Esercizi spirituali nella vita quotidiana
Con la denominazione Esercizi spirituali nella vita quotidiana (EVQ) si intende un adattamento del percorso di preghiera e di discernimento personale che sant'Ignazio di Loyola ha strutturato nel libro degli Esercizi spirituali, un testo che è stato composto in un arco di tempo di circa vent'anni, è stato approvato dalla Santa Sede nel 1548 ed è passato attraverso i cambiamenti culturali dei secoli successivi ricevendo molteplici interpretazioni [1].
Il testo ignaziano e l'esperienza degli EVQ conservano ancora oggi una loro valenza e sono vissuti da migliaia di uomini e di donne ogni anno, sia cattolici sia evangelici, con diverse modalità[2].
Il testo ignaziano
Il testo ignaziano include modalità di esercizi spirituali che tradizionalmente assumono le seguenti denominazioni: gli esercizi «residenziali» e «completi», per indicare il percorso svolto in un luogo appartato e isolato, come ad esempio un monastero, un eremo o una casa di spiritualità, con la guida di un istruttore esperto [20]; gli esercizi «residenziali» e «brevi», per indicare alcuni giorni di ritiro, per lo più dedicati alla prima Settimana del percorso e senza l'esperienza dell'elezione dello stato di vita [18]; gli esercizi «aperti», svolti nella propria casa, tra le proprie occupazioni quotidiane di famiglia e di lavoro; modalità pensata da sant'Ignazio per le persone che non hanno la possibilità di assentarsi dai loro impegni sociali e professionali. Quest'ultima modalità di esercizi, già prevista nell'antico libretto degli Esercizi spirituali di sant'Ignazio [19] e da lui stesso proposta, praticata e incoraggiata, può riguardare sia un percorso di esercizi «brevi», che non includono l'elezione dello stato di vita, sia uno di esercizi «completi», con l'esperienza e le istruzioni per la scelta dello stato di vita.
Il termine «esercizi» va compreso però in modo corretto e in profondità, nell'autenticità del suo significato originario. Con questa espressione si intende un percorso di preghiera personale, in cui è rilevante l'ascolto della propria interiorità e della Parola di Dio che vi risuona, insieme a una serie di istruzioni che aiutano a riconoscere e a comprendere i segni della presenza operante di Dio nella propria vita. L'aggettivo «spirituali» sta a indicare sia la dimensione interiore dell'esercitante, in cui si manifesta l'opera di Dio, sia la terza persona della Ss. Trinità, lo Spirito Santo, che opera nell'esercitante, in chi lo accompagna e nelle vicende della loro storia. Nel testo degli Esercizi spirituali sant'Ignazio descrive gli EVQ nell'Annotazione 19ª, che qui si riporta integralmente nella sua traduzione ufficiale[3]:
« | A chi fosse occupato in cose pubbliche o in affari che non è possibile tralasciare, se è persona istruita o d'ingegno e può dedicare un'ora e mezzo per esercitarsi, dopo avergli spiegato per qual fine l'uomo è creato, gli si può dare ugualmente, per lo spazio di mezz'ora, l'esame particolare e poi anche il generale e il modo di confessarsi e di ricevere il sacramento; faccia per tre giorni ogni mattina, per lo spazio di un'ora, la meditazione del primo, secondo, terzo peccato; poi, per altri tre giorni, alla stessa ora, la meditazione del processo dei peccati; dopo, per altri tre giorni, alla stessa ora, mediti sulle pene che corrispondono ai peccati e gli si diano in tutte e tre le meditazioni le dieci note complementari. Si segua lo stesso criterio per i misteri di Cristo nostro Signore, come più avanti e diffusamente si spiega negli stessi esercizi. » |
Il testo è semplice e chiaro, tuttavia va letto alla luce del paragrafo che lo precede, dove viene esposto l'importante criterio dell'adattamento degli esercizi alle reali possibilità della persona, attraverso il verbo «aplicar»; si dice infatti: «Questi esercizi si devono adattare alle disposizioni delle persone che vogliono fare gli esercizi spirituali, cioè alla loro età, istruzione o intelligenza; affinché a chi è poco colto o debole di fisico non si diano cose che non possa portare agevolmente e dalle quali non possa trarre profitto» [18][4]
Il significato originario
Nell'Annotazione 19ª sant'Ignazio continua l'adattamento dell'itinerario oggettivo degli esercizi alla situazione soggettiva della persona dell'esercitante. Si parla di uno «embarazado en cosas públicas o negocios convenientes, quier letrado o ingenioso», cioè di una persona occupata in cose pubbliche o altre attività, con un certo livello di preparazione culturale e capacità; la parola «convenientes» significa cose moralmente necessarie; ad esempio un medico, un insegnante, chiunque abbia un lavoro e vi sia obbligato, ma anche a una mamma con bambini piccoli o a una donna con malati in casa: sono persone che non possono assentarsi né allontanarsi dalle loro occupazioni. Per tutti sant'Ignazio richiede però alcune qualità: che siano persone di cultura, preparate e di ingegno, cioè sappiano gestirsi bene. Altre persone, per carattere più dispersive o meno preparate, hanno bisogno invece di maggiore isolamento per poter svolgere un percorso che porti loro un buon frutto. Alle persone con le caratteristiche e le qualità esposte si richiede poi che abbiano la disponibilità di tempo necessaria per fare qualche esercizio, «tomando una hora y media para se ejercitar», almeno un'ora e mezza al giorno. La base è quindi un'ora di preghiera personale, svolta prima sugli esercizi della prima Settimana, cioè sui peccati e poi su quelli della seconda, sui misteri della vita di Cristo.
Ma ci si può chiedere: l'ulteriore mezz'ora di cui sant'Ignazio parla a che cos'è dedicata? Al colloquio con la guida? Alla santa Messa? Alla Liturgia delle Ore? Ai diversi esami di coscienza? L'incontro con la guida sembra avvenire ogni tre giorni, in quanto per gli esercizi presentati c'è quel ritmo. Questo punto rimane non chiaro nel testo, anche se nella vita il principio dell'adattamento darà forma al percorso dell'esercitante nelle molteplici possibilità. Tenendo conto del testo spagnolo e della relazione tra il verbo «platicar», presentare, illustrare e l'avverbio «asimismo», allo stesso modo o maniera, si può fare un'ipotesi interpretativa ragionevole. Il testo originale è questo: «platicándole para qué es el hombre criado, se le puede dar asimismo por espacio de media hora el exame particular». Sembra che la mezz'ora sia dedicata alla spiegazione degli esercizi, al «platicar», ma nei giorni in cui l'incontro con la guida non c'è, essendo svolto esso solo ogni tre giorni, il tempo della mezz'ora nei due giorni in cui rimane vuoto potrà essere dedicato all'esame di coscienza o alla messa. Si tratta solo di una interpretazione, perché il testo non è chiaro né ben definito; tale incertezza diventa però un segno delle varie possibilità di adattamento degli esercizi alle necessità reali delle persone. Le diverse modalità in cui si sono strutturati i percorsi degli EVQ nei secoli successivi, sia nel modo personalmente guidato sia nell'itinerario completo, hanno seguito il principio dell'adattamento e possiedono ciascuna una loro ragionevolezza, in relazione alle necessità delle persone e al loro contesto storico.
Gli EVQ nella storia
Cinquecento
Prima della sua morte, quando era a Roma ed era Superiore Generale della Compagnia di Gesù, sant'Ignazio compose alcune note per i gesuiti sull'apostolato degli esercizi, che vennero da lui stesso indicate come un Direttorio per dare gli esercizi[5]. Sono tre testi brevi: il primo chiamato dai suoi editori Direttorio autografo, in quanto scritto di suo pugno; il secondo Direttorio dato a voce, composto con le risposte da lui date alle domande del segretario padre Giovanni Polanco e il terzo Direttorio dettato al padre Vitoria, con alcune sue considerazioni per l'ammissione agli esercizi e per la prima Settimana[6].
Nella prima Congregazione generale della Compagnia di Gesù, convocata nel 1558 per la nomina del successore, più gesuiti avanzarono la richiesta di avere un direttorio più ampio per gli esercizi e quindi fu incaricata per questo una commissione di esperti. Dopo diverse consultazioni, si giunse alla pubblicazione di un Direttorio ufficiale, ma solo nel 1599, sotto il generale Claudio Acquaviva[7].
Nel frattempo erano stati composti vari direttori dai gesuiti, nei quali si trattava anche degli EVQ. In questi direttori si realizzò un progressivo superamento della distinzione ignaziana tra esercizi «interi» e «parziali» e si affermò la possibilità di esercizi «aperti» e «interi», svolti cioè tra le molte occupazioni della vita e con l'elezione dello stato di vita. Non esistono attualmente degli studi storici specifici sugli EVQ, per cui si possono rilevare solo delle loro tracce, sparse e discontinue[8]. Tra i gesuiti che verso la fine Cinquecento promossero questo tipo d'esercizi emerge Giovanni Battista Ceccotti, padre spirituale del Collegio Romano durante il generalato di Claudio Acquaviva; Ceccotti esercitò una grande influenza sui giovani gesuiti, invitandoli a integrare gli esercizi con il loro apostolato e la liturgia. Anche Achille Gagliardi, un noto predicatore di quel tempo, adattava gli esercizi suggerendo ai giovani gesuiti di diluirli lungo la loro vita, attraverso l'ora della preghiera quotidiana. Un promotore degli EVQ fu pure il genovese Antonio Possevino, il quale essendo occupato nella Segreteria generale della Compagnia di Gesù sotto il padre Everardo Mercuriano, fece gli EVQ a Roma con il padre Diego Miró, impiegando ben quarantasette giorni solo negli esercizi della prima Settimana; in seguito divenne un promotore di questo tipo d'esercizi.
Seicento e Settecento
Altre tracce di EVQ sono documentate nella seconda metà del Seicento, soprattutto in Francia, con l'opera di Jean Paul Médaille, Pierre Polla e Jacques Forcaud. Questi gesuiti vengono inseriti dalla storiografia nella categoria dei predicatori, tuttavia guardando in profondità si può vedere che essi non intendevano fare delle missioni e delle predicazioni, ma degli esercizi spirituali, con gli adattamenti suggeriti dalle Annotazioni 18a e 19a. La loro formula prevedeva che il direttore esponesse i punti della meditazione in chiesa o in un altro luogo appropriato, che lì seguisse un tempo di silenzio e di adorazione eucaristica e che poi a casa si continuasse l'orazione e la riflessione personale, accostandosi in seguito alla confessione o a un colloquio col sacerdote. In diversi corsi gli esercitanti raggiungevano alcune centinaia di persone. Questo adattamento suscitò varie perplessità e anche contestazioni tra i gesuiti esperti di esercizi, ma fu approvato dal padre generale Giovanni Paolo Oliva e si diffuse anche tra gli alunni dei collegi e gli studenti universitari; a questi ultimi il primo corso fu dato a Tolosa nel 1673, a 140 studenti di medicina e diritto. La nuova formula è ben documentata per tutto il Seicento e in diversi Paesi. Per il Settecento mancano studi storici accurati; certamente gli EVQ furono dati a Genova nel 1703, alle dame della Città; a Casale Monferrato nel 1718, nella chiesa delle Orsoline, sempre a dame e in molti altri oratori del Piemonte e della Lombardia; certamente anche in altri luoghi e in altri anni, ancora però da documentare. Bisogna ricordare che nel 1773 la Compagnia di Gesù fu soppressa dalla Santa Sede, dopo varie polemiche politiche coi principali Stati europei. Il clima di conflitto e di persecuzione non ha certo favorito la documentazione storica dell'attività degli EVQ. Le problematiche della metà Settecento riguardavano soprattutto le istituzioni scolastiche della Compagnia di Gesù e le proprietà immobiliari che le sostenevano, essendo le scuole dei gesuiti a quel tempo gratuite, oltre ai vari problemi dei territori di missione.
Ottocento
La presenza degli EVQ è ben accertata invece nell'Ottocento, dopo la restaurazione della Compagnia di Gesù nel 1814. L'attività degli esercizi fu promossa e sostenuta dal padre generale Giovanni Roothaan e gli EVQ furono favoriti dall'interpretazione che egli diede dell'Annotazione 19a. È noto che G. Roothaan fu il primo vero cultore del testo degli esercizi; nel 1835 ha curato e pubblicato una nuova versione latina del testo spagnolo detto Autografo, corredandola con ampie note critiche (versione poi da lui rivista nel 1838, nel 1847 e infine nel 1852, sei mesi prima della sua morte). Nella nota all'Annotazione 19a egli commenta la sua variante dalla Vulgata del 1548. L'affermazione del testo ignaziano spagnolo «para se exercitar», riferita alle persone che hanno soltanto un'ora e mezza per gli esercizi, era stata tradotta nella Vulgata «ad sumenda nonnulla Exercitia», cioè per prendere qualche esercizio. Roothaan traduce invece più letterariamente con «Dari Exercitia possunt [...] ad se exercendum», si possono dare esercizi per esercitarsi. La diversa traduzione include una diversità d'interpretazione, per cui gli esercizi che per la Vulgata erano presi «in parte» ora per padre Roothaan sono dati «interi». Nella nota all'annotazione egli spiega che gli EVQ possono essere dati tutti: «Non enim aliqua solum, sed etiam omnia, modo hac in Annotat. exposito, fieri possunt, quod etiam ex sequentibus intelligi datur»; per confermare ricorda l'esempio di padre Antonio Possevino e cita dalla sua autobiografia il passo dove parla dei 47 giorni trascorsi soltanto nella prima Settimana[9].
In tal modo il Superiore Generale G. Roothaan riaffermava, nella restaurata Compagnia di Gesù, la tradizione interpretativa maturata negli antichi direttori e confermava la possibilità di esercizi «aperti» e «interi». Per tutto l'Ottocento e il primo Novecento mancano però studi storici specifici. Per ora si possono segnalare solo gli EVQ a Parigi da padre Armand de Ponlevoy all'ambasciatore spagnolo Donoso Cortés, probabilmente tra il 1851 e il 1864; più tardi e ormai a inizio Novecento, un corso dato a Genova nell'aprile 1921 a professionisti e uno nell'aprile 1922 a Gozzano a giovani operai.
Novecento
Gli EVQ ritornarono in piena luce alla metà del Novecento. Nel clima conciliare di riforma, durante il 1964 si avviò nella Compagnia di Gesù un ripensamento degli esercizi spirituali e nell'agosto 1966, subito dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, si svolse nella Santa Casa di Loyola un Congresso internazionale di specialisti dal titolo Los ejercicios de san Ignacio a la luz del Vaticano II[10]. In quel convegno fu presentata dal gesuita belga Jean-Pierre van Schoote, padre spirituale di studenti gesuiti, la sua esperienza di EVQ, seguita da alcune testimonianze dei partecipanti[11].
Da quel momento gli esercizi spirituali dell'Annotazione 19a richiamarono l'attenzione degli specialisti. Il padre Gilles Cusson, che insegnava allora Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, riconobbe in quell'adattamento degli esercizi un segno dei tempi e avviò un sondaggio a livello internazionale, i cui risultati furono pubblicati nel 1976 dal CIS di Roma[12]. Da quel momento gli EVQ si diffusero rapidamente e per G. Cusson divennero una nuova forma di apostolato e di insegnamento teologico; dalla comunità di Roma, conservando l'insegnamento all'Università Gregoriana, egli ritornò in Canada, dove fondò il Centro di spiritualità Ville Manrèse, dedicato a questo tipo di esercizi[13]. In quegli anni nacquero altri Centri di promozione degli EVQ, in Francia, negli Stati Uniti e in Italia; si crearono delle Associazioni per la loro diffusione e si iniziarono delle riviste specializzate[14].
Nel 1991 un secondo Congresso internazionale sugli esercizi spirituali, svolto ancora nella Santa Casa di Loyola, dal titolo Ejercicios espirituales y mundo de hoy, riconsiderò dopo venticinque anni lo stato d'aggiornamento degli esercizi spirituali e studiò il contributo che essi potevano dare al mondo contemporaneo, portatore di valori ma anche di controvalori[15]. In quel congresso padre G. Cusson non presentò più gli EVQ, perché erano ormai un ministero acquisito e legittimato nella Compagnia di Gesù e nella Chiesa; offrì invece una riflessione sull'esperienza del mistero pasquale che si vive all'interno del percorso degli esercizi[16]. Un'intera sessione del Convegno, la quinta, fu dedicata allo studio dell'integrazione tra gli esercizi e la vita contemporanea, ma non si affrontò più il tema degli EVQ e i problemi connessi alla loro dinamica. Dal 1991 a oggi gli EVQ hanno fatto un lungo cammino, le Associazioni che li promuovono si sono ben consolidate[17] ed essi sono diventati un ministero riconosciuto nella Chiesa e svolto prevalentemente da laici e religiose, con l'assistenza di qualche sacerdote e gesuita.
Le interpretazioni contemporanee
Per illustrare le modalità che il principio ignaziano dell'adattamento espresso dal verbo «aplicar» [19] permette di fare, si presentano qui cinque modelli contemporanei di EVQ, cioè cinque nuove interpretazioni teologiche e metodologiche. Non si intente con questo esaurire i modelli presenti oggi a livello internazionale, perché ogni guida e ogni direttore di esercizi adatta sempre il percorso ignaziano alle necessità delle persone che segue. Si presentano questi cinque modelli di EVQ per offrire una prima panoramica storica e teologica dell'esistente; inoltre, si qualifica ciascun modello con due aggettivi che possono esplicitare immediatamente le sue caratteristiche, almeno secondo l'autore di questo testo.
Si offrono così cinque nostre interpretazioni delle interpretazioni contemporanee degli EVQ, in un processo di continua ermeneutica, in cui l'ispirazione ignaziana originaria manifesta progressivamente la pienezza del suo significato. Questo si evolve e si amplifica proprio con l'adattamento degli esercizi ai tempi, alle mentalità e alle necessità reali delle persone. L'antica e originaria ispirazione ignaziana degli EVQ ha attraversato i secoli e le culture, ma nel corso del Novecento è stata ripresa, riconsiderata e riproposta in modi adatti alle nuove esigenze e alle nuove mentalità.
Gilles Cusson S.I.: un'interpretazione biblico-antropologica
Nella prospettiva elaborata da G. Cusson gli EVQ sono un'esperienza di approfondimento del proprio rapporto personale con Dio, vissuto all'interno della propria esistenza ordinaria, la quale viene compresa progressivamente dall'esercitante come una storia di fede e di salvezza.
I due livelli degli esercizi
Cusson sviluppa le sue riflessioni tenendo conto dei due livelli teologici dell'esperienza degli esercizi: quello «soggettivo», costituito dalla storia, dalla cultura e dalle esigenze della persona che prega e quello «oggettivo», rappresentato dalla Rivelazione cristiana e dall'itinerario strutturato da sant'Ignazio nel libro degli Esercizi spirituali. L'esperienza degli EVQ si sviluppa all'interno della dialettica che nasce tra questi due piani, la quale li integra tra loro, ma richiede una continua attenzione, sia da parte della persona che prega sia della guida che l'accompagna, ai diversi segni dell'azione dello Spirito Santo nell'esercitante e nella sua storia. Scrive l'Autore: «Occorre innanzitutto verificare se la persona impara a esercitarsi, a divenire presente nella fede; in secondo luogo, verificare il grado di permanenza di questa presenza che assicura il rinnovamento o l'approfondimento della visione ispirante della fede. A questo punto diventa possibile portare l'attenzione dell'esercitante e di colui che l'accompagna sull'estensione possibile e duratura di questa attitudine nella vita concreta»[18].
La storia della salvezza
L'itinerario degli EVQ è collocato da Cusson all'interno di un contesto biblico e antropologico preciso, che egli suggerisce di presentare all'inizio del percorso, per aiutare l'esercitante a leggere la sua storia alla luce della fede. In tal modo, la storia di salvezza del popolo d'Israele, la visione dell'uomo secondo la Parola di Dio, la fede della Chiesa nella Rivelazione divina vengono interiorizzate dall'esercitante e gli permettono di interpretare la propria vita alla luce della fede: «[L'esercitante] è invitato a purificare, [ad] aggiustare la sua visione di fede. E man mano che la vita di fede gli è proposta come una lettura della realtà fatta alla luce della Rivelazione, è bene che egli prenda il tempo di ritrovare nella sua storia le linee di convergenza che permettono già non solamente di personalizzare maggiormente la sua presenza a tutta la realtà, ma di creare la continuità che esige l'esperienza così personalizzata»[19]. In tal modo, l'esercizio classico del Principio e fondamento [ES 23] viene ad aiutare la persona che prega a porsi all'interno della fede biblica e a procedere coi necessari atteggiamenti interiori di accoglienza e fiducia.
L'esperienza di Gesù salvatore
Anche gli esercizi di rilettura della propria storia di peccato sono posti in un contesto di fede e la storia di ogni persona può essere compresa veramente come una storia di salvezza. L'esperienza del Dio vivente e operante, che salva l'uomo all'interno delle sue vicende quotidiane, viene così a essere presente, secondo Cusson, lungo tutto l'itinerario degli esercizi, proprio perché l'attenzione dell'esercitante si dirige al cuore della Rivelazione cristiana, alla persona di Cristo-Redentore. Le contemplazioni dei misteri della vita di Cristo assumono la finalità di mettere la persona a contatto vivo con l'essere-salvatore di Cristo e di farla crescere nell'amore. Le contemplazioni dei misteri sono pertanto ineliminabili secondo Cusson dagli esercizi ignaziani, in quanto dispongono la persona ad accogliere e assimilare una Parola di Dio che proprio nei misteri le viene rivolta e che può essere accolta nella fede. Scrive l'Autore: «L'esercitante attinge alla fonte stessa del Vangelo, entrando nella linea formale di ispirazione dei misteri rivelati: la sequela Christi, in quanto comunione all'essere salvifico del Cristo, include il nostro divenire umano, configurandolo a quello del Regno, in cammino verso la Vita»[20]. In questa prospettiva la guida presenta la storia e il significato salvifico del mistero, quello che il libretto ignaziano chiama il «fondamento vero» delle storia [2] e l'esercitante da solo, riflettendo, contemplando e rivivendo il mistero, potrà accogliere l'ispirazione che gli permette di partecipare alla vita divina e attraverso l'analogia della fede potrà mettere ordine nella propria vita; l'Autore avverte che «è nello sviluppo stesso degli avvenimenti e attraverso la vita dell'esercitante che si offre l'occasione di sperimentare più lucidamente il movimento dei diversi spiriti e soprattutto di sensibilizzare all'azione dello Spirito»[21].
Al termine dell'itinerario di preghiera gli EVQ saranno stati un'esperienza di approfondimento della propria fede e una formazione alla vita spirituale, cioè a saper riconoscere la presenza di Dio nelle concrete vicende della propria esistenza, la quale viene interpretata come la continuazione della storia del popolo d'Israele e della vita stessa di Cristo. La fede nel Dio vivente e operante, il quale agisce all'interno della storia e chiama a collaborare con lui, risulta essere così la chiave lettura unitaria di questa interpretazione[22].
Maurice Giuliani S.I.: un'interpretazione spiritual-personalista
Per padre Maurice Giuliani gli EVQ sono un'esperienza spirituale che coinvolge tutte le dimensioni della persona umana, dai fondamenti della sua identità fino alle sue relazioni sociali. Ciò che secondo lui differenzia questi esercizi da quelli svolti in un luogo chiuso e appartato sono le modalità con cui lo Spirito di Dio si manifesta, quindi i «segni» che devono essere considerati e interpretati.
I segni dello Spirito
In questi esercizi i segni della presenza dello Spirito non vanno cercati solo all'interno dei momenti di preghiera, che pur sono svolti quotidianamente, ma anche negli avvenimenti storici, negli incontri e nelle relazioni che costituiscono il vissuto esistenziale della persona che prega. Oltre ai segni indicati dalle regole ignaziane per il discernimento e a quelli che possono essere trovati nelle proprie vicende storiche, Maurice Giuliani ritiene che ve ne sia un altro molto importante, un segno che conferma l'autenticità della preghiera: la «corrispondenza» tra le mozioni avvertite nell'orazione e quelle vissute nelle vicende della vita. Negli EVQ la persona è condotta a poco a poco dallo Spirito Santo ad ampliare il suo sguardo di fede, a passare dalla contemplazione dell'azione di Dio nei misteri della preghiera alla contemplazione dell'opera di Dio nella vita. Scrive l'Autore: «Fin dall'inizio della propria preghiera, lo sguardo di fede [dell'esercitante] non si limita più alla preghiera: alcune delle azioni importanti prendono un nuovo rilievo per il fatto che egli le stacca dallo scorrere continuo e confuso della giornata, coglie il senso del comportamento che lui vi mette dentro, riconosce più umilmente le condizioni necessarie affinché il suo gesto, la sua parola, il suo impegno rivelino il significato che vanno acquistando all'interno della relazione con Dio»[23].
Gli avvenimenti vengono vissuti e interpretati all'interno della relazione personale con Dio e possono manifestare un nuovo significato per chi prega. La vita viene a integrarsi con la preghiera e la storia diventa uno dei luoghi privilegiati della rivelazione della volontà di Dio.
La preghiera contemplativa
Uno dei momenti più delicati dell'integrazione tra la preghiera e la vita avviene nella preghiera contemplativa, che negli esercizi ignaziani è svolta primariamente sui «misteri della vita di Cristo» e quindi sulla loro storia. Anche in questa preghiera, che tradizionalmente richiede silenzio e isolamento, negli EVQ vengono incluse le vicende della persona. Fin dall'inizio del percorso, l'esercitante è coinvolto affettivamente nella contemplazione della vita di Cristo con i brani dei vangeli e comincia a percepire gli inviti dello Spirito al dono di sé e al servizio degli altri. Essendo gli esercizi svolti nella vita, le mozioni spirituali che portano all'offerta di sé si pongono a fondamento dei comportamenti dell'esercitante, il quale pregando continua comunque le sue attività. In tal modo tutte le sue azioni possono essere arricchite dall'offerta a Dio, che sgorga dalle profondità del suo cuore: «Il lavoro della contemplazione consiste nel ricevere un racconto (chiamato negli Esercizi una "storia"), accolto però in modo da decifrare e fare proprio il messaggio che esso rivolge a chi contempla. Il racconto è composto dall'evangelista con varietà di situazioni e personaggi, ma la contemplazione cerca di trovare attraverso di esso la verità di fede che vi è annunciata: chi è Cristo, qual è la sua missione, quali risposte chiede a coloro che si aprono alla sua chiamata. Tutti i dettagli narrativi possono essere utili, ma anche di ostacolo; e sta proprio qui la proposta di Ignazio: discernere il messaggio rivolto alla nostra fede nella situazione di oggi»[24].
L'integrazione tra preghiera e azione
In questa modalità di esercizi si genera un vero e proprio "circolo ermeneutico" tra la contemplazione e la vita. La persona che prega è condotta a riconoscere nella sua esistenza quotidiana le situazioni analoghe a quelle vissute da Cristo; si genera così spontaneamente un processo di imitazione della fedeltà di Cristo al Padre all'interno della vita dell'esercitante. Inoltre, più volte Maurice Giuliani si è fermato sul tema della durata degli EVQ, che non coincide affatto coi trenta giorni indicati per il mese residenziale. Il tempo da dedicare a una contemplazione e il momento di passare a un'altra sono definiti in base alle necessità che emergono dalla preghiera dell'esercitante e all'effettivo raggiungimento dei frutti desiderati. In questa prospettiva assumono di nuovo una grande importanza i «segni» dello Spirito, i quali indicano lo stato di maturazione della preghiera e del dinamismo di rivelazione della volontà divina, la quale viene cercata e trovata con un'attenta valutazione delle mozioni interiori. Pertanto, per Giuliani, la coscienza della persona va sempre considerata, rispettata e aiutata dall'accompagnatore, per favorire la sua crescita nella fedeltà allo Spirito ed evitare le sempre possibili regressioni e deviazioni. L'accompagnatore dovrà sempre sostenere l'esercitante nella sua lettura del presente, in cui gli avvenimenti, le persone e le risonanze che vi avverte diventano dei veri incontri con Dio.
L'interpretazione teologica di Maurice Giuliani si è formata ed evoluta nel tempo, attraverso lo studio diretto dei testi ignaziani, in particolare del Diario spirituale di sant'Ignazio e con l'accompagnamento spirituale delle persone[25].
Joseph Allen Tetlow S.I.: un'interpretazione dinamico-apostolica
Nel 1989 fu pubblicato negli Stati Uniti il manuale per gli EVQ a schede mobili del gesuita Joseph Allen Tetlow, dal titolo Choosing Christ in the World, un testo che ebbe un'ottima accoglienza fra gli operatori del settore, fu ristampato nel 1991 e poi tradotto e pubblicato in italiano nel 2004[26]. Questo volume contiene una serie di schede pratiche, pronte per l'uso, destinate alcune al direttore e altre all'esercitante, utilizzabili sia per gli esercizi completi sia per quelli parziali. Inoltre, contiene delle schede con la metodologia per l'esercitante e altre con le riflessioni teologiche per il direttore. Il manuale di Joseph Allen Tetlow integra l'operatività pastorale con la riflessione teologica sistematica e offre un percorso a schede mobili molto facile da usare.
Le possibilità dell'esercitante
Un primo elemento che caratterizza la prospettiva elaborata da padre Tetlow è l'attenzione alla situazione di partenza dell'esercitante e alle sue reali possibilità di portare a termine l'esperienza degli esercizi. In alcuni colloqui preliminari il direttore è invitato a presentare l'itinerario e a rendersi conto delle reali intenzioni e possibilità dell'esercitante. Solo dopo il direttore potrà decidere se iniziare l'esperienza. In caso affermativo egli proporrà un itinerario di preparazione, consistente in sei settimane di preghiera su vari brani biblici. Al termine di questo primo periodo il direttore potrà valutare se l'esercitante ha la reale volontà di aprirsi alla dinamica dello Spirito Santo e di seguire le Sue indicazioni oppure no. Lasciati da parte coloro che non hanno l'intenzione o le capacità necessarie per vivere con frutto questa esperienza, il direttore proporrà a chi è ben intenzionato il materiale della prima Settimana, ricordando però che anche in quel momento l'orientamento fondamentale dell'esercitante non è ancora del tutto chiaro.
Al termine della nuova tappa, il direttore dovrà valutare ancora se condurre la persona negli esercizi interi, con la contemplazione e l'elezione, secondo l'annotazione 19a, oppure se limitare l'itinerario a un'esperienza di crescita nella preghiera personale e di conversione, secondo l'annotazione 18ª. Scrive l'Autore per il direttore: «Molti esercitanti iniziano gli esercizi ignaziani senza pensare di affrontare alcuna particolare decisione. Di solito, strada facendo, si rendono conto che hanno davanti qualche scelta o elezione concreta; per esempio, una persona libera può arrivare a riconoscere che in realtà sta decidendo se sposarsi o no. Questi esercitanti non stavano necessariamente ingannando sé stessi né te; neppure stavano mentendo su qualche cosa. Sembrano solo venire a contatto con la loro "agenda" più seria proprio mentre fanno gli esercizi ignaziani. Ringrazia Dio per questo e dai loro tutto l'aiuto che puoi»[27]. I criteri di valutazione saranno a quel punto proprio la maturazione spirituale vissuta dalla persona, il suo orientamento verso la figura di Cristo e la disponibilità alla sua concreta chiamata.
La teologia della creazione
A coloro che proseguono verso l'elezione, oltre al materiale ignaziano ben spiegato, l'Autore offre delle schede di sintesi, le quali permetteranno a ogni esercitante di valutare l'orientamento della sua scelta e di comprendere se questa lo conduce all'amore o al dominio verso il suo prossimo. L'attenzione al dinamismo presente nel vissuto dell'esercitante è giustificata dalla teologia della creazione che sostiene tutta l'interpretazione degli EVQ di questo Autore. Infatti, secondo Tetlow, negli esercizi i desideri presenti nel cuore dell'uomo emergono, si chiariscono e possono essere vagliati in profondità, fino a comprendere quali siano veramente suscitati dall'attuale opera creatrice di Dio e quali invece no. Negli EVQ emerge in modo chiaro il desiderio fondamentale della persona, quello che rappresenta la sua personalità e che è all'origine del suo agire. Si tratta di una realtà dinamica fondamentale, originaria e ispirata da Dio.
L'orientamento fondamentale
Quel desiderio si colloca a livello costitutivo e offre la possibilità di un'opzione fondamentale, la quale se è consapevolmente attuata dovrà rinnovarsi e specificarsi nelle molte scelte particolari: «L'esercitante sentirà che la decisione che ha preso è la decisione che si era prefisso di prendere. Per esempio, poteva aspettarsi di dover decidere su un cambiamento di carriera per poi arrivare a capire che Dio lo stava chiamando a un cambiamento più profondo nel suo lavoro. In tal modo egli è cresciuto nell'ispirata decisione di continuare a sviluppare una seria vita interiore»[28]. Nella prospettiva della creazione, la persona impegnata nella preghiera degli esercizi spirituali sperimenta molti desideri, varie ispirazioni e differenti propositi; essi devono essere valutati e compresi nella loro origine e nella loro finalità. La vita della persona viene quindi letta e interpretata in profondità, fino a raggiungere il suo orientamento fondamentale. Esplicitato questo, sarà possibile allora individuare gli inganni e i pericoli del nemico, nel contesto del pluralismo culturale in cui s'inserisce l'opera creatrice di Dio e si definisce la missione della persona. Proprio per poter raggiungere questo obiettivo, negli EVQ il direttore esercita un ruolo di guida e una funzione di aiuto importante, che non può essere affatto delegata e neppure lasciata al solo esercitante.
Lino Tieppo S.I.: un'interpretazione dogmatico-relazionale
Tra i percorsi di EVQ strutturati e accompagnati da sussidi a schede mobili apparsi negli anni Ottanta del secolo scorso, un primo lavoro, appena precedente a quello di Joseph Allen Tetlow, furono le schede di padre Michel Boisvert, pubblicate nel 1982 dal Centro di Spiritualità Ignaziana del Québec[29]. Quelle schede modulate in un percorso dal 1988 al 1990 furono tradotte, sperimentate e adattate al contesto italiano da padre Lino Tieppo e poi da lui pubblicate a Villa San Giuseppe di Bassano del Grappa[30]. Quel primo manuale con il tempo e l'esperienza pastorale fu ulteriormente rielaborato da Lino Tieppo e così vide la luce un itinerario che ha avuto un notevole influsso nella Chiesa italiana e che è all'origine dell'attuale Associazione AGEVO, dedicata alla promozione di questi esercizi e diffusa ormai in tutte le regioni del Paese[31].
Il manuale di padre Tieppo dal titolo Esercizi spirituali nella vita ordinaria si compone attualmente di trentasette tappe o unità, accompagnate ciascuna da un «Sussidio di presentazione» formato da otto a quindici pagine[32]. Il percorso si struttura con trentuno incontri di gruppo e a cadenza quindicinale, 6 giornate intensive di gruppo in una casa di esercizi e una serie di colloqui di accompagnamento personali con una guida; tutto disposto su un arco di tempo di due anni[33]. Secondo l'itinerario del mese ignaziano, il percorso sviluppa nel primo anno un'ampia introduzione alla preghiera biblica personale e la prima Settimana del mese; nel secondo, dopo l'estate in cui si è mantenuto il clima di preghiera, le seguenti tre Settimane, con l'elezione e la sua conferma. Il percorso contiene non soltanto una metodologia pratica per questa particolare modalità di esercizi, ma anche una vera e propria interpretazione teologica degli Esercizi spirituali di sant'Ignazio, che lo caratterizza e lo differenzia da altri percorsi[34].
La centralità della fede
Il primo aspetto che caratterizza questi esercizi è la loro componente dogmatica, sia per la tradizionale dottrina spirituale centrata sull'offerta, sull'abnegazione e sull'indifferenza, sia per il continuo richiamo alla fede nei contenuti della Rivelazione. Già dall'Introduzione il richiamo alla fede e alla corretta immagine di Dio è esplicito: «In che Dio credo? Qual è il suo volto e il suo cuore? Che relazione ha con me e che relazione ho io con Lui? Come vede il mondo, gli uomini e tutti i pasticci che combinano? [...] Verificheremo quindi le immagini di Dio che ci abitano e agiscono, spesso inconsciamente, in noi» (6.1). Il richiamo alla fede e all'offerta a Dio è presente lungo tutto il percorso ed è centrato sulla realtà di Dio come «Amore onnipotente», realtà che è richiamata continuamente. L'aspetto dogmatico emerge anche nell'uso della Sacra Scrittura. Per ogni tappa sono indicati numerosi brani biblici per la preghiera personale; essi sono indicati dopo la presentazione della tematica chiamata «Introduzione» e un'ampia catechesi chiamata «Approfondimento». In tal modo la Parola di Dio sviluppa sempre i temi e le metodologie del corso, diventando la vera guida dell'itinerario di preghiera personale[35].
La dimensione comunitaria
Un secondo aspetto che caratterizza questa interpretazione è la forte componente relazionale, vissuta sia con i partecipanti, in quanto ogni incontro inizia con un momento di condivisione e si conclude con una preghiera comunitaria guidata, sia con Dio stesso, all'interno della contemplazione ignaziana. Viene offerta in effetti una metodologia per la contemplazione che rimane tale per tutto il percorso ed è composta da quattro momenti: la preparazione, l'interiorizzazione, il dialogo e l'esame della preghiera (22.5-7). All'interno di questa struttura, già ignaziana, un aspetto innovativo è dato dai tre momenti indicati per l'interiorizzazione o contemplazione: essere spettatore della scena, lasciandosi guidare dai sensi interni; essere protagonista, cioè entrare in relazione coi personaggi del mistero; identificarsi con la persona che si contempla, entrando nel suo cuore, nei suoi sentimenti e nel suo mondo emotivo (22.6). L'Autore annota che: «La contemplazione è chiamata a rimanere fedele al quadro biblico; a ciò che la Bibbia dice del personaggio e a verificare i frutti della contemplazione. Ecco allora l'importanza del discernimento e dell'esame della preghiera» (22.6).
Elezione fondamentale e particolare
Un terzo carattere di questi esercizi è la maturazione dell'elezione, che costituisce il punto centrale di ogni percorso ignaziano. L'Autore accompagna l'esercitante a una elezione fondamentale e poi a delle conseguenti elezioni particolari, viste come una riforma della propria vita. L'elezione fondamentale è definita anche come la propria «identità cristica» (27.1) ed è il frutto delle contemplazioni della vita di Cristo e delle mozioni spirituali ricevute[36]; nella quinta giornata intensiva si è invitati a far emergere la propria elezione: «Entriamo nella fase cruciale del nostro lavoro, che consiste nel riuscire a riconoscere la linea unificatrice di tutte queste mozioni, individuando tra di esse legami, concatenazioni, ripetizioni, costanti, leit-motivs, orientamenti di fondo: dove vuole dirigermi lo Spirito? Intravedo qualche chiamata fondamentale, magari ritornata varie volte, a incarnare un particolare valore, atteggiamento, modo di essere di Cristo? Quale?» (31.2). L'elezione fondamentale, accolta e individuata in seconda Settimana, anche attraverso alcune metodologie per l'autocoscienza, è poi verificata e confermata nella terza e nella quarta Settimana, dove l'Autore espone le regole ignaziane sull'elezione (33,6-7; 34.5-7; 35,5-6), per aiutare l'esercitante ad arrivare a una decisione pratica, a un impegno concreto di servizio nella Chiesa e nella società civile.
L'elemento dinamico dell'elezione fondamentale e delle conseguenti elezioni particolari di riforma da parte dell'esercitante costituisce l'aspetto più innovativo e caratterizzante di questa interpretazione.
Lorenzo Marcello Gilardi S.I.: un'interpretazione biblico-pedagogica
L'ultimo modello di EVQ che presentiamo si è formato nei primi anni del nostro secolo, è dell'Autore di questo studio ed è stato pubblicato con il titolo La gioia del dono dalla casa editrice San Paolo nel 2020[37].L'opera è costituita da due volumi e nasce dall'esperienza ventennale di EVQ nel Centro di spiritualità ignaziana di San Mauro Torinese, esperienza vissuta da laici, religiose, sacerdoti e missionari, come testimoniano i racconti autobiografici presenti nel secondo volume. Il primo volume ha come sottotitolo «Per chi riceve gli esercizi» e contiene l'itinerario biblico-pedagogico destinato all'esercitante; il secondo porta invece come sottotitolo «Per chi dà gli esercizi» e contiene le istruzioni per chi accompagna l'esercitante. Il percorso si sviluppa su due linee convergenti: quella della persona che prega, la quale accoglie i brani biblici e le istruzioni ignaziane e quella di chi l'accompagna, che attinge sia alla tradizione ignaziana sia alla propria esperienza personale. Il percorso è modulato su due anni e si compone di 37 tappe o unità, chiamate secondo la terminologia ignaziana «giorni». Per ogni tappa sono indicati nel primo volume i brani biblici con cui l'esercitante è invitato a pregare e le istruzioni metodologiche attinenti, nel secondo gli atteggiamenti che la guida deve assumere, seguendo le indicazioni degli Esercizi spirituali e dei primi antichi Direttori che li hanno commentati. In tal modo l'esercitante ha come riferimento i brani della Parola di Dio, mentre la persona che l'accompagna, attenta ai dati della coscienza dell'esercitante, fa riferimento alla sapienza dell'intera tradizione ecclesiale. Inoltre, nel secondo volume sono offerte alla guida dieci schede per l'osservazione del percorso, in modo che l'esperienza dell'esercitante possa essere equamente interpretata e compresa. Nell'Introduzione si ritiene che «L'analisi filosofica della società occidentale secolarizzata e della condizione giovanile contemporanea giunge a riconoscere nell'esperienza religiosa personale il luogo della vera pienezza, una pienezza percepita come esistente, anche se spesso ancora sconosciuta e lontana»[38]. I due volumi convergono pertanto su un unico percorso e tendono a favorire l'esperienza spirituale personale, la quale contiene sempre al suo interno un momento di discernimento e di decisione.
La preghiera come relazione con Dio
Il percorso costituisce un'interpretazione degli Esercizi spirituali ignaziani all'interno del contesto culturale contemporaneo, in cui la persona e il rapporto con Dio risultano centrali e fondamentali, il vero elemento originario e dinamico dell'intero percorso. Questo si modella con tre relazioni interpersonali: la prima è quella dell'esercitante con Dio, mediata dai brani della Sacra Scrittura e vissuta nell'esperienza di preghiera personale, soprattutto contemplativa; la seconda è la relazione dell'esercitante con la persona di sant'Ignazio e la sua esperienza, raggiunta attraverso il testo degli Esercizi spirituali, che lungo il percorso è presentato e accompagnato da una dettagliata spiegazione e da un'attenta attualizzazione; la terza è quella dell'esercitante con la persona che l'accompagna, la quale può essere un uomo o una donna, un laico o una religiosa, ma preferibilmente un sacerdote, secondo la tradizione degli esercizi e il ruolo magisteriale che egli può e deve assumere. Nell'Introduzione al secondo volume si dice: «Gli esercizi spirituali appaiono come un percorso sistematico che si sviluppa intrecciando diverse relazioni interpersonali, di cui è opportuno acquisire consapevolezza, per non cadere in errori e causare sofferenze inutili e dannose alla persona che prega»[39].
Una relazione comunicativa e rivelativa
Proprio per evitare disagi e superficialità, nel percorso viene dato ampio spazio alla dimensione pedagogica, quindi all'attenzione alla persona e al suo accompagnamento nelle successive fasi del percorso. All'inizio ben quattro tappe sono dedicate alla preparazione alla preghiera biblica e personale; poi, per il passaggio dalla prima alla seconda Settimana è predisposto un giorno di pausa e di sintesi; così nel momento dell'ingresso nella terza Settimana, sono proposte tre tappe di ripresa e di revisione del percorso già vissuto; infine, alla conclusione degli esercizi quattro giorni sono dedicati all'introduzione alla contemplazione nella vita ordinaria. L'attenzione pedagogica alla persona dell'esercitante e alla sua attività è continua lungo l'intero percorso, pertanto la guida è sollecitata a osservare e ad aiutare sempre l'esercitante a interpretare le mozioni spirituali che egli avverte[40]. Centrato sulla relazione originaria tra l'esercitante e Dio, il percorso attinge abbondantemente dalla Teologia della rivelazione e dagli insegnamenti della Dei verbum, in cui si dice che Dio parla agli uomini come ad amici e li invita alla comunione con sé[41]. In tal modo il ruolo della Sacra Scrittura diventa centrale e la Parola di Dio è vissuta come il mezzo privilegiato per ricevere la grazia divina. Infatti, un ampio spazio è assegnato in prima Settimana all'Antico Testamento, dove si invita l'esercitante a rileggere la propria vita come una storia di salvezza, e nelle successive tre Settimane, che introducono alla preghiera sui misteri della vita di Cristo, ai racconti del Nuovo Testamento, con la proposta di alcuni salmi e di brani delle epistole apostoliche. Si segue esplicitamente la prospettiva della Gaudium et spes, in cui si afferma che Cristo rivela Dio all'uomo, ma nello stesso tempo rivela anche l'uomo all'uomo e gli rende nota la sua vocazione[42].
L'opera della grazia
L'intero percorso è vissuto ed elaborato alla luce della Teologia della grazia, intesa come presenza e attività nella persona e nella sua storia dello Spirito Santo[43]. L'attenzione alla divina grazia compare già nei primi giorni di preparazione, in cui all'esercitante vengono presentate le quattro grazie degli esercizi[44]; poi nel momento centrale del percorso, in cui si fa riferimento alla grazia dell'elezione e alla mozione spirituale che conduce alla decisione[45]; in terza e quarta Settimana si parla della grazia di conferma dell'elezione, che non è frutto della sola persona umana ma anche dell'opera di Dio nella sua vita interiore e nella sua storia[46]; infine, alla conclusione degli esercizi il tema della grazia ritorna come una realtà divina continuamente presente, che accompagna e sostiene l'intera esistenza dell'esercitante[47]. Verso il termine del percorso si dice: «Come le due precedenti questa contemplazione termina con un rendimento di grazie: la preghiera e il desiderio di poter lavorare per colui che lavora per noi e per te, per colui che ti cura, perché ti ama»[48]. Le dodici testimonianze che concludono il secondo volume confermano l'attenzione degli esercitanti all'opera di Dio nella loro vita e manifestano l'acquisizione da parte loro di una buona capacità contemplativa.
Considerazioni pastorali
Al termine della presentazione dei principali modelli di EVQ presenti oggi nella Chiesa, in particolare di quelli che dagli anni Settanta del secolo scorso hanno dato origine a un nuovo ministero ecclesiale, si espongono alcune considerazioni finali per una sintesi di carattere operativo.
La mistica del servizio
Una prima osservazione è tratta da padre Gilles Cusson, uno dei pionieri degli EVQ contemporanei. In un testo dei primi anni Novanta, egli invitava a riscoprire i fondamenti teologici di questa forma di esercizi e indicava il pensiero di Karl Rahner come la riflessione più profonda sull'argomento[49]. Cusson ricordava che K. Rahner aveva sostenuto più volte che «ciò che costituisce la natura della vita cristiana e delle sue attività specifiche, in ciò che esse hanno di più essenziale ed esistenziale, non è assolutamente diverso da ciò che fonda le esperienze dei grandi mistici. Questi due mondi di esperienza hanno lo stesso fondamento, ontologico e teologico [...] Per lui ogni esperienza autentica e reale di fede, di speranza e di amore contiene almeno una esperienza anonima di Dio»[50]. L'esperienza anonima di Dio, che si comprende facendo riferimento alla teologia giovannea sull'identità di Dio con l'Amore (1 Gv 4,8.16), può essere il punto di partenza anche per una nuova riflessione sugli esercizi spirituali. Cusson ripropone la nota affermazione di K. Rahner sull'esperienza mistica del cristiano contemporaneo, una mistica da viversi proprio nella vita quotidiana, «cosa che mette alla portata di ogni cristiano l'accessibilità reale all'esperienza mistica di Dio nel senso primario del termine, in cui Dio si comunica a noi operando nelle nostre facoltà»[51]. È la prospettiva seguita dalla Costituzione dogmatica Dei Verbum, secondo la quale Dio si comunica all'uomo per farlo partecipe della sua amicizia e della sua vita divina[52]. Si è invitati allora a cambiare il paradigma di riferimento, a non guardare più soltanto alle Costituzioni e alle Regole del proprio Istituto o alla propria tradizione e alle istituzioni che la rappresentano, alle opere da gestire e da custodire. Con le nuove riflessioni teologiche si è invitati a cambiare prospettiva e a ripartire dall'uomo contemporaneo e dalle sue necessità, dalle sue sofferenze e dalle sue angosce: si è invitati a vivere una conversione antropologica a livello personale. Solo all'interno della storia, infatti, si possono riconoscere le necessità e le ferite dell'uomo di oggi e può essere applicato il paradigma centrale del Concilio Vaticano II, che san Paolo VI nel suo discorso di chiusura dell'assise conciliare ha indicato nella parabola del buon Samaritano: «L'antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio», («Vetus illa de bono Samaritano narratio exemplum fuit atque norma, ad quam Concilii nostri spiritualis ratio directa est»)[53].
Le povertà spirituali
Il cambiamento di paradigma, quindi di mentalità e di prospettiva, porta ad assumere anche un atteggiamento nuovo nei confronti del mondo contemporaneo, un atteggiamento di simpatia, di ascolto e di comprensione delle sue attuali necessità. Spesso si colgono le necessità materiali, culturali e relazionali, le povertà che tutti vedono. Tenendo conto però del «deposito» che abbiamo ricevuto dalla nostra tradizione, cioè da coloro che ci hanno preceduto, sappiamo che esistono anche altre povertà, che sono state chiamate da chi ci ha preceduto «povertà spirituali», invisibili all'occhio fisico e materiale, ma ben rilevabili dall'occhio del cuore e dall'orecchio di chi prega. Ecco allora la seconda considerazione finale. Ci sono povertà a cui solo gli esercizi spirituali possono porre rimedio: le povertà di libertà, di luce, di fortezza e di consolazione. Le povertà che corrispondono alle quattro grazie specifiche degli esercizi spirituali. La riflessione teologica di K. Rahner offre una prospettiva positiva sul mondo contemporaneo e considera la presenza della grazia operante, cioè dei «semi dello Spirito» che si vedono germogliare e che bisogna coltivare e far crescere. Gli esercizi possono essere uno strumento specifico con cui si coltivano i germogli dello Spirito; in un linguaggio figurato, possono essere la zappa, le cesoie e il rastrello con cui lavoriamo il giardino che Dio ci ha affidato oppure il vino, l'olio e le bende da mettere sulle ferite dell'uomo contemporaneo, come il buon Samaritano mise le sue sull'uomo assalito dai briganti ma ancora vivo. A questo riguardo, si può ricordare che nel discorso di chiusura del Convegno internazionale sugli esercizi del 1991 a Loyola, padre Peter-Hans Kolvenbach, Superiore Generale della Compagnia di Gesù, in un passaggio del suo intervento, fece un'osservazione sugli EVQ che ha ancora oggi il suo valore e la sua attualità; egli diceva: «Gli esercizi spirituali nella vita corrente sono stati per la vita religiosa un'esperienza innegabilmente positiva, per la vita di preghiera personale e comunitaria; ma quella esperienza non sempre ha contribuito a una maggiore disponibilità per procedere nel cammino di un progetto apostolico rinnovato»[54].L'attenzione del nuovo paradigma non va posta pertanto solo sugli esercizi spirituali, che possono essere anche limitati e non pienamente efficaci, ma sull'uomo contemporaneo e sull'aiuto da dare alla sua personale relazione con Dio; sulle sue attuali e reali esigenze, che egli stesso avverte ed esprime in qualche modo: si tratta di assumere una nuova lettura del mondo e un attento discernimento degli spiriti, per favorire e coltivare una nuova relazione con Dio.
La pedagogia dell'incontro
Gli esercizi offrono un percorso per arrivare a quello che K. Rahner chiamava «esperienza mistica personale», il vero incontro personale con Dio. Gli esercizi nella versione di EVQ sono un valido strumento a disposizione delle Parrocchie e delle Case d'esercizi, dei Conventi e dei Centri di spiritualità. Essi hanno delle caratteristiche definite, ma possono essere usati solo con la carità divina, cioè con la grazia che muove verso le esigenze dell'umanità: gli esercizi sono un benefico aiuto per qualsiasi situazione di intima sofferenza. G. Cusson ha dato una definizione breve ma completa degli EVQ e della loro pedagogia: «L'essenziale degli esercizi è l'incontro personale e intimo del Signore, attraverso la proclamazione e l'accoglienza della Parola vivente, attraverso la rivelazione e l'assimilazione del contenuto infinito della fede cristiana, il mistero di Dio; e questo nell'apprendimento della docilità allo Spirito. Le diverse regole [degli Esercizi spirituali] assicurano la vigilanza del discernimento, affinché l'incontro si faccia nella verità del mistero di Dio e di tutta la persona, colta nel suo contesto vitale più completo»[55]. Gli EVQ hanno bisogno però di guide e di istruttori con una buona formazione teologica, che valorizzi la persona del credente e il suo rapporto immediato con Dio, all'interno di una struttura categoriale di libertà e di una vita comunitaria autentica. Molti teologi hanno riflettuto sulla quotidianità e sulla relazione con Dio del credente, ma una delle figure più significative è stata certo quella di Karl Rahner, come ha ricordato G. Cusson. Nella sua opera fondamentale sulla fede del 1976, padre Rahner affermava che: «Il cristianesimo può essere solo un rapporto verso Dio, distinguibile e distinto da ogni altra religione e che supera radicalmente tutto il resto, visto che è la confessione di questa vicinanza immediata a Dio che permette a Dio di essere realmente Dio, appunto attraverso la vera autocomunicazione di Dio, il quale non offre un qualche dono numinoso e misterioso, come qualcosa di distinto da sé, bensì dona sé stesso»[56]. Il ministero degli EVQ si manifesta come una pedagogia all'incontro personale con Dio, un incontro forse già vissuto a livello culturale e celebrativo, ma non ancora nella sua realtà immediata e diretta, in quella modalità che vitalizza e rigenera la persona del credente, rendendola testimone della fede, con la facilità e la gioia che sono i frutti principali della grazia. Gli EVO sono una possibilità educativa della comunità ecclesiale contemporanea e vista la loro storia e la loro reale efficacia, secondo G. Cusson sono «una responsabilità da prendere nella Chiesa, per rispondere meglio alle profonde aspirazioni di vita dei nostri contemporanei»[57]. Si conclude questo studio incoraggiando gli operatori ecclesiali delle Parrocchie, delle Case d'esercizi e dei Centri di spiritualità a intraprendere con fiducia e con speranza questa antica e sempre nuova modalità di esercizi, per poter offrire ancora una volta l'esperienza della loro grazia al maggior numero possibile di persone.
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