Teodosio I il Grande

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Teodosio il Grande
Laico
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battezzato
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Imperatore romano
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Teodosio I il Grande
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 48 anni
Nascita Cauca
11 gennaio 347
Morte Milano
17 gennaio 395
Sepoltura Chiesa dei Santi Apostoli, Costantinopoli
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Proclamazioni
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Eventi
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Altre ricorrenze
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Imperatore romano
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In carica 19 gennaio 379 –
17 gennaio 395
Incoronazione
Investitura
Predecessore

Valente

Erede
Successore

Onorio in Occidente, Arcadio in Oriente

Nome completo Flavio Teodosio
Trattamento {{{trattamento}}}
Onorificenze
Nome templare {{{nome templare}}}
Nomi postumi
Altri titoli
Casa reale {{{casa reale}}}
Dinastia casata di Teodosio
Padre Conte Teodosio
Madre Termanzia
Coniugi

Consorte

Consorte di

Figli
  • da Flaccilla
    • Pulcheria Teodosia
    • Arcadio (imperatore)
    • Onorio (imperatore)
  • da Galla
    • Graziano
    • Galla Placidia
    • Giovanni[1]
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Collegamenti esterni
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Teodosio il Grande (lat. Flavius Teodosius; Cauca, 11 gennaio 347; † Milano, 17 gennaio 395) è stato un imperatore romano, in carica dal 19 gennaio 379 alla sua morte. Fu l'ultimo imperatore a regnare su di un impero unificato e fece del cristianesimo la religione ufficiale dello Stato; per questo fu chiamato Teodosio il Grande dagli scrittori cristiani..

Biografia

Origini e carriera militare

Teodosio nacque l'11 gennaio 347 a Cauca (Spagna) (nella moderna Provincia di Segovia-Castiglia e León), in una famiglia influente e benestante dell'aristocrazia locale. Suo padre era Conte Teodosio (detto "il Vecchio" dagli storici per distinguerlo dal figlio), funzionario imperiale di rango elevato.

Il giovane Teodosio fece la carriera militare, seguendo le orme del padre. Nel 368 Teodosio il Vecchio era in Britannia Romana, dove era stato inviato dall'imperatore Valentiniano I col compito di sopprimere una cospirazione: qui lo raggiunse il figlio Teodosio al comando di truppe scelte.[2] Il successo nell'operazione fece ottenere a Teodosio padre il comando dell'esercito e il figlio restò al suo servizio nel nuovo incarico.[3] Nel 373, dopo una vittoria sui Sarmati, Teodosio il Vecchio fu incaricato di recarsi in Africa a sedare la rivolta dell'usurpatore Firmo e anche in questo caso fu seguito dall'omonimo figlio, il quale, però, non partecipò alla vittoria del padre, nel 374, in quanto quello stesso anno teneva il suo primo comando in Mesia, quello di dux Moesiae, con l'incarico di difendere la provincia dagli attacchi dei Sarmati.

La promettente carriera del futuro imperatore subì uno arresto improvviso dopo la morte dell'imperatore Valentiniano, cui succedettero Graziano e Valentiniano II in Occidente e Valente in Oriente. Nel 375/376 il padre fu accusato di alto tradimento per i fatti legati alla campagna africana: Teodosio il Vecchio fu giustiziato a Cartagine nel 376 e suo figlio perse il proprio incarico, tornando a vita privata nelle sue terre in Spagna; qui sposò la conterranea Elia Flaccilla, da cui ebbe il figlio Arcadio.

Imperatore d'Oriente

Nulla si sa più di lui fino a quando, il 19 gennaio 379, in seguito alla morte dell'imperatore Flavio Valentenella disastrosa Battaglia di Adrianopoli (378) a opera dei Goti, l'imperatore Graziano lo nominò co-imperatore, affidandogli la parte orientale dell'impero.

Rapporti diplomatici con i Goti

Durante il regno di Teodosio le regioni orientali rimasero relativamente tranquille. I Goti, insieme ai loro alleati, si erano insediati stabilmente nei Balcani ed erano motivo di continuo allarme. La tensione crebbe a poco a poco, tanto che, a un certo punto, l'imperatore associato Graziano rinunciò a mantenere il controllo delle province illiriche e si ritirò a Treviri, allora compresa nel territorio della Gallia. Questa manovra aveva lo scopo di consentire a Teodosio di portare avanti senza intralci le successive operazioni militari. Un motivo di grave debolezza degli eserciti romani del tempo era legato alla pratica di arruolare contingenti fra le popolazioni barbare e farli combattere contro altri barbari, loro fratelli. Teodosio fu costretto a mettere un freno a questa pericolosa abitudine, inviando le nuove reclute nel lontano Egitto, con la necessaria e costosa conseguenza di doverle rimpiazzare con leve di più affidabili romani nelle altre province dell'impero. Nonostante ciò si ha notizia di improvvise defezioni di contingenti barbari e dei frequenti rovesci militari che ne furono conseguenza.

Graziano inviò alcuni generali per liberare l'Illiria dai Goti, consentendo a Teodosio di entrare finalmente a Costantinopoli il 24 novembre 380, al termine di una campagna militare durata due anni. Il 3 ottobre 382 fu stipulato con i Goti stessi, o perlomeno con quelli che erano scampati alla guerra, un trattato che li autorizzava a stanziarsi lungo il corso del Danubio, che allora costituiva il confine dell'impero e più precisamente nella diocesi di Tracia e di godervi un'ampia autonomia. In seguito molti di loro avrebbero militato stabilmente nelle legioni romane, altri avrebbero partecipato a singole campagne militari in qualità di federati, altri ancora, riuniti in bande di mercenari, avrebbero continuato a cambiare alleanza, finendo col diventare un motivo di grande e perdurante instabilità politica per tutto l'impero. Negli ultimi anni del regno di Teodosio uno dei capi goti emergenti, Alarico I, partecipò alla campagna che Teodosio condusse nel 394 contro il rivale Flavio Eugenio, per poi rivoltarsi contro Arcadio, figlio di Teodosio e suo successore in Oriente, subito dopo la morte dello stesso Teodosio.

Il Cristianesimo diventa religione di Stato

All'inizio del suo regno Teodosio insieme agli altri due augusti, Graziano e Valentiniano II, promulgò nel 380 l'editto di Tessalonica, con il quale la fede cattolica diveniva la religione unica e obbligatoria dello stato.[4] La nuova legge riconosceva esplicitamente il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria; grande influenza aveva inoltre la Chiesa di Costantinopoli, i responsabili della quale, essendo sotto la diretta giurisdizione dell'imperatore, erano a volte destituiti e reintegrati in base ai voleri imperiali.

Teodosio professava il credo niceno che si contrapponeva all'arianesimo: solo due giorni dopo essere giunto a Costantinopoli (il 24 novembre 380), Teodosio, con un atto che non mancò di produrre una violenta reazione, espulse dalla città il vescovo ariano Demofilo di Costantinopoli, affidando la conduzione delle chiese cittadine a Gregorio di Nazianzo, il patriarca della piccola comunità locale che praticava il credo niceno. Teodosio era appena stato battezzato dal vescovo Acolio di Tessalonica, mentre era gravemente ammalato, come era usanza nei primi tempi del Cristianesimo.

Teodosio convocò inoltre nel 381 il primo concilio di Costantinopoli per condannare le eresie che si opponevano al credo niceno; durante questo concilio venne elaborato il simbolo niceno-costantinopolitano (una estensione del primo credo niceno).

Nel 383 il giorno di riposo, il dies solis, rinominato dies dominicus divenne obbligatorio:[5]

« Idem aaa. ad Principium praefectum praetorio. Solis die, quem dominicum rite dixere maiores, omnium omnino litium et negotiorum quiescat intentio; debitum publicum privatumque nullus efflagitet; ne aput ipsos quidem arbitros vel e iudiciis flagitatos vel sponte delectos ulla sit agnitio iurgiorum. Et non modo notabilis, verum etiam sacrilegus iudicetur, qui a sanctae religionis instinctu rituve deflexerit. Proposita III non. nov. Aquileiae Honorio n. p. et Evodio conss. »

Altri provvedimenti nel 381 ribadirono la proibizione di tutti i riti pagani[6] e stabilirono che coloro che da cristiani fossero ritornati alla religione pagana perdessero il diritto di fare testamento legale.[7] Nel 382 si sanciva, tuttavia, la conservazione degli oggetti pagani che avessero valore artistico.[8] Il divieto dei sacrifici e delle pratiche divinatorie a essi collegate venne ribadito nel 385[9].

Guerre civili

Nel 383 Graziano morì assassinato mentre si apprestava a combattere contro Magno Massimo, proclamato imperatore dalle legioni di Britannia. Appena raggiunto il potere, Magno Massimo inviò una ambasciata a Teodosio per proporre un trattato di amicizia che fu accettato, anche se l'imperatore orientale si stava preparando segretamente per la guerra.[10]

Sempre per sviare l'avversario, Teodosio impartì l'ordine di erigere una statua in onore di Magno Massimo ad Alessandria; l'ordine venne eseguito dal prefetto del pretorio Materno Cinegio che era stato inviato in oriente per reprimere gli antichi culti pagani.

Nel 387 Massimo Magno, attraversò le Alpi arrivando a minacciare Milano, sede della prefettura d'Italia retta da Valentiniano II e dalla madre che cercarono rifugio da Teodosio I, il quale ottenne in sposa Galla, sorella di Valentiniano.

Teodosio mosse guerra a Magno Massimo, che fu sconfitto a Sciscia (oggi Sisech), nella battaglia della Sava, a Petovio (allora in Pannonia, odierna Ptuj in Slovenia) e definitivamente ad Aquileia nel 388.

Valentiniano II sotto l'influenza di Teodosio lasciò l'arianesimo e aderì alla fede cattolica professata dal Concilio di Nicea.

Ambrogio e Teodosio

Nel giugno 390 la popolazione di Tessalonica (l'odierna Salonicco) si ribellò e impiccò il magister militum dell'Illirico e governatore della città Buterico, reo di aver arrestato un famoso auriga e di non aver permesso i giochi annuali. Teodosio ordinò una rappresaglia; venne organizzata una gara di bighe nel grande circo della città a pochi giorni dai fatti, e, chiusi gli accessi, vennero trucidate circa 7000 persone. Giunta la notizia a Milano, Ambrogio, vescovo cattolico di Milano, scrisse a Teodosio una lettera sdegnata[11] e lo costrinse a mesi di penitenza e a una richiesta pubblica di perdono che venne infine concessa nel Natale del 390.

Provvedimenti contro il culto pagano

Dopo l'episodio della ribellione di Tessalonica e della strage fatta perpetrare contro i cittadini ribelli da Teodosio e la successiva penitenza che gli fu imposta da Ambrogio, la politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392 furono emanati una serie di decreti (noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica: venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto pagano[12]; furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al paganesimo[13] e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte[14].

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Decreti teodosiani

I templi pagani furono oggetto di sistematica distruzione: si veda, per esempio, la distruzione del tempio di Giove ad Apamea, a cui collaborò il prefetto del pretorio per l'oriente, Materno Cinegio[15].

L'inasprimento della legislazione con i "decreti teodosiani" provocò delle resistenze da parte dei pagani. Ad Alessandria d'Egitto il vescovo Teofilo ottenne il permesso imperiale di trasformare in chiesa un tempio di Dioniso, provocando una ribellione dei pagani, che si asserragliarono nel Serapeo e compiendo violenze contro i cristiani. Quando la rivolta fu domata il tempio fu distrutto (391).

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Serapeo

Imperatore unico

Dopo il 392, a seguito della morte dell'imperatore Valentiniano II, Teodosio governò come imperatore unico, sconfiggendo l'usurpatore Flavio Eugenio nella Battaglia del Frigido, del 6 settembre 394. La guerra scatenata da Eugenio, i cui eserciti marciavano al grido di Ercole invincibile, rappresentò l'ultimo tentativo di restaurare, almeno in una parte dell'impero, gli antichi culti religiosi ormai messi in discussione dall'avanzata del Cristianesimo.

Nell'inverno del 394 Teodosio si ammalò di idropisia e dopo pochi mesi (il 17 gennaio 395) morì, lasciando il generale Stilicone come protettore dei figli Arcadio e Onorio. In realtà a fungere da protettore di Arcadio fu, fino al momento della sua morte, il Prefetto del Pretorio d'Oriente Flavio Rufino, sostituito successivamente da Eutropio.

Il 27 febbraio 395 si tennero i solenni funerali di Teodosio celebrati da Ambrogio, che pronunciò il De Obitu Theodosii.

L'8 novembre 395 la salma di Teodosio venne tumulata nella basilica degli Apostoli di Costantinopoli. Vi rimarrà fino al saccheggio della città del 1204.

Predecessore: Imperatore romano Successore: LupaCapitolina.png
Valente 379 - 395 Onorio in Occidente
Arcadio in Oriente
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Valente {{{data}}} Onorio in Occidente
Arcadio in Oriente
Note
  1. Stefan Rebenich, "Gratian, a Son of Theodosius, and the Birth of Galla Placidia", Historia 34 (1985), pp. 372-85.
  2. Ammiano Marcellino, xxvii 8 3.
  3. Leppin, pp. 29-30.
  4. Codex Theodosianus, 16, 1.2
  5. Codex Theodosianus, 11.7.13.
  6. Codex Theodosianus, 16, 10.7
  7. Codex Theodosianus, 16, 7.1; ribadito nel 383 (Codex Theodosianus, 16, 7.2).
  8. Codex Theodosianus, 16, 10.8
  9. Codex Theodosianus, 16, 10.9
  10. Zosimo.
  11. Epistola 51
  12. Codex Theodosianus, 16.10.10
  13. Codex Theodosianus, 16.7.4
  14. Codex Theodosianus, 16.10.12.1
  15. Teodoreto di Cirro, Historia Ecclesiastica, 5, 21. Di tali distruzioni si lamentò il retore greco Libanio nella sua orazione all'imperatore Teodosio ("Pro templis" (en).
Bibliografia
  • Charles Diehl, La civiltà bizantina, 1962, Garzanti, Milano.
  • Hartmut Leppin, Teodosio il Grande, Salerno editrice, 2008, ISBN 978-88-8402-609-5.
Voci correlate
Collegamenti esterni