Angelo annuncia la resurrezione di Gesù Cristo alle pie donne (Beato Angelico)

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Firenze MuS.Marco B.Angelico Angelo-annuncia-Resurrezione 1438-40ca.jpg

Beato Angelico, Angelo annuncia la resurrezione di Gesù Cristo alle pie donne (1438 - 1440), affresco
Risurrezione di Gesù Cristo e pie donne al sepolcro o Messaggio dell'Angelo
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Firenze
Comune Stemma Firenze
Diocesi Firenze
Ubicazione specifica Museo Nazionale di San Marco, primo piano, dormitorio, cella 8
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Firenze
Luogo di provenienza ubicazione originaria
Oggetto dipinto murale
Soggetto Angelo annuncia la resurrezione di Gesù Cristo alle pie donne con san Domenico in adorazione
Datazione 1438 - 1440
Ambito culturale
ambito fiorentino
Autore Beato Angelico (Guido di Pietro)
Materia e tecnica affresco
Misure h. 192; l. 167.5
Virgolette aperte.png
1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. 2Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. 3Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?». 4Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. 5Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. 7Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto».
Virgolette chiuse.png

L'Angelo annuncia la resurrezione di Gesù Cristo alle pie donne, conosciuto anche come Resurrezione di Gesù Cristo e pie donne al sepolcro o Messaggio dell'Angelo, è un dipinto murale, eseguito tra il 1438 ed il 1440 circa, ad affresco, da Guido di Pietro, detto Beato Angelico (1395 ca. - 1455), ubicato nella cella 8 del dormitorio, al primo piano, nel Convento di San Marco, oggi sede del Museo Nazionale di San Marco di Firenze.

Descrizione

Ambientazione

La scena si svolge all'interno di un antro oscuro che accoglie il sepolcro di Gesù, collocato parallelamente all'ingresso: questo è già un luogo di grazia, in cui la regalità del Signore si manifesta in tutta la sua forza vincente.

Soggetto

Nel dipinto murale compaiono:

  • Gesù Cristo risorto appare entro una mandorla di luce sfolgorante, con indosso una veste bianca, la stessa che aveva nella Trasfigurazione. Il Salvatore regge il ramo di palma e il vessillo della vittoria, simboli rispettivamente del martirio e della vittoria sulla morte: la luce che lo circonda sembra appartenere alla sfera soprannaturale poiché non illumina il sepolcro.
  • Angelo, vestito di bianco, è seduto su un angolo del sepolcro con la gamba destra appoggiata su una pedana. Egli, con eloquenti gesti delle mani spiega alle donne l'accaduto, mostrando la tomba vuota ed indicando verso l'alto, dove i discepoli potranno rivedere Gesù.
  • Santa Maria Maddalena, con il volto serio e sgomento, si china a guardare all'interno del sepolcro vuoto, facendosi schermo con la mano destra in un gesto istintivo che può essere letto come incredulità o come estrema commozione, mentre con la sinistra s'appoggia al bordo della tomba, per verificare l'assenza del corpo: Gesù risorto in realtà è alle sue spalle. La donna, quindi sta scrutando un luogo vuoto, che è indizio di un qualcosa di inimmaginabile. La Maddalena, prima ancora di voltarsi e vedere, dall'indizio del sepolcro vuoto, ha iniziato a comprendere. E dopo aver sperimentato la tristezza per la morte del Signore, ora si sente sopraffatta dalla sensazione che qualcosa di inaudito è accaduto. Tiene anche gli occhi chiusi, come per un fremito che la prende rispetto a quello che intuisce: la resurrezione è un fatto che il cuore non riesce quasi a contenere, tant'è vero che al primo incontro, lì nei pressi del sepolcro, la stessa Maddalena esiterà a riconoscere Cristo (Gv 20,11-18 ). Nel gesto della donna che si protegger con la mano, l'Angelico crea uno scorcio di grande intensità emotiva, quasi a voler sottolineare che:[1]
« La novità di Dio è inimmaginabile. [...] perché vicino alla tomba vuota, che rappresenta tutto ciò verso cui noi possiamo andare, c'è l'angelo del Signore, che raddrizza la nostra corsa e ci indirizza verso i luoghi dove il Signore si manifesta. »
  • Tre pie donne presentate con alcune particolarità iconografiche, frutto di un'attenta interpretazione delle Scritture ed in particolare del brano evangelico di Marco che le enumera, indicandole come prime depositarie dell'annuncio della resurrezione: "Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome" (Marco 16,1), le quali giungono al sepolcro dopo aver comprato "oli aromatici" per terminare l'unzione del corpo di Gesù. Secondo, la gran parte degli studiosi, nel dipinto è presente anche Maria Vergine, riconoscibile dalla stella sulla sua testa, forse in memoria di quella del profeta Balaam. Mentre la figura della Maddalena resta autonoma e fuori dal gruppo.
  • in basso, nell'angolo a sinistra, San Domenico di Guzman inginocchiato, umile e prono, in adorazione e contemplazione del mistero che si svolge dinanzi a lui.

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

  • La sobrietà e semplicità dell'opera è sicuramente influenzata dalla destinazione particolare dell'ambiente nel quale è ubicato, dove i frati vivevano una vita fatta di contemplazione, preghiera e meditazione. Ciò porta ad una lettura dell'episodio evangelico più essenziale e quindi più efficace, scevra da distrazioni decorative superflue e adeguata più che mai all'immediatezza narrativa.
  • I corpi dei personaggi sono scolpiti dalla luce cristallina, che dà una forte sensazione, tramite il chiaroscuro, di rilievo plastico. Le fisionomie sono dolci, ma incisive, il panneggio realistico, la collocazione spaziale è solida e ben calibrata.

Notizie storico-critiche

Il Convento di San Marco, appartenuto ai monaci silvestrini, fu affidato nel 1436 ai domenicani di Fiesole da papa Eugenio IV. L'edificio, che era gravemente degradato, venne radicalmente ristrutturato e trasformato dall'architetto fiorentino Bartolomeo Michelozzi (1396 - 1472) a partire dal 1437 su incarico di Cosimo de' Medici (1389 - 1464). I lavori si prolungarono fino al 1452, iniziando dalle celle e proseguendo con la sistemazione del chiostro, della sala capitolare e della biblioteca (1444); veniva intanto ultimata la chiesa, consacrata nel 1443.

La decorazione pittorica fu affidata a Beato Angelico, che ne curò l'esecuzione fra il 1438 e il 1446, parallelamente al progredire dei lavori architettonici di Michelozzo, sino alla partenza per Roma, avvenuta nel 1446 - 1447. Secondo lo storico dell'arte John Pope-Hennessy, il pittore ritornò a dedicarsi alla decorazione del convento anche dopo il ritorno dal soggiorno romano. Si può, quindi, complessivamente stabilire un periodo di attività nell'edificio dal 1438 al 1446-1450.

L'opera, in particolare, fa parte del ciclo di dipinti murali, che decorano le 44 celle del dormitorio al primo piano, affrescate dall'Angelico e dai suoi aiuti, primo fra tutti Benozzo Gozzoli (1420-1497), fra il 1438 ed 1450 e costituiscono uno degli insiemi più celebri e stilisticamente maturi di tutta l'arte del Quattrocento. L'esecuzione dei singoli dipinti (uno per cella) è semplice ed essenziale, poiché questi sono dedicati ai frati secondo quanto si conviene a degli uomini di fede. I soggetti, tratti in gran parte dal Nuovo Testamento, con particolare insistenza sul tema della Passione di Gesù Cristo, costituiscono una sorta di spunto per la preghiera e la meditazione quotidiana.

È difficile stabilire Il grado di autografia dell'opera in esame per le evidenti differenze qualitative nelle varie parti. Per il Pope Hennessy l'esecutore è il cosiddetto "Maestro della cella n. 2" su disegno dell'Angelico. Il Bonsanti propone nella figura dell'angelo il suo intervento diretto, mentre nelle pie donne e nel Cristo quello stesso collaboratore attivo nella Madonna della cella n. 7.

Note
  1. Tratto da Francesco Rossi de Gasperis, È risorto non è qui! Lectio sui vangeli della risurrezione, Editore: Pardes, Bologna 2008, pp. 16-21
Bibliografia
  • Gabriele Bartz, Beato Angelico, col. "Maestri dell'Arte Italiana", Editore Konemann, Colonia 1998, pp. 77, 80 ISBN 9783829045476
  • Giorgio Cricco et. al., Itinerario nell'arte, vol. 2, Editore Zanichelli, Bologna 1999, A. 49 ISBN 9788808079503
  • Guido Cornini, Beato Angelico, col. "Art Dossier", Editore Giunti, Firenze 2000, pp. 27-35 ISBN 9788809016026
  • John Pope-Hennessy, Fra Angelico, Bologna 1974, p. 207
  • Stefano Zuffi, Episodi e personaggi del Vangelo, col. "Dizionari dell'Arte", Editore Mondadori-Electa, Milano 2002, p. 350 ISBN 9788843582594
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 27 marzo 2019 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.