Sant'Abercio di Geropoli

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Sant'Abercio di Geropoli
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Incarichi ricoperti Vescovo di Gerapoli di Frigia
Emblem of the Papacy SE.svg Informazioni sul papato
° vescovo di Roma
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Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa
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Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 22 ottobre
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi Bastone pastorale
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Patrono di
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Incoronazione
Investitura
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Erede
Successore
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 22 ottobre:
« A Gerapoli in Frigia, nell’odierna Turchia, sant’Abercio, vescovo, che, discepolo di Cristo buon pastore, a quanto si narra, fu condotto dalla fede pellegrino per molte regioni, nutrendosi di mistico cibo. »

Sant'Abercio di Geropoli († 167) è stato un Vescovo di nazionalità ignota di Geropoli Hierapolis, in Frigia, nel II secolo. Si suppone che sia il successore di San Papia di Ierapoli.

Dal racconto leggendario della sua Vita, scritta nel IV secolo dall'agiografo bizantino Metafraste, sappiamo che fu un predicatore instancabile ed un taumaturgo; che fu a Roma, in Magna Grecia, Siria,Asia Minore e Mesopotamia; e che morì imprigionato sotto l'imperatore Marco Aurelio.

Gli vengono attribuiti una Epistola a Marco Aurelio citata dal cardinale Cesare Baronio e un Libro di Disciplina (in greco Βίβλος διδασκαλίας).

Il cippo di Abercio

La tradizione sul santo è talmente leggendaria che a lungo si dubitò della sua stessa esistenza. Tuttavia nel 1883 l'archeologo scozzese William Mitchell Ramsay (18511939) scoprì a Geropoli i frammenti di un epitaffio di Abercio che si completano con il testo citato nella Vita. Tale manufatto, detto Cippo di Abercio, è stato indicato dall'archeologo ed epigrafista Giovanni Battista de Rossi come la più importante tra le iscrizioni cristiane.

Il Cippo di Abercio, risalente al tempo di Marco Aurelio (II secolo), è la più antica epigrafe cristiana di contenuto eucaristico. Si tratta infatti dell'inizio e della fine dell'epitaffio del vescovo di Sant'Abercio di Geropoli. L'anno successivo al ritrovamento, Ramsay rinvenne altri due frammenti della parte centrale dell'epitaffio, che venne così interamente confermato.

Il prestigioso reperto fu donato al papa Leone XIII nel 1892, in occasione del suo giubileo. Venne conservato nella Galleria lapidaria del Museo Lateranense di Roma fino al 1963, mentre oggi si trova nel Museo Pio Cristiano.

Il testo di questo epitaffio è uno dei documenti più preziosi per la storia del cristianesimo, poiché ci dà informazioni non solo sull'ambiente cristiano ma anche su aspetti dogmatici e liturgici del II secolo.

L'Iscrizione

L'iscrizione, conservata per circa un terzo, originariamente era incisa in tre registri per un totale di 34 linee. Si è potuta comunque ricostruire quasi completamente grazie all'aiuto di un'epigrafe di un certo Alexandros dall'identico formulario e grazie a numerosi codici manoscritti che hanno tramandato una vita greca di Abercio. L'epigrafe è il testamento spirituale di Abercio, in cui egli riassunse tutta la sua esperienza di fede cristiana attraverso metafore ed espressioni simboliche dense di significato dogmatico.

Il testo del documento è il seguente:

« Cittadino di una eletta città, mi sono fatto questo monumento da vivo per avere qui una degna sepoltura per il mio corpo, io di nome Abercio, discepolo del casto pastore che pasce greggi di pecore per monti e per piani; egli ha grandi occhi che guardano dall'alto dovunque. Egli mi insegnò le scritture degne di fede; egli mi mandò a Roma a contemplare la reggia e vedere una regina dalle vesti e dalle calzature d'oro; io vidi colà un popolo che porta un fulgido sigillo. Visitai anche la pianura della Siria e tutte le sue città e, oltre l'Eufrate, Nisibi e dovunque trovai confratelli..., avendo Paolo con me, e la fede mi guidò dovunque e mi dette per cibo il pesce di fonte grandissimo, puro, che la casta vergine suole prendere e porgere a mangiare ogni giorno ai suoi fedeli amici, avendo un eccellente vino che suole donare col pane. Io Abercio ho fatto scrivere queste cose qui, in mia presenza, avendo settantadue anni. Chiunque comprende quel che dico e pensa come me, preghi per Abercio. Che nessuno ponga un altro nel mio sepolcro, altrimenti pagherà 2000 monete d'oro all'erario dei Romani e 1000 alla mia diletta patria. »

Simbologia

Abercio utilizza un linguaggio criptico e fa riferimento a usi propri della sua epoca; ecco una decifrazione dell'epigrafe:

  • Linee 3-6 - il casto pastore fa evidentemente riferimento alla figura del Buon Pastore, uno dei titoli di Gesù, specialmente nel Vangelo di Giovanni[1];
  • Linee 7-12 - la visione durante il viaggio a Roma rappresenta il centro della Chiesa universale, manifestatosi come una regina vestita d'oro e un popolo, cioè la comunità cristiana, munito dello splendido sigillo battesimale della fede cristiana;
  • Linea 17 - l'apostolo Paolo è il compagno spirituale di Abercio;
  • Linee 18-26 - l'incontro con la Fede porta ad alcune bellissime metafore che indicano l’Eucaristia: il cibo consistente in pesce, cioè il Pesce mistico, nel quale è da riconoscere l'immagine di Cristo sotto forma di acronimo: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr[2] concepito dalla Vergine casta (Maria), la quale lo prende e lo porge ogni giorno avendo (cioè sotto forma di) vino e pane;
  • Linee 31-34 - Abercio invita i fedeli a pregare per lui e, secondo un formulario consueto nell'epigrafia pagana, intima una pena pecuniaria da pagarsi all'erario di Roma e di Gerapoli nel caso di violazione del sepolcro; una multa, 3000 aurei, corrispondente a circa 22 chili d'oro.
Note
  1. Gv 10,11 .
  2. Traslitterazione dal greco, trad. Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore'
Collegamenti esterni