Gesù Cristo crocifisso (Giotto, Santa Maria Novella)
Giotto di Bondone, Gesù Cristo crocifisso (1290 - 1300 ca.), tempera e oro su tavola | |
Crocifisso di Santa Maria Novella | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Basilica di Santa Maria Novella, navata centrale |
Uso liturgico | quotidiano |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | Croce dipinta |
Soggetto | Gesù Cristo crocifisso; Maria Vergine; San Giovanni evangelista |
Datazione | 1290 - 1300 ca. |
Autore |
Giotto di Bondone |
Materia e tecnica | tempera e oro su tavola sagomata |
Misure | h. 578 cm; l. 406 cm |
Note opera firmata | |
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Gesù Cristo crocifisso, detto anche Crocifisso di Santa Maria Novella, è una croce dipinta, realizzata tra il 1290 ed il 1300 circa, a tempera ed oro su tavola sagomata, da Giotto di Bondone (1267 ca. - 1337), ubicato nella navata centrale della Basilica di Santa Maria Novella di Firenze.
Descrizione
Soggetto
Nella croce dipinta e sagomata, al centro, compare:
- Gesù Cristo crocifisso presenta un corpo sofferente, accasciato sulla croce e decisamente spostato sulla destra, appena sostenuto dalle braccia, con il capo reclinato in avanti e le mani non bloccate rigidamente dai chiodi, ma delicatamente contratte, indicando con ciò che non vi è alcuna tensione drammatica, ma piuttosto l'accettazione pacata dell'agonia. L'aureola è realizzata a foglia d'oro. Gesù è già morto, come indica la presenza della ferita sul costato che gli venne inflitta, dopo il decesso da un soldato (Gv 19,34 ).
Nei terminali della traversa della croce sono dipinte due figure a mezzo busto, pietosamente rivolte verso Gesù:
- a sinistra: Maria Vergine addolorata è avvolta in un manto blu che ne definisce il volume. Il volto ovale richiama quello della Rebecca nelle Storie di Isacco della Basilica di San Francesco di Assisi.
- a destra: San Giovanni evangelista è abbigliato con vesti rosa e celesti, panneggiate con un segno fortemente inciso. La tipologia del suo volto lo avvicina ad alcuni personaggi dell'Antico Testamento dipinti ad Assisi.
Nel piede del montante della croce è raffigurato simbolicamente:
- il Golgota sul quale si immagina infissa la croce. Nella cavità rocciosa del monte si scorge il teschio di Adamo, il quale rimanda al posto della crocifissione (detto appunto Golgota, che nella lingua ebraica significa "luogo del cranio"), dove secondo la tradizione venne sepolto il primo uomo ed è qui simbolo dell'uomo redento dal sacrificio di Gesù.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Nel dipinto, Giotto ha ormai abbandonato qualsiasi riferimento ieratico tipico dell'arte bizantina ed, inoltre, superando i tratti compositivi dell'iconografia del Christus patiens, già elaborati da Giunta Pisano e Cimabue nella seconda metà del XIII secolo, la figura del Cristo invade la zona destra del tabellone, tradizionalmente affidato alla raffigurazione di Maria Vergine e di san Giovanni evangelista, ed ha una posa naturalistica, non più con il corpo inarcato, che trasforma la sua immagine in un uomo sofferente realmente inchiodato ad una croce, pur tuttavia conservandone la sacralità. Niente, ormai lega quest'opera a dipinti come quelli di Coppo di Marcovaldo, realizzati appena vent'anni prima.
- L'uso accentuato del chiaroscuro e l'innovativa ombra colorata creano un'immagine di Cristo diversa e del tutto nuova: Gesù appare più umano, naturale. Questo effetto si genera anche perché Giotto ha tenuto conto della visuale dell'osservatore; solo visto da sotto, infatti, il corpo risulta "naturalmente" proporzionato. Diventa così evidente l'elemento umano del Figlio di Dio.
- Molti studiosi hanno sottolineato la forte somiglianza tra il crocifisso fiorentino e quello che si vede raffigurato ad Assisi nella scena con l'Accertamento delle stimmate (1290 - 1295 ca.).
Notizie storico-critiche
Attribuzione e documentazione
Il documento più antico che menziona il Gesù Cristo crocifisso di Giotto, conservato nella Basilica domenicana di Santa Maria Novella, è il testamento del fiorentino Ricuccio di Puccio del Mugnaio, datato 15 giugno 1312 con il quale lasciava una somma affinché si provvedesse a tenere sempre accesa una lampada davanti a questa croce. Altre fonti, che ricordano l'opera giottesca, sono:
- Commentari (1452 - 1455) di Lorenzo Ghiberti
- Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri (1568) di Giorgio Vasari, il quale parla di una collaborazione del maestro con l'allievo Puccio Capanna.[1]
La croce è stata nel tempo oggetto di notevoli discussioni tra gli storici dell'arte, circa la sua corretta identificazione ed al contributo di Giotto rispetto ad aiuti vari. In occasione di un primo restauro effettuato nel 1937 molti si espressero per a una piena autografia del maestro, ma Richard Offner (1939) e Millard Meiss (1960) preferirono parlare più prudentemente del Maestro delle Storie di san Francesco ad Assisi, quello che oggi viene talvolta indicato come l'autore del ciclo francescano nelle complesse discussioni relative alla questione giottesca. Mentre, attualmente, la gran parte degli studiosi la ritengono un'opera autografa di Giotto, anche grazie all'ultimo restauro concluso nel 2001, durante il quale è stata messa in luce sia l'alta qualità della fattura, sia il disegno sottostante, e sono state evidenziate notevoli affinità tecniche con altre opere riferibili a Giotto, come la Madonna di San Giorgio alla Costa (1295 ca.), oggi conservata nel Museo Diocesano di Santo Stefano di Firenze.
Datazione
Durante il XX secolo, gli storici dell'arte hanno datato la croce tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio del Trecento, ma la scoperta del testamento del fiorentino Ricuccio (1312), che ha posto un primo termine ante quem, e la croce realizzata nel 1301 dal lucchese Deodato Orlandi per le clarisse di San Miniato al Tedesco evidentemente ispirata a quella giottesca di Santa Maria Novella, ne anticipato ulteriormente la data. Attualmente gli studiosi, assegnano l'opera all'ultimo decennio del XIII secolo, facendone così una delle prime opere del catalogo dell'artista.
Note | |
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Bibliografia | |
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