Pericoresi
Il termine pericoresi (dal greco περιχώρησις, pericóresis, "penetrazione", derivato di περιχωρέω, pericoréo, "ruotare", "movimento circolare") è specifico della Teologia Trinitaria, ed indica la compenetrazione reciproca e necessaria delle Tre Persone divine nella Trinità, sulla base dell'unità di essenza in Dio. Le tre ipostasi del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo "si muovono l'una nell'altra", ossia si appartengono a vicenda.
Il termine nasce in ambito cristologico, dove serve per spiegare la comunicazione degli idiomi (communicatio idiomatum). Con San Giovanni Damasceno ne inizia l'uso trinitario.
Fondamento biblico
La dottrina della pericoresi ha il suo fondamento biblico in Gv 10,30.38 . Gesù afferma: "Io e il Padre siamo una cosa sola. [..] Io sono nel Padre e il Padre è in me" (cfr. anche Gv 14,9-11; 17,21 ).
San Paolo giunge ad affermare qualcosa di simile dello Spirito Santo, che "scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio" (cfr. 1Cor 2,10-11 ).
Nella Tradizione
La dottrina espressa dal termine
Il termine pericóresis compare per la prima volta in San Gregorio Nazianzeno († 390), ma in relazione al rapporto delle due nature in Cristo[1], ma il concetto che sta alla base della pericoresi trinitaria è espresso in maniera sistematica dai Padri della Chiesa.
Ilario († 367) ha espresso con una formula diventata classica il rapporto tra il Padre e il Figlio nel senso di una mutua in-sistenza:
« | Altro dall'Altro ed entrambi un'unica cosa; non entrambi Uno ma Altro nell'Altro perché non c'è nient'altro in entrambi. » | |
(De Trinitate, III, 4, in Corpus Christianorum Series Latina, Turnholt, 1953 ss., vol. 62, 75 s.)
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In lui si trova anche l'affermazione "Dio in Dio, perché Dio da Dio"[2].
Agostino († 430) riprende il pensiero di Ilario nel suo De Trinitate, dove afferma:
« | Nella suprema Trinità una cosa è tanto grande quanto tre cose insieme, e due cose non sono maggiori di una sola. Inoltre sono in se stesse infinite. Così ciascuna di esse è in ciascuna delle altre, tutte sono in ciascuna, ciascuna in tutte, tutte in tutte e tutte sono una cosa sola » | |
Per Agostino la Trinità
« | non viene confusa da alcuna mescolanza, per quanto ciascuno sia nel proprio Sé ed in rapporto agli Altri interamente nell'Altro, che per parte sua rappresenta l'Intero, così che ciascuno è negli altri due e gli altri due in ciascuno, e così è tutto in tutti. » | |
(Ibid., IX, 5[4])
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In relazione invece al rapporto tra le persone della Trinità il termine si trova per la prima volta in San Giovanni Damasceno[5] († 749 ca.): attraverso di esso esprime sia l'unione senza confusione della natura divina e di quella umana in Cristo, sia il rapporto di mutua in-sistenza delle tre divine persone[6]. Per quest'ultima si rifà ai testi giovannei di 10,30.38 (cfr. anche 14,9.11; 17,21). Riprendendo poi alcuni spunti di Ireneo e del Nazianzeno afferma con grande chiarezza:
« | Il rimanere e il risiedere l'una nell'altra delle tre persone significa: esse sono inseparabili e non vanno staccate e hanno tra loro una compenetrazione (pericóresis) senza mescolanza, non in modo che esse si fondano o si mescolino ma in modo che esse si congiungano. Il Figlio è cioè nel Padre e nello Spirito e lo Spirito nel Padre e nel Figlio e il Padre nel Figlio e nello Spirito senza che abbia luogo una fusione o una mescolanza o una confusione. Uno e identico è il movimento, poiché lo slancio e il movimento delle tre persone è unico, ciò che non si può notare nella natura creata. » | |
(De fide orthodoxa, I, 14)
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Il Concilio di Firenze (1439-1442) si richiama a Fulgenzio di Ruspe († 533)[7] per descrivere la pericoresi:
(LA) | (IT) | ||||
« | Propter hanc unitatem Pater totus est in Filio, totus in Spiritu Sancto; Filius totus est in Patre, totus in Spiritu Sancto; Spiritus Sanctus totus est in Patre, totus in Filio. » | « | Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio. » | ||
(Bolla di unione dei Copti e degli Etiopi Cantate Domino, conosciuta anche come Decretum pro Iacobitis, DS 1331 )
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Circumsessio e circuminsessio
"Pericoresi" venne tradotto in latino con circumsessio (così San Bonaventura) e, a partire dal XIII secolo, anche con circuminsessio[8] (così in San Tommaso d'Aquino). Il primo termine ha una connotazione più dinamica, il secondo una connotazione più statica.
I due termini latini esprimono la diversità tra impostazione greca e impostazione latina, ovvero fra due diverse correnti presenti nella stessa dottrina trinitaria latina:
- i teologi greci partono dalle ipostasi e intendono la pericoresi come compenetrazione attiva, come il vincolo che unisce la persona;
- i teologi latini, invece, partono in genere dall'unità della sostanza e vedono la pericoresi più come un'interconnessione fondata sull'unica sostanza; la pericoresi non è più il moto, ma la quiete in Dio.
Tommaso cerca una sintesi e fonda la pericoresi sia sull'unità sostanziale, sia sulle relazioni e sui rapporti originari tra le persone[9].
Rilevanza
L'importanza della dottrina della pericoresi è di ordine sia pastorale che speculativo:
- dal punto di vista speculativo, la dottrina della pericoresi esclude qualsiasi forma di triteismo e di modalismo, dal momento che le tre persone sono "inconfuse e indivise"[10];
- dal punto di vista pastorale, perché l'unità trinitaria espressa dalla pericoresi fonda un modello di unità che modella i rapporti tra Cristo e gli uomini (Gv 14,20; 17,23 ) e fra gli uomini tra loro (Gv 17,21 ).
Walter Kasper giunge a dire che in forza della pericoresi, "nell'unità, come risulta motivata in Gesù Cristo, l'unità e l'autonomia crescono non in senso inverso ma diretto. Più cresce l'unità e più cresce l'autonomia, come, viceversa, soltanto attraverso e nell'unità dell'amore è possibile realizzare una vera autonomia"[11].
Note | |||||||
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Bibliografia | |||||||
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Voci correlate | |||||||
Collegamenti esterni | |||||||
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