Mario Agatea
Mario Agatea, O.S.A. Presbitero | |
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Mario Agatea, incisione del 1676 | |
Età alla morte | 79 anni |
Nascita | Modena 1620 |
Morte | Bologna 28 gennaio 1699 |
Ordinazione presbiterale | XVII secolo |
Mario Agatea (Modena, 1620; † Bologna, 28 gennaio 1699) è stato un presbitero, compositore di musica sacra, frate agostiniano, cantore e costruttore di strumenti italiano.
Notizie biografiche
La data di nascita è incerta. Gli autori - quelli agostiniani unanimemente - indicano l'anno 1620. Tuttavia è doveroso dare conto di due risultanze differenti: una è costituita dall'incisione del 1676 dedicata a Giovanni Paolo Colonna[1] col ritratto di Agatea (l'unica sua immagine pervenutaci); essa indica come età del soggetto anni 48: per cui secondo questa iscrizione l'Agatea sarebbe nato nel 1628; inoltre il Registro di Bolletta della corte di Modena, che annota la sua morte per il 28 gennaio 1699, riporta all'indicazione dell'età circa 75, il che suggerirebbe che era nato intorno al 1623-1625.
La sua principale attività si svolse a Modena, come soprano castrato e compositore alla corte della famiglia degli Este, presso i quali prese servizio nel 1649 con uno stipendio mensile di 97 lire e 10 soldi e dove rimase per circa 40 anni, apprezzato come musico di non ordinaria eccellenza.
Il 13 novembre[2] 1660 fu assunto a Bologna nel coro della Basilica di San Petronio con uno stipendio decisamente inferiore, 50 lire al mese; fu licenziato nel 1662, ma l'anno successivo chiese ed ottenne di essere reintegrato[3].
Nell'ottobre 1665 tornò a Modena per succedere a Marco Uccellini, che si trasferiva a Parma, nell'incarico di maestro di cappella del Duomo[4], grazie all'interessamento del conte Pirro Graziani[5] e di una non nominata Madama Barberini[6]. Rimase nell'ufficio fino al 1673, quando cessò per sua stessa richiesta di esonero[7]; gli succedette Giovanni Maria Bononcini.
Da Modena si trasferì nuovamente a Bologna, agli inizi del 1674, nel convento di San Biagio[8]. Continuò comunque a recarsi spesso a Modena alla corte estense per il mai interrotto incarico di musicista, soprattutto per le più importanti funzioni religiose: fu particolarmente attivo come cantore durante il ducato di Francesco II d'Este[9].
Nel frattempo, a Bologna strinse amicizia con l'organista di San Petronio, Giovanni Paolo Colonna, e gli scrisse da Modena diverse lettere, cinque delle quali sono conservate a Bologna nella collezione di padre Martini; gli argomenti sono vari, e indicano una fraterna confidenza, se Agatea si spinge a riferire anche episodi spiccioli come quello della lettera del 1983, in cui riferisce alla messa di sabato mattina dai gesuiti suonarono una bellissima sinfonia di Minghino[10].
Dalle lettere si comprende che egli gravitava nell'area dei musicisti bolognesi, insieme a nomi come Pirro Albergati, Giovanni Battista Bassani, Donato Calvi, Siface[11], Giuseppe Torelli[12]; infatti, nel 1685 fu nominato membro della prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna.
Fece anche parte della confraternita della Morte di Modena, ma ne fu espulso perchè rifiutò di fare musica per la festa di san Giovanni Battista.
Purtroppo la sua fibra fisica divenne negli anni piuttosto debole: soffriva di indebolimento e di una ingravescente forma di cecità. Per questo nel 1689 scrisse al duca di Modena, suo premuroso protettore, esprimendo le sue difficoltà a chiedendo che gli venisse concessa la giubilazione con una piccola rendita perché sentesi ogni dì più indebolire dal grave peso degli anni, e debilitare anche il vedere; sperando così di godere la sua santa pace e quiete nel suo monastero di Bologna.
La vista peggiorò fino a mancare del tutto, come egli stesso si premurò di comunicare al duca nella lettera del 13 gennaio 1692; dopo pochi mesi, per le cattive condizioni di salute i medici gli consigliarono il trasferimento da san Biagio al Santa Maria della Misericordia, un convento fuori le mura, tra il verde, che dopo la peste del 1630 era divenuto un luogo di ricovero per malati. Anche questa notizia fu comunicata da Agatea al duca di Modena con la lettera del 13 maggio 1692, in cui gli raccontava del trasferimento nel complesso poco fuori Bologna, dove, egli presagiva, finirò il mio viver penoso.
Rimase in effetti alla Misericordia, dove morì il 28 gennaio 1699.
Opere musicali
I suoi contemporanei lo tenevano in grande stima, tanto che Maurizio Cazzati[13] dedicò nel 1666 il suo Quinto mottetto a due voci al Molto Rev. Padre M. Agatea Musico insigne. E Roncaglia[14] lo considera un compositore competente con un dono per la scrittura melodica.
Tuttavia era forse più conosciuto come cantore che come compositore; peraltro, le sue composizioni giunteci, non molte, tranne un mottetto, sono musiche profane e per la maggior parte, se non di argomento, per lo meno di tono morale.
Ci sono pervenuti:
- il mottetto sacro Venite celeres, inserito nella Nuova Raccolta di Motetti Sacri a Voce Sola di diuersi Eccellenti Autori moderni. Dati in luce da Marino Siluani, e dal medesimo dedicati al Molto Reuer. Padre Maestro Gio. Battista Parisi Priore Meritissimo del Monastero di Santa Maria de Serui di Bologna. - In Bologna, per Giacomo Monti. 1670., conservata nella collezione Martini presso il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna;
- la canzonetta I pianti d'un core, inserita nella raccolta Canzonette per Camera a Voce sola di diversi Autori, Dati in luce da Marino Siluani, e dal medesimo dedicati al Molt'Illustre Sig. il Sig. Gio. Paolo Colonna Dignissimo Organista in S. Petronio di Bologna. - In Bologna, per Giacomo Monti, 1670., conservata nella collezione Martini presso il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna;
- l'arietta per contralto e basso continuo Per baciar volto sì vago, del 1688, conservata in manoscritto alla Biblioteca Estense di Modena;
- il madrigale per soprano e basso continuo Bench'amor sia una fraschetta;
- le cantate per voce e basso continuo Calco appena il suol, Chi non sa che sia tormento, Frangi l'arco, Fido esempio d'amore, conservate in manoscritto alla Biblioteca Estense di Modena;
- le cantate per voce sola Fuggite incauti amanti di vaga donna le sembianze belle, Mentre l'ombra, Si lamenta il mio core di seguir più sì folle e vano amore;
- le cantate per contralto e basso continuo Vanti pur il Dio Cupido, Spesso cambiando ciel si cambia sorte, conservate in manoscritto alla Biblioteca Estense di Modena;
- la cantata Poiché la vera fede, del 1688, conservate in manoscritto alla Biblioteca Estense di Modena, che Rombaldi[15] cita come inno lirico alla nascita dell'erede al trono d'Inghilterra.
Perdute sono le litanie di cui Agatea parlò nella sua lettera a Colonna dell'8 maggio 1680 dicendo di averle date allo zoppo copista.
Infine, Astengo[16] indica anche un altro manoscritto della Biblioteca estense, l'aria con violoncello obbligato Amor, fammi goder, ma questa attribuzione è vivamente contestata[17].
Sono poi conservate diverse lettere, di cui cinque indirizzate all'amico Giovanni Paolo Colonna e conservate nella collezione Martini presso il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna; dal loro contenuto apprendiamo che Agatea era un bravo costruttore di cembali e di strumenti a tastiera in genere. Le lettere al duca di Modena si conservano invece nell'Archivio di Stato di Modena.
Note | |
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Bibliografia | |
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