Chiesa di Santa Maria delle Moie (Maiolati Spontini)
Chiesa di Santa Maria delle Moie | |
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Chiesa di Santa Maria delle Moie, lato nord-orientale | |
Altre denominazioni | Abbazia di Santa Maria delle Moie |
Stato | Italia |
Regione | Marche |
Provincia | Ancona |
Comune | Maiolati Spontini |
Località | Moie |
Diocesi | Jesi |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Piazza S. Maria, 6 Loc. Moie 60030 Maiolati Spontini (AN) |
Telefono | +39 0731 70028 |
Proprietà | Parrocchia di Santa Maria delle Moie |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | parrocchiale |
Dedicazione | Maria Vergine |
Fondatore | famiglia Attoni-Alberici-Gozoni |
Data fondazione | XI secolo |
Stile architettonico | Romanico e gotico |
Pianta | croce greca |
Materiali | pietra arenaria giallastra |
Altitudine | 114 m s.l.m. |
La Chiesa di Santa Maria delle Moie è un complesso monumentale, che ospitò un monastero benedettino, del quale oggi rimane sostanzialmente la sola chiesa, situato nel comune di Maiolati Spontini (Ancona), nella media valle del fiume Esino.
Toponimo
L'abbazia, era ubicata in mezzo ad una selva chiamata Santa, al margine della riva sinistra del fiume Esino, in un'area detta "delle Moie" dall'antico termine vernacolare moja (ossia, zona paludosa) da cui il nome del monastero stesso e successivamente del centro abitato.
Storia
Origini e fondazione dell'abbazia
L'abbazia fu probabilmente fondata all'inizio del XI secolo dalla famiglia Attoni-Alberici-Gozoni come monastero benedettino e la sua erezione fu l'occasione di rinascita per il territorio circostante. Il cenobio si trovava in pianura, nei pressi di una antica zona paludosa che si estendeva lungo l'Esino chiamata molie, da cui derivò il nome: in un documento del 1219 viene, infatti, chiamata Molie Sancta Mariae plani, con riferimento anche alla zona pianeggiante in cui era ubicata. L'abbazia confinava con una zona boscosa indicata come Silva Carpineta; non lontano si trovava un ponte che consentiva il passaggio sulla riva destra del fiume Esino.
Nei secoli XI e XII l’abbazia ricevette numerose donazioni e lasciti: infatti, secondo il catasto fatto redigere nel 1295 dal Leonardo Patrasso, vescovo di Jesi, risulta che Santa Maria delle Moie possedeva terreni per una superficie di circa 165 ettari e quattro mulini vicini al monastero. Il vasto patrimonio del cenobio crebbe ulteriormente nel XV secolo, quando raggiunse un'estensione di 428 ettari.
Da monastero a parrocchia
Durante la guerra tra Jesi e la ghibellina Fabriano, ebbero luogo nel 1305 sanguinose battaglie nel corso delle quali venne distrutto il castello delle Moie e, forse, venne danneggiato anche il monastero. I monaci vi restarono fino al 1456, quando l'abbazia passò sotto il capitolo della Cattedrale di Jesi.
La chiesa fu restaurata nel 1524 dal canonico Girolamo I, priore del capitolo della Cattedrale, come documenta l'epigrafe posta sopra l'arco di ingresso della chiesa: questi realizzò il progetto di risistemazione voluto dallo zio, il vescovo Tommaso Ghislieri, che però morì nel 1505 prima di vederlo iniziato. Nella chiesa attuale, sebbene, sia stata trasformata, è comunque riconoscibile il suo aspetto cinquecentesco: in questo periodo venne rinnovata soltanto la parte superiore del corpo occidentale, per la cui trasformazione furono utilizzate alcune antiche mura. Nella parte rimanente non venne modificato nulla. Nell'angolo nord-occidentale della facciata sono riconoscibili direttamente sotto il tetto alcuni archi murati, tre a nord e uno all'angolo nord del lato occidentale. L'accurata lavorazione delle aperture a pieno sesto con mattoni murati a raggio, così come la loro disposizione delle parti del canto del muro fanno pensare alla presenza di una loggia.
Nel 1527 sopra l'atrio della chiesa venne costruita una casa ad uso abitazione del sacerdote, che aveva la cura delle anime dopo l'unione del monastero al capitolo della Cattedrale, che ha completamente coperto e devastato la facciata.
Il 1 gennaio 1600 il vescovo Marco Agrippa Dandini (1599 - 1603) elevò la chiesa a parrocchia, decretando definitivamente la fine dell'abbazia benedettina.
Nel XVII secolo, probabilmente per rimediare alla distruzione della facciata, la chiesa venne "girata", approfittando dell'assenza del piano rialzato per il presbiterio, creando l'ingresso alla chiesa sul meridionale e l'altare maggiore sul lato settentrionale.
Dal Settecento ad oggi
Il terremoto del 1741 provocò gravi danni alla chiesa e la distruzione definitiva del monastero.
Nel 1752 vi era un forte pericolo di crollo delle volte della chiesa, per questo il vescovo Antonio Fonseca (1724 - 1765), in occasione della visita pastorale nel 1755, propose la ristrutturazione della copertura e del campanile poiché, soprattutto intorno all'altare maggiore, vi erano forti rischi di cadute e cedimenti della struttura. In questa occasione l'abside orientale centrale venne sostituita da un muro dritto con un modesto portale barocco, le navate laterali furono munite di grandi finestre e fu chiusa la loggia che dette alla canonica un ambiente in più, ma privò l'edificio di un interessante elemento architettonico.
Importanti lavori di ristrutturazione e radicali interventi di restauro, condotti dal 1919 al 1924, hanno restituito parzialmente la chiesa al suo antico splendore. In questa occasione, l'edifico venne anche riportato all'originario orientamento, ossia con l'altare maggiore sul lato orientale, ma non senza creare alcuni guasti alla struttura dell'aula ecclesiale.
Gravemente danneggiata dagli eventi sismici del 26 settembre 1997, è stata recentemente sottoposta ad un radicale intervento, che ha riguardato sia il consolidamento statico che il restauro della struttura architettonica.
Descrizione
Chiesa
Esterno
La chiesa, costruita in pietra arenaria giallastra, presentava una facciata a due torri, purtroppo sfigurata nella parte superiore dalla costruzione della canonica nel 1527, mentre resta la parte inferiore, percorsa da lesene, nella quale si apre l'atrio a pianta quadrata, e alla cui sinistra accoglie la superstite base del campanile cilindrico (aggiunto nel XVI secolo), con scala a chiocciola.
L'edificio presenta esternamente una navata centrale sopraelevata rispetto alle laterali e cuspidata nel retro, che fa pensare ad un impianto basilicale del quale non c'è traccia all'interno dell'aula ecclesiale. La stessa fuga degli archetti pensili nella cortina esterna accentua il percorso in senso longitudinale per nulla disturbato dalla presenza sui fianchi delle due absidiole, affiancate da due contrafforti la cui sporgenza non è però tale da far comprendere la planimetria interna, decisamente centrata sul tema della croce greca.
La chiesa è preceduta da un profondo nartece (atrio porticato), a pianta quadrata e coperto a crociera, in fondo al quale si trova il portale: questo presenta tre archivolti a pieno centro, dei quali l'esterno e l'interno sono decorati a motivi fitomorfi gotici con capitelli a volute ed intrecci, sorretti da stipiti e colonnine.
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta una pianta a croce greca iscritta in un perimetro quasi quadrato, con tre absidi semicircolari nel lato orientale, un'absidiola semicircolare in quello meridionale e un'altra simile nel settentrionale, secondo un modello di derivazione bizantina: lo schema perimetrico, pur nei diversi risultati formali d'alzato, non è del tutto insolito nelle Marche ripetendosi con poche varianti in altre tre chiese abbaziali: Santa Croce dei Conti, San Vittore alle Chiuse e San Claudio al Chienti.[1]
Il centro dell'edificio sacro è delineato da quattro grandi pilastri a fascio compositi, che la dividono in tre navate e in nove campate equivalenti, coperte da volte a crociera le sei laterali e a botte a sesto rialzato le tre centrali, mentre gli archi absidali sono a tutto sesto; l'insieme, di grande slancio, è movimentato dalle absidiole laterali (in corrispondenza dei bracci della croce greca iscritta) e dalle tre absidi della parete di fondo, aperte ciascuna da una monofora semplice leggermente strombata.
All'interno, si conserva nell'abside meridionale di particolare interesse storico-artistico:
- Sant'Antonio abate in cattedra (XVI secolo), affresco di ambito marchigiano: questo dipinto murale è l'unica testimonianza superstite del tessuto decorativo della chiesa.
Monastero
Del monastero, a destra della chiesa, rimangono solo due ambienti: uno rettangolare con volta a botte collegato ad una stanza sotterranea da una scala; l'altro, comunicante con il primo e accessibile anche dal cortile, a pianta quadrangolare e con volte a crociera.
Note | |
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Bibliografia | |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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