botteghe al pianterreno e appartamenti ai piani superiori, almeno due, come si può dedurre dalle altrettante file di finestre che si affacciano all'esterno.
Nel III secolo le due abitazioni si unificarono, probabilmente sotto un unico proprietario, assumendo così l'aspetto di una grande domus. Nel corso del IV secolo la destinazione d'uso dell'edificio cambiò: la presenza di dipinti murali cristiani e di un altare rivelano la trasformazione dell'ambiente in luogo di culto, forse proprio in conseguenza del martirio e sepoltura dei due ufficiali romani.
Dalla fondazione al Cinquecento
Fonti antiche attestano che Bizante, ricco senatore romano cristianizzato, avrebbe fondato nel 398 una basilica, completata poi dal figlio Pammachio vir eruditus et nobilis, morto nel 410. Alcuni documenti storici e iscrizioni lapidee, rinvenute in situ, confermano la presenza del luogo di culto già al tempo di papa Leone I (440-461). Il Titulus Pammachii presentava una pianta basilicale a tre navate, divise da due file di colonne e grandi finestre che si aprivano nell'abside e lungo i fianchi. La facciata era invece completamente aperta da cinque arcate, sia al livello del suolo, sia a quello delle finestre. Nel corso del tempo, accanto alla basilica originaria, sorse un piccolo monastero per i canonici che la officiavano.
La chiesa paleocristiana subì purtroppo gravi danni sia dal saccheggio visigoto del 410, sia dal terremoto del 442 che dalla distruzione operata dalle truppe normanne nel 1084, guidate da Roberto il Guiscardo (1015 ca.-1085). Pertanto, alla fine dell'XI secolo si rese necessario un radicale intervento di restauro del complesso celimontano: al tempo di Pasquale II, tra il 1099 e il 1118, a cura del cardinale titolare Teobaldo al quale si deve la riedificazione del monastero e l'inizio della costruzione del campanile, poi completato per volontà del cardinale Giovanni da Sutri (†1182). Nello stesso tempo fu anche eretto, con colonne di spoglio, il portico antistante l'ingresso alla chiesa. Adriano IV (1154-1159) completò l'opera del cardinale Giovanni da Sutri.
Una nuova fase di lavori si ebbe nel 1216 a cura del cardinale Cencio Savelli, poi papa Onorio III (1216-1227), che fece costruire sopra al portico una galleria finestrata e, intorno all'abside, all'esterno, un'altra suggestiva galleria ad archetti, il portale cosmatesco, il pavimento in opus alexandrinum, il ciborio (rimasto in situ fino al 1725) e l'altare sul locus martyrii.
Nel 1448 ai canonici, che avevano cura del complesso, subentrarono i Gesuati, che nel 1598 promossero importanti restauri.
Dal Seicento a oggi
Nel 1668 l'Ordine su soppresso e la basilica fu affidata prima agli Oratoriani, poi ai Domenicani irlandesi e dal 1697 ai Lazzaristi che, tra il 1714 e il 1718, con il contributo del cardinale Fabrizio Paolucci (1651-1726), fecero restaurare e ristrutturare l'interno della chiesa dagli architetti Antonio Canevari (1681-1764) e Andrea Garagni, facendo perdere ogni traccia dell'antico aspetto paleocristiano.
Nel 1773, papa Clemente XIV (1769-1774) concesse la chiesa ai Passionisti che tuttora la officiano.
Nel 1873 la basilica fu espropriata e incamerata dal demanio del Regno d'Italia,[1] successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Nel 1887, il venerabile Germano Ruoppolo (1850-1909), durante gli scavi archeologici, scoprì i resti delle domus romane sottostanti la chiesa.
Importanti restauri furono effettuati, per volontà del cardinale Francis Joseph Spellman (1889-1967), tra il 1950 e il 1952, durante i quali venne ripristinata la facciata paleocristiana, il portico, il monastero e il campanile e condotto lo scavo dei resti del Tempio del Divo Claudio (I secolo d.C.) sotto il complesso.
La chiesa attualmente è luogo sussidiario di culto della parrocchia di Santa Maria in Domnica alla Navicella e il monastero adiacente è sede della curia generalizia della Congregazione della Passione di Gesù Cristo.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santi Giovanni e Paolo istituito nel V secolo: l'attuale titolare è il cardinale Jozef De Kesel.
Descrizione
Esterno
Facciata e portico
Il portico, costruito nella metà del XII secolo, è sorretto da otto colonne (tre di granito rosso, tre di granito bigio e due di marmo tasio); i capitelli sono ionici (medioevali) e corinzi. Sull'architrave corre la seguente iscrizione:
(LA) | (IT) | ||||
« | PRESBITER ECCLESI(a)E ROMAN(a)E RITE JOHANNES / H(a)EC ANIMI VOTO DONA VOVENDA DEDIT / MARTYRIBUS CHRISTI PAULO PARITERQUE LO(h)ANNI PASSIO QUOS EADEM CONTULIT ESSE PARES. » | « | Il presbitero Giovanni, secondo il rito della chiesa romana, dedicando questi doni alla preghiera dell'anima, dedicò ai martiri di Cristo Paolo e Giovanni che la medesima sofferenza li condusse a essere uniti » |
Sul muro a destra, sopra la bifora, è visibile lo stemma dipinto del cardinale Matteo Orsini (†1340), titolare della chiesa dal 1327 al 1338.
Sopra al portico è la galleria aggiunta nel 1216, che in origine era più alta (l'altezza primitiva è indicata dai due tronconi di muro che la sovrastano alle estremità); nel corso dei restauri del XX secolo essa fu abbassata per rendere visibile la soprastante pentafora paleocristiana a cinque arcatelle su colonnine con capitelli corinzi di spoglio e rozzi pulvini e con i sottarchi dipinti.
Sotto il portico si apre il portale cosmatesco (XIII secolo) che presenta:
- sull'architrave, Aquila ad ali spiegate ghermisce un coniglio;
- nell'intradosso, Fascia di stelle a mosaico;
- sotto i piedritti, Due leoni accovacciati, simbolo della Chiesa militante e giudicante;
Nella parete di fondo nel portico si conservano due delle colonne che sostenevano la serie di cinque archi che davano accesso alla basilica paleocristiana. Vi sono, inoltre, tracce di dipinti murali ad affresco della metà del XIII secolo, che sovrastano alcuni stemmi dipinti precedentemente.
Sui fianchi sono visibili le finestre molto ravvicinate di epoca paleocristiana, sovrastate da oculi. Inoltre, scendendo lungo il cosiddetto Clivus Scauri, si nota la splendida abside semicircolare della chiesa con galleria ad archetti pensili, risalente al XIII secolo, di stile romanico-lombardo ed esemplare unico a Roma.
Campanile
L'imponente e splendido campanile quadrangolare a 6 ordini, che si erge sul lato destro del sagrato antistante la basilica, venne costruito in due fasi, utilizzando come fondamenta l'angolo meridionale del Tempio del Divo Claudio[2]: nella prima metà del XII secolo i primi due ordini e nella seconda metà del XIII secolo gli ultimi quattro, in occasione della quale la superficie in laterizio fu decorata con croci e dischi di porfido e serpentino e piatti di ceramica di carattere moresco-bizantino. I primi due ordini presentano bifore a pilastro, mentre i successivi hanno coppie di bifore con colonne lisce e capitelli a stampella. I vari piani sono scanditi da cornici costituite da due filari di laterizi a dente di sega, mentre un'edicola con due colonnine marmoree sorreggenti un tetto a due spioventi caratterizza il secondo piano. La cella campanaria accoglie tre campane, una del 1580, un'altra del 1714 e un'altra ancora del 1849.
Cupola
A sinistra della basilica si erge l'incombente cupola fatta costruire sulla cappella di San Paolo della Croce, dai Passionisti nel 1857-1860 secondo un progetto di Filippo Marinucci. La cupola poggia su un alto tamburo cilindrico, sul quale si aprono otto finestre rettangolari; sopra si eleva la calotta semisferica, ricoperta con lastre di ardesia e sovrastata da una lanterna finestrata.
Interno
L'interno della basilica presenta una pianta a tre navate delimitate da sedici colonne originarie di granito bigio del IV secolo, addossate ad altrettanti pilastri realizzati, nel 1715-1718, in occasione dei lavori di ristrutturazione eseguiti dagli architetti Antonio Canevari e Andrea Garagni. Il pavimento, rifatto nel XVIII secolo, include molte parti di quello in opus alexandrinum del XIII secolo.
La navata centrale, articolata in sei campate, è coperta da un soffitto a lacunari installato nel 1589 e restaurato nel 1904. A metà della navata centrale, una piccola parte del pavimento, delimitata da una ringhiera, dove è posta una lapide commemorativa, indica il luogo in cui i santi Giovanni e Paolo subirono il martirio e furono sepolti.
Lungo la navata sinistra sono poste cinque pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a santa Gemma Galgani, è collocata:
- all'altare, Santa Gemma Galgani riceve le stimmate (1942), in vetro policromo di Giulio Cesare Giuliani.
- nella seconda cappella, dedicata ai Santi martiri scillitani, dove in un sarcofago marmoreo sono conservate le loro reliquie, si nota:
- all'altare, pala con Martirio dei Santi martiri scillitani (1722), olio su tela di Aureliano Milani.
- nella terza cappella, dedicata ai san Giuseppe, si segnala:
- all'altare, pala con San Giuseppe con Gesù Bambino (1720), olio su tela di Aureliano Milani.
- nella quarta cappella, dedicata al Santissimo Crocifisso, si conserva:
- all'altare, pala con Crocifissione di Gesù Cristo (terzo quarto del XVII secolo), olio su tela di Tommaso Conca.
- nella quinta cappella, dedicata al SS. Sacramento, si nota:
- all'altare, pala con Assunzione di Maria Vergine (1716), olio su tela di Giovanni Torelli.
Presbiterio e abside
Sul presbiterio, delimitato da una bassa balaustra marmorea e nell'abside semicircolare si notano:
- sotto la mensa dell'altare maggiore, Antica vasca in porfido che accoglie le spoglie dei due Santi martiri.
- nel catino absidale, Gesù Cristo in gloria tra angeli musicanti (1588), affresco di Nicolò Circignani detto il Pomarancio.
- nella parete absidale,
- al centro, pala d'altare centinata con Martirio dei santi Giovanni e Paolo (1726), olio su tela di Giacomo Triga
- a sinistra, Elemosina dei santi Giovanni e Paolo (1726), affresco di Giovanni Domenico Piestrini.
- a destra, Conversione di Terenziano (1726), affresco di Pietro Antonio Barbieri.
A sinistra del presbiterio si entra in un piccolo ambiente nel quale si conserva un pregevole dipinto murale raffigurante:
- Gesù Cristo redentore in trono e sei apostoli (1255), affresco di ambito romano:[3] l'opera è l'unica testimonianza che rimane della decorazione pittorica duecentesca.
Lungo la navata destra si notano quattro pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a san Saturnino di Cartagine, è collocata:
- all'altare, pala con San Saturnino di Cartagine distrugge l'idolo (1716), olio su tela di Marco Benefial.
- nella seconda cappella, dedicata san Pammachio, si nota:
- all'altare, pala con San Pammachio e un angelo (1716), olio su tela di Aureliano Milani: nel dipinto accanto al santo è visibile la pianta originaria della basilica e sullo sfondo alcune maestranze impegnate nella costruzione della stessa.
- nella terza cappella, dedicata a san Paolo della Croce, a pianta a croce greca, iniziata nel 1862 su progetto di Filippo Martinucci e completata nel 1880 dal figlio Vincenzo, si conservano:
- all'altare, pala con San Paolo della Croce abbraccia Gesù Cristo crocifisso (metà del XIX secolo), olio su tela di Francesco Coghetti.
- sotto la mensa d'altare, Urna con le spoglie di san Paolo della Croce, fondatore dell'Ordine dei Passionisti.
- sulla calotta e sui pennacchi della cupola, Gloria di san Paolo della Croce e Strumenti della Passione di Gesù Cristo (metà del XIX secolo), affreschi di Francesco Coghetti.
- alle pareti laterali, Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani e Pietà (1879), olio su tela di Francesco Grandi.
- nella quarta cappella, dedicata a san Gabriele dell'Addolorata, si segnala:
- all'altare, pala con San Gabriele dell'Addolorata (1920), olio su tela di Giovanni Battista Conti.
Controfacciata
Sulla controfacciata è collocato:
- sulla cantoria, Organo a canne (1856), costruito dalla ditta Morettini nel 1856, dalla stessa modificato nel 1902 e infine ampliato nel 1964 dalla ditta Tamburini (opus 469). Lo strumento è a trasmissione elettrica e dispone di 50 registri su tre manuali e pedale.
Sacrestia
Dalla navata destra si accede alla sacrestia, a pianta ottagonale, dove si può ammirare:
- all'altare, pala con Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Giovanni Battista, san Girolamo, santi Giovanni e Paolo (inizio del XVI secolo), tavola attribuita ad Antoniazzo Romano.
Note | |
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Bibliografia | |
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