Ordinatio Sacerdotalis
Ordinatio Sacerdotalis Lettera apostolica di Giovanni Paolo II | |
Data |
22 maggio 1994 (XVI di pontificato) |
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Argomenti trattati | Ordinazione sacerdotale non è concessa alle donne |
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Ordinatio Sacerdotalis (latino, "L'Ordinazione Sacerdotale") è una lettera apostolica di papa Giovanni Paolo II datata 22 maggio 1994. In essa il il pontefice riafferma la dottrina tradizionale secondo la quale "la Chiesa non ha la facoltà di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne"[1]
La Lettera vuol essere una risposta a quanti attribuiscono alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne all'ordinazione un valore meramente disciplinare (n. 4).
Insegnamento
La Lettera inizia ricordando che la prassi che essa riafferma "è stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali" (n. 1).
Giovanni Paolo II ricorda poi vari interventi recenti del magistero:
- La presa di posizione di Paolo VI sulla questione del 30 novembre 1975[2], quando scrisse all'Arcivescovo anglicano di Canterbury, Frederick Donald Coggan. Poiché era sorta la questione dell'ordinazione delle donne nella Comunione Anglicana, in quell'occasione il papa ribadì la posizione della Chiesa Cattolica, ed enumerò, tra le ragioni di ciò: "L'esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini; la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini; e il suo vivente magistero, che ha coerentemente stabilito che l'esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa"[3].
- La Dichiarazione Inter Insigniores (15 ottobre 1976)[4] della Congregazione per la Dottrina della Fede. Essa fu chiesta dal Papa alla Congregazione poiché però anche tra teologi cattolici la questione era posta in discussione. Al n. 100 la Dichiarazione affermava che la Chiesa "non si riconosce l'autorità di ammettere le donne all'ordinazione sacerdotale", e ne spiegava le ragioni fondamentali.
- La sua Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), in cui riaffermava: "Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione del tempo"[5].
Il papa può così affermare che
« | nell'ammissione al sacerdozio ministeriale[6], la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa (cfr. Ap 21,14 ). Essi, in realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo incarnato (cfr. Mt 10,1.7-8; 28,16-20 ; Mc 3, 13-16; 16, 14-15 ). Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (cfr. 1Tim 3,1-13 ; 2Tim 1,6 ; Tt 1,5-9 ) che sarebbero ad essi succeduti nel ministero[7]. In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore e Redentore[8]. » |
Il papa ricorda poi che Maria Santissima non ha ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale, ma non per questo ha una minore dignità (n. 3), e riafferma che "la presenza e il ruolo della donna nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale, restano comunque assolutamente necessari e insostituibili".
In definitiva,
« | è alla santità dei fedeli che è totalmente ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la Dichiarazione Inter Insigniores, "il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare, è la carità (cfr. 1Cor 12-13 ). I più grandi nel Regno dei cieli non sono i ministri, ma i santi[9]. » | |
(n. 3)
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La conclusione è chiara:
« | Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc 22,32 ), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa. » | |
(n. 4)
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Seguito
La ricezione della Lettera non fu semplice, e la Congregazione per la Dottrina della Fede emise il 28 ottobre 1995 una Risposta al dubbio circa la dottrina della lettera apostolica "Ordinatio Sacerdotalis"[10]. In essa si affermava che la dottrina della Ordinatio Sacerdotalis è "da tenersi in modo definitivo", e che è "da considerarsi appartenente al deposito della fede". La dottrina della Chiesa al riguardo
« | esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall'inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 25, 2) » |
Il responso afferma che con la Ordinatio Sacerdotalis Giovanni Paolo II "ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede".
La pubblicazione del responso della Congregazione per la Dottrina della Fede è stata accompagnata, su L'Osservatore Romano del 19 novembre 1995[11] da un autorevole commento non firmato[12].
Note | |
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Fonti | |
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Voci correlate | |