Mistero (paganesimo)
« | Gli iniziati dapprima si raccolgono insieme e si spingono tra di loro in tumulto e gridano, quando però si eseguono e si mostrano i riti sacri, allora si fanno attenti, timorosi e in silenzio...
Chi è giunto all'interno e ha visto una grande luce, come quando si schiude un santuario, si comporta diversamente, tace e rimane stupefatto... » (Plutarco, Quomodo qui suos in virtute sentiat profectus) |
La nozione di Mistero è presente anche negli ambiti misteriosofici non sempre in modo identico anche se, tra le varie accezioni misteriosofiche, vi è un minimo e comune senso della parola Mistero, ossia ciò che un adepto non può rivelare per comunicazione diretta e palese ad un profano finché quest'ultimo manca quantomeno dell'esperienza basilare dell'adepto.
Le dette accezioni misteriosofiche trovano la loro origine negli ambiti religiosi pagani della Grecia antica innanzitutto, del mondo ellenistico dopo, e dell'impero Romano infine, in cui con il nome Mistero, usato maggiormente al plurale, si cominciò ad indicare dei culti religiosi particolari la cui importanza risulta accresciuta proprio dalla diffusione degli stessi nell'impero Romano. Tali culti particolari sono anche indicati, pure nell'ambito dell'indagine storica, sia con l'espressione riti misterici che con l'espressione culti misterici, usate altresì al singolare.
Considerate le molteplici relazioni tra le accezioni misteriosofiche, ebraiche e cristiane della nozione di Mistero, diventa necessario comprendere sempre meglio le accezioni misteriosofiche della stessa.
Distinzione fenomenica tra i culti misterici ed i culti pubblici
« | L'iniziazione si articola in cinque tappe. Per prima viene la purificazione e per chi non è escluso dai misteri vi è la necessità di aver ottenuto prima una purificazione. Dopo la purificazione la seconda tappa è costituita dalla trasmissione dei riti iniziatici misterici; la terza è quella denominata contemplazione; la quarta, e questo è anche il compimento della contemplazione, è la legatura e l'imposizione delle corone; la quinta è rappresentata dalla felicità che ne consegue in ragione del favore divino e della convivenza con gli dèi. » (Teone di Smirne, L'utilità della matematica) |
La distinzione fenomenica dei culti misterici rispetto ai culti pubblici pagani consisteva nell'accesso al culto che avveniva,:
- nel culto misterico, tramite apposita qualifica, simile a quella di aspirante nel periodo iniziale e a quella di adepto nel periodo successivo, e
- nel culto pubblico, tramite lo stato giuridico.
Ne consegue che:
- al culto misterico erano ammessi i soli aspiranti ed adepti, e
- al culto pubblico erano ammessi indiscriminatamente tutti coloro che erano in possesso dello stato giuridico richiesto, il quale era acquisito tramite le condizioni di nascita e/o di ruolo le quali producevano l'accesso al culto pubblico se attribuivano al singolo l'appartenenza ad un popolo, ad un ceto sociale e/o ad una funzione pubblica.
Valenza dei culti misterici e pubblici
- I Cabiri
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Ne consegue che:
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Relazione tra i culti misterici ed i culti pubblici
« | La vita, in quanto iniziazione ed esecuzione perfetta di questi misteri, deve essere piena di serenità e di gioia. Lì stiamo seduti compostamente in religioso silenzio: nessuno, infatti, si lamenta nel corso dell'iniziazione. » | |
Secondo l'opinione di alcuni studiosi, fra cui Raffaele Pettazzoni[1], i culti misterici furono una religione separata dai coevi culti pubblici, anzi i culti misterici si sarebbero formati in contrapposizione ai culti pubblici greci come ebbe a sostenere lo stesso Pettazzoni che addirittura si spinse ad affermare che i culti misterici furono la religione degli agricoltori mentre i culti pubblici furono la religione dei cittadini. Tutto ciò, però, non si può affermare con certezza poiché è risaputo che:
- in età micenea una forma di culto misterico fu compresa nell'ambito della religione greca senza opporvisi;
- i culti misterici furono tributati ad alcune figure mitologiche alle quali era già tributato un culto pubblico anche negli stessi luoghi, e
- i partecipanti ai culti misterici non ebbero alcuna proibizione nell'assistere ai culti pubblici.
Possibile alterità tra i culti misterici ed i culti pubblici
Gli studiosi che fanno riferimento al Pettazzoni ritengono che l'alterità religiosa tra culti misterici e pubblici sia manifesta dalla frattura fra essi, che non si compone neanche in tutto il periodo romano: però sembra, poiché la cosa non è certa, che a ben vedere più che sostenere un'alterità religiosa si possa sostenere una più semplice demarcazione cultuale, più o meno chiara secondo il periodo storico ed il luogo di analisi, dovuta molto spesso all'ambito pubblico o privato dell'officiatura come, a solo titolo esemplificativo, gli ambiti romani sottesi ai concetti di Religio e di Superstitio: utilizzando le dette categorie romane in modo approssimativo si potrebbe dedurre che i culti pubblici rientrano in ciò che è Religio mentre i culti misterici rientrerebbero in ciò che è Superstitio.
Se la precedente deduzione viene mantenuta in un ambito di comprensione generica essa è accettabile, mentre se viene estesa anche al solo ambito della comprensione generale essa diventa imprecisa ed anche fuorviante poiché, in quest'analisi, bisogna tenere presente che il concetto di pubblico e privato nelle civiltà in questione non è identico a quello occidentale contemporaneo e, limitatamente all'esempio sopra citato, bisogna considerare che:
- la Religio attiene all'atteggiamento religioso razionale ed è originariamente pubblica ma chiaramente ingloba il privato o parte di esso;
- la Superstitio attiene all'atteggiamento religioso irrazionale e non è esclusivamente privata, e
- ciò che in un'epoca e/o in un luogo è definito Superstitio non necessariamente lo è in epoca successiva e/o altrove, e lapalissianamente quest'assioma vale pure per ciò che è definito Religio.
Per approfondire, vedi la voce Religione (etimologia) |
In tal senso, a solo titolo esemplificativo, si menziona ciò che nel 307 d.C. accadde a Carnuntum, dove Diocleziano, Licino e Galerio nell'ambito di un culto misterico compirono un atto di Religio perché consacrando un tempio al dio persiano Mithra[2] lo appellarono in tale circostanza quale protettore dell'Impero utilizzando letteralmente l'espressione "fautori imperii sui".
Uso politico dei culti misterici
Del resto è risaputo sia come il concetto di Religio abbia forti implicazioni politiche (sarà il Cristianesimo a distinguere la religione dalla politica) sia come i culti misterici siano stati abilmente usati per fini politici:
- prima dei romani come, a solo titolo esemplificativo, sia il culto del dio greco Dioniso,[3] di cui fu adepto il sovrano egizio Tolomeo IV Filopatore per favorire principalmente in Egitto e durante l'ellenismo la coesistenza tra greci ed egizi, sia il culto della dea egizia Iside[4] usato per favorire principalmente fuori dall'Egitto e durante l'ellenismo la coesistenza tra i greci e gli egizi, e
- dai romani che, mentre inizialmente combatterono i culti misterici tanto che la città di Roma si tenne lontana da tali culti fatta eccezione per quello della dea frigia Cibele[5] presente a Roma ufficialmente dal 204 a.C. rimanendo un culto poco diffuso, in età imperiale accettano tali culti prima con la decisione di di Caligola che promosse il culto di Iside per ingraziarsi gli egizi presenti a Roma, poi con la decisione di Claudio che, come attesta Carcopino, incrementò il culto di Cibele per ingraziarsi i frigi presenti a Roma in modo più numeroso rispetto agli egizi, infine con le decisioni di altri imperatori e sempre al fine di controllare gli adepti di tali culti non disdegnando, se necessario, di creare tentativi di contrasti fra i vari gruppi di adepti per limitarne i più facinorosi.
Un uso politico di un culto presuppone, applicando le categorie romane, che tale culto sia considerato nell'ambito della Religio o comunque non sia considerato più una trascurabile Superstitio. A differenza di quanto ritenuto nel XIX e XX secolo, la questione intorno all'alterità o meno della religione misterica rispetto a quella pagana non si può considerare composta ed in ogni caso non va valutata secondo i criteri attuali di analisi.
Origine dei culti misterici
Si suppone che la forma cultuale misterica presente nell'età micenea sia quella originaria: il culto in questione era quello tributato alla dea greca Demetra ed alla sua paredra Core[6] ad Eleusi, città greca per la quale il culto venne diffuso con la denominazione di Misteri Eleusini i quali persero ben presto la loro autonomia poiché Eleusi rientrò nella sfera d'influenza politica di Atene tanto che Pericle avrebbe voluto fare di Eleusi il santuario panellenico per eccellenza: tale influenza, divenuta poi soltanto culturale, rimase per tutto il periodo ellenistico.
Non vi sono, però, prove inequivoche che attestino l'origine comune di tutti i culti misterici poiché la considerazione, per la quale gli altri culti misterici presero a modello Eleusi,[7] attesta inequivocabilmente solo l'influenza del culto eleusino che nell'età più tarda dei culti misterici determinerà un'uniformità strutturale degli stessi senza che, però, vengano annullate alcune caratteristiche peculiari di ciascun culto come, a solo titolo esemplificativo, le abluzioni presenti in alcuni culti misterici: tali abluzioni nel culto di Iside venivano compiute con l'acqua mentre nel culto di Cibele venivano compiute con il sangue. La permanenza di tali caratteristiche può essere correttamente intesa come un indizio contrario all'origine comune dei culti misterici. A tutto ciò si aggiunga la valutazione del fatto che un altro culto, quello di Samotracia, è antichissimo e la prova di tale vetustà viene comunemente rintracciata nel forte legame che Samotracia mantenne con le antiche pratiche d'iniziazione tribale, come testimoniato dagli oggetti cerimoniali di tale culto tutti richiamanti l'idea della fecondità sottesa alle dette pratiche iniziatiche fra cui le statue di Ermes itifallico.
Caratteri esoterici
Tutti i culti misterici hanno in comune un carattere esoterico che richiamava, soprattutto alla mente dei greci, le antiche pratiche d'iniziazione tribale, inerenti al passaggio dei giovani nella dimensione degli adulti e la conseguenziale separazione degli adulti dagli altri membri. In alcune forme di tali pratiche, l'iniziando assumeva ritualmente la condizione dei defunti al fine di udirli parlare tramite l'iniziatore per acquisire, una volta conclusa la pratica iniziatica, conoscenze e capacità che serviranno nella vita: infatti, l'iniziazione tribale era indispensabile per poter partecipare alla caccia ed alla guerra, e per contrarre matrimonio. Tali pratiche erano scomparse dalla Grecia storica almeno nella loro funzione sociale sopra descritta e certamente sono storicamente distanti dai culti misterici anche se ne costituiscono l'humus sul quale i culti si sono sviluppati e dal quale traggono alcuni elementi.
Ogni culto misterico possiede sempre almeno gli elementi esoterici della segretezza che circonda il culto stesso e della segregazione dal resto del mondo, certamente distinguibili ma difficilmente separabili.
L'elemento della segretezza è mutuato dalle pratiche iniziatiche, infatti l'assumere la condizione dei defunti per ascoltarli parlare è la ragione profonda per cui l'iniziato non può rivelare al profano quanto ode. Ciò che nelle pratiche iniziatiche era la voce dei morti, nei culti misterici greci assumeva la forma di un detto sulle verità sacre, la cui variante eleusina avrebbe avuto come tematica la figura della dea greca Core e, particolarmente, la permanenza della stessa nel regno dei morti quale sposa di Ade, signore dell'oltretomba: dal contesto eleusino tale tematica fece la sua comparsa nel panorama mitologico greco, e quindi nei culti pubblici, pur se nella versione del rapimento di Core da parte di Ade. Questo detto sacro, il cosiddetto ιερòς λόγος,[8] sia nell'ellenismo ma soprattutto ai tempi dell'Impero Romano, sopravvisse come vuota formula di conoscenza cui si riconosceva dignità venerabile ma di cui si erano persi i valori efficiente e didascalico, con la conseguenza che i tardi culti misterici offrono agli adepti solo tracce di verità che nei tempi precedenti era più accessibile poiché non vi era la decadenza sociale ad impedirne la conoscenza.
Tutto ciò comporta che i culti misterici, fin dal periodo greco, offrono all'adepto al massimo due strade:
- una ricerca di una verità soggettiva, e/o
- una ricerca soggettiva della verità.
I dròmena, ossia l'apparato rituale delle azioni cultuali,[9] in realtà offrono solo una circostanza favorevole a tale ricerca, e di ciò la prova viene fornita da Aristotele il quale afferma[10] che ad Eleusi si va per sperimentare una emozione (παθεĩν) e non per imparare (μαθειν).
Il fatto che nei culti misterici non si ascoltasse più la voce dei morti produce l'introduzione di un giuramento con cui l'adepto era obbligato al silenzio: al periodo romano risale la denominazione di tale giuramento con la parola sacramentum intesa, appunto, nel suo significato di giuramento.
L'elemento della segregazione pare concernesse pure la divinità che veniva invocata con un titolo distinto da quelli usati nei culti pubblici: a solo titolo esemplificativo, si menziona la dea greca Demetra che non era invocata quale "dea dell'agricoltura" ma quale "salvatrice".
Durante il periodo romano si verifica una leggera mutazione in ordine sia alla segretezza che alla segregazione poiché alcuni culti, limitatamente a qualche circostanza,:
- assumono una dimensione pubblica come, a titolo esemplificativo, la costruzione di templi dove effettuare le pratiche misteriche,[11] o
- divengono pubblici come, a titolo esemplificativo, alcune processioni per le civiche vie.[12]
L'enorme influenza del carattere esoterico sui culti misterici ha condotto molti studiosi a denominare i culti misterici quali culti esoterici e, di conseguenza, i culti pubblici quali culti ecsoterici.
Caratteri soteriologici
Pare che i caratteri soteriologici non siano elementi originari dei culti misterici in quanto negli ambiti iniziatici l'iniziando era più interessato a ciò che otteneva con l'iniziazione ossia, tra l'altro, una profondità di interazione con gli adulti ai quali veniva parificato. Quando nell'ambito misterico si affievolisce il senso dei legami comunitari, che inevitabilmente non potevano mantenere lo stesso grado di profondità dell'ambito iniziatico, cominciano ad essere più pregnanti i caratteri soteriologici che divengono l'emblema dei culti misterici nella loro fase più tarda: per tale ragione l'idea della salvezza sarà percepita in seguito come al centro di tali culti, e tale percezione determinerà nella quasi totalità degli studi condotti sui culti misterici il compimento di un errore prospettico che ha prodotto la ricerca di formule per una definizione unificante dei culti misterici con la conseguenza che essi sono diventati delle religioni misteriche che rinunciano ad una dimensione pagana naturistica per una dimensione più vicina al Cristianesimo: per tali ragioni i culti misterici sono stati classificati come delle misteriosofie. Sarebbe stato più scientifico iniziare l'analisi dai Misteri Eleusini e la possibile conseguenza di ciò sarebbe stata una prospettiva che, pur potendo non essere dissimile dall'attuale, non avrebbe prodotto i detti errori epistemologici.
Nei culti misterici la salvezza è praticata da un Salvatore, una Divinità naturale, che salvando se stessa, tramite il morire ed il risorgere in una dimensione naturale, costituisce il modello cui ispirarsi e da seguire invocandola al fine di ottenere:
- una relazione personale con la Divinità solo se verso di Lei si ha totale fiducia senza dimenticare di esserne servo o, addirittura secondo alcuni studiosi, schiavo;
- la redenzione dalle forze oscure del fato, e
- una sopravvivenza certa e felice nell'aldilà.
Illuminanti sono in proposito le parole che venivano pronunziate in alcuni culti misterici durante le feste di primavera e di autunno: "Coraggio, o fedele! Come il Dio è salvato, così anche per noi nasce la salvezza dal soffrire."[13]
In molti culti misterici, lo stato di salvezza, che l'iniziato implorava per tutta la vita terrena, veniva rappresentato dall'indossare un nuovo abito. Pare che un qualche valore soteriologico sia da attribuire all'usanza, che sembra attestata solo nei periodi ellenistico e romano e non in tutti i culti, della riunione della comunità misterica per un banchetto cultuale avente valore teofagico mediante pratiche teurgiche.
Rapporti dell'Ebraismo con i culti misterici
I rapporti dell'Ebraismo con i culti misterici sono conflittuali e di ciò vi é traccia nel libro della Sapienza che non ignora come la nozione di Mistero venga intesa al di fuori dall'ambito ebraico e, da un punto di vista esegetico cristiano, vetero-testamentario in particolare.
Il passo Sap 14,15 parla esplicitamente di riti misterici e di iniziazione, anche se sembra che insista di più sul culto idolatrico tributato a defunti divinizzati che sul concetto della divinizzazione, anch'esso inaccettabile per la teologia monoteistica teorica vetero-testamentaria: la causa di tutto ciò sembra rintracciabile nella vanità umana (cfr. Sap 14,14 ) ed il passo di Sap 14,15 , precisando che i defunti divinizzati sono dei bambini deceduti, sembra alludere all'usanza delle famiglie dell'antica Grecia di elevare al rango di eroi difensori i propri bambini defunti.[14]
I riti misterici sono indirettamente descritti in Sap 12,5 che, in realtà, si riferisce a riti dei popoli cananei[15] ma l'autore nel descrivere tali riti, consideratane la similitudine per alcuni profili con i culti misterici, sembra attingere dal materiale misterico greco-ellenistico, inteso in senso generico, visto che si fa riferimento esplicito:
- ai divoratori di visceri, espressione propria della Vetus latina che, nel textus receptus, è resa con di mangiatori di visceri sottintendendo la parola "banchetto" mentre, in altri tre manoscritti, è resa con in cui si mangiano visceri sempre sottintendendo la parola "banchetto", e che indica una sorta di cannibalismo storicamente non attestato in Canaan ma presso altri popoli antichi, comprese alcune testimonianze intorno ad alcuni culti misterici, e
- agli iniziati ad orgiastici riti, espressione che, nel Textus receptus, è corrotta per cui allo stato non si riesce a ricavarne senso alcuno mentre, in altri manoscritti ai quali si conforma la Bible de Jérusalem, è resa con membri di confraternita anche se, stando alla lettera dei detti manoscritti, dovrebbe essere resa con dal luogo del tiaso, dal greco θίασος, thíasos, ossia l'aggregazione generalmente religiosa ed avente carattere cultuale in quanto officiante un particolare culto misterico.[16]
I riti misterici sono direttamente descritti in Sap 14,23-26 che sembra alludere ad alcune situazioni misteriche greco-ellenistiche, intese in senso particolare, ossia le immoralità dei baccanali dionisiaci e le violenze dei culti frigi: tali descrizioni non sono mere elencazioni in quanto costituiscono una riflessione sullo squilibrio della società che si allontana dal vero Dio anche se tale squilibrio, alla luce di Sap 14,22 e di Sap 14,27-31 , è messo in diretto rapporto più con i culti idolatrici, specialmente i misterici, che con la nescenza intorno al vero Dio.[17]
Alcuni studiosi vedono anche in Sap 6,22 un'allusione alla disciplina del segreto presso i culti misterici.
Rapporti del Cristianesimo con i culti misterici
Il Cristianesimo, al suo apparire, venne percepito in alcuni ambienti coevi come uno dei tanti culti misterici sia per ragioni proprie della societas romana in quanto venne classificato quale Superstitio e così venne inteso per molto tempo[18] anche se, a motivo della sua diffusione, ben presto fu attenzionato politicamente, sia per ragioni intrinseche allo stesso Cristianesimo in quanto alcuni elementi cristiani, sia cultuali che disciplinari, erano simili ad alcuni elementi misterici come, a solo titolo esemplificativo,:
- il convito eucaristico cristiano in cui la presenza della Divinità in primo luogo dipende dalla volontà della Divinità stessa,[19] dalla presenza del sacerdote ministeriale e dall'utilizzo del rituale necessario mentre, nel banchetto misterico, la presenza della Divinità dipenderebbe solo dal κλήτωρ, klétor, ossia il teurgo abilitato, e dal rituale necessario per cui alla divinità verrebbe imposto di essere presente; in secondo luogo dipende dal fatto che la ritualità necessaria sia canonicamente consistente nell'utilizzo della materia del pane e del vino e nella pronunzia di parole consacratorie inequivoche mentre, nel banchetto misterico, la materia è cangiante[20] e la formula può essere verbale e/o gestuale;[21] in terzo luogo dipende dal criterio dell'istituzione divina attestata nel Nuovo Testamento mentre, per il banchetto misterico, non vi sarebbe alcun criterio simile; in quarto luogo dipende dalla natura della presenza della Divinità che è reale per transustanziazione mentre, nel banchetto misterico, la presenza sarebbe percepibile per evocazione e tale presenza potrebbe giungere solo sino al possesso dell'essere, in cui entrerebbe la divinità, e mai alla transustanziazione;[22] in quinto luogo comporta che il mangiarne il corpo ed il berne il sangue significa innazitutto conformarsi alla Divinità e poi ricevere le sue virtù e la sua grazia mentre, nel banchetto misterico, sembra che la teofagia sia limitata ad acquisire la grazia della liberazione dalla morte e della conseguenziale resurrezione; in sesto luogo comporta una efficacia sacramentale ex opere operato mentre, nel banchetto misterico, l'efficacia spirituale della presenza divina dipenderebbe dall'assenza sia pur momentanea della capacità raziocinante dell'adepto al fine di ottenere la forza divina tramite altre capacità mentali;
- il battesimo cristiano in cui si fa un uso cultuale dell'acqua ma che viene celebrato una tantum in quanto rito di passaggio dalla condizione di catecumeno alla condizione di fedele mentre, in alcuni culti misterici dove tale denominazione è presente come in quello di Iside, si tratta di semplici abluzioni con l'acqua chiamate battesimi e ripetute quasi in ogni celebrazione;
- l'obbligo cristiano al segreto, attestato tra l'altro nella dodicesima Catechesi di San Cirillo di Gerusalemme, che è risaputo aver svolto un ruolo essenzialmente pratico in quanto fu introdotto nel Cristianesimo per precauzione in considerazione delle persecuzioni anticristiane e che cominciò ad affievolirsi dopo l'editto di Costantino mentre, nel culto misterico, svolgeva un ruolo fondamentale ed imprescindibile;
- alcune espressioni cultuali cristiane, attestate tra l'altro nell'Eucologio di Serapione, e
- l'uso del termine stesso mistero, accolto ben presto dal Cristianesimo come attestato tra l'altro nel Protrettico ai Greci di Clemente Alessandrino dove, al capitolo 12, i Sacramenti stessi sono definiti Misteri.
Le citate similitudini, anche nominali, hanno indotto, invece, alcuni storici, anche del Cristianesimo, a considerare positivamente una dipendenza dello stesso Cristianesimo dai culti misterici, e tale dipendenza andrebbe da una semplice influenza alla assimilazione del Cristianesimo ai culti misterici. In ogni caso la problematica non risulta bene impostata in quanto:
- è evidente che il Cristianesimo viene influenzato ma ciò non significa che lo stesso dipenda dall'ente influenzante in quanto ciò costituirebbe una svalutazione del ruolo svolto da Gesù Cristo da cui dipende il Cristianesimo avendo avuto origine da Lui;
- l'influenza sul Cristianesimo avviene per opera dell'ambiente ellenistico-romano in cui non agiscono soltanto i culti misterici ma anche le semplici pratiche magiche, la gnosi e la filosofia;
- fatti salvi alcuni profili inerenti alla filosofia, non è stato condotto studio specifico alcuno che qualifichi le eventuali influenze sul Cristianesimo come singolarmente dipendenti dai culti misterici, dalle pratiche magiche, dalla gnosi, dalla filosofia e/o dallo stesso ambiente ellenistico-romano, inteso nella sua unità indipendentemente dalle sue componenti;
- classificare il Cristianesimo quale religione misterica significa ignorare l'ambito in cui esso si origina, ossia l'ebraismo, dal quale è risaputo non provenire alcun culto misterico considerata la percezione di alterità che l'ebraismo coltiva nei riguardi delle altre religioni;
- classificare il Cristianesimo ed i culti misterici quali religioni misteriche e contemporaneamente considerare i culti misterici quali culti prodromici allo stesso Cristianesimo[23] implica il compimento di un errore classificatorio poiché non si può denominare ciò che viene preparato con la denominazione propria di ciò che prepara;
- il Cristianesimo viene paragonato ai culti misterici intesi non in quanto tali ma quali culti soteriologici poiché sono state arbitrariamente assunte, quali criteri di qualificazione dei dati cognitivi risultanti dalle ricerche storiche sui culti misterici, la soteriologia e l'escatologia cristiane con la conseguente produzione in serie di diversi errori epistemologici, e
- il Cristianesimo viene paragonato ai culti misterici intesi nella loro probabile presunzione di alterità rispetto ai culti pubblici pagani, senza che tale presunzione abbia un qualche valore cognitivo definitivo sia in ordine alla genesi che allo sviluppo dei culti misterici.
Gli studi condotti sulle relazioni tra il Cristianesimo ed i culti misterici non hanno, poi, dato una corretta valutazione degli scritti cristiani dell'epoca come, a solo titolo esemplificativo, il capitolo 62, specialmente i nn.1 e 2, dell'Apologia Prima ed anche il capitolo 70 del Dialogo con Trifone, il Giudeo, entrambi di San Giustino, in cui le rassomiglianze tra i culti misterici ed il Cristianesimo vengono qualificate come delle controrisposte diaboliche: nell'esempio citato è del tutto evidente che San Giustino è consapevole delle dette rassomiglianze ma non ritiene che ciò determini un qualunque debito di dipendenza del Cristianesimo dai culti misterici anzi, proprio il concetto di controrisposta diabolica non permette del tutto di escludere che almeno in una fase iniziale vi sia stata una certa "concorrenza" tra il Cristianesimo ed i culti misterici.[24] Dom Odo Casel nella sua opera "Das christliche Kultmysterium", Il mistero del culto cristiano, propone una teologia misterica che, limitatamente alle relazioni tra il Cristianesimo ed i culti misterici, rivisita la posizione di San Giustino ma che risulta essere ancora molto discussa anche perché la posizione caseliana, pur non riconoscendo un rapporto di dipendenza del Cristianesimo dai culti misterici, avvicina le due realtà non solo in un rapporto prodromico, ma anche in un rapporto di quasi complementarità senza comunque svilire il Cristianesimo parificandolo ai culti misterici. La problematicità della visione caseliana è tutta rappresentata nella sua celebre frase: "Teologia e teurgia si danno la mano nel mistero."
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Voci correlate | |