Atto intrinsecamente cattivo

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Le circostanze, in sé, non possono modificare la qualità morale degli atti stessi; non possono rendere né buona né giusta un'azione intrinsecamente cattiva.
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Viene detto atto intrinsecamente cattivo (in latino Intrinsece malum) quell'azione la cui connotazione morale è tale che in nessun caso potrà mai cambiare da negativa a positiva. Si tratta di comportamenti concreti che sono moralmente cattivi sempre e per sé, ossia, per il loro oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. In altre parole, sono azioni che, considerate a partire dall'oggetto, sono sempre e per tutti irriducibilmente in contrasto con l'ordine morale.

Tale insegnamento è tradizionale da parte della Chiesa cattolica.

Dibattito teologico

Negli anni del post-concilio si è acceso un intenso dibattito sull'esistenza dell'intrinsece malum.

Per alcuni autori si ha solo nei rapporti dell'uomo con Dio, mentre nell'ambito dei rapporti umani o non si dà o riveste il significato di ciò che è male solo generalmente, con possibilità quindi di eccezioni.

Nel magistero

Il Magistero della Chiesa non accetta alcuna posizione che preveda una deroga al principio: respinge fermamente le impostazioni che ammettono la scelta del male minore, e riafferma la dottrina tradizionale[2].

Paolo VI, in un' Allocuzione ai membri della Congregazione del Santissimo Redentore, nel settembre 1967[3] affermò:

« Si deve evitare di indurre i fedeli a pensare differentemente, come se dopo il Concilio fossero oggi permessi alcuni comportamenti, che precedentemente la Chiesa aveva dichiarato intrinsecamente cattivi. Chi non vede che ne deriverebbe un deplorevole relativismo morale, che porterebbe facilmente a mettere in discussione tutto il patrimonio della dottrina della Chiesa? »
(Citato in Veritatis Splendor, nota 131)

La stessa dottrina viene affermata anche nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia:

« Alcuni peccati, quanto alla loro materia, sono intrinsecamente gravi e mortali. Esistono, cioè, atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto. Questi atti, se compiuti con sufficiente consapevolezza e libertà, sono sempre colpa grave. »
(N. 17)

Nella Veritatis Splendor

« È da respingere quindi la tesi, propria delle teorie teleologiche e proporzionaliste, secondo cui sarebbe impossibile qualificare come moralmente cattiva secondo la sua specie - il suo "oggetto" - la scelta deliberata di alcuni comportamenti o atti determinati prescindendo dall'intenzione per cui la scelta viene fatta o dalla totalità delle conseguenze prevedibili di quell'atto per tutte le persone interessate. »
« La ragione attesta che si danno degli oggetti dell'atto umano che si configurano come "non-ordinabili" a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine. »
(N. 80)

Giovanni Paolo II ha ribadito l'insegnamento sugli atti intrinsecamente cattivi nell'enciclica Veritatis Splendor (nn. 79-83). La ragione fondamentale è affermata con la sentenza secondo cui "non è lecito fare il male a scopo di bene" (cfr. Rm 3,8 ).

C'è chi ha fatto osservare che il nucleo dottrinale più importante della Veritatis Splendor è costituito dall'affermazione dell'esistenza di atti intrinsecamente cattivi[4].

L'argomentazione dell'enciclica parte da una idea centrale nell'antropologia tomista: l'agire libero è la perfezione della persona (actus secundus, "atto secondo"). In Tommaso è costante l'affermazione che ogni essere è in vista del suo agire. L'agire libero è la pienezza dell'essere personale. E di fatto l'enciclica afferma che

« nella questione della moralità degli atti umani, e in particolare in quella dell'esistenza degli atti intrinsecamente cattivi, si concentra in un certo senso la questione stessa dell'uomo, della sua verità. »
(N. 83)

L'affermazione dell'esistenza di atti intrinsecamente cattivi implica una certa definizione di libertà: essa è definita nel suo rapporto con la verità dell'uomo, quella che Dio ha posto in esso. "Atto intrinsecamente cattivo" significa "atto che nega l'essere stesso della persona umana in quanto conosciuto dalla ragione pratica dell'uomo".

L'enciclica cita inoltre un passaggio del Concilio Vaticano II[5]:

« Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo dello spirito; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili; tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civiltà umana, ancor più inquinano coloro che così si comportano, che non quelli che le subiscono, e ledono grandemente l'onore del Creatore»
Note
  1. http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s1c1a4_it.htm
  2. Ad esempio: "la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato" (Persona humana, Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune questioni di etica sessuale, 29 dicembre 1975, n. 9b).
  3. AAS 59 (1967), 962.
  4. Card. Carlo Caffarra, in http://www.academiavita.org/template.jsp?sez=Pubblicazioni&pag=testo/ev_diritto/caffarra/caffarra
  5. Tale passaggio della Gaudium et Spes in realtà non menziona gli atti intrinsecamente cattivi.
Bibliografia
  • Guido Gatti, Nuove posizioni sull'intrinsece malum nella teologia contemporanea, in Salesianum, 47 (1985) 207-229
Voci correlate
Collegamenti esterni