Pala del Corpus Domini (Giusto di Gand e Paolo Uccello)
Giusto di Gand, Comunione degli apostoli (1473 - 1474), olio su tavola | |
Pala del Corpus Domini | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Marche |
Regione ecclesiastica | Marche |
Provincia | Pesaro-Urbino |
Comune | |
Diocesi | Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado |
Ubicazione specifica | Galleria Nazionale delle Marche |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Urbino |
Luogo di provenienza | Chiesa del Corpus Domini |
Oggetto | pala d'altare |
Soggetto | Comunione degli apostoli; Storie del miracolo dell'ostia profanata |
Datazione | 1467 - 1474 |
Ambito culturale | Ambito fiammingo |
Autori |
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Materia e tecnica | olio su tavola (pannello centrale); tempera su tavola (predella) |
Misure | h. 331 cm, l. 335 cm (pannello centrale); h. 42 cm, l. 351 cm (predella) |
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La Pala del Corpus Domini è una pala d'altare, eseguita tra il 1467 ed il 1474, ad olio e tempera su tavola, da Joos van Wassenhove detto Giusto di Gand (1430 ca. - 1480 ca.) e Paolo di Dono detto Paolo Uccello (1397 ca. - 1475), proveniente dalla Chiesa del Corpus Domini di Urbino ed ora conservata presso la Galleria Nazionale delle Marche in questa stessa città.
Descrizione
Soggetto
Il pannello centrale della pala presenta l'episodio della Comunione degli apostoli detto anche Istituzione dell'eucaristia, nel quale compaiono:
- Gesù Cristo, davanti al tavolo, si appresta a distribuire la comunione agli Apostoli: non si tratta di pezzetti di pane, ma di vere e proprie ostie.
- Apostoli, disposti attorno a Cristo, in semicerchio, otto a sinistra e tre a destra.
- Giuda Iscariota, sull'estrema sinistra, sta per staccarsi dal gruppo degli Apostoli, reggendo in mano il sacchetto con i trenta denari, e si avvia verso l'uscita.
- in alto: Due angeli volano, con panneggi particolarmente movimentati, come tipico dell'arte nordica.
- a destra: Alcuni dignitari assistono alla scena, tra i quali si riconoscono:
- Federico da Montefeltro, in posizione preminente, ritratto come di consueto di profilo col naso adunco, si rivolge ad un sapiente posto davanti a lui.
- Sapiente presentato con la barba biforcuta e con abiti orientali, che secondo alcuni studiosi potrebbe essere identificato con il cardinale Giovanni Bessarione (1403 – 1472), noto per aver partecipato al Concilio di Ferrara e per essere uno dei pochi umanisti, che nel XV secolo conosceva perfettamente lingua e cultura greca.
- Madonna con Gesù Bambino, dietro al gruppo, si sporge da una nicchia e sembra una statua viva.
Inoltre, nella scena sono presenti alcuni dettagli, resi con grande cura, spesso di valore simbolico, come:
- bacile e brocca si riferiscono sia alla lavanda dei piedi, sia alla liturgia: il sacerdote, infatti, ne fa uso per lavarsi le mani prima della consacrazione;
- tavola trasformata in un altare su cui sono posate le ostie ed il calice per il vino.
Ambientazione
La scena è ambientata, come tipico della pittura fiamminga, in uno sfondo architettonico che allude all'abside di una chiesa, con alte colonne che sviluppano il senso ascensionale della composizione. Ai lati si aprono due finestre su delicati paesaggi sfumati in profondità, un'altra caratteristica dell'arte fiamminga.
L'ambientazione della scena nell'abside di una chiesa serve a rendere ancora più evidente l'analogia tra l'Ultima Cena e la celebrazione dell'eucaristia.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
Nell'opera si evidenziano alcune caratteristiche tipiche dell'arte fiamminga, come il punto di vista leggermente rialzato della costruzione spaziale, l'attenzione ai dettagli (come il bacile metallico in primo piano), gli effetti di luce e l'importanza data ai gesti delle mani, talvolta un po' artificiosi. Mentre tipicamente italiana è la costruzione prospettica, secondo regole geometriche, nella quale si coglie l'influenza di Piero della Francesca (1416 ca. – 1492), in quel periodo presente presso la corte di Federico da Montefeltro (1422 - 1482).
Predella
Il dipinto è completato da una predella, dedicata alla leggenda dell'ostia profanata, che ebbe origine da un fatto di cronaca parigina, risalente al 1290: questo è un soggetto piuttosto insolito e diffuso in Italia da sacre rappresentazioni.
La predella è articolata in sei scomparti, che raffigurano:[1]
- Una donna cristiana vende l'ostia consacrata ad un mercante ebreo.
- La famiglia ebrea ha posto sul fuoco l'ostia che inizia a versare sangue, mentre al di là della parete alcuni uomini armati tentano di sfondare la porta della casa.
- Una processione raggiunge la chiesa per la riconsacrazione della particola.
- La donna sacrilega viene condotta all'impiccagione, mentre appare un angelo dal cielo.
- Il mercante ebreo e la sua famiglia vengono messi al rogo.
- Due diavoli e due angeli, davanti ad un'altare, si contengono il corpo della donna.
Paolo Uccello, Predella con Storie del miracolo dell'ostia profanata (1467 - 1468), tempera su tavola
La predella è celebre soprattutto per l'applicazione delle regole della prospettiva e per le efficaci scelte compositive, con uno sfondo che corre continuamente da uno scomparto all'altro: dalle due scene d'interno fino alle restanti ambientate in un paesaggio continuo. Nonostante la rigorosità della costruzione, la disposizione dei protagonisti non dà un'idea convincente di profondità, essendo semplicemente giustapposti allo sfondo, tanto che non proiettano nemmeno le ombre in terra.
Notizie storico-critiche
L'opera fu commissionata dalla Confraternita urbinate del Corpus Domini al pittore Fra Carnevale, che però nel 1456 venne liberato dall'incarico per sopraggiunti impegni, facendosi restituire l'acconto di quaranta ducati d'oro già ricevuti e spesi per i colori. Nel 1465 un documento registra come l'artista non avesse ancora restituito la somma.
Nel 1467 la commissione venne affidata a Paolo Uccello, arrivato ad Urbino in quell'anno, che, entro il 1468, dipinse la predella con le Storie del miracolo dell'ostia profanata, ma che per ragioni a noi sconosciute abbandonò la pala.
Nel 1469 la Confraternita si rivolse a Piero della Francesca, che dopo aver visionato il lavoro da compiere rifiutò l'incarico. Solo alcuni anni dopo, tra il 1473 ed il 1474, la pala viene eseguita da Giusto di Gand.
La Chiesa del Corpus Domini venne demolita e la pala fu trasferita al Collegio degli Scolopi dove vi rimase, abbandonata nelle soffitte, fino al 1861, quando venne ritrovata in pessime condizioni di conservazione. In quello stesso anno fu sottoposta a restauro e quindi trasferita alla Galleria Nazionale delle Marche.
Note | |
Bibliografia | |
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