Annunciazione con sant'Emidio (Carlo Crivelli)
Carlo Crivelli, Annunciazione con sant'Emidio (1486), tempera su tavola trasportata su tela | |
Annunciazione con sant'Emidio | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Comune | |
Diocesi | Westminster |
Ubicazione specifica | National Gallery, sala 59 |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Ascoli Piceno |
Luogo di provenienza | Chiesa della Santissima Annunziata |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | San Gabriele arcangelo, affiancato da sant'Emidio, annuncia a Maria la nascita di Gesù |
Datazione | 1486 |
Ambito culturale | ambito veneto |
Autore |
Carlo Crivelli |
Materia e tecnica | tempera su tavola trasportata su tela |
Misure | h. 207 cm; l. 146.7 cm |
Iscrizioni | OPUS CARO/LI CRIVELLI / VENETI; 1486; LIBERTAS / ECCLESIASTICA. |
Stemmi, Punzoni, Marchi | stemmi di papa Sisto IV, di Ascoli Piceno e del vescovo Prospero Cafferelli |
Note opera firmata e datata | |
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L'Annunciazione con sant'Emidio è un dipinto, eseguito nel 1486, ad olio su tela, da Carlo Crivelli (1430 ca. - 1494 ca.), proveniente dalla Chiesa della Santissima Annunziata ad Ascoli Piceno e conservato presso National Gallery di Londra (Gran Bretagna).
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata in una via cittadina (a sinistra) e nell'abitazione della Madonna (a destra):
- La via è affollata da personaggi ispirati alla vita civile di Ascoli dell'epoca: vi si riconoscono personaggi con l'abito da magistrato civile, frati e altri passanti; numerosi sono i dettagli tratti dal mondo quotidiano, come i tappeti stesi al sole, gli alberelli, le gabbiette d'uccellini, le colombe che stazionano su pali che escono da una piccionaia, sullo sfondo del cielo di un azzurro intenso. I piccioni, le lettere, i fogli, rimandano tutti al tema dell'attesa del messaggio papale, come sottolinea il gesto dell'uomo vicino al fulcro prospettico, sotto l'arco, che solleva la tesa all'alto, parandosi dalla luce con la mano, nell'attesa del messaggio fatidico portato da un colombo; tale messaggio arriva poi ed è letto dall'uomo che si affaccia da sopra l'arco, portato dall'uomo vicino alla gabbia.
- La stanza della Madonna è descritta con cura del dettaglio, tra elementi simbolici calati però nella quotidianità, quali il letto accuratamente rifatto, segno di una vita casta e virginale, oppure la straordinaria natura morta d'oggetti sopra la mensola, in cui si vedono una bottiglia di vetro, simbolo di purezza, o una candela accesa, simbolo di fede. Una finestra con grata, contiene un alberello in vaso, allusione all'immancabile hortus conclusus, e premette la comunicazione ideale tra l'angelo e Maria.
Soggetto
Sulla scena del dipinto compaiono:
- Maria Vergine è colta nella quiete domestica, mentre umilmente inginocchiata sta leggendo la Parola di Dio; ella si pone in atteggiamento di devota sottomissione alla volontà divina.
- San Gabriele arcangelo si ferma fuori della casa della Vergine, con il giglio in mano, s'inginocchia devotamente davanti a Maria con uno sguardo concentrato, indicando il "mandante" della sua missione.
- Dio Padre raffigurato come un alone di luce circondato da angeli, attraverso un buco nella parete invia un raggio divino che accompagna il volo della colomba dello Spirito Santo.
- Sant'Emidio, patrono della città marchigiana e primo vescovo, che reca in mano il modello di Ascoli. La presenza del Santo affianco a san Gabriele arcangelo è spiegabile dal fatto che il dipinto fu commissionato per celebrare l'autonomia comunale, concessa dal papa alla città di Ascoli Piceno.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Il dipinto testimonia la piena padronanza da parte dell'artista delle innovazioni rinascimentali. Infatti, Carlo Crivelli caratterizza la sua produzione in termini antichizzanti, in linea con la tradizione veneziana antecedente al Bellini; questo non è dovuto alla mancata conoscenza dei valori pittorici rinascimentali, ma ad una scelta voluta e consapevole dell'artista.
- L'opera è un eloquente saggio d'applicazione delle regole prospettiche, reso ancor più peculiare dalla scelta di un punto di fuga laterale. Infatti, non mancano veri e propri virtuosismi prospettici, presenti in numerose altre opere dell'artista ed ispirate alla cultura figurativa dell'arte padovana, come ad esempio:
- la resa della grata della finestra di Maria Vergine;
- il cetriolo che sporge in primo piano verso lo spettatore, quasi ad invitarlo a raccoglierlo, e della mela, ombreggiata con cura, che si nota lì accanto;
- il vertiginoso scorcio prospettico della via a sinistra, terminante in un arco.
- Il Crivelli disegna la scena in modo articolato con gusto decorativo: infatti, non mancano i consueti frutti simbolici, ricca e dettagliata è la resa dei tessuti, sono minuziosamente descritti i vari uccelli che compaiono nel dipinto, secondo una declinazione quasi tardo-gotica.
- Il pittore curò con grande attenzione la resa dei più disparati materiali, dal legno alla stoffa, dalle lucide gemme della veste e della mitria del vescovo all'opacità della terracotta o del tappeto steso sul bordo della loggia del palazzo di Maria (un edificio elaborato e pienamente rinascimentale[), dove si trova anche un pavone, altro simbolo cristologico d'immortalità. Accanto a questa fedeltà ottica c'è un vero e proprio tripudio decorativo, dato dalla ricchezza di bassorilievi che decorano l'edificio e quelli vicini. Tutto ciò è, inoltre, esaltato dalla luce dorata che pervade l'intera scena. La ricchezza dei dettagli fa sì che, quasi come in un'opera fiamminga, ciascuno di essi abbia quasi una vita indipendente, una spiccata singolarità, sebbene tutto partecipi all'unità formale e sostanziale dell'opera.
Iscrizioni
Nel dipinto è presente un'iscrizione celebrativa, collocata sul bordo inferiore del dipinto ed intervallata da tre stemmi:[1]
« | LIBERTAS ECCLESIASTICA » |
Inoltre, sono presenti altre due iscrizioni, ubicate alla base delle paraste della porta d'ingresso alla casa della Madonna:
- a sinistra:
« | OPUS CARO/LI CRIVELLI / VENETI » |
- a destra:
« | 1486 » |
Stemmi
Nell'opera sono presenti, sul bordo inferiore, intervallati con l'iscrizione celebrativa, tre blasoni:
- al centro, stemma del papa Sisto IV (1471 - 1484);
- a sinistra, stemma di mons. Prospero Cafferelli, vescovo di Ascoli Piceno (1463 - 1500);
- a destra, stemma della città di Ascoli Piceno.
Notizie storico-critiche
Il dipinto fu commissionato per la Chiesa della Santissima Annunziata dell'Ordine dei Frati Minori per commemorare la concessione ad Ascoli Piceno di una maggior autonomia statutaria. Infatti, nel 1390, la città aveva ottenuto, grazie agli "Accordi di Fano" (1357), la Libertas Ecclesiastica, ovvero una particolare condizione d'autonomia amministrativa all'interno dello Stato della Chiesa, ma tale attributo era stato poi revocato. Su probabile iniziativa del cancelliere Grazioso Benincasa furono, quindi, inviati a Roma, da papa Sisto IV, due cittadini per ripristinare tale libertà statutaria. Il pontefice prese tempo, forse sorpreso dalla richiesta, e il 16 febbraio 1482 nominò commissario mons. Silvestro de Labbro, vescovo di Camerino (1479 - 1482), affinché gli riferisse in merito; con una breve del 22 marzo il papa annunciò l'arrivo del commissario in città ("vir prudens et gravis vobisque affactissimus"), ma gli ascolani appena ricevuta la nota, procedendo i tempi e interpretando "ad arte" il testo pontificio, v'intesero un'anticipazione della concessione della Libertas e si abbandonarono all'esultanza: questo avveniva il 25 marzo, festa dell'Annunciazione.
Quando il Vescovo di Camerino giunse ad Ascoli trovò la città in giubilo e i gabellieri papali già allontanati: ne riferì al pontefice, ma questi, impegnato nella guerra contro Ferdinando I di Napoli (1424 – 1494), legato a sua volta alla città, fu costretto ad accettare i fatti compiuti e riuscì solo a pretendere, tramite una lettera del nipote Girolamo Riario (1443 – 1488), che questa versasse alla Camera apostolica la quota annua di tremila ducati.
Per celebrare l'evento la città commissionò almeno due dipinti con l'Annunciazione: uno a Pietro Alemanno nel 1483, conservato nel Museo Civico di Ascoli Piceno e quello a Carlo Crivelli.
Nel 1790, in seguito alle soppressioni napoleoniche, come molte altre opere di Carlo Crivelli, l'Annunciazione fu portata a Milano dove confluì nel 1811 nella collezione della Pinacoteca di Brera, dove venne vista e descritta da Amico Ricci nel 1834, il quale, però, ignorava che già erano state avviate dalla direzione del museo lombardo le pratiche di cessione ed esportazione dell'opera. Infatti, nel 1820 Caravaggio con Gesù Cristo e la samaritana al pozzo, opera rivelatasi poi non l'antiquario Augusto Luigi de Livry otteneva in cambio di un presunto dipinto del autografa del Merisi, ma attribuibile al Battistello, ben cinque dipinti, tra cui uno di Marco Palmezzano, due di Cima da Conegliano, una copia del Correggio e l'Annunciazione di Carlo Crivelli. Tra le attenuanti che si possono annotare a proposito del pessimo affare fatto dai responsabili della Pinacoteca di Brera, c'è quella del cattivo stato di conservazione, che richiese nel 1881 il trasferimento del supporto, dalla tavola alla tela.
L'opera del Crivelli messa, dunque, sul mercato antiquario, approdò in Inghilterra dove, dopo alcuni passaggi per collezioni private, entrò nella raccolta di Lord Taunton che nel 1864 la donò alla National Gallery di Londra.
Galleria fotografica
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Note | |
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