Ordinatio Sacerdotalis

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Ordinatio Sacerdotalis
Lettera apostolica di Giovanni Paolo II
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Data 22 maggio 1994
(XVI di pontificato)
Argomenti trattati Ordinazione sacerdotale non è concessa alle donne
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(IT) Testo integrale sul sito della Santa Sede.
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L'ordinazione sacerdotale, mediante la quale si trasmette l'ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di insegnare, santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin dall'inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini.
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(Ordinatio Sacerdotalis, n. 1)

Ordinatio Sacerdotalis (latino, "L'Ordinazione Sacerdotale") è una lettera apostolica di papa Giovanni Paolo II datata 22 maggio 1994. In essa il il pontefice riafferma la dottrina tradizionale secondo la quale "la Chiesa non ha la facoltà di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne"[1]

La Lettera vuol essere una risposta a quanti attribuiscono alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne all'ordinazione un valore meramente disciplinare (n. 4).

Insegnamento

La Lettera inizia ricordando che la prassi che essa riafferma "è stata fedelmente mantenuta anche dalle Chiese Orientali" (n. 1).

Giovanni Paolo II ricorda poi vari interventi recenti del magistero:

Il papa può così affermare che

« nell'ammissione al sacerdozio ministeriale[6], la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa (cfr. Ap 21,14 ). Essi, in realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo incarnato (cfr. Mt 10,1.7-8; 28,16-20 ; Mc 3, 13-16; 16, 14-15 ). Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (cfr. 1Tim 3,1-13 ; 2Tim 1,6 ; Tt 1,5-9 ) che sarebbero ad essi succeduti nel ministero[7]. In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore e Redentore[8]»

Il papa ricorda poi che Maria Santissima non ha ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale, ma non per questo ha una minore dignità (n. 3), e riafferma che "la presenza e il ruolo della donna nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legati al sacerdozio ministeriale, restano comunque assolutamente necessari e insostituibili".

In definitiva,

« è alla santità dei fedeli che è totalmente ordinata la struttura gerarchica della Chiesa. Perciò, ricorda la Dichiarazione Inter Insigniores, "il solo carisma superiore, che si può e si deve desiderare, è la carità (cfr. 1Cor 12-13 ). I più grandi nel Regno dei cieli non sono i ministri, ma i santi[9]»
(n. 3)

La conclusione è chiara:

« Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cfr. Lc 22,32 ), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa. »
(n. 4)

Seguito

La ricezione della Lettera non fu semplice, e la Congregazione per la Dottrina della Fede emise il 28 ottobre 1995 una Risposta al dubbio circa la dottrina della lettera apostolica "Ordinatio Sacerdotalis"[10]. In essa si affermava che la dottrina della Ordinatio Sacerdotalis è "da tenersi in modo definitivo", e che è "da considerarsi appartenente al deposito della fede". La dottrina della Chiesa al riguardo

« esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall'inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, 25, 2) »

Il responso afferma che con la Ordinatio Sacerdotalis Giovanni Paolo II "ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede".

La pubblicazione del responso della Congregazione per la Dottrina della Fede è stata accompagnata, su L'Osservatore Romano del 19 novembre 1995[11] da un autorevole commento non firmato[12].

Note
  1. Congregazione per la Dottrina della fede (1995).
  2. online: AAS 68 (1976), 599-600.
  3. Citato in Ordinatio Sacerdotalis, n. 1.
  4. online, AAS 69 (1977), 98-116.
  5. Mulieris Dignitatem, n. 26: AAS 80 (1988), 1715.
  6. Cfr. Lumen Gentium 28; Presbyterorum Ordinis 2b.
  7. Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577.
  8. Cfr. Lumen Gentium, 20-21.
  9. Inter Insigniores, VI.
  10. online.
  11. Pag. 2, online.
  12. Tali commenti non firmati su L'Osservatore Romano vengono considerati espressione della voce della Santa Sede.
Fonti
Voci correlate
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 22 maggio 2013 da don Paolo Benvenuto, baccelliere in Teologia.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.