San Lussorio

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San Lussorio o Lussurio martire
Laico · Martire
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Nascita III secolo
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21 agosto 304
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 21 agosto, n. 6:
« A Forolongianus in Sardegna, san Lussorio, martire. »

San Lussorio o Lussurio martire, in latino Luxorius o Luxurius, san Rossore per i pisani[1] (III secolo; † Forum Traiani, 21 agosto 304), è stato un martire latino. Apparitore del praeses della Sardegna Delphius, subì il martirio nella città romana di Forum Traiani, probabilmente durante la quarta persecuzione di Diocleziano, il 21 agosto dell'anno 304. È venerato dalla Chiesa cattolica come martire e santo.

Agiografia

Il testo più attendibile della Passio sancti Luxorii martyris (Codex Sancrucensis 13 cc. 238-239), conservato nell'abbazia cistercense di Heiligenkreuz, in Austria e risalente agli anni immediatamente successivi al 1181, racconta che al tempo degli imperatori romani Diocleziano e Massimiano il paganissimus Luxorius, apparitor del praeses della Sardegna Delphius entrò in possesso delle Sacre Scritture mentre svolgeva la sua attività. Spinto dal desiderio di conoscere i salmi iniziò a sfogliarli e nel leggerli restò talmente colpito nella sua sensibilità da convertirsi al cristianesimo. Cominciò così a pregare, a rinnegare gli idoli e ad applicarsi allo studio del Testo Sacro. Arrestato in seguito a una denuncia e portato in catene davanti al praeses, Lussorio affrontò la disapprovazione del magistrato romano che lo accusava di essere venuto meno alla sua fiducia, di disprezzare gli ordini degli imperatori e di ritenere blasfemi i sacrifici fatti agli dei. Ne scaturì un acceso e polemico confronto anti idolatria, in cui Lussorio replicò con fermezza ad ogni domanda del magistrato, il quale gli prospettò la scelta irrevocabile tra il sacrificio agli dei e la morte. Al suo rifiuto di sacrificare, Delphius ordinò che Lussorio fosse incatenato con pesantissimi ferri e trasferito in carcere.

Alcuni giorni dopo Delphius dispose che Lussorio fosse ricondotto davanti al suo tribunale. Ne sorse una nuova disputa al termine della quale il magistrato, piegato nella dialettica e convinto che neppure i peggiori tormenti fossero in grado di sconfiggerne la resistenza, ordinò la condanna a morte di Lussorio. Le guardie del corpo di Delphius trasferirono Lussorio in territorium fani traianensis, nel territorio di un tempio pagano situato in prossimità della città di Forum Traiani, dove affrontò la morte, mediante decapitazione, dodici giorni prima delle calende di settembre (21 agosto) e dove fu sepolto all'interno di una cripta.

Nel racconto della Passio l'azione giudiziaria è proposta sotto forma di una controversia religiosa, caratteristica del genere letterario agiografico, in cui si assiste al coraggioso tentativo dell'accusato di persuadere il giudice a non perseverare nel suo essere idolatra. Da parte sua il magistrato romano mette in atto tutti i possibili tentativi per non essere costretto ad applicare il decreto imperiale nelle sue estreme conseguenze. Atteggiamento comprensibile, se si tiene conto che fino al momento dell'arresto Lussorio era un suo stretto collaboratore. Subito dopo l'arresto, infatti, Delphius gli si rivolge in tono amichevole: «Ego te summa dilectione habui et cogitavi veram inter primates officii mei tibi honorem dare» cioè gli dice di averlo tenuto in grande predilezione e che pensava veramente di affidare a lui, fra gli eminenti, l'onore della sua carica. Il testo della Passio risponde, almeno in parte, ai canoni dei racconti martiriali tardo antichi piuttosto che alle passio epiche del periodo basso-medioevale. La narrazione è in ogni modo priva di quegli elementi fantastici che distinguono altri racconti agiografici. La lettura che se ne può trarre è che l'autore, pur ricorrendo al repertorio di brani disponibile a favore di quanti volevano esaltare il martirio, ha fatto certamente ricorso a fatti storicamente accertati.

Il culto

L'esistenza storica del martire Lussorio è documentata da una iscrizione latina risalente al VI secolo incisa su una lastra di marmo bianco murata nella parete meridionale della chiesa di san Lussorio, localizzata a circa 1500 metri fuori dall'abitato di Fordongianus, in provincia di Oristano. L'iscrizione è sormontata da una grossa croce greca e le prime quattro righe sono precedute e chiuse da una croce greca più piccola, la quinta riga (datata al VII-IX secolo) è invece preceduta e chiusa da una croce latina. Il testo opportunamente integrato è il seguente: (H)ic effusus est sangu(is) / beatissimi martyris / Luxuri. Celebratur / natale eius XII c(a)l(enda)s S(e)p(tem)b(re)s / renobatu(r) sup temporibus Helia(e) ep(is)c(o)p(i).

Il culto di san Lussorio e la sua diffusione in Sardegna è attestato in periodo alto-medioevale da una lettera inviata nel luglio del 599 da papa Gregorio Magno al vescovo di Cagliari Gianuario, nella quale si fa riferimento ad un monasterii sanctorum Gavini atque Luxurii, probabilmente esistente al tempo nella città di Cagliari. Gli elementi fondamentali del martirio sono inoltre contenuti nel Martyrologium Hieronimianum, che risale nella sua originaria formulazione alla prima metà del V secolo[2].

Reliquie

Il Catalogo rodobaldino, redatto nel 1236 per disposizione del vescovo di Pavia Rodobaldo, riporta che nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro si conservano i corpora sanctorum Ceselli et Camerini fratrum et martirum et corpus sancti Luxorinj martiris. Lo storico Giacomo Gualla[3] riferisce che furono trasferite dalla Sardegna a Pavia nel 722 insieme a quelle di sant'Agostino ad opera del re longobardo Liutprando[4].

Un'altra tradizione vuole che le reliquie siano conservate a Pisa, trasportate nel 1088 dalla Sardegna alla loro cattedrale, dov'è chiamato san Rossore, nome derivato dalla corruzione nel nome Luxorius in Ruxorius. In attesa di una definiva collocazione, le reliquie furono deposte in una chiesetta posta di fronte al mare nella selva del Tombolo, non lontano da Pisa, che il vescovo Gerardo diede in dono nel 1085 ai monaci benedettini con l'annesso monastero e la vicina chiesa di San Torpete; donazione confermata nel 1093 dal vescovo Daimberto. Giuseppe Sainati[5] racconta che, durante il restauro dell'arcivescovado di Pisa del 1796, fu ritrovata un' arca di marmo che conteneva delle ossa e tre lamine di piombo con delle iscrizioni[6] È comunque possibile che una parte delle reliquie del Martire siano conservate in queste due città, è invece certo che la supposta sepoltura di Lussorio, identificata dagli archeologi nella cripta della chiesa a lui intitolata, a Fordongianus, è vuota.

Il culto di S. Lussorio si diffuse anche nel resto della Toscana e nel 1422 i frati Umiliati di Firenze ottennero di trasferire le reliquie da Pisa in questa città, dove furono conservate nella chiesa di Ognissanti. Nel 1427 questi frati si rivolsero a Donatello perché plasmasse con il bronzo un busto del Santo da utilizzare come reliquiario per la testa di san Lussorio. Lo scultore modellò un bellissimo busto di bronzo dorato, alto circa mezzo metro, (oggi conservato a Pisa nel Museo Nazionale di San Matteo) che fu conservato dai frati fiorentini fino alla soppressione dell'Ordine, avvenuta nel 1571.

Note
  1. Il nome "Rossore" deriva dalla corruzione del nome Luxurius o Luxorius in Ruxurius o Ruxorius operata su alcuni manoscritti (il primo è di origine pisana, gli altri due sono copie tardive e interpolate del primo) che ne raccontano il martirio, Passio: Codex Vaticanus Latinus 6453,cc. 81-82, inizio secolo XII; Codex Vaticanus Latinus 6458 cc. 88-91, fine XVI secolo; Liber I Diversorum A dell'Archivio Storico Diocesano di Cagliari, cc. 229-231, risalente ai primi decenni del XVII secolo. Il nome Luxurius o Luxorius trova ampia attestazione nelle sue varianti maschile e femminile in età romana in Sardegna (CIL X, I, 1297; CIL X, I, 1457; ILSard, 363), nella Mauretania Caesariensis (CIL VIII, III, 20793), Prov. Proconsularis (CIL VIII, IV, 26506 = Dougga 124), in Gallia (CIL XIII, III-2, 10021 n. 56) e in modo particolare a Roma nei cimiteri delle vie Ardeatina, Appia, Labicana, Nomentana e Salaria. Un Luxorius, attestato in Africa durante il periodo degli ultimi re vandali, scrisse diversi poemi oggi conservati nel Codex Salmasianus, Parisinus latinus 10318; del nome Ruxurius o Ruxorius non si ha alcuna attestazione nel mondo romano così come del magistrato Dalasius o Delasius indicato in questo gruppo di manoscritti, ma non altrimenti attestato.
  2. Il martirio di san Lussorio è ricordato nei tre principali codici della cosiddetta recensio gallicana del Martirologio Geronimiano:
  3. (Jacobi Gualle, Papie sanctuarium, Pavia 1505, lib. 4, c. 13)
  4. La notizia del trasferimento delle spoglie di sant' Agostino a Pavia è pervenuta da Paolo Diacono, notaio e cancelliere alla corte dei re longobardi Rachis e Astolfo. La Historia langobardorum (unico testo pervenutoci scritto da un longobardo sui longobardi), composta da Paolo quando era già monaco a Montecassino, riporta però significativamente solo la traslazione delle spoglie di S. Agostino: Liutprand quoque audiens, quod Sarraceni depopulata Sardinia, etiam loca illi, ubi ossa sancti Augustini episcopi propter vastationem barbarorum olim traslata, et honorifice fuerant condita, faederant, misit, et dato magno pretio, accepit et transtulit ea in urbem Ticinensem inique cum debito tanto patri honore recondidit (Paulus Diaconus, Historia langobardorum, VI 48, in MGH scriptores, Hannover 1978, p. 234)
  5. Diario sacro pisano, Torino 1898, pp. 138-139)
  6. Narra il Roncioni nel libro III delle sue Istorie pisane, che nel 1088 i nostri antenati traslarono a Pisa i corpi dei ss. Lussorio e Camerino: «...cui i canonici della Primaziale presero per loro patroni insieme con san Cisello. In progresso di tempo, essendosi smarrite queste reliquie, furono ritrovate al 9 marzo dell'anno 1796. Lavoravano i muratori nel palazzo arcivescovile per ridurre a forma migliore le stanze terrene, ove l'arcivescovo conferisce la laurea dottorale, quando alla profondità di sei braccia videro un'arca di marmo, che conteneva delle ossa e tre iscrizioni incise in tre lamine di piombo. Diceva la prima, che ivi era una chiesa (san Giorgio dell'arcivescovado) consacrata nell'anno 1107 dall'arcivescovo Pietro Moriconi; nella qual chiesa erano i corpi dei ss. Lussorio e Camerino e altri santi. Diceva la seconda, che l'arcivescovo Villano nel 1158 depose dette ossa in un'altra urna nuova. Indicava la terza iscrizione, che l'arcivescovo Ubaldo nel 1179 traslò solennemente quelle stesse reliquie da un lato all'altro della chiesa».
Bibliografia
  • Mario Zedda (a cura di), Passio sancti Luxorii martyris, Firenze, 2006;
  • Mario Zedda, Santu Lussùrgiu, su de tres santos sardos in Logosardigna, n. 7, Sassari 2009, pp. 13, 20.
Voci correlate
Collegamenti esterni