Discorso della montagna e guarigione del lebbroso (Cosimo Rosselli)




Discorso della montagna e guarigione del lebbroso | |
Cosimo Rosselli, Discorso della montagna (part.), 1481 - 1482, affresco | |
Discorso della montagna | |
Opera d'arte | |
Stato |
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Comune |
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Diocesi |
Roma Vicariato Generale dello Stato della Città del Vaticano |
Parrocchia o Ente ecclesiastico | Santa Sede |
Ubicazione specifica | Musei Vaticani, Cappella Sistina, parete settentrionale |
Uso liturgico | sporadico |
Comune di provenienza | Città del Vaticano |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Gesù Cristo pronuncia il discorso della montagna e guarisce un lebbroso |
Datazione | 1481 - 1482 |
Ambito culturale | |
scuola umbra | |
Autore | Cosimo Rosselli e bottega |
Materia e tecnica | affresco |
Misure | h. 349 cm; l. 570 cm |
|
Il Discorso della montagna e guarigione del lebbroso è un dipinto murale, eseguito tra il 1481 ed il 1482, ad affresco, da Cosimo Rosselli (1439-1507) e facente parte di un ciclo che raffigura le Storie della vita di Gesù Cristo, ubicato sulla parete settentrionale della Cappella Sistina (Musei Vaticani) all'interno della Città del Vaticano.
Descrizione
Nel dipinto murale sono rappresentati due episodi narrati nel Vangelo di Matteo:
- a sinistra: Gesù Cristo pronuncia il discorso della montagna;
- a destra: Gesù Cristo guarisce un lebbroso
Parte sinistra
La scena è ambientata sul monte e sullo sfondo di una città dall'aspetto nordico, immersa in un rigoglioso paesaggio che si perde in lontananza dove compaiono:
- in primo piano:
- Gesù Cristo pronuncia il suo discorso alla folla.
- Apostoli sono compressi posti alle spalle di Gesù.
- Folla di astanti, che assiste al discorso, fra i quali si notano le donne che indossano, quasi tutte, un velo bianco ed, in primo piano, un uomo vestito di nero di spalle, mentre discute. Inoltre, tra la folla sono riconoscibili i ritratti di alcuni contemporanei, tra cui l'uomo con il cappello nero che guarda verso lo spettatore, in ultima fila, dovrebbe essere l'autoritratto del pittore stesso.
- in secondo piano:
- Gesù Cristo, seguito dai dodici Apostoli, scende dal monte.
Parte destra
La scena, ambientata ai piedi del monte, dopo aver pronunciato il celebre discorso delle beatitudini, vuole evidenziare i poteri divini di Gesù Cristo e vi compaiono:
- Gesù Cristo, attorniato dagli Apostoli, guarisce il lebbroso.
- Lebbroso, inginocchiato davanti a Gesù, gli chiede di essere sanato.
Notizie storico-critiche
Il papa Sisto IV, convocò a Roma i più valenti pittori fiorentini, affinché s'impegnassero nell'ambizioso progetto di decorare la nuova cappella del Palazzo Apostolico, avviata nei lavori architettonici nel 1477. Tra gli artisti partiti da Firenze, nell'ottobre del 1480, c'erano Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, che si unirono al Pietro Perugino, probabilmente già a Roma. Ciascuno aveva al seguito numerosi allievi, tra i quali si sarebbero poi distinti alcuni importanti pittori. Cosimo Rosselli aveva, ad esempio, con sé Piero di Cosimo, suo un figlio adottivo.
I lavori procedettero speditamente e il gruppo dei primi fiorentini, a cui si unì poco dopo anche Luca Signorelli, doveva aver finito la decorazione del registro mediano e superiore della cappella nel 1482.
Il progetto iconografico prevedeva una serie di ritratti dei primi trenta pontefici entro nicchie tra le finestre (oggi in larga parte ridipinti e di difficile attribuzione) e sedici grandi riquadri raffiguranti:
- Storie di Mosè (parete meridionale);
- Storie di Gesù Cristo (parete settentrionale).
La giustapposizione degli eventi della vita di Mosè con analoghi di Gesù, visti come "adempimenti": la Tentazione di Gesù Cristo, ad esempio, si trova di fronte alle Prove di Gesù Cristo sulla parete opposta; il dipinto qui illustrato il Discorso della montagna è dirimpetto alla Proclamazione della Legge sul muro meridionale. Nella parte mosaica gli artisti enfatizzano la violenza e caducità, mentre nelle scene cristiane regna ovunque la pace di un mondo rinnovato. Viene così illustrata la concordantia tra l'Antico e Nuovo Testamento: uno schema in cui emerge la superiorità della nuova alleanza rispetto a quella vecchia.
Delle sedici scene, ne restano oggi quattordici: due, con la pala d'altare della Madonna assunta, di Pietro Perugino vennero distrutte per far spazio al Giudizio Universale di Michelangelo e due di Domenico Ghirlandaio e Luca Signorelli), sul lato opposto, versavano già un secolo dopo in pessime condizioni e furono ridipinte nella seconda metà del XVI secolo.
Per quanto concerne i dipinti di Cosimo Rosselli, Giorgio Vasari riporta come esse subirono l'ironia degli altri artisti per la loro debolezza nel disegno: egli era, infatti, il meno dotato tra quelle forti personalità artistiche e ciò non mancò di essere rimarcato alla scopertura dei dipinti murali:[1]
« | Chiamato poi con gl'altri pittori all'opera che fece Sisto IV pontefice, nella cappella del palazzo, in compagnia di Sandro Botticello, di Domenico Ghirlandajo, dell'abbate di S. Clemente, di Luca da Cortona, e di Piero Perugino, vi dipinse di sua mano tre storie, nelle quali fece la sommersione di faraone nel mar Rosso, la predica di Cristo ai popoli luogo il mare di Tiberiade, e l'ultima cena degli Apostoli col Salvatore; nella quale fece una tavola a otto facce tirate in prospettiva, e sopra quella, in otto facce simili, il palco che gira in otto angoli, dove molto bene scortando, mostrò d'intendere quanto gl'altri quest'arte. Dicesi che il papa aveva ordinato un premio, il quale si aveva a dare a chi meglio in quelle pitture avesse a giudizio d'esso pontefice operato. Finite dunque le storie, andò Sua Santità a vederle, quando ciascuno de' pittori si era ingegnato di far sì, che meritasse il detto premio e l'onore. Aveva Cosimo, sentendosi debole di invenzione e di disegno, cercato di occultare il suo defetto con far coperta all'opera di finissimi azzurri oltramarini e d'altri vivaci colori, e con molto oro illuminata la storia, onde né albero, né erba, né panno, né nuvolo vi era che lumeggiato non fusse, facendosi a credere che il papa, come poco di quell'arte intendente, dovesse perciò dare a lui il premio della vittoria. Venuto il giorno che si dovevano l'opere di tutti scoprire, fu veduta anco la sua, e con molte risa e motti da tutti gli altri artefici schernita e beffata, uccellandolo tutti in cambio d'avergli compassione. Ma gli scherniti finalmente furono essi; perciò che que' colori, sì come si era Cosimo imaginato, a un tratto così abbagliarono gl'occhi del papa che non molto s'intendeva di simili cose, ancora ché se ne dilettasse assai, che giudicò Cosimo avere molto meglio che tutti gli altri operato. » |
Il pittore, come si evince dal Vasari, era consapevole dei suoi limiti, ma anche astuto, aveva accentuato l'uso dei colori brillanti e delle lumeggiature dorate che riverberavano, soprattutto alla luce delle candele nella Cappella Sistina; questo piacque particolarmente al papa, il quale decretò la sua preferenza proprio per Cosimo Rosselli.
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