San Giovanni evangelista

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San Giovanni Evangelista
Personaggio del Nuovo Testamento
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al secolo {{{alsecolo}}}
battezzato
Santo
Apostolo ed Evangelista
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USA Greenville G.Reni S.Giovanni+aquila 1620-21 bis.jpg

Guido Reni, San Giovanni evangelista e l'aquila (1620-1621), olio su tela; Greenville (USA), Bob Jones University Museum and Gallery
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte {{{età}}} anni
Nascita Betsaida
I secolo
Morte Efeso
104 ca.
Sepoltura
Appartenenza
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° vescovo di Roma
Elezione
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Segretario {{{segretario}}}
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
Ricorrenza 27 dicembre
Altre ricorrenze
Santuario principale Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma
Attributi Aquila, libro, calice con serpente
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di Scrittori, librai, editori, teologi, tipografi
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
Nome completo {{{nome completo}}}
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
Casa reale {{{casa reale}}}
Dinastia {{{dinastia}}}
Padre {{{padre}}}
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
Firma [[File:{{{firma}}}|150x150px]]
Collegamenti esterni
Scheda su santiebeati.it
Invito all'ascolto
Firma autografa
[[File:{{{FirmaAutografa}}}|250px]]
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 27 dicembre, n. 1:
« Festa di san Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, figlio di Zebedeo, fu insieme al fratello Giacomo e a Pietro testimone della trasfigurazione e della passione del Signore, dal quale ricevette stando ai piedi della croce Maria come madre. Nel Vangelo e in altri scritti si dimostra teologo, che, ritenuto degno di contemplare la gloria del Verbo incarnato, annunciò ciò che vide con i propri occhi. »

San Giovanni Evangelista, in ebraico יוחנן, Yehohanàn, letteralmente "YH fece grazia", traslitterato in greco Ιωάννης Ioànnes e in latino Ioànnes (Betsaida, I secolo; † Efeso, 104 ca.), è un personaggio del Nuovo Testamento, evangelista e apostolo ebreo di Gesù. La tradizione cristiana lo identifica con l'autore del quarto vangelo e per questo gli viene attribuito anche l'epiteto di evangelista.

Secondo le narrazioni dei vangeli, le principali fonti storiche a lui riferite, era il figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell'apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista. La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all'interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo, lo identifica con "il discepolo che Gesù amava", partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presenti alla sua morte in croce.

Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli.

A lui la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi biblici: il quarto vangelo, tre lettere e l'Apocalisse. La moderna critica testuale preferisce parlare di scritti redatti all'interno di una "scuola giovannea". Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come "il teologo" per antonomasia, raffigurato artisticamente col simbolo dell'aquila.

Miniatura con San Giovanni evangelista, tratta dal Vangelo di Lindisfarne (VIII secolo)

Fonti storiche

Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) riferibili con assoluta certezza alla vita e all'operato di Giovanni e nemmeno riferimenti diretti in opere di autori antichi non cristiani. Le fonti testuali pervenuteci sono di tre tipi:

Nome ed epiteti

  • Giovanni. È il nome proprio usato nei testi neotestamentari (con la curiosa esclusione del quarto vangelo) e nella tradizione cristiana. Il termine corrisponde all'ebraico יוחנן (Yehohanàn), letteralmente "YH fece grazia", traslitterato in greco Ιωάννης (Ioànnes) e in latino Ioànnes. Si tratta di un nome comune nell'onomastica ebraica e portato da altri personaggi del Nuovo Testamento, in particolare Giovanni Battista e Giovanni-Marco, l'autore del secondo vangelo.
  • Boanèrghes (Βοανηργες). È il soprannome aramaico che, secondo Mc 3,17 , Gesù stesso diede a Giovanni e suo fratello Giacomo. Secondo lo stesso passo evangelico significa "figli del tuono". In realtà il significato del termine non è immediato, in quanto la resa greca dell'aramaico non è perfetta. La prima parte (βοανη, boanè) può corrispondere al plurale aramaico-ebraico בני (b e), "figli di" (al singolare sarebbe bar, vedi Barabba). Per la seconda parte (ργες) è stata ipotizzata un'errata lettura da un manoscritto aramaico, precedente alla redazione evangelica in greco, del termine r'm ("tuono") nell'evangelico r's (ργες), data la somiglianza tra la mem finale ם (quadrata) e la samech ס (tondeggiante).[1] In questo caso l'epiteto viene collegato al temperamento focoso dei due fratelli (vedi in particolare Mc 9,38 ; Mc 10,35-40 ; Lc 9,54 ), oppure può riferirsi al fatto che, nelle teofanie dell'Antico Testamento (p. es. Es 19,16 ; Sal 29,3 ), il tuono indica la voce di Dio: in tal senso "figli del tuono" indicherebbe la missione dei due fratelli di annunciatori della parola di Dio.[2] Un'interpretazione diversa ipotizza altre radici semitiche come רגש (ragàsh), "tumulto", oppure רגז (ragàz), "ira", "turbamento". In tal senso, è stato ipotizzato che il nome fosse riferito ai fratelli per una ipotetica loro appartenenza al movimento nazionalista zelota.[3]
  • Figlio di Zebedeo[4] o fratello di Giacomo.[5]
  • "Discepolo che Gesù amava". Come sopra indicato il quarto vangelo non nomina mai l'apostolo Giovanni. Di contro è presente in esso un personaggio assente negli altri testi neotestamentari, il "discepolo che Gesù amava" (Gv 13,23;19,26;20,1-10;21,7;21,20 ). La tradizione cristiana ha identificato con sicurezza questo anonimo discepolo, indicato anche genericamente come "l'altro discepolo" (Gv 20,3-8 ), con lo stesso Giovanni. In caso contrario sarebbe totalmente assente nel quarto vangelo un personaggio che è descritto come di primo piano negli altri tre vangeli e negli Atti degli apostoli.
Jacopo Bassano, Ultima Cena (part. San Giovanni adagiato sul petto di Gesù, epistèthios), 1550 - 1560 ca.
  • Apostolo. Sebbene non sia chiamato mai direttamente "apostolo" (traslitterazione del greco ἀπόστολος "inviato"), Giovanni è presente in tutti e quattro gli elenchi apostolici del Nuovo Testamento (Mt 10,2-4 ; Mc 3,16-19 ; Lc 6,13-16 ; At 1,13 ).
  • Colonna. In un solo passo del Nuovo Testamento (Gal 2,9 ) Paolo chiama Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo (non suo fratello), "Colonna" della Chiesa, per sottolinearne l'importante ruolo rivestito nella comunità di Gerusalemme.
  • Evangelista. L'apostolo Giovanni viene dalla tradizione anche detto evangelista[6] in quanto ritenuto autore del quarto vangelo. Le più antiche indicazioni a proposito risalgono alla seconda metà del II secolo.[7]
  • Epistèthios, aggettivo neologistico plasmato dall'espressione ἐπὶ τὸ στῆθος (epì to stèthos, "su il petto") di Gv 13,25;21,20 : durante l'ultima cena Giovanni appoggiò il capo sul petto di Gesù per chiedergli chi l'avrebbe tradito. L'epiteto è proprio della tradizione patristica greca.
  • Presbitero. Sia la seconda che la terza lettera incluse nel Nuovo Testamento, che la tradizione cristiana attribuisce a Giovanni, sono indicate nei rispettivi incipit (2Gv 1 ; 3Gv 1 ) come opera di un anonimo "presbitero", cioè letteralmente "anziano", che viene tradizionalmente inteso però come autorevole grado onorifico attribuito agli apostoli o ai loro stretti collaboratori (così per primo J.B. Lightfoot). A favore dell'identificazione Giovanni apostolo ed evangelista = presbitero vi sono motivi di ordine filologico, cioè somiglianza di stile e contenuti tra le due lettere e gli altri testi giovannei: l'autore è la stessa persona, oppure chi ha redatto pseudoepigraficamente le due lettere intendeva riferirle al Giovanni apostolo ed evangelista indicandolo sinonimicamente come presbitero. Di contro, alcune indicazioni patristiche antiche (che attribuiscono anche all'anonimo il nome di Giovanni) distinguono i due personaggi.[8]
  • Di Patmos. L'autore dell'Apocalisse biblica si identifica col nome di Giovanni (Ap 1,1;1,4;1,9;22,8 ) e si dice residente nell'isola di Patmos (Ap 1,9 ). La successiva tradizione cristiana, a partire da inizio II secolo,[9] lo ha identificato con certezza con l'apostolo ed evangelista.
  • Teologo. Il titolo, caro in particolare alla tradizione orientale greca, deriva dal fatto che tra i quattro vangeli quello di Giovanni è caratterizzato da numerose speculazioni teologiche.
  • Vergine (parthènos in greco).
  • Sacerdote. Nella tradizione cristiana il solo Eusebio di Cesarea[10] riporta un'affermazione che attribuisce a Policrate di Efeso (fine II secolo), secondo la quale Giovanni, il quale poggiò il capo sul petto del Signore (durante l'ultima cena), indossava la placca sacerdotale (petalon), cioè apparteneva a una delle classi sacerdotali che gestivano il culto del tempio di Gerusalemme. Il valore storico dell'affermazione è controverso (v. dopo).

Vita

Al pari degli altri personaggi neotestamentari, in primis Gesù, la cronologia e la vita di Giovanni non ci sono note con precisione. I testi evangelici lo indicano come un fedele seguace del maestro, ma il periodo precedente e seguente alla sua partecipazione al ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30, vedi data della morte di Gesù) è ipotetico e frammentario.

Origine e caratteristiche personali

I dettagli circa la vita di Giovanni prima dell'incontro con Gesù sono in gran parte ipotetici, desumibili da alcuni accenni sparsi nei vangeli. Il luogo e la data di nascita non ci sono noti. La tradizione successiva che lo indica come il più giovane degli apostoli, o meglio come l'unico di questi morto in tardissima età (v. dopo), può indicare una data di nascita alcuni anni successiva all'inizio dell'era cristiana (attorno al 10?). Il luogo di residenza e probabilmente anche di nascita, era Betsaida, una località galilaica sita sul Lago di Genesaret[11].

Il padre era Zebedeo,[4] la madre Salomè[12] e aveva (almeno) un fratello, Giacomo.[5] Il fatto che nelle liste stereotipate degli apostoli nei sinottici (ma non negli Atti) Giovanni segua Giacomo, o che quest'ultimo venga spesso indicato come "figlio di Zebedeo", mentre Giovanni sia indicato come suo fratello, può lasciare concludere che Giacomo fosse il fratello maggiore.

La famiglia era dedita alla pesca. Il padre aveva dei garzoni (Mc 1,20 ) e i suoi figli sono detti soci di Simon Pietro (Lc 5,10 ), ed è possibile che la famiglia facesse parte di una sorta di cooperativa di pescatori. Questo potrebbe spiegare come mai l' "altro discepolo" presente al processo di Gesù, tradizionalmente identificato con Giovanni, fosse conosciuto "al sommo sacerdote" (Gv 18,15 ), o meglio ai domestici del suo palazzo che lo fecero entrare: è verosimile che la sua famiglia gestisse un commercio ittico e in quanto tale è possibile che godesse di tale conoscenza.

Circa l'accenno di Policrate di Efeso[10] allo statuto sacerdotale di Giovanni (e della sua famiglia), la storicità è controversa. Se autentico, il particolare spiega la conoscenza di Giovanni da parte del sommo sacerdote. A favore dell'autenticità gioca l'antichità della testimonianza di Policrate e il fatto di essere inserito nella tradizione giovannea propria della chiesa di Efeso. Di contro, negli scritti neotestamentari non si trova alcuna conferma di questo status privilegiato e può trattarsi di un particolare agiografico e leggendario successivamente elaborato per spiegare la conoscenza tra lo ieratico sommo sacerdote e l'umile pescatore della semi-pagana Galilea. Data la scarsità delle informazioni è impossibile arrivare su questo punto a una soluzione chiara e condivisa.

Sempre rimanendo nel campo delle ipotesi, si può supporre che la famiglia di Giovanni appartenesse al ceto medio, ed è possibile che la madre Salomè facesse parte del seguito di agiate donne che provvedevano alle necessità economiche del gruppo itinerante (Lc 8,2-3 ).

La tradizione ha poi identificato in Giovanni l' "altro discepolo" che, con Andrea, faceva parte del seguito di Giovanni Battista ma seguì poi Gesù (Gv 1,35-40 ). Questa sua adesione al movimento battista, poi abbandonato a favore del nascente cristianesimo, spiega l'insistenza con cui nel suo vangelo sottolinea che Giovanni Battista non era la persona attesa dalla tradizione ebraica, ma era solo un precursore di Gesù (Gv 1,8;1,15;1,20;1,29-34;5,33-36;10,41 ).

Chiamata

Altare con Pesca miracolosa con gli apostoli Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (1510-1518); Monastero di Heilsbronn,

La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (Mt 4,21-22 ) e Marco (Mc 1,19-20 ) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù "presso il Mare di Galilea" mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca. Questa chiamata viene narrata subito dopo quella di Andrea e Pietro, avvenuta in simile contesto lavorativo.

Luca invece inserisce la chiamata all'interno del miracolo della cosiddetta pesca miracolosa (taciuta da Mt e Mc, riportata da Gv 21,1-13 dopo la risurrezione di Gesù) e tace la presenza di Andrea.

Il Vangelo di Giovanni invece, assumendo la tradizionale identificazione dell' "altro discepolo" con lo stesso evangelista, ambienta la chiamata (Gv 1,35-40 ) a Betania, presso il fiume Giordano (Gv 1,28 ). Qui Giovanni e Andrea, discepoli di Giovanni Battista, furono da lui invitati a seguire Gesù con la frase "Ecco l'Agnello di Dio". Particolarmente vivo appare il dettaglio per cui l'apostolo, futuro evangelista narratore, ricorda con precisione il momento della sua vocazione: "l'ora decima", cioè le quattro del pomeriggio.

Una possibile armonizzazione delle narrazioni evangeliche ipotizza una prima chiamata di Giovanni e degli altri futuri apostoli presso Betania, quindi il loro ritorno in Galilea, quindi la definitiva chiamata presso il Mare di Galilea.[13] L'esegesi contemporanea, meno interessata a compiere armonizzazioni cronologiche-cronachistiche (intento propriamente assente nei vangeli) e più attenta ai dati positivi contenuti nelle narrazioni evangeliche, si limita a riconoscere per Giovanni un passato di pescatore e un possibile discepolato verso il Battista prima della sequela di Gesù.

Apostolo di Gesù

Pietro Perugino, Gesù Cristo crocifisso fra Maria Vergine e san Giovanni evangelista (1482 ca.)

Dopo la sua vocazione, durante gli anni del ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30), Giovanni sembra rivestire un ruolo importante all'interno della cerchia dei dodici apostoli, secondo solo a Pietro e seguito da suo fratello Giacomo. I tre sono presenti durante alcuni dei principali eventi della vita del maestro, quando sono preferiti in maniera esclusiva agli altri apostoli:

Con Pietro riceve l'incarico di preparare l'ultima cena (Lc 22,8 ).

Il solo Luca (Lc 9,51-56 ) riporta un episodio che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un "fuoco discendente dal cielo" (vedi l'omologo episodio di Elia in 2Re 1,2-15 ), attirandosi il rimprovero del maestro.

Sia Matteo (Mt 20,20-23 , che introduce l'intermediazione della madre Salomè, una probabile finanziatrice del gruppo, v. sopra) che Marco (Mc 10,35-40 ) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta Gesù risponde evasivamente con l'assicurazione che "berranno il suo calice", cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At 12,1-2 ).

Nel quarto vangelo, come sopra indicato, Giovanni viene tradizionalmente identificato col "discepolo che Gesù amava". Durante l'ultima cena riveste un ruolo particolare a fianco del maestro ([https://bibbianuova.qumran2.net/?q=

+
+Gv13,23-25
Gv13,23-25]), interrogandolo sull'identità del traditore.

È testimone privilegiato del processo di Gesù (Gv 18,15 ). Nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l'arresto nel Getsemani, è l'unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, al quale affida sua madre Maria (Gv 19,26-27 ).[14] Dopo la risurrezione di Gesù corre con Pietro al sepolcro (Gv 20,3-8 ). Durante l'apparizione in Galilea è il primo a riconoscere il maestro risorto (Gv 21,7 ).

Compagno di Pietro

Filippino Lippi, San Pietro e san Giovanni liberati dal carcere (1481-1482), affresco; Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci

Negli Atti degli apostoli, che descrivono le vicende della Chiesa apostolica in un periodo compreso all'incirca tra il 30 e il 60, Giovanni gioca ancora un ruolo di primo piano, specialmente nella prima sezione (la seconda è focalizzata sull'operato di Paolo). In At 1,13 Giovanni è nominato dopo Pietro al secondo posto nella lista degli apostoli sorpassando il fratello Giacomo, che nelle liste contenute nei vangeli lo precede.

In At 3,1-11 (inizio anni 30?) viene descritto un miracolo, la guarigione di un uomo storpio dalla nascita, compiuto da Pietro e Giovanni presso la porta "bella" del tempio di Gerusalemme. La grande risonanza che il fatto ebbe portò all'arresto dei due apostoli che furono fatti comparire davanti al Sinedrio. Il consiglio però non li punì e li lasciò liberi (At 4,1-21 ).

In At 5,17-42 (metà anni 30?) viene descritta l'incarcerazione da parte del sommo sacerdote degli "apostoli", lasciati anonimi con l'eccezione di Pietro. Tradizionalmente Giovanni viene inserito nell'episodio, inclusione non sicura ma resa verosimile dal suddetto episodio analogo. Secondo il testo biblico l'incarcerazione si concluse nella notte stessa con una miracolosa liberazione. Seguì l'indomani un nuovo arresto e un secondo processo sinedrita, con l'intervento favorevole da parte di Gamaliele, che ne stabilì la liberazione dopo averli fatti fustigare.

Durante la prima persecuzione anticristiana ebraica (attorno al 35-37?), che vide la morte di Stefano e l'attivo operato di Saulo, gli apostoli (e Giovanni) sembrano non essere coinvolti (At 8,1 ).

L'ultimo accenno esplicito di Atti a Giovanni è in At 8,14-25 , quando l'apostolo viene inviato assieme a Pietro in Samaria dove avvenne l'incontro con Simon Mago. Questa missione evangelizzatrice non sembra comunque aver troncato i legami con la chiesa madre di Gerusalemme.

In occasione degli eventi del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50, At 15,1-35 ), che stabilì la non osservanza dei precetti della Torah per i pagani-cristiani, il ruolo svolto da Giovanni viene taciuto da Atti che mette in primo piano Pietro e Giacomo (non il "Maggiore" fratello di Giovanni, ucciso attorno al 44, ma il "fratello" di Gesù[15]). Tuttavia nel resoconto paolino di Gal 2,1-9 Giovanni viene collocato sullo stesso piano degli altri due discepoli e sono chiamati "colonne".

Predicazione in Asia

Circa gli anni successivi agli eventi narrati negli Atti, le antiche tradizioni cristiane concordano nel collocare l'operato di Giovanni in Asia (cioè l'attuale Turchia occidentale), in particolare a Efeso, con una breve parentesi di esilio nell'isola di Patmos. Il contesto cronologico complessivo però è meno definito e in particolare è ignota è la data in cui Giovanni (e seconda la tradizione anche Maria, sulla base di Gv 19,26-27 ) si è trasferito in questa città, all'epoca la quarta metropoli dell'impero romano (dopo Roma, Alessandria e Antiochia). È possibile che l'apostolo si sia trasferito in Asia prima del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50) e soprattutto del prolungato soggiorno nella città di Paolo (almeno due anni, dalle varie ipotesi cronologiche collocati tra il 52 e il 58): in tal caso Giovanni sarebbe il fondatore di questa chiesa. A ogni modo, indipendentemente dalla sequenza cronologica (Giovanni poi Paolo oppure Paolo poi Giovanni[16]), sarà la figura di Giovanni a lasciare una netta impronta alle chiese asiatiche (vedi p. es. la questione quatordecimana sulla celebrazione della Pasqua).

Accenni contenuti in testi patristici nominano alcuni discepoli di Giovanni che poi giocarono ruoli di primo piano nella storia e nella letteratura cristiana: San Papia di Gerapoli e San Policarpo di Smirne.

Atti di Giovanni

File:Giotto, cappella peruzzi, risurrezione di drusiana, 1318 circa 450x280.jpg
Giotto, Risurrezione di Drusiana (1318 ca.), affresco; Firenze, Basilica di Santa Croce, cappella Peruzzi

L'apocrifo Atti di Giovanni (seconda metà II secolo) descrive dettagliatamente alcuni eventi della vita di Giovanni nel periodo del suo soggiorno a Efeso con lo stile agiografico-leggendario proprio degli apocrifi.

Secondo la versione lunga del testo (tr. ing.), pervenutaci priva della parte iniziale, Giovanni si reca da Mileto a Efeso per un rivelazione divina. Qui incontra Licomede, un magistrato della città e sua moglie Cleopatra. Dopo poco entrambi muoiono ma Giovanni li risuscita. L'apostolo poi guarisce pubblicamente molti malati nel teatro della città. Un giorno entra nel tempio di Artemide e metà di questo crolla, causando molte conversioni al cristianesimo (secondo una versione latina 12.000). Per questo Giovanni rinuncia al suo proposito di recarsi a Smirne (ma il manoscritto tardivo Q. Paris Gr. 1468, dell'XI secolo, riferisce di un suo soggiorno colà con alcuni compagni per quattro anni). Quindi il testo riporta la miracolosa risurrezione della cristiana Drusiana, moglie di Andronico. La sezione successiva riporta un lungo discorso di Giovanni che descrive Gesù in chiave doceta, per cui la sua natura umana era solo apparente e lo stesso per i patimenti che gli si attribuiscono.

Alcune testimonianze latine (Abdia, Melito) aggiungono altri miracoli (ricompone miracolosamente i frammenti di un gioiello frantumato, trasforma pietre di gemme, risorge alcuni morti) accennando a una predicazione a Pergamo. Le varie versioni terminano col decesso dell'apostolo per cause naturali. In alcune versioni il corpo, dopo la sua sepoltura, non viene più ritrovato, lasciando ipotizzare un'assunzione al cielo.

Secondo la versione breve del testo (tr. ing.), dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme (70), l'imperatore Domiziano (regno 81-95) sente parlare dell'apostolo e manda a chiamarlo da Efeso. Giunto al suo cospetto a Roma gli parla della fede cristiana nel Regno futuro di Gesù, figlio di Dio. L'imperatore gli chiede una prova e Giovanni chiede una coppa di veleno che beve (vedi Mt 20,20-23 ; Mc 10,35-40 ) rimanendo miracolosamente illeso.[17] Domiziano dubita dell'efficacia del veleno e lo fa bere a un condannato a morte che muore all'istante, ma Giovanni lo risuscita. Poco dopo risuscita anche un servo dell'imperatore da poco deceduto. Domiziano dunque, che aveva fatto votare dal senato un decreto contro i cristiani ma non voleva applicarlo a Giovanni, ordina che sia esiliato nell'isola di Patmos. Qui ha la rivelazione della fine (Apocalisse). A Domiziano succede Nerva (96-98), che abolì gli esili forzati imposti dal predecessore, ma solo sotto Traiano (98-117) Giovanni ritorna Efeso. Data la tarda età ordina come suo successore Policarpo. L'apocrifo termina con una lunga serie di preghiere di Giovanni in punto di morte e col suo decesso per cause naturali.

Altre fonti

Sebbene lo stile leggendario dell'apocrifo ne renda improbabile un completo valore storico è possibile che il testo abbia raccolto qualche elemento fondato. Sia la residenza a Efeso[18] che il soggiorno presso Patmos[19] sotto Domiziano sono documentati da altre fonti. Girolamo[20] precisa l'anno dell'esilio al 14º del regno dell'imperatore (95) in occasione di una seconda persecuzione (dopo la prima di Nerone), confermando il ritorno a Efeso sotto Nerva ("Pertinax") e la morte sotto Traiano.

Ireneo ricorda,[21] durante il soggiorno di Giovanni a Efeso, il suo scontro con Cerinto, un cristiano poi giudicato eretico che sosteneva una dottrina adozionista. In tal senso possono essere contestualizzati gli accenni presenti nel quarto vangelo alla preesistenza del Logos-Gesù.

Tertulliano accenna brevemente a un episodio secondo il quale Giovanni a Roma, sede del martirio di Pietro e Paolo, fu immerso nell'olio bollente ma non ne patì e fu esiliato in un'isola (Patmos).[22] Il miracolo, che non trova riscontro in nessun'altra fonte storica e va probabilmente inteso come una leggenda tardiva, non è contestualizzato ma la tradizione cristiana (ripresa in particolare dalla Legenda Aurea c. 69) lo ha localizzato presso la Chiesa di San Giovanni in Oleo, nei dintorni della Porta Latina, sotto l'imperatore Domiziano.

Tradizione archeologica

Efeso, Casa di Maria (esterno): edificio considerato dimora della madre di Gesù e di Giovanni

Sul sito a Efeso considerato sede del sepolcro di Giovanni fu costruita una basilica nel VI secolo, sotto l'imperatore Giustiniano, della quale oggi rimangono solo tracce.

A Patmos una grotta detta "dell'Apocalisse" viene indicata come dimora dell'apostolo durante il suo momentaneo esilio. Dal 1999 è uno dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme al Monastero di San Giovanni.

Ricerche archeologiche condotte alla fine del secolo scorso, sulla base delle visioni della stigmatizzata monaca agostiniana Anna Katharina Emmerick (1774-1824), hanno permesso il ritrovamento a circa 9 km a sud di Efeso della casa di Maria (da non confondere con la "Santa Casa" di Loreto), dove sarebbero vissuti la madre di Gesù e l'apostolo Giovanni.

Morte

Giotto, Ascensione di san Giovanni (1318 ca.), affresco; Firenze, Basilica di Santa Croce, cappella Peruzzi

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l'unico morto per cause naturali e non per martirio. Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche[23][21][20] sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l'impero di Traiano (98-117) e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99.

Secondo un racconto del quarto vangelo (Gv 21,20-23 ), c'era tra le comunità cristiane la curiosa leggenda per cui Giovanni, l'apostolo prediletto, non sarebbe morto prima della parusia di Gesù. Questa doveva essere nata per la notevole anzianità dell'apostolo: un'età di 90-100 anni rappresentava per l'epoca un elevato traguardo. Assumendo inoltre l'autenticità giovannea dell'Apocalisse, testo che rivela la fine del mondo e il ritorno del Signore, poteva essere logico ipotizzare che all'apostolo sarebbe stato concesso di vivere quello che aveva visto estaticamente. Alla morte di Giovanni alcuni suoi discepoli hanno inserito in appendice il racconto per chiarire che la leggenda non aveva fondamento nella predicazione di Gesù.

L'apocrifo Atti di Giovanni descrive una sua lunga preghiera d'addio e varie versioni (considerate tutte leggende tardive) divergono circa la sua fine:

  • muore dicendo "La pace sia con voi, fratelli"
  • viene avvolto da una luce abbagliante e muore e dalla sua tomba ne esce della manna;
  • il mattino seguente alla sepoltura i discepoli non ne trovano più il corpo (o ne trovano solo i sandali), lasciando ipotizzare un'assunzione al cielo. Questo particolare, sebbene abbia goduto di una certa fortuna artistica, non è stato accolto dalla tradizione teologica cristiana che riconosce l' "assunzione" solo a Elia e a Maria (per il caso di Gesù si parla propriamente di "ascensione").

Opere attribuite o riferite

A Giovanni la tradizione cristiana ha attribuito (cioè ne è considerato l'autore) o riferito (cioè è il soggetto della narrazione) alcune opere. Una divisione immediata è tra quelle canoniche, cioè incluse tra i libri della Bibbia (nella fattispecie del Nuovo Testamento) e apocrife (cioè escluse dalla Bibbia).

Canoniche

Per secoli la tradizione cristiana ha attribuito all'apostolo Giovanni il quarto vangelo, la prima lettera e l'Apocalisse. Nell'antichità qualche dubbio era sorto sulla paternità della seconda e terza lettera, che alcuni attribuivano a un Giovanni "presbitero" diverso dall'apostolo, ma la tradizione ha poi di fatto identificato i due Giovanni. In epoca contemporanea storici ed esegeti hanno rinunciato ad attribuire le cinque opere alla redazione di un unico personaggio e preferiscono parlare di una scuola (o circolo o tradizione) giovannea, che si rifà alla testimonianza e all'insegnamento dell'apostolo[senza fonte].

La redazione delle opere, scritte in greco, è ipotizzata a Efeso verso fine I - inizio II secolo.

Jean Fouquet, Miniatura con San Giovanni evangelista in Patmos (1452 - 1460 ca.)
  • Vangelo di Giovanni. Il quarto vangelo, che come gli altri tre non esplicita il nome dell'autore, è attribuito dalla tradizione cristiana con sicurezza all'apostolo Giovanni. Le più antiche testimonianze al riguardo risalgono al II secolo.[7] Questa attribuzione può spiegare alcune caratteristiche biografiche riferite all'apostolo: l'enfasi con cui Giovanni Battista viene definito precursore e testimone di Gesù può essere relativa a un precedente discepolato dell'apostolo verso lui; l'enfasi su Gesù-Logos preesistente prima dell'incarnazione è in antitesi con l'insegnamento dell'adozionista Cerinto, col quale l'apostolo si scontrò verso la fine della sua vita a Efeso. La critica contemporanea ammette come possibile una iniziale redazione giovannea ma il testo, che nella forma pervenutaci presenta alcuni doppioni e non sequitur, è stato soggetto ad altre redazioni fino all'inizio del II secolo.
  • Prima lettera di Giovanni. Il testo non esplicita il nome dell'autore e anche in questo caso la tradizione concordemente lo attribuisce all'apostolo Giovanni.[24] È costituita da un insieme di esortazioni alla vita cristiana e compare il tema dell'anticristo. Come per il quarto vangelo, anche in questa lettera appaiono affermazioni di tipo anti-doceta e anti-adozionista (v. in particolare l'incipit) che possono rimandare allo scontro tra Giovanni (e/o i suoi discepoli) e Cerinto.
  • Seconda e Terza lettera di Giovanni. Questi brevi testi, secondo le indicazioni dei rispettivi incipit (2Gv 1 ; 3Gv 1 ), sono dette opera di un anonimo "presbitero". Alcune indicazioni patristiche antiche, le quali che attribuiscono all'anonimo il nome di Giovanni e collocano il suo operato a Efeso, lo distinguono dall'apostolo.[8]
  • Apocalisse di Giovanni. Nell'ultimo libro del canone cristiano l'autore dell'Apocalisse si identifica col nome di Giovanni (Ap 1,1;1,4;1,9;22,8 ) e si dice residente nell'isola di Patmos (Ap 1,9 ). La successiva tradizione cristiana, a partire da inizio II secolo,[9] lo ha identificato con certezza con l'apostolo ed evangelista. Il testo, al pari delle varie apocalissi giudaiche apocrife, si presenta come una visione estatica nel quale vengono rivelate "le cose che devono presto accadere", facendo ampio ricorso a immagini e strutture numeriche. Per secoli il libro è stato inteso come fedele cronaca degli eventi relativi alla fine del mondo (parusia). L'esegesi contemporanea, più attenta alla contestualizzazione storica della redazione (sitz in leben), la intende come una rilettura allegorica della Chiesa dell'epoca: adesso siamo perseguitati dalla bestia (l'impero romano), ma l'agnello (Cristo) risulterà infine vittorioso.

Apocrife

  • Atti di Giovanni. Scritto in greco nella seconda metà del II secolo, pervenutoci sotto diverse redazioni con alcune variazioni, descrive alcuni eventi della vita di Giovanni nel periodo del suo soggiorno a Efeso con lo stile agiografico-leggendario proprio degli apocrifi. Presenta influenze docetiste e gnostiche.
  • Apocrifo di Giovanni. Scritto in greco nel II secolo, prima del 185, contiene un dialogo privato (secretum) tra l'apostolo e Gesù dopo la sua risurrezione nel quale vengono rivelate verità di fede di tipo gnostico.
  • Interrogatio Johannis. Composto nel XII secolo presso la setta manichea del Bogomili della Bulgaria, ci è pervenuto in una traduzione latina. Contiene un dialogo privato tra Gesù e l'apostolo nel contesto dell'ultima cena e si presenta di matrice fondamentalmente manichea con influssi gnostici.

Pensiero

I cinque testi tradizionalmente attribuiti all'apostolo Giovanni mostrano, oltre a somiglianze di stile e vocabolario, anche temi concettuali e teologici comuni. Come sopra indicato l'esegesi contemporanea attribuisce la redazione definitiva dei testi non direttamente a Giovanni ma a una scuola di più autori-redattori che può aver raccolto l'insegnamento dell'apostolo. In tale ottica, la "teologia giovannea" deve essere vista non come il frutto diretto di un singolo pensatore ma come il condensato di una tradizione ecclesiologica a lui riferita.

Nella sostanza la teologia giovannea non si differenzia da quella presente implicitamente o esplicitamente negli altri scritti cristiani neotestamentari. Alcuni concetti sono però introdotti o sviluppati in una maniera propria e particolare che non trova paralleli.

Logos

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Prologo del Vangelo secondo Giovanni e Logos
Il "Prologo" o "Inno al Logos" nel Papiro 66 (circa 200) attualmente conservato a Ginevra

La più nota peculiarità della teologia giovannea è la definizione di Gesù come "Logos" (vedi in particolare il prologo evangelico nel cap. Gv 1 , ma anche 1Gv 1,1 e Ap 19,13 ). Il termine greco è ampiamente polisemico e può significare parola, dialogo, ragionamento, progetto, ragion d'essere. Nella traduzioni bibliche, che non possono rendere la polisemia originaria, viene talvolta reso con "Parola" (escludendo così gli altri campi semantici) oppure con "Verbo" (traslitterazione della resa "Verbum" adottata dalla Vulgata di Girolamo che però non ha nulla a che vedere con la forma grammaticale omonima).

Al Logos giovanneo vengono attribuite esplicitamente alcune caratteristiche presenti anche in alcune lettere paoline ma non esplicitate negli altri tre vangeli. Per questo Giovanni è stato dalla tradizione successiva indicato come l'evangelista teologo per eccellenza. In particolare, il Logos-Gesù è Dio (Gv 1,1;20,28 ),[25] è preesistente alla creazione del cosmo (Gv 1,1;8,58;17,5 ; 1Gv 1,1 ) e questo è stato fatto tramite lui (Gv 1,3;1,10 ). Una particolare enfasi viene data al fatto che il Logos preesistente si è fatto carne (Gv 1,14 ;1Gv 1,1-3 ;2Gv 7 ), in modo tale da essere ascoltato, visto, contemplato, toccato. Nel cosiddetto "discorso del pane" di Gv 6 , dove a Gesù viene attribuita una lunga esortazione eucaristica, viene poi adottato il verbo "masticare" (reso solitamente col più blando "mangiare") che vuole sottolineare la presenza reale-materiale e non solo simbolica-spirituale, nel pane eucaristico.

Questi accenni alla preesistenza e alla realtà materiale dell'incarnazione, dai biblisti e storici contemporanei, sono solitamente contestualizzati al panorama teologico delle chiese nelle quali i testi sono stati redatti (sitz in leben, situazione vitale): l'autore (l'apostolo Giovanni e/o i suoi discepoli) voleva con queste precisazioni contestare alcune correnti teologiche giudicate eretiche come l'adozionismo (per cui Gesù non era "figlio di Dio" dalla nascita ma solo una persona virtuosa "adottata" da Dio al momento del suo battesimo) e il docetismo (per cui Gesù non era umano ma lo era solo in modo apparente).

Giovanni Battista

La figura di Giovanni Battista è presente anche negli altri tre vangeli. Mentre però in questi viene affermata solo una sorta di priorità cronologica su Gesù, lasciando al Battista un implicito ruolo di precursore, il vangelo di Giovanni afferma esplicitamente la sua inferiorità a Gesù, il messia atteso: "Lui deve crescere e io invece diminuire" (Gv 3,30 , vedi anche Gv 1,8;1,15;1,20;1,29-34;5,33-36;10,41 ).

Assumendo la tradizionale identificazione dell' "altro discepolo" di Gv 1,35-40 con lo stesso Giovanni, questa preferenza di Gesù al Battista può avere un fondamento autobiografico. È possibile inoltre che alcune delle chiese cristiane di fine I secolo, a Efeso o altrove, si siano confrontate con singoli fedeli o gruppi che si rifacevano al movimento battista: è il caso p. es. di Apollo che era nativo di Alessandria e "conosceva il battesimo di Giovanni", ma che a Efeso aderì al cristianesimo (At 18,22-28 ). In tal caso questi accenti hanno uno scopo apologetico.

Mondo e Giudei

Tutti i quattro vangeli concordano nel sostenere che il ministero di Gesù fu caratterizzato, dal punto di vista umano, da un sostanziale fallimento: le autorità ebraiche non lo riconobbero come il messia atteso, le folle passarono da un'iniziale entusiasmo a un progressivo abbandono (la cosiddetta "crisi galilaica"), al suo arresto anche gli apostoli (secondo Gv 19,26-27 fece eccezione il "discepolo che amava") lo abbandonarono per paura. Il quarto vangelo sottolinea in diversi loci questo rifiuto, opponendo alla rivelazione di Gesù-Logos incarnato il suo rifiuto da parte di due categorie, il mondo-cosmo (Gv 1,10;3,19;7,7;8,23;14,19;15,18-19;16,33;17 ; 1Gv 15-17;3,1;3,13;5,5 ) e i Giudei (Gv 5,16-18;6,41;7,1;7,13;8,52;9,22;10,31-33 e in particolare durante processo di Gesù nel c. 18).

Questa colorazione negativa in blocco dei "Giudei" ha portato alcuni a vedere in Giovanni un esplicito antisemitismo. Tuttavia questa categoria deve essere intesa come una sorta di finzione letteraria, raggruppante gli oppositori di Gesù e non come l'indicazione di un gruppo etnico. Tra i Giudei lo stesso vangelo riporta che diversi credettero in lui Gv 8,31;12,11 e tutti i cristiani della prima ora erano Giudei, come lo stesso Gesù.

Dualismo

Oltre al dualismo antitetico Gesù-Logos / Giudei-Mondo, in particolare nel quarto vangelo compaiono antitesi dualiste come luce/tenebre, spirito/carne, vita/morte, fede/non fede.

L'inquadramento storico di questo dualismo ha dato origine a numerose speculazioni:

  • gli esseni definivano sé stessi come i "figli della luce", contrapposti ai "figli delle tenebre", similmente al dualismo giovanneo luce/tenebre. Questo ha fatto ipotizzare un'influenza essena sul quarto vangelo ma non è chiaro, se avvenuta, in quale momento della tradizione ha avuto luogo: Battista, maestro di Giovanni, esseno? Giovanni esseno? Gesù esseno? Contatti con movimenti esseni delle comunità giovannee?
  • nello gnosticismo era presente il dualismo corpo/materia ma in maniera estremizzata (bene/male). Questo ha fatto parlare di influssi gnostici nel quarto vangelo, ma in questo la carne non arriva mai a essere "demonizzata" e al contrario sottolinea il fatto che lo stesso Logos si fece carne (v. sopra). È stato quindi ipotizzato in Giovanni un dualismo che poi verrà estremizzato dagli gnostici.

Anticristo

In alcuni passi della Prima e Seconda lettera di Giovanni (1Gv 2,18;2,22;4,3 ; 2Gv 7 ) viene nominato l' "Anticristo". In questi testi l'epiteto non sembra essere riferito a un preciso e definito personaggio storico (notare il plurale in 1Gv 2,18 ), quanto piuttosto a una tendenza o corrente che negava Gesù e in particolare l'incarnazione del Figlio-Logos in Gesù. Considerando il contesto storico-teologico delle opere, il riferimento è probabilmente alle correnti docete e gnostiche che negavano la piena umanità di Gesù.

La figura dell'Anticristo ha goduto di una certa fortuna nella successiva tradizione cristiana che però lo ha decontestualizzato dalla situazione redazionale (sitz in leben) delle lettere: di volta in volta qualche studioso o autorità cristiana, senza però il riconoscimento ufficiale del magistero, ha bollato come anticristo qualche autorevole personaggio storico che si opponeva alla Chiesa o alla sua attività.

La tradizione giovannea nella storia della Chiesa

  • Come si è detto, il IV vangelo attribuito tradizionalmente all'apostolo Giovanni di Zebedeo fu completato in quella che è la sua forma attuale verosimilmente non più tardi del 100; pur se un documento antichissimo mostra che il vangelo era conosciuto in Egitto dal 130, tuttavia nella letteratura cristiana a noi nota c'è poca evidenza del suo uso al di fuori dei circoli gnostici prima del 170. L'unica citazione sicura prima degli scritti di Ireneo di Lione si trova nel testo di Teofilo d'Antiochia Ad Autolycum (ii.22), databile intorno al 170.
  • Ignazio di Antiochia, morto verso il 107, potrebbe essere stato a conoscenza della tradizione teologica giovannea, che secondo alcuni autori avrebbe avuto una fase siriaca o antiochena di sviluppo, ma non cita il vangelo né vi allude; anzi, l'assenza di menzioni di Giovanni nella lettera alla chiesa di Efeso (luogo tradizionale dell'origine del vangelo) fa ancor più dubitare che Ignazio lo conoscesse.
  • Giustino di Nablus, morto verso il 165, non cita esplicitamente il vangelo, né vi allude con chiarezza, il che è sorprendente se si pensa al suo uso del concetto di logos. Benché questo concetto abbia primariamente affinità con il contemporaneo stoicismo, col medioplatonismo e la tradizione sapienziale giudaica, qualche riferimento al quarto vangelo avrebbe appropriatamente rafforzato l'argomentazione, sia nelle "Apologie" che nel "Dialogo con Trifone Giudeo". La non utilizzazione del IV vangelo e il silenzio riguardo ad esso nei primi anni del II secolo, considerati solitamente "ortodossi", può indicare sia che il vangelo non era conosciuto, sia che si era esitanti nell'utilizzarlo per qualche sospetto in merito alla sua ortodossia. Le testimonianze disponibili, per quanto scarne, puntano in questa seconda direzione.
  • Tra il II e III secolo appare il primo commentario al vangelo secondo Giovanni a opera di quello che a detta di Clemente di Alessandria è il più importante esponente della scuola gnostica Valentiniana: Eracleone, maestro gnostico di cui risulta il suo impegno nell'insegnamento a partire dal 145 fino al 180. Una prova in più di quanta considerazione avesse il mondo variegato dello gnosticismo di matrice cristiana per il pensiero dell'ultimo sopravvissuto e testimone delle originarie vicende del rabbì di Nazareth. A questo scritto fa subito seguito un commentario di Origene, in gran parte stilato proprio in risposta a quello. Mentre nel commentario di Origene il Padre lo si fa coincidere con il Dio ebraico del Vecchio Testamento, per Eracleone invece non è presente questa coincidenza in quanto il Dio degli ebrei, ovverosia Javhè, è solo il Demiurgo, il dio del mondo e non coincide affatto con il Logos giovanneo, caratterizzato come dio del tutto. In questo stesso periodo anche Ippolito di Roma, morto nel 235 e discepolo di Ireneo vescovo di Lione, si è dedicato all'interpretazione dei testi giovannei ma non in maniera così particolareggiata come invece hanno fatto Eracleone ed Origene.
  • Presumibilmente sul finire degli anni 300 è collocabile il "Commentario al vangelo di Giovanni" di Giovanni Crisostomo.
  • Sul finire dell'impero romano e l'annuncio delle invasioni barbariche che taluni interpretano come presagio dell'imminente apocalisse, anche il filosofo Agostino si cimenta in un commentario del testo giovanneo: "In Johannis evangelium tractatus".
  • Al IV e V secolo è databile la composizione del testo "Atti di Giovanni del diacono Procoro". Scritto appunto dal diacono greco Procoro, è un romanzo di notevole estensione (50 lunghi capitoli) dedicato in gran parte a miracoli compiuti nell'isola di Patmos da Giovanni allorché lì era stato esiliato prima di fare ritorno nuovamente a Efeso per trascorrervi i suoi ultimi anni. L'autore conosceva gli antichi Atti del santo apostolo ed evangelista Giovanni il teologo ma si direbbe che pone molta attenzione a tenersene lontano. L'autore aveva ben poca cultura, forse era un tranquillo presbitero ammogliato appartenente alla chiesa antiochena o palestinese; certo non era né un asceta né un monaco.
  • Tra il V e il VI secolo appare scritto in greco un testo che vuole essere attribuito a Giovanni, dal titolo "Seconda Apocalisse di Giovanni". In questo testo attestato per la prima volta da Dioniso Trace nel IX secolo, nella forma di una intervista, Gesù Cristo risorto spiega all'apostolo Giovanni i misteri che vuol far conoscere e nuove pratiche da diffondere tra i fedeli. In quanto analogo in parte all'originaria apocalisse di Giovanni, il titolo di "Seconda Apocalisse di Giovanni" gli è stato dato da F. Nau tra il 1908 e il 1914 in appunto a uno scritto greco contenuto in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Parigi che a sua volta era stato acquistato a Nicosia (Cipro) nel 1671. Il testo potrebbe verosimilmente essere anche più antico, ma la composizione a noi nota si colloca tra il VI e l'VIII secolo.
  • Nel VI secolo sul sepolcro di Giovanni a Efeso viene costruita una Basilica in suo onore a opera dell'imperatore Giustiniano.
  • Al VI secolo-VII secolo è databile lo scritto "Memorie Apostoliche di Abdia primo vescovo di Babilonia" al cui interno figura un Libro V dedicato alle "Gesta di San Giovanni Evangelista".
  • Tra il VII e VIII secolo è approssimativamente databile un testo copto sahidico "Misteri che Giovanni, l'apostolo santo e vergine, imparò in Cielo", il cui originale è conservato al British Museum di Londra, così chiamato dalla frase iniziale del manoscritto. Anche per questo testo è alquanto verosimile che la narrazione, in forma orale o scritta, possa essere più antica.
  • Al IX secolo risale invece uno dei più importanti e particolareggiati commentari al solo incipit del vangelo giovanneo a opera del filosofo irlandese Giovanni Scoto Eriugena: "Omelia sul prologo di Giovanni". Questo scritto che viene ritenuto una delle opere più eminenti della storia della letteratura latina ha tra le altre cose la particolarità che il filosofo si spinge nella sua grande e spassionata considerazione per Giovanni a ritenerlo il rappresentante più evoluto della specie umana addirittura al di sopra degli stessi angeli e delle relative gerarchie sino a dire chiaramente che Giovanni per capire Dio in maniera così profonda doveva essere lui stesso Dio. E a rigor di logica il ragionamento del filosofo medievale è di una intelligibilità immediata.
  • Dalla setta dei Bogòmili (amati da Dio) di Bulgaria fiorita nell'oriente balcanico dal X al XIV secolo, emanazione, al pari dei catari, albigesi e patarini, del manicheismo (sorto in Persia nel 216 d.C.), proviene lo scritto "Interrogatio Johannis".
  • Dell'abate e monaco cistercense Gioacchino da Fiore, peraltro su posizioni vicine all'eresia, ci è pervenuto un "Commentario dell'Apocalisse" e un "Tractatus super quattuor evangelia".
  • Tommaso d'Aquino scrisse un "Commentario al vangelo di Giovanni"
  • Anche Isaac Newton ha scritto un commentario al vangelo di Giovanni.

Riferimenti a Giovanni in Dante Alighieri

« Questi è colui che giacque sopra 'l petto

del nostro pellicano e questi fue
di su la croce al grande officio eletto. »

(Divina Commedia - Paradiso XXV, 112-114)

Ai tempi di Dante, correva voce che l'apostolo Giovanni fosse salito in Cielo in anima e corpo, voce che lo stesso Giovanni sfata nel canto xxv del Paradiso.

« Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta

di vedere eclissar lo sole un poco,
che, per veder, non vedente diventa;
tal mi fec'io a quell'ultimo foco
mentre che detto fu: "Perché t'abbagli
per veder cosa che qui non ha loco?
In terra è terra 'l mio corpo e saragli
tanto con li altri, che 'l numero nostro
con l'eterno proposito s'agguagli.
Con le due stole nel beato chiostro
son le due luci sole che saliro;
e questo apporterai nel mondo vostro.
[...]
...quei che vide tutti i tempi gravi,
pria che morisse, de la bella sposa
che s'acquistò con la lancia e coi clavi »

(Divina Commedia - Paradiso XXV, 118 e XXXII, 127-129)
« Di voi pastor s'accorse il Vangelista

quando colei che siede sopra l'acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista. »

(Divina Commedia - Inferno XIX, 106-108)
« incominciando

l'alto preconio, che grida l'arcano
di qui laggiù, sovra a ogni altro bando (Dante Alighieri - Paradiso, XXVI, 43-45) »

Giovanni e Cristoforo Colombo

Così riferisce l'Abate Ricciotti archeologo e storico del cristianesimo, sulla stima che l'ammiraglio genovese Cristoforo Colombo nutriva per San Giovanni:

« Si narra che Cristoforo Colombo, allorché nelle sue navigazioni era colto da qualche tempesta, usasse collocarsi sulla prora della nave e là ritto recitasse al cospetto del procelloso mare l'inizio del vangelo di Giovanni: "In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum...omnia per ipsum facta sunt..." Sugli elementi perturbatori del creato risonava il preconio del Logos creatore: era l'esploratore del mondo che commentava a suo modo l'esploratore di Dio.. »
(Vita di Gesù Cristo dell'Abate Ricciotti 1941-1962)

Giovanni e l'oriente cristiano

L'oriente cristiano, almeno in alcune sue parti, si è ispirato a Giovanni più dell'occidente. Nella letteratura russa, in particolare, è facile trovare dei filoni giovannei in vicende e personaggi che sembrano pensati come testimonianze delle reali prospettive sovrumane aperte dallo spirito di Giovanni. "L'idiota" di Dotojevskij, ad esempio, la figura di Aljoscia dei "Fratelli Karamazov", ma anche la vita degli staretz e di molto monachesimo asiatico.

Giovanni nelle tradizioni non cristiane

Giovanni e la tradizione esoterica

Secondo la tradizione esoterica Giovanni avrebbe ricevuto un insegnamento segreto dallo stesso Gesù e questo insegnamento Giovanni lo avrebbe trasmesso in seguito a una Chiesa invisibile. Secondo questa concezione, il cristianesimo ufficiale o esoterico, quindi, non sarebbe altro che una volgarizzazione di quell'insegnamento primitivo. Secondo la tradizione esoterica accanto a una Chiesa di Pietro essoterica ed esteriore esiste invisibile e sotterranea una Chiesa di Giovanni, una chiesa più interiore. Non è quindi un caso che Giovanni è stato ed è il patrono di numerose società segrete. Egli è per esempio tenuto in alta considerazione dalla massoneria[26].
Delle disavventure del pensiero originario di Giovanni all'interno di questa tradizione esoterica c'è da annoverare per esempio l'esperienza della Chiesa Gioannita[27], una setta che si rifaceva appunto all'evangelista Giovanni e ai suoi cosiddetti "insegnamenti segreti" che in seguito si è dissolta in un'altra setta denominata "Chiesa Gnostica".

C'è chi sostiene che questa presunta Chiesa di San Giovanni abbia tramandato segretamente i suoi insegnamenti[senza fonte] di generazione in generazione sino ad arrivare ai Templari, che di questa Chiesa sarebbero un'espressione.

In questo campo le opinioni che circolano sono le più disparate. Tra le tante quella che vede Giovanni affidare i suoi insegnamenti a Maria Maddalena prima che questa si imbarcasse diretta verso la Francia. Una volta giunta a Marsiglia avrebbe ritrasmesso gli insegnamenti segreti di Giovanni solo ed esclusivamente alla discendenza femminile.

Ovviamente non si può affermare nulla sulla veridicità di quanto qui narrato ma solo sulla reale esistenza di questi racconti storici, in quanto essi sono stati comunque prodotti ed hanno avuto un seguito più o meno numeroso.

Giovanni in epoca moderna

  • Del 1903 è "Le Quatrième Évangile" un commentario al vangelo di Giovanni a opera del più noto esponente del "modernismo", il sacerdote Alfred Loisy docente di storia delle religioni al Collège de France. Poco tempo dopo verrà scomunicato da Papa Pio X.
  • Nel 1929 appare uno scritto dal titolo "Apocalisse". Scritto quasi come un testamento spirituale, l'autore è il noto romanziere inglese David Herbert Lawrence (1885-1930).

Lawrence distingue tra Gesù ben descritto dall'apostolo Giovanni autore del quarto vangelo, il vangelo dell'amore e un Giovanni di Patmos che è invece per Lawrence l'autore della sola "Apocalisse di Giovanni". L'apocalisse infatti secondo la lettura che ne dà Lawrence risulta un testo carico di odio e di invidia. Di lì a considerare Giovanni, Giovanni di Patmos come lui lo chiama, alla stregua di un Giuda, il passo è breve.

Una sua ipotesi sostiene che la cosiddetta "Apocalisse di Giovanni" in realtà è un rimaneggiamento di un testo originariamente pagano, reso cristiano da Giovanni di Patmos.

Il testo di Lawrence su Giovanni verrà ripreso in un saggio apparso in una prima edizione nel 1978 dal titolo "Introduzione all'Apocalisse di D.H.Lawrence". Gli autori sono il filosofo francese contiguo ai movimenti dell'anti-psichiatria Gilles Deleuze e Fanny Deleuze. Lo stesso Deleuze ne curerà una seconda edizione riveduta che uscirà nel 1993.

Ispirazioni giovannee nella teosofia e nel New Age

Tra gli esponenti del movimento teosofico, sorto sul finire del XIX secolo a New York da una concezione secondo la quale la religione vera e originaria è una sola e le religioni ufficiali non sono che aspetti parziali di quest'unica religione, Rudolf Steiner, pedagogo ed esoterista, è il più vicino e sensibile alla figura di Giovanni a cui ha dedicato svariate conferenze pubbliche e infine due libri rispettivamente sull'Apocalisse di Giovanni (1908) e il relativo Vangelo di Giovanni.

Giovanni il Teologo e la psicoanalisi: due prospettive a confronto

Più recentemente, nel '900, con l'apparire della nuova scienza dell'inconscio, si è occupata della figura per certi aspetti enigmatica di Giovanni e dei testi giovannei, di una ricchezza di simboli che non ha uguali, anche la psicoanalisi.

Il dottor Jung legge Giovanni

Tra gli psicoanalisti che sono intervenuti, con le loro specifiche competenze sull'inconscio, in questa riflessione ormai bimillenaria sulla figura di Giovanni e le prospettive riflessive a cui aprono i suoi testi, va segnalato in particolare lo stesso Carl Gustav Jung.

Edipo e Cristo

Ancor più recentemente una psicoanalista anch'essa di formazione junghiana, Silvia Montefoschi, dopo la pubblicazione nel 1979 di un testo "Oltre il confine della persona" in cui metteva a confronto la vicenda edipica e la vicenda cristica di cui sono espressione rispettivamente il più antico "mito greco di Edipo", centrale in psicoanalisi e il mito di Cristo, pubblica nel 1997 "Il regno del figlio dell'uomo" nel quale sviluppa il discorso precedente mostrando ancor più la continuità evolutiva del discorso cristico e del discorso psicoanalitico grazie proprio alla mediazione di colui che secondo tale interpretazione rappresenta la coscienza cristica al massimo livello e che designa con il termine di "coscienza giovannea".

Il progetto giovanneo

Sempre in "Il regno del figlio dell'uomo" (1997) dalla lettura attenta e dialogica della psicoanalista con la parola del teologo ed evangelista coglie quello che è il progetto giovanneo nel passare dalla coscienza cristica che è la coscienza della consustanzialità tra il figlio e il padre ovvero tra l'uomo e dio a quella della assoluta identicità tra l'umano e il divino. Questa intuizione è anche la consapevolezza, come progetto, che la consustanzialità sul piano del pensiero sia anche una assoluta identicità sul piano della realtà concretamente vivente.

Così scrive Giovanni:

« E Filippo gli disse: "Facci vedere il padre: ciò sarà sufficiente per noi"

Gesù rispose:
"Da tanto tempo sono con voi e tu, Filippo, non mi hai conosciuto? Chi ha visto me ha visto anche il padre. E tu come puoi dire: "facci vedere il padre"? » (14,8-9 )

E ancora:

« "Le parole che io dico a voi non vengono dalla mia mente ma il padre che è in me esprime il suo pensiero. Credetemi: io sono nel padre e il padre è in me." » (14,10-11 )

E nel lavoro di attuazione di questa intuizione giovannea, in cui consta il progetto giovanneo, vede l'ulteriore evoluzione della coscienza cristica alla cui attuazione si sono dati il cambio in maniera sotterranea e esoterica come in una staffetta passandosi il testimone i mistici e i filosofi raggiungendo infine Hegel e individua l'ultimo passaggio del testimone proprio nella psicoanalisi in cui il discorso per la prima volta si manifesta a livello essoterico.

È infatti la psicoanalisi che sin dallo stesso Freud riconosce il femminile come un soggetto attivo anche se inconsapevole di sé, avvicinando così il momento in cui il progetto giovanneo giungerà a compimento e con esso l'immagine di Dio raggiungerà la sua completezza: nel momento in cui anche la figlia si farà simile al padre tutt'uno col padre.

Del resto già Jung aveva individuato nell'immagine trinitaria di Dio propria del cristianesimo una incompletezza e riteneva che per colmarla occorreva una quarta persona che era l'ombra di questo Dio cristiano, ciò che questo dio cristiano non voleva riconoscere in sé e che proiettava fuori di sé come altro da sé. Jung è proprio in questi termini che spiega il simbolo dell'Anticristo, l'"umbra trinitatis" che urge per venire alla luce, essendosi l'opposizione tra i contrari acutizzata al punto da spezzare il mondo in due e che quale metà dell'essere negata fa sì a sua volta che esso neghi che l'essere si dia soltanto nella dualità maschile Padre-Figlio ovvero nella dialettica spirituale Padre-Figlio, sì che l'Anticristo quale autore di questa nuova negazione assume il volto del "maligno".

L'allieva di Jung tuttavia pur riconoscendosi d'accordo con il suo maestro ritiene che questa persona esiste già compresa nella trinità ed è ciò che tradizionalmente è stato chiamato Spirito Santo quale dio-femmina ovvero quello stesso spirito che consustanziava il Padre e il Figlio. Lo Spirito quale dialettica erotica Madre-Figlia completa così l'altra dialettica, la dialettica spirituale Padre-Figlio.

Opere d'arte ispirate a San Giovanni

Dipinti

Sculture

Edifici

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce chiesa di San Giovanni Evangelista

Film

Note
  1. Così D.R.G. Beattie ("Boanerges: A Semiticist's Solution", in Irish Biblical Studies (1983), pp. 11-13).
  2. Così R. Vignolo, s.v. "Giovanni" in Il Grande libro dei Santi, Cinisello Balsamo 1998, vol. 2 p. 848. Rimane possibilista in tal senso rigettando l'interpretazione psicologica sul carattere dei fratelli J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 3, tr. it. 2003, pp. 234-235.
  3. Vedi H. Davison, For a true history of the Zealot movement, Philadelphia, Shalom, 2004, p. 111.
  4. 4,0 4,1 Mt 4,21;20,20;26,37;27,56 ; Mc 10,35 ; [https://bibbianuova.qumran2.net/?q=
    +
    +Lc5,10
    Lc5,10]; Gv 21,2
  5. 5,0 5,1 Mt 4,21;10,2;17,1 ; Mc 1,19;3,17;5,37
  6. Nel Nuovo Testamento viene detto "evangelista" il solo diacono Filippo (At 21,8 ), dove però il termine va inteso come annunciatore del vangelo, cioè il buon messaggio di Gesù e non come autore di un testo letterario.
  7. 7,0 7,1 Vedi Canone muratoriano; Ireneo di Lione, Contro le eresie 3,1,1 (tr. ing.).
  8. 8,0 8,1 In un frammento dell'opera Esegesi delle parole del Signore di Papia (inizio II secolo), andata perduta ma citata da Padri successivi (Eusebio di Cesarea, Storia della Chiesa 3,39,4, tr. ing.), sono esplicitamente distinti. Questa posizione è ripresa da Girolamo (De viris illustribus 9;18, tr. ing.): parlando dell'apostolo Giovanni gli attribuisce il Vangelo e la prima lettera, mentre riferisce al Giovanni presbitero le altre due lettere. Riporta però che alcuni identificavano i due personaggi.
  9. 9,0 9,1 Giustino di Nablus, Dialogo con Trifone, 81,4 (tr. ing.).
  10. 10,0 10,1 Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica 5,24,2 (tr. ing.).
  11. Questa informazione può essere ipoteticamente e indirettamente dedotta da Gv 1,44 , che indica questa città come la residenza dei fratelli Andrea e Pietro, compagni lavorativi della famiglia di Giacomo (v. dopo).
  12. L'identificazione di Salomè con sua madre non è esplicitamente affermata dai testi neotestamentari ma deriva dal confronto tra i versetti sinottici descriventi le donne presenti alla crocifissione di Gesù (Mt 27,56 ; Mc 15,40 ).
  13. Così (EN) Leopold Fonck, St. John the Evangelist, in Charles George Herbermann (a cura di), Catholic Encyclopedia, 15 voll., Robert Appleton Company, New York 1907-1914, vol. VIII, online .
  14. La totale assenza del padre Giuseppe durante la vita adulta di Gesù lascia ipotizzare che fosse morto da tempo. Gesù morente in croce sembra quindi preoccupato di provvedere un qualche sostentamento alla madre.
  15. La tradizione cristiana è divisa sull'interpretazione di questo epiteto: cugino per i cattolici, fratellastro per gli ortodossi, fratello in senso proprio per la recente tradizione protestante (vedi interpretazioni storiche sui fratelli di Gesù).
  16. Così Ireneo di Lione (Contro le eresie 3,3,4 tr.ing.), che ricorda Paolo come il fondatore della chiesa.
  17. Alcune versioni latine collegano il miracolo della coppa di veleno non con l'imperatore ma con un sacerdote pagano di nome Aristodemo.
  18. Le più antiche indicazioni pervenuteci risalgono al II secolo: l'apocrifo Atti di Giovanni; Ireneo di Lione, Contro le eresie 2,22,5 (tr. ing., dove parla però di una generica residenza in Asia); 3,1,1 (tr. ing.); Policrate di Efeso (citato da Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica 5,24,3), che parla però più propriamente della sepoltura di Giovanni a Efeso.
  19. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica 3,13,1; Tertulliano, Contro gli eretici 36 (lat.) parla di un esilio in una generica isola.
  20. 20,0 20,1 Girolamo, De viris illustribus 9 (tr. ing).
  21. 21,0 21,1 Ireneo di Lione, Contro le eresie 3,3,4 (tr. ing.).
  22. Tertulliano, Contro gli eretici 36: "Apostolus Joannes, postequam, in oleum igneum demersus, nihil passus est, in insulam relegatur" (lat.).
  23. Ireneo di Lione, Contro le eresie 2,22,5 (tr. ing.).
  24. La prima indicazione in tal senso è contenuta nel Canone muratoriano
  25. Alcuni movimenti cristiani che non riconoscono la piena divinità di Gesù, come i Testimoni di Geova, traducono Gv 1,1 con "il Logos era un Dio" e interpretano la confessione di fede di Tommaso di Gv 20,28 come una semplice esclamazione di stupore.
  26. [1] dizionario esoterico - San Giovanni
  27. [2] Chiesa Gioannita dei Cristiani Primitivi - da www.eresie.it
Bibliografia
  • Iohannes Scotus Eriugena, Omelia sul prologo di Giovanni
  • Rosa Giorgi, Santi, col. "Dizionari dell'Arte", Mondadori Electa Editore, Milano 2002, pp. 176 - 183 ISBN 9788843596744
Voci correlate
Maggiori interpreti di Giovanni
Collegamenti esterni