Piazza San Pietro (Vaticano)
Piazza San Pietro in Vaticano | |
Città del Vaticano, Piazza San Pietro con il colonnato di Gian Lorenzo Bernini e Via della Conciliazione | |
Stato | Città del Vaticano |
---|---|
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Fabbrica di San Pietro in Vaticano |
Telefono | +39 06 69883731 |
Fax | +39 06 69885518 |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Santa Sede |
Oggetto tipo | piazza |
Dedicazione | San Pietro apostolo |
Architetto | Gian Lorenzo Bernini |
Stile architettonico | Rinascimento e barocco |
Inizio della costruzione | 1656 |
Completamento | 1666 |
Coordinate geografiche | |
Italia |
Piazza San Pietro è la piazza antistante la Basilica di San Pietro. Inserita a margine del centro storico di Roma, la piazza si trova nella Città del Vaticano; confina ad est con il rione Borgo ed è raggiungibile dal territorio della Repubblica Italiana da via di Porta Angelica o da via della Conciliazione.
La celebre piazza, notevole esempio di architettura ed urbanista barocca, è dedicata all'omonimo santo ed è luogo di pellegrinaggio quotidiano per migliaia di fedeli cattolici provenienti da tutto il mondo.
Storia
Platea Sancti Petri pre-berniniana
All'inizio del XVI secolo la piazza (platea Sancti Petri) era all'incirca rettangolare, con un dislivello di circa dieci metri tra il Borgo Nuovo e il piede della scalinata che conduceva alla basilica.
Via Recta o via Alessandrina
Papa Alessandro VI per il Giubileo del 1500 fece aprire la prima strada nuova rettilinea di Roma, fra il ponte Sant'Angelo e il portone del Palazzo Vaticano, traversando la platea con una striscia lastricata, inclinata di circa 6 gradi rispetto all'asse dell'antica basilica. Borgo Nuovo crea davanti al grande portale di ingresso ai palazzi una prospettiva di circa 800 metri (il Borgo più l'attraversamento lastricato della platea): si tratta della conferma che Alessandro VI non assegnava alcun ruolo prioritario alla basilica di San Pietro nel quadro della creazione della cittadella pontificia; egli propone invece come riferimento per questa operazione il palazzo, la curia, la residenza del papa.
La Via Recta, o via Alessandrina o via Borgo Nuovo, è dunque il primo rettifilo centrato sul portone di un palazzo, come una lunga passatoia che dall'androne di questo entra nella città. Il prototipo alessandrino nasce nell'ambito di un programma che non è architettonico: non si prevedeva, in quegli anni, di ricostruire né San Pietro, né i Palazzi Vaticani secondo un disegno unitario.
Mentre tutto verrà demolito e ricostruito attorno a quel portale, quell'asse non verrà più cancellato: il portone diventa il Portone di bronzo, e la sua immagine rimane impressa già molto prima di arrivarvi; l'atrio retrostante diventa il lungo corridore del Bernini, allineato in fondo con la Scala regia che conduce alla Sala omonima, da cui si entra nella Sistina da una parte, nell'alloggio del pontefice dall'altra. Si conferma, dunque, come un asse cerimoniale.
Questione della piazza
È solo dal XVII secolo che i papi guardano dal Palazzo del Quirinale a San Pietro in una prospettiva – formale e ideologica – ben diversa da quella che avevano dal Vaticano; forse solo adesso San Pietro cessa di essere la dilatata cappella del palazzo papale e ritorna ad essere una delle basiliche di Roma.
È in questa situazione che si passa dalle questioni dentro la chiesa, alle questioni fuori dalla chiesa. Il problema è quello di trasformare uno spazio abbastanza indifferenziato, quale era la platea Sancti Petri, in uno spazio direttamente funzionale alla basilica. Mentre si distrugge l'antico quadriportico del Paradiso, si ripropone il problema di soddisfare alle sue funzioni di anticamera di san Pietro, ma più avanti, più all'esterno.
Basilica di San Pietro
La lunga storia dei progetti della piazza rivela lo sforzo per interpretare come fondare una chiesa che, invece, Bramante e Michelangelo Buonarroti avevano concepito e costruito in tutt'altro modo: con la croce greca e la grande cupola essi avevano negato – e distrutto – la lunga croce latina della basilica costantiniana e il suo rapporto con la città. Solo la Chiesa della Controriforma rifiuterà la loro concezione. Tutti i progetti danno per scontato che la piazza debba essere chiusa, anche perché la piazza nasce indipendentemente e dopo gli edifici che ne costituiscono i lati.
Questa è la successione dei principali progettisti: Bramante, Raffaello Sanzio ("Triumvirato" con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo), Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo (con il suo proposito «bisogna tornare a Donato»), Carlo Maderno.
Interventi sulla platea dal Cinquecento
La piazza viene sempre voluta e pensata come chiusa anche per evidente contrapposizione alla precedente platea Sancti Petri, apertissima in ogni direzione; quasi per assicurarsi che questo carattere non venga poi compromesso, si crea contemporaneamente anche un'altra piazza, del tutto aperta.
L'intervento secentesco comprende in realtà tre parti successive: la chiesa allungata; la piazza S. Pietro interna, «chiusa», unitariamente progettata; la piazza Rusticucci esterna, «aperta», vuoto ottenuto senza nessun disegno e «progetto». Papa Pio IV a metà del XVI secolo allarga la piazza sui due lati.
Papa Sisto V fa trasportare davanti alla basilica, circa a metà dell'intervallo fra il piede dell'antica scalinata e l'isolato di fronte, l'antico obelisco egiziano che, dopo essere stato usato come meta nel Circo Neroniano, giaceva abbattuto sul fianco della Basilica.
Quando però, vent'anni dopo, la nuova Fabbrica di San Pietro si erge in fondo alla piazza, l'obelisco risulta spostato di 1,56 metri verso nord rispetto al suo asse, perché l'architetto Domenico Fontana, nel trasportarlo e collocarlo, si era probabilmente riferito alla basilica costantiniana ancora in piedi. Inoltre, se fosse stato collocato sull'asse dell'edificio nuovo, sarebbe risultato quasi a ridosso degli isolati a sud della piazza, la cui demolizione verrà decisa molto più tardi.
Papa Paolo V fa costruire il corpo longitudinale della chiesa, e Maderno realizza la facciata riproponendo in un solo piano il prospetto disegnato da Michelangelo, compreso l'ordine gigante. Per correggere le sue proporzioni inusuali prevede anche di affiancarle due campanili.
Ferrabosco adegua allora l'ingresso ai palazzi vaticani costruendo un nuovo avancorpo monumentale, marcato da una torre, sempre sull'asse della via Alessandrino.
Bernini: la facciata «quatta»
Nella prima metà del XVII secolo anche Bernini prova a delimitare la cupola con due campanili, per dare una presentazione assiale dell'edificio con un accesso di scarsa larghezza e forte profondità, ma il cedimento delle fondamenta gli impedisce di procedere con la costruzione.
Immaginerà poi una diversa soluzione, legata alla risistemazione complessiva della piazza.
Piazza retta
Quando Bernini affronta la sistemazione complessiva dello snodo tra il nuovo san Pietro e la città la soluzione urbanistica è l'unica obbligata, e così ribalta l'asse alessandrino rispetto all'asse della basilica, realizzando davanti alla facciata uno spazio a trapezio. Può essere avanzata anche l'ipotesi di un riferimento extra-biblico all'Ariel ("leone di Dio", perché il leone viene schematizzato con un trapezio per via delle maggiori dimensioni delle spalle), un cortile trapezoidale del Tempio di Salomone (Re e Sacerdote, come il Papa).
Le due ali rettilinee devono però essere svincolate dalla scalinata centrale, essendo il pavimento della nuova basilica 3,2 metri più alto di quello antico, per la decisione presa di realizzare le «grotte».
Nella vistosa inclinazione dei "corridori" Bernini rinuncia alla soluzione cinquecentesca di lasciare un ordine retto, inserendo sotto la base e tra capitello e trabeazione dei 'cunei' triangolari, e usa invece un'"architettura obliqua". Ciò contravviene a quanto sosteneva Vitruvio riguardo l'architettura come specchio della realtà.
La cornice dei tratti porticati finisce esattamente alla quota di quella dell'ordine basso inserito da Maderno nell'ordine gigante michelangiolesco. Si ha così l'impressione di un unico partito architettonico che circonda l'invaso.
Dovendo però accettare l'obelisco come centro della nuova piazza, Bernini ha dovuto ruotare l'asse maggiore dell'ovale per renderlo parallelo alla facciata, imprimendo così una sensibile deformazione alla parte trapezoidale.
La divergenza fra le ali fa sembrare più vicina la parete di fondo e al contempo cerca di mediare la necessità di far predominare nella piazza l'asse della basilica (sottolineato dall'obelisco) e nella città l'asse della via Alessandrina, centrata sul portone di bronzo.
Asse architettonico e quello urbanistico
Quello che nella città è l'asse principale, nella piazza diventa l'asse secondario, tanto che si prevede anche la demolizione della torre di Ferrabosco.
Bernini per la prima volta nella storia impone alla piazza l'asse della basilica; ma vi conserva dentro l'asse ormai plurisecolare del Borgo Nuovo, anche se completamente nascosto. Non lo evidenzia in alcun modo né il disegno della pavimentazione, né alcuna eminenza scultorea; ma è vero che nulla lo interrompe, e la fontana nell'esedra settentrionale della piazza è tangente all'angolo esterno di questo percorso, proprio per non intercettarlo.
Piazza ovale
Il problema del raccordo tra il trapezio e il tessuto circostante viene dapprima risolto con un «parallelogramma», i cui bordi sono edifici porticati che rispondano ai presupposti economici e funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di san Pietro.
Il portico riportava simbolicamente alla tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini.
Ma papa Alessandro VII interviene introducendo l'idea del portico libero e cancella i possibili rientri finanziari, permettendo così a Bernini di ripensare il progetto; nel farlo egli dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, fino ad attribuire le scelte decisive al pontefice e allo Spirito Santo.
Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione di dimostrare così la netta insufficienza della proposta.
Con le demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambierà radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di S. Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi metà. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E diventò probabilmente anche più romano.
Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e inconsueto nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche. L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta delle sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gli'Heretici per riunirli alla Chiesa, e gli Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del suo intervento ancor oggi comunemente riconosciuta e accettata.
La piazza ovale doveva però essere ricavata in un pendio, su cui l'obelisco era già ricavato ad una quota non modificabile.
Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da elementi uguali, è deformata a parallelogramma da pavimento a soffitto.
La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinità. In più l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di benedirli.
E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti): quando è piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.
Altri particolari:
- il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi dell'emiciclo settentrionale;
- la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale dello stesso Palazzo Nuovo.[1]
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearità dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi).
La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante singole colonne trionfali – rappresenta la ecclesia triunphans in relazione alla ecclesia militans cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture – realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza – sono esattamente la metà di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Gesù di mano berniniana (la cui croce è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante).
Le dimensioni: 198 X 148 metri.
Piazza Rusticucci
L'ingente e complessa manomissione della forma urbana, dovuta alla demolizione dell'ultimo isolato tra la via Alessandrina e Borgo Vecchio – interrompendone la continuità – è messa a frutto in scala architettonica.
La parte occidentale è il recapito dell'asse urbanistico e il luogo del suo raccordo con l'asse architettonico, che si ferma, non potendo prolungarsi nella dimensione urbana.
Il contributo di piazza Rusticucci alla riuscita dell'insieme era determinante: non solo creava la distanza prospettica necessaria per ritrovare la cupola al di sopra della facciata, ma permetteva di vedere anche la piazza e il portico, di cogliere questo spazio-catino anteposto e strettamente congiunto al resto. La piazza è molto decentrata rispetto a San Pietro, ma dalla parte giusta, cioè verso il portone di bronzo.
Dopo lo sventramento piacentiniano è stata sostituita dalla simmetrica piazza Pio XII, termine di Via della Conciliazione.
Colonne
Realizzandosi un quadriportico, aumentavano le difficoltà per l'allineamento delle colonne[2].
« | Anche le basi devono essere deformate sull'arco di cerchio, così come i capitelli (che nello ionico e nel corinzio avrebbero dato un risultato anche apprezzabile in disegno, ma deformato nella realtà). Si sceglie perciò il dorico, che è anche forza. Il problema delle metope e dei triglifi viene superato impipandosene di Vitruvio e usando il Vignola, cioè non usandole proprio. » |
L'ordine dorico viene considerato un ordine «petroso, eroico» (vedi il martyrium del Tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, del Bramante: era fin dal XVI secolo il più importante edificio romano dedicato a san Pietro). In realtà il grande ordine continuo della piazza è dorico nei sostegni verticali – colonne, pilastri e lesene – e più o meno ionico (privo di triglifi) nella trabeazione: così del resto era usato spesso per marcare volumi curvilinei, com'è – per esempio – la trabeazione del primo piano del Colosseo. Relativamente basso ed estremamente austero, il dorico forniva un contrasto semplice e poco attraente ("contrapposto" era la parola di Bernini), che avrebbe ingrandito l'altezza della facciata e aumentato la magnificenza dell'ordine corinzio della facciata.
La giacitura curva implica però l'espediente di aumentare gradualmente il diametro delle colonne dalla prima alla quarta fila per compensare l'aumento dell'intercolumnio. Ciò comporta che le proporzioni delle slanciate colonne e degli intercolumni sul lato interno della piazza sono vicine a quelle del corinzio, mentre all'esterno – più massicce – sono compatibili col dorico; lo scarto proporzionale sarebbe risultato evidente soprattutto nei triglifi, che vengono soppressi anche per questo motivo.
«Terzo braccio»
Un tema controverso (e delicatissimo) è la saldatura fra il nuovo scenario aulico e il paesaggio urbano preesistente. Bernini ipotizza allora un «terzo braccio» centrale del colonnato, distanziato dai laterali quanto basta per non invadere il canale visivo fra Borgo Nuovo e il portone di bronzo.
Prima segue la forma ovata della piazza (rendendone più netta la percezione), poi approda a una versione rettilinea, che più tardi vorrebbe anche arretrare verso il borgo. Ma la Congregazione, pur decidendo l'abbattimento dell'ultimo isolato di Borgo Nuovo, rimanda al futuro ogni spesa edilizia. Poco dopo, con la morte di Alessandro VII, tramonta l'eventualità di queste aggiunte. La mediazione tra la scala del monumento bramantesco e la scala minuta della città moderna non viene più separata nettamente da altri corpi edilizi.
Lo scenario della piazza è presentato obliquamente anche nella maggior parte delle incisioni e delle fotografie antiche. È questa coscienza connaturata con la città che ha scongiurato per lungo tempo l'esecuzione dei tanti progetti per la demolizione della «spina»; ancora nel 1882 il consiglio comunale di Roma delibera di sospendere, per questa parte, l'esecuzione del piano regolatore del 1881 «anche per ragioni di estetica, essendo a dubitarsi che quella demolizione possa nuocere all'effetto della piazza di san Pietro»[3].
Risoluzione dei problemi
«L'abilità dell'Architetto si conosce principalmente in convertir i difetti del luogo in bellezza».[4] Bernini impostò il suo progetto su tutti i vincoli che i secoli precedenti – e i papi e gli architetti – gli avevano trasmesso e imposto. Solo a San Pietro ha modo di lavorare abbastanza a lungo, in fasi successive e correggendo se stesso, su un unico contesto. Riesce così a riordinare un intero pezzo di città. Ci sono anomalie, simmetrie soltanto apparenti, soluzioni insolite, accomodamenti dissimulati e bruschi raccordi francamente accettati, adattamenti ai vincoli imposti dagli elementi preesistenti e artifici per mascherare la loro irregolarità.
Bernini non considera le proporzioni un valore assoluto ma una variabile dipendente da un più ampio contesto.
Facciata del Maderno
Il prospetto troppo sviluppato in orizzontale, basso e largo, non poteva essere rialzato senza danneggiare ulteriormente la visuale della cupola.
Definita da Bernini una facciata «quatta», priva di ogni apprezzabile articolazione in profondità, fu modificata in senso tanto estetico quanto funzionale. La scalinata che davanti alla chiesa, larga quanto l'intera facciata, viene limitata solo alla parte centrale; davanti alle due appendici, costruite come basi dei due campanili, Bernini demolisce la gradinata preesistente, scava il terreno sottostante e abbassa il nuovo piano di calpestio fino a dove lo consentono le fondazioni delle due appendici, avvicinandolo per quanto possibile al livello del piano su cui poggia la base dell'obelisco. Sulla facciata, nella parte rimasta scoperta al di sotto dell'ordine, replica la stessa zoccolatura che c'era già nelle parti absidali della chiesa. In questo modo la nuova scala sembra qualcosa di aggiunto, di anteposto, migliorando le proporzioni del prospetto.
Non solo: ai lati della nuova scalinata è possibile realizzare due passaggi percorribili anche dalle carrozze e l'originale dislivello tra i piani di spiccato della facciata e dell'obelisco si è ridotto a solo sei metri (che con i 200 metri di distanza dall'obelisco fa una pendenza del 3%, e dunque pavimentazione continua senza gradonature e corretta raccolta delle acque piovane).
Via della Conciliazione (1936–1950)
Bisognava arrivare al 1936 perché due spensierati progetti distruggessero, senza neppure accorgersi, un equilibrio tanto a lungo elaborato, occludendo addirittura l'asse del portone di bronzo e puntando sulla piazza l'asse di uno stradone.
«Dal 1960 a oggi le passività dell'operazione restano in tutta evidenza, ma sembrano controbilanciate da una rassegnazione storicista, che riconosce a tutti i fatti compiuti un diritto di esistere, anzi si sforza di riconoscere pregi "artistici" o "testimoniali" a ogni parte della città sufficientemente stagionata»[5].
Lo sventramento piacentiniano era parte di una prassi collettiva già culturalmente declassata e battezzata da Pagano nel 1940 «l'internazionale dei pompieri».
Il proposito generico di "fare largo" alle spalle del «terzo braccio» berniniano trova credito nella letteratura fino al XX secolo, facendo sopravvivere la voce che Bernini stesso avesse pensato ad una strada assiale alle spalle del «terzo braccio».
L'intervento di Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli fu eseguito dal 1936 al 1950 e portò alla demolizione di palazzi e chiese del Borgo opera – tra gli altri – di Bramante, Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane, Maderno, Raffaello...
Alla loro distruzione è seguita la ricostruzione con palazzi «armonizzati» a quelli antichi, e in certi casi ribattezzati con gli stessi nomi, reimpiegando alcune finiture ricavate dalle demolizioni. Molte parti decorative (contorni di porte e finestre, stemmi, sculture, colonne, trabeazioni, ecc.) sono immagazzinate nei depositi comunali e al Museo di Roma. Un certo numero di manufatti interi, come le fontane, sono state trasportate in altri luoghi.
Anche la piazza Rusticucci asimmetrica è sostituita da una piazza simmetrica, piazza Pio XII, che ripete senza alcuna ragione la forma e l'orientamento della piazza trapezia davanti alla facciata della basilica, confondendo quel delicato equilibrio trovato in cinquant'anni di lavoro dal Bernini (1629–1679) e declassando così l'intera composizione.
Vita nella piazza
Essa è la piazza più vicina, in un certo senso, al cuore del cattolicesimo; inoltre, il grande colonnato ovale è sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli.
Data la sempre maggiore affluenza, la piazza è diventata (almeno nella bella stagione) la sede abituale di grandi cerimonie liturgiche presiedute dal papa, come le canonizzazioni, il corteo di insediamento dei pontefici neo-eletti, ma anche le esequie del papa, come avvenne nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad una numerosa folla.
È diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00, quando il papa si affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un breve discorso, recita la preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.
La piazza fa parte del territorio vaticano, ma è affidata alla pubblica sicurezza dello Stato Italiano. Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la perenne occupazione abusiva, in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche diverse da quelle religiose.[6] Durante la seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi occupanti Roma ne presidiavano il perimetro, senza potervi entrare. Il 13 maggio 1981, durante un'udienza pubblica, il papa Giovanni Paolo II fu colpito dalla pistola di un attentatore, che fu arrestato dalla polizia italiana.
Note | |
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Bibliografia | |
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