Annunciazione (Domenico Beccafumi)
Annunciazione | |
Domenico Beccafumi, Annunciazione (1545 - 1546), olio su tavola | |
Annunciazione | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Siena |
Comune | Sarteano |
Diocesi | Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino |
Ubicazione specifica | Chiesa di San Martino in Foro, parete sinistra |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Sarteano |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | pala d'altare |
Soggetto | Natività di Maria Vergine |
Datazione | 1545 - 1546 ca. |
Ambito culturale | |
Autore |
Domenico Beccafumi detto Mecarino |
Materia e tecnica | olio su tavola |
Misure | h. 237 cm; l. 222 cm |
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L’Annunciazione è una pala d'altare, eseguita tra il 1545 ed il 1546, ad olio su tavola, da Domenico Beccafumi (1486 – 1551), ubicato nella Chiesa di San Martino in Foro di Sarteano (Siena).
Descrizione
Ambientazione
L’Annunciazione si svolge in un'ambientazione tradizionale con un grande arco aperto su un paesaggio lacustre - ispirato dal Perugino - caratterizzato da un cielo scuro e livido, che si va illuminandosi, sul quale si stagliano due alberi: uno spoglio, l'altro frondoso a simboleggiare l'avvento di tempi nuovi e cieli nuovi (Ap 21,1-5 ).
Soggetto
Nella scena compaiono:
- a sinistra: San Gabriele arcangelo, vestito con un manto leggero svolazzante, poiché sta ancora fluttuando a mezz'aria, appare congelato nello slancio, racchiuso nella contemplazione della Madonna alla quale sta annunciando la volontà divina. I suoi occhi sono socchiusi, le palpebre abbassate, come se non si ritenesse degno di fissare il suo sguardo su colei che Dio ha prescelto, come se avesse bisogno di un maggiore sforzo di concentrazione per eseguire quel mandato, straordinario, che gli è stato affidato. L'arcangelo contempla Colei che è "piena di grazia" e le sue braccia si incrociano sul petto, in gesto obbediente, remissivo persino, a sfiorare appena il giglio (simbolo di purezza) che ha tra le mani.
- a destra: Maria Vergine, seduta, avvolta in un mantello blu, è colta di sorpresa, mentre sta leggendo un libro, al saluto dell'arcangelo. Il suo volto, innaturalmente reclinato sulla spalla destra, esprime un dolce sentimento di pudore accentuato dalla morbida torsione del corpo esile e dalla mano destra che, tirando una falda del manto verso il collo, accompagna in modo armonico lo spontaneo e timido ritirarsi dell'intera figura.
- in alto, Colomba dello Spirito Santo, appare avvolta nella luce divina, che squarcia le tenebre della stanza e presto inonderà ogni cosa.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- La pala mostra i caratteri stilistici della tarda attività di Domenico Beccafumi, evidenziando chiari riferimenti alla pittura michelangiolesca che l'artista ebbe modo di conoscere durante il soggiorno romano. La Vergine, infatti, emerge dall'oscurità in modo deciso, pur conservando un atteggiamento timido, tipico della più antica tradizione iconografica senese; infatti, il gesto di ritrosia di Maria ricorda, aggiornandolo in chiave moderna, la celebre Annunciazione (1333), opera di Simone Martini. Mentre, la resa muscolare della corporatura della Madonna, ed in particolare del braccio destro, evidenzia un collegamento diretto con il Giudizio Universale (1536 - 1541), dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina.
- Il senso teatrale dell'insieme è accentuato dal drappo verde che sta avvolto nella parte superiore come una specie di sipario.
- Il pittore realizza in questa opera una complessa orchestrazione di luci incidenti e una colorazione preziosa e ricercata. Non proviene, infatti, dall'apertura sul cielo nello sfondo il fascio che rischiara Maria, ma da destra, proiettando un'ombra netta sul pavimento e rischiarando anche l'arcangelo. Si tratta di un'angolazione molto originale, probabilmente legata alla disposizione della pala nella chiesa, poiché tradizionalmente è da dietro l'angelo che proviene la luce a simboleggiare la volontà divina.
Notizie storico-critiche
La pala è menzionata in un documento del 1548 - conservato presso l'Archivio di Stato di Siena - dove Domenico Beccafumi si lamenta con i governatori della città toscana per non essere stato ancora, dopo due anni, pagato per il suo lavoro commissionatogli da Antonio di Gabriello da Sarteano per la cappella di famiglia nella Chiesa di San Martino in Foro. Inoltre, nel documento si riferisce che l'opera era stata collocata sull'altare intorno al 1546 e che era corredata di una predella, oggi andata perduta, dove erano raffigurati:
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