Chiesa di San Claudio al Chienti (Corridonia)

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Chiesa di San Claudio al Chienti
Corridonia ChS.ClaudioChienti XI.jpg
Chiesa di San Claudio al Chienti (XI secolo)
Altre denominazioni Abbazia di San Claudio al Chienti
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Marche
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Marche
Provincia Macerata
Comune Corridonia
Diocesi Fermo
Religione Cattolica
Indirizzo Via San Claudio, 18
62014 Corridonia (MC)
Telefono +39 0733 283260
Oggetto tipo Chiesa
Oggetto qualificazione parrocchiale
Dedicazione san Claudio
Fondatore Vescovo di Fermo
Data fondazione XI secolo, secondo - terzo quarto
Stile architettonico Romanico, gotico
Inizio della costruzione XI secolo, secondo - terzo quarto
Strutture preesistenti Edificio romano (forse un tempio)
Pianta croce greca iscritta in un quadrato
Materiali Laterizi, pietre bianche
Altitudine 87 m. s.l.m.

La Chiesa di San Claudio al Chienti è un edificio sacro, situato nel comune di Corridonia (Macerata), in posizione isolata, nella media valle del fiume Chienti: essa rappresenta una delle più importanti e significative testimonianze dell'architettura romanica nelle Marche, ancora integra nella sua conformazione originaria ed inserita in un paesaggio intatto.

Storia

Nella zona sorgeva la città romana di Pausulae, ricordata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia (III, 111) tra quelle della regio V augustea,[1] sede vescovile nel V secolo, distrutta dai Goti o dai Longobardi nel secolo successivo.

La chiesa, dedicata a san Claudio, eretta nel VI o VII secolo sulle rovine di un edificio (forse un tempio) del municipio romano, fu ricostruita tra il secondo e terzo quarto dell'XI secolo, utilizzando in parte materiali di spoglio di Pausulae.

L'edificio, che ricadeva nel territorio della Diocesi di Fermo, venne fatto costruire in un luogo strategicamente importante, secondo alcuni studiosi dal vescovo Uberto (ante 996 - post 1044), mentre per altri da Udalrico (1057 - 1074), un presule di probabili origini germaniche.

La nuova struttura venne progettata a due piani in rispetto alla duplice destinazione che San Claudio doveva avere: la chiesa inferiore continuava, come quella originaria, ad avere la sua funzione di pieve, aperta ai fedeli del territorio, mentre quella superiore diventava una vera e propria cappella privata al servizio del vescovo, che soggiornava periodicamente nel palazzo adiacente.

Documentata fin dall'XI secolo, fu sempre una pieve, e non un'abbazia: infatti, le fonti escludono che vi sia mai stata ospitata una congregazione monastica di qualsiasi tipo. La denominazione di abbazia gli venne attribuita nel XVIII secolo per l'imponenza dell'edificio e per la sua vasta tenuta agricola.

L'edificio è stato completamente restaurato nel 1925-1926.

Descrizione

Chiesa di San Claudio al Chienti (pianta)

Esterno

La chiesa, costruita in laterizi intervallati da pietre bianche, presenta una facciata a due torri angolari scalari cilindriche (altezza 16 m e diametro 4,5 m), aperte in alto da monofore e bifore (opera in gran parte di restauro), forse ispirate alla Basilica di San Vitale a Ravenna, che trova, comunque, analogie nelle Marche in San Vittore alle Chiuse e Santa Maria delle Moie; inferiormente essa è preceduta da un corpo aperto da un ampio portale, che dà accesso alla chiesa inferiore, sopra il quale si estende il terrazzo, raggiungibile per un'ampia scala a destra, aggiunta nel XVIII secolo: questo precede la chiesa superiore con uno splendido portale, in pietra d'Istria, del XIII secolo. La facciata compresa tra le due torri è stata, da molti studiosi, interpretata come una libera ripresa del westwerk nordico,[2] dimostrando così la particolare attenzione di questo cantiere non solo all'orbita orientale, ma anche a quella di ascendenza germanica.

La cortina esterna presenta lungo il perimetro cinque absidi semicircolari: tre solidi absidi si levano sul lato posteriore, mentre sporge un'absidiola, decorata da archetti e lesene, su ciascun fianco. Sopra la costruzione, al centro, originariamente svettava un tiburio ottagonale.

Alla chiesa si addossa un edificio oggi adibito ad albergo.

Interno

La chiesa, orientata (ossia con l'abside centrale rivolto a Est), internamente si articola su due livelli identici sovrapposti che presentano entrambi una pianta a croce greca iscritta in un perimetro quadrato, con tre absidi semicircolari nel lato posteriore e due absidiole semicircolari in quelli laterali, secondo un modello di derivazione bizantina: lo schema perimetrico, pur nei diversi risultati formali d'alzato, non è del tutto insolito nelle Marche ripetendosi con poche varianti in altre tre chiese: Santa Croce dei Conti, San Vittore alle Chiuse e Santa Maria delle Moie.[3]

Chiesa inferiore

Il centro della chiesa inferiore è delineato da quattro grandi pilastri, che la dividono in nove campate coperte da volte a crociera, separate da arcate a tutto sesto.

Chiesa di San Claudio al Chienti (pianta)

L'interno, è quasi del tutto privo di decorazioni architettoniche e iconografiche, solo nella calotta dell'abside centrale vi sono due dipinti murali raffiguranti:

Chiesa superiore

Alla chiesa superiore si accede sia dall'esterno che per due scalette a chiocciola poste nelle torri cilindriche; anche questa aula ecclesiale superiore è priva di decorazione, solo una navata ha le volte a crociera, le altre sono coperte da capriate lignee.

Curiosità

Secondo alcuni studiosi, l'attuale chiesa sarebbe identificabile con la Cappella palatina della reggia imperiale di Aquisgrana ai tempi di Carlo Magno. In sostanza sarebbe stata la sede della corte carolingia ed epicentro del Sacro Romano Impero. La ricerca che ormai prosegue da molti anni, ha suscitato l'interesse di molti, anche se la gran parte degli storici non riconoscono alcuna fondatezza a tale ipotesi.

Note
  1. Cfr. Simone Sisani, Umbria, Marche, in "Guide Archeologiche Laterza", Laterza, Bari, 2006, p. 356
  2. Lo schema architettonico della facciata, raro in Italia, a West Werk indica un prospetto con due torri, un motivo derivante dalla cultura carolingia ed ottomana.
  3. Per la simbologia cristiana, il numero quattro rimanda ai quattro bracci della croce (uguali tra loro in quella greca), ai punti cardinali, alle fasi lunari, agli elementi naturali (aria, acqua, terra e fuoco), ai quattro Vangeli, ecc. Il quattro, numero della solidità, regola le opere di costruzione e la figura geometrica del quadrato (formato da quattro lati fra loro uguali) il simbolo dello spazio delimitato dal terreno e rappresenta la situazione umana. La forma tendenzialmente cubica dei quattro edifici religiosi fu adottata, probabilmente, per simboleggiare la Gerusalemme celeste di cui san Giovanni parla nell’Apocalisse (21,10-21): una città di forma cubica, cinta da mura nelle quali sono aperte dodici porte e che scenderà sulla terra alla fine dei tempi. Anche le due torri a pianta circolare ai lati della facciata – rari in Italia, ma spesso presenti nelle chiese medievali dell'Europa settentrionale – hanno valore simbolico: alludono, infatti, alle torri che, nelle antiche cinte murarie, affiancavano le porte cittadine e quindi, in questo caso, richiamano "la porta" che introduce alla Gerusalemme celeste. In questa e nelle altre ricordate tre chiese romaniche marchigiane è presente un altro richiamo alla simbologia religiosa connessa con i numeri: in tutte furono costruite cinque absidi, e il numero cinque allude alle ferite di Gesù Cristo crocifisso causate dai chiodi e dalla lancia.
Bibliografia
  • AA.VV., Le vie dei pellegrini. Itinerari religiosi e spirituali nelle Marche del Giubileo, Studio Lito, Città di Castello, 1997, 123-124, ISBN 9788876632530
  • Hildegard Sahler, San Claudio al Chienti e le chiese romaniche a croce greca iscritta nelle Marche, Editore: Lamusa, Ascoli Piceno, 2006 ISBN 9788888972176
  • Marche, Touring Club Italiano (a cura di), in "Guide Rosse", Touring, Milano, 489-49, ISBN 9770390107016
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 6 dicembre 2018 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.