Compianto su Gesù Cristo morto (Andrea Mantegna)
Andrea Mantegna, Compianto su Gesù Cristo morto (1483 ca.), tempera su tela | |
Gesù Cristo morto | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lombardia |
Regione ecclesiastica | Lombardia |
Comune | Milano |
Diocesi | Milano |
Ubicazione specifica | Pinacoteca di Brera, sala VI |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Compianto su Gesù Cristo morto |
Datazione | 1483 ca. |
Ambito culturale | |
Ambito veneto | |
Autore | Andrea Mantegna |
Materia e tecnica | tempera su tela |
Misure | h. 68 cm; l. 81 cm |
Coordinate geografiche | |
Milano | |
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Il Compianto su Gesù Cristo morto è un dipinto, eseguito nel 1483 circa, a tempera su tela da Andrea Mantegna (1431 ca.-1506), conservato presso la Pinacoteca di Brera a Milano.
Descrizione
Ambientazione
Pochi accenni rivelano l'ambiente in cui si svolge la scena: un obitorio, un'oscura camera mortuaria, dove si stende un terreo e lugubre colore; in alto a destra si vede un tratto di pavimento e un'apertura che introduce in un'altra stanza buia.
Soggetto
Nel dipinto compaiono:
- al centro, Gesù Cristo morto ed esangue, avvolto nel sudario, e adagiato su una tavola nuda e gelida, una lastra di marmo rossastro, dove all'estremità (a destra) si nota il vasetto degli unguenti; si tratta probabilmente della cosiddetta pietra dell'unzione sulla quale, prima della deposizione del sepolcro, il corpo fu spalmato d'oli profumati, secondo la sepoltura ebraica. Questa pietra venne venerata a Costantinopoli, fino alla sua scomparsa, dopo la conquista turca della città nel 1453. Nel dipinto il pittore compie una spietata analisi dei particolari e, grazie alla posizione prospettica del corpo, mette in evidenza i buchi nei piedi di Gesù Cristo, con le ferite ormai asciutte e ripulite. I fori nelle sue mani e nei piedi, così come i volti dei dolenti sono solcati dal dolore e dipinti senza nessuna concessione di idealismo o retorica.
- a sinistra, Tre dolenti, compressi in un angolo, i cui volti in parte affiorano, solcati dalle rughe e con i lineamenti segnati dal dolore quasi come le maschere tragiche dell'antichità:
- Maria Vergine addolorata si asciuga le lacrime con un fazzoletto;
- San Giovanni evangelista piange e tiene le mani unite;
- Santa Maria Maddalena, in ombra sullo sfondo, si dispera.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Il punto di vista della scena rappresentata, che costituisce un unicum assoluto nel panorama artistico del Rinascimento italiano, è quello da un piano lievemente rialzato che consente di percepire l'interezza del corpo di Gesù Cristo.
- Il gioco visivo, che permette di spostarsi intorno al dipinto avendo la percezione che la prospettiva non cambi, è un virtuosismo riconducibile ad una pratica sviluppata da Andrea Mantegna già nelle sue prime opere.
- Il Compianto è un'opera fortemente sperimentale sia dal punto di vista tecnico, poiché è una delle rare opere su tela di questo periodo, sia compositivo perché è impostata su un ripido, invadente ed ossessivo scorcio prospettico.
- Il forte contrasto di luce, proveniente da destra, e ombra origina un profondo senso di pathos. La composizione produce un grande impatto emotivo, accentuato dall'impressionante scorcio prospettico: il corpo di Cristo è vicinissimo al punto di vista dello spettatore-fedele che, guardandolo, è trascinato al centro del dramma; inoltre, ogni dettaglio è amplificato dal tratto incisivo delle linee, costringendo lo sguardo a soffermarsi sui particolari più raccapriccianti, come le membra irrigidite dal rigor mortis e le ferite ostentatamente presentate in primo piano.
- Il ritratto con la prospettiva "di scorcio", secondo alcuni studiosi, che suscita la sensazione del collo e della testa staccati dal resto del corpo, simboleggerebbe il valore redentivo che la fede cristiana attribuisce al Sabato Santo, al Santo Sepolcro e alle Quarantore: nell'arco di questo periodo temporale, Gesù Cristo è morto come uomo e vivo in quanto Dio.
Notizie storico-critiche
L'opera fu dipinta da Andrea Mantegna probabilmente per la sua tomba nella Chiesa di Sant'Andrea a Mantova.
Il mese successivo alla morte di Andrea Mantegna, avvenuta il 13 settembre 1506, suo figlio Ludovico (1460/1470–1510), accennando ai dipinti rimasti nello studio del padre in una lettera inviata al marchese Francesco Gonzaga (1466–1519), ricorda "un Cristo in scurto" (ossia scorcio). Lo stesso dipinto è nuovamente citato da Ludovico Mantegna in una lettera alla marchesa Isabella, in cui il figlio del pittore scrive che "quello Christo in scurto" era sto stato acquistato nel 1507, insieme con un altro raffigurante l'Introduzione del culto di Cibele a Roma, dal cardinale Sigismondo Gonzaga (1469-1525), che aveva pagato entrambe le opere cento ducati.
Il Compianto rimase di proprietà della famiglia Gonzaga almeno fino al 1627, quando tutta la collezione fu dispersa. La sorte successiva del dipinto è tuttora oggetto di discussione fra gli studiosi, alle prese con una intricata serie di passaggi di proprietà solo parzialmente – e peraltro confusamente – documentati: secondo le più recenti ma non risolutive ipotesi, nel 1628 il dipinto fu venduto al re Carlo I di Inghilterra (1600–1649) insieme alle opere più prestigiose della quadreria gonzaghesca; dalla collezione reale sarebbe poi passato al mercato antiquario e alla raccolta del cardinale Giulio Mazzarino (1602–1661), dispersa la quale sparì per più di un secolo.
Indizi sicuri si ritrovano solo agli inizi del XIX secolo: nel 1806 il dipinto venne acquistato a Roma dal pittore e scrittore, nonché segretario dell'Accademia di Brera, Giuseppe Bossi (1777-1815), grazie alla mediazione di Antonio Canova; nel 1824 l'opera giunse nella Pinacoteca milanese.
Una seconda versione del Compianto priva delle figure piangenti sulla sinistra è conservata nella collezione privata di Glenn Head a New York (USA), anche se alcuni studiosi la ritengono una copia tardo-cinquecentesca.
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