Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale (Amandola)

Da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica.
100%Decrease text sizeStandard text sizeIncrease text size
Share/Save/Bookmark
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale
Amandola Abb.SS.Ruffino+Vitale complesso.jpg
Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale,
complesso monastico
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Marche
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Marche
Provincia Fermo
Comune Amandola
Diocesi Fermo
Religione Cattolica
Indirizzo Contrada S. Ruffino, 5
63857 Amandola (FM)
Telefono +39 0736 847406
Posta elettronica staff@abbaziasanruffino.it
Sito web Sito ufficiale
Oggetto tipo Abbazia
Oggetto qualificazione benedettina
Dedicazione San Ruffino di Amandola
San Vitale martire
Sigla Ordine qualificante O.S.B.
Sigla Ordine reggente O.S.B.
Fondatore Vescovo di Fermo, nobili di Smerillo e Monte Passillo
Data fondazione XI secolo
Stile architettonico Romanico e gotico
Inizio della costruzione XI secolo
Altitudine 362 m s.l.m.
Coordinate geografiche
43°00′28″N 13°24′12″E / 43.0076762, 13.4031975 Coat of arms of Marche.svg Marche
Mappa di localizzazione New: Marche
Abbazia dei SS. Ruffino e Vitale
Abbazia dei SS. Ruffino e Vitale
Amandola
Amandola
Fermo
Fermo

L'Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale è un complesso monumentale che ospitò un monastero benedettino e che sorge nel territorio di Amandola (Fermo), comune situato nell'area dei Monti Sibillini, lungo la fertile vallata del fiume Tenna.

Storia

La fondazione dell'abbazia si pensa che sia contemporanea a quella di Sant'Anastasio sorta nella seconda metà dell'XI secolo;[1] infatti, ambedue insistono in una medesima area territoriale, dimostrando come la penetrazione benedettina oltre ad essere estremamente capillare, fosse particolarmente consistente.

Nei primi documenti il monastero veniva indicata con il solo nome di San Vitale al quale si aggiunse quello di San Ruffino, dopo la traslazione delle spoglie del martire, all'inizio del XIV secolo, radicando così il suo culto nel territorio amandolese.[2]

Il cenobio fu costruito per volontà del vescovo di Fermo e dei nobili di Smerillo e Monte Passillo con il fine di attuare localmente la riforma monastica sostenuta da san Romualdo (952 - 1027), promotore della Congregazione camaldolese e san Pier Damiani (1007 - 1072), teologo e vescovo italiano.

Notevole era il prestigio dell'abbazia benedettina nel territorio in cui spesso fecero sosta gli esponenti della famiglia Da Varano. L'abbazia, retta da un abate coadivuto da cinque monaci, ebbe giurisdizione fino al 1274 su alcuni castelli, che in quell'anno dovette cedere al Comune di Amandola, e su diverse chiese dei dintorni, finché nel 1495 venne data in commenda.

Dopo il terremoto del 1997, che l'aveva gravemente danneggiato, il complesso è stato recentemente sottoposto ad un radicale intervento di restauro, che ha riguardato sia il consolidamento statico che la struttura architettonica.

Descrizione

L'impianto originario del complesso monastico, databile tra l'XI e XII secolo, che è ancora oggi perfettamente riconoscibile, edificato su un sito di preesistenze romane, è recinto da un alto muro di mattoni ed è composto dal corpo massiccio della chiesa e dal monastero, addossato al suo lato meridionale.

Chiesa

Esterno

La facciata, a salienti, rimaneggiata, è aperta da un portale (completamente rifatto nei restauri del 1968-1969) ai cui lati sono ricavate due grandi monofore, mentre la finestra rettangolare sovrastante è stata realizzata nel XVIII secolo in sostituzione del rosone originario. Dal retro della chiesa si può osservare l'abside centrale scandita da lesene e chiusa in alto da una cornice, composta da due fasce a denti di sega e sostenuta da beccatelli, e due absidi laterali di cui, quella di sinistra, completa, mentre l'altra solo accennata.

Sul lato sinistro della chiesa è impostato il possente e basso campanile quadrangolare, costruito alla fine del XIII secolo e ristrutturato nel 1429, aperto sulla sommità da quattro grandi bifore divise da colonnine ottagonali in cotto: originariamente doveva avere anche una funzione protettiva, scelta che si riscontra anche in altri complessi monastici marchigiani.

Interno

Abbazia dei Santi Ruffino e Vitale, chiesa (interno)

L'austero interno, in pietra arenaria, orientato (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta una pianta basilicale con presbiterio, rialzato sopra la cripta, e con tre navate (solo la mediana e la sinistra sono absidate), suddivise da pilastri, con copertura a capriate.

Sulle pareti della scalinata d'accesso al presbiterio, si conservano interessanti dipinti murali, ad affresco, di ambito marchigiano, raffiguranti:

Cripta

Alla cripta, si accede attraverso due aperture poste ai lati della scala che porta al presbiterio: l'ambiente è ripartito in cinque navate (solo tre delle quali absidate) da colonne con capitelli a tronco di piramide rovesciato smussati agli angoli con semplici decorazioni a foglia; piccole aperture a doppio strombo consentono una tenue illuminazione di levante enfatizzata nelle prime ore del mattino.

All'interno, dietro l'altare, sono conservate le reliquie di san Ruffino martire.[3]

Ipogeo

Attiguo alla cripta, sotto il piano di calpestio della parte anteriore della chiesa, si trova un ambiente ipogeo che suggerisce l'esistenza di un precedente insediamento risalente al VI secolo sul quale in seguito venne costruita l'abbazia: questo è costituito da una grotta scavata nel'arenaria e un vano absidato con volta a botte.

All'interno si nota un ciclo di dipinti murali, in buona parte abrasi ma ancora ampiamente leggibili, raffiguranti:

Monastero

Il monastero, a destra della chiesa, si articola attorno ad un chiostro quadrangolare, intorno al quale gravitavano gli ambienti destinati alla vita monastica sviluppati su due piani, è oggi stato trasformato in casa colonica e abitazione del parroco.

Note
  1. Il primo documento storico, che riporta notizie riguardanti l'abbazia, è una Chartula Concanbiationis del luglio 1023.
  2. La tradizione popolare (peraltro non riscontrata dalla biografia di alcun santo di nome Ruffino o Rufino) vuole che egli fosse un giovane laico e contadino che miracolosamente, in una sola notte, arò più di cento moggi di terreno (oltre 400 ettari) con grande fatica e beneficio degli altri agricoltori: questa opera colpì fortemente l'immaginazione delle popolazioni rurali del territorio che ancora oggi lo festeggiano il 19 agosto e lo invocano in particolare per la guarigione dell'ernia.
  3. Sotto il sarcofago, che contiene le reliquie di san Ruffino, esiste un foro che, secondo la tradizione popolare, va attraversato carponi per tre volte invocando il martire per la guarigione dell'ernia.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni