Crocifissione di Gesù Cristo (Renato Guttuso)
Renato Guttuso, Crocifissione di Gesù Cristo (1941), olio su tavola | |
Crocifissione di Gesù Cristo | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma |
Ubicazione specifica | Galleria Nazionale d'Arte Moderna |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Crocifissione di Gesù Cristo |
Datazione | 1941 |
Ambito culturale | |
Gruppo di "Corrente" | |
Autore | Renato Guttuso |
Materia e tecnica | olio su tavola |
Misure | h. 200 cm; l. 200 cm |
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La Crocifissione di Gesù Cristo è un dipinto, eseguito nel 1941, ad olio su tavola, da Renato Guttuso (1911 - 1987), conservato nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.
Descrizione
Soggetto
La scena del dipinto è ambientata sul monte Golgota, dove sono mostrate le tre croci non una di fianco all'altra, ma in diagonale. Nell'opera compaiono:
- Gesù Cristo crocifisso incoronato di spine, con le mani inchiodate ed il volto nascosto dalla croce di uno dei due ladroni del quale possiamo solo immaginarne la smorfia di dolore.
- Due ladroni legati sulle croci con delle corde spesse che sembrano quasi sfilacciate, dolorose e taglienti
- santa Maria Maddalena e le pie donne, ai piedi della croce, hanno pose straziate ed espressioni dolorose, che ricordano la sofferenza delle vedove e delle madri per la perdita dei mariti e dei figli.
- Soldato tiene in una mano un'asta con in cima una spugna imbevuta di aceto e nell'altra delle pietre.
- Soldato a cavallo.
- Cavallo, in primo piano, richiama la medesima figura presente nel dipinto Guernica (1937) di Pablo Picasso e forse anche liberamente ispirato a quello del Trionfo della morte (1446 ca.), conservato nella Galleria Regionale di Palermo.
Sullo sfondo figura il paesaggio di una città che appare bombardata, nel quale si notano:
- alcune case appena accennate e squadrate;
- ponte a schiena d'asino.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- La pennellata presenta il tratto spesso e deciso tipico di Guttuso che unitamente ai colori accesi e dalle tinte pastello danno una forte carica espressiva ai corpi dei personaggi e all'opera stessa. La spigolosità delle figure, seppure tipica del pittore ricorda fortemente quello di Rosso Fiorentino nella Deposizione di Gesù Cristo dalla croce.
- Guttuso, realizza quest'opera durante gli anni della Seconda guerra mondiale ed, attraverso di essa, vuole esprimere il suo punto di vista sui massacri del conflitto, come aveva già fatto Picasso alcuni anni prima con Guernica, questo dipinto viole essere un simbolico atto di denuncia nei confronti della violenza della guerra, che si incarna nelle madri e nelle vedove dei soldati morti o dispersi che si identificano nelle pie donne disperate ai piedi della croce.
- L'opera non lascia indifferente lo spettatore, perché in essa non è rappresentato solo il dramma di Cristo, ma di tutta l'umanità di fronte all'odio ed alla guerra. Il dipinto vuole essere un atto di denuncia nei confronti della violenza. Così, lo stesso Guttuso in un appunto, datato ottobre 1940, descrive la sua opera:
« | Questo è tempo di guerra e di massacri: Abissinia, gas, forche, decapitazioni. Spagna, altrove. Voglio dipingere questo supplizio di Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati, ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere supplizio per le loro idee. » |
- Le abitazioni sullo sfondo sono appena accennate, squadrate secondo lo stile cubista, e per la loro essenzialità di linee possono essere sia le case del tempo di Gesù, sia quelle della quotidianità contemporanea del pittore. Il paesaggio, in quest'opera, non è tanto quello del Golgota, ma presenta le peculiarità ed asperità che ricordano piuttosto i luoghi della memoria di Guttuso. Particolarmente indicativo è, a questo proposito, il ponte che non è tanto un ponte romano, ma il tipico ponte arabo-normanno a gobba d'asino, del quale sono presenti numerose testimonianze in tutta la Sicilia.
Notizie storico-critiche
La Crocifissione, eseguita da Renato Guttuso nel 1941, fu presentata per la prima volta al pubblico nella mostra della quarta edizione del Premio Bergamo, quella del 1942: la più nota e di fatto l'ultima. L'opera si classificò al secondo posto, dopo Famiglia in campagna di Francesco Menzio.
Accoglienza nel mondo cattolico
All'apertura della mostra, contro il dipinto dell'artista siciliano, si levarono dal mondo cattolico varie contestazioni per alcune scelte considerate irrispettose verso l'iconografia sacra tradizionale:
- la nudità integrale di Maria Maddalena e dei carnefici;
- la disposizione delle tre croci;
- il volto nascosto di Gesù Cristo;
- i richiami a Guernica ed i contrasti cromatici.
In particolare si ricorda la netta condanna della curia di Bergamo, datata 12 settembre 1942:
« | D'ordine di S. E. Monsignor Vescovo si dà avviso a tutto il clero della diocesi ed a quello che fosse di passaggio per la nostra città, che è ad esso proibito l'accesso alla mostra del "Premio Bergamo", pena la sospensione a divinis ipso facto incurrenda. » |
Sull'Osservatore Romano contemporaneamente, Celso Costantini così scriveva dell'opera il 24 settembre 1942:
« | È un baccanale orgiastico di figure e di colori. (...) Tutto ciò oltraggia nel modo più crudo e villano la nostra fede. » |
Solo alcuni anni dopo, Guttuso riuscirà a spiegare pubblicamente la ragione delle sue scelte iconografiche affermando:[1]
« | La nudità dei personaggi non voleva avere intenzione di scandalo. Era così perché non riuscivo a vederli, a fissarli in un tempo: né antichi né moderni, un conflitto di tutta una storia che arrivava fino a noi. Mi pareva banale vestirli, come ogni tentativo di recitare Shakespeare in frac, frutto di una visione decadente. Ma, d'altra parte, non volevo soldati vestiti da romani: doveva essere un quadro non un melodramma. Li dipinsi nudi per sottrarli a una collocazione temporale: questa, mi veniva da dire, è una tragedia di oggi, il giusto perseguitato è cosa che soprattutto oggi ci riguarda. Nel fondo del quadro c'è il paesaggio di una città bombardata: il cataclisma che seguì la morte di Cristo era trasposto in città distrutta dalle bombe. » |
Negli anni successivi, inoltre, nel mondo cattolico, rispetto a questo dipinto vi fu una nuovo atteggiamento e considerazione, anticipato soprattutto dall'incontro di papa Paolo VI nel 1973 con il pittore definito da padre David Maria Turoldo:
« | Un narratore biblico, di una Bibbia in fiamme, mai finita, che è la nostra storia. » |
Note | |
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Bibliografia | |
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