Basilica di San Vitale (Ravenna)
Basilica di San Vitale | |
Bene protetto dall'UNESCO | |
Basilica di San Vitale, prospetto settentrionale | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Emilia Romagna |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Emilia Romagna |
Provincia | Ravenna |
Comune | Ravenna |
Diocesi | Ravenna-Cervia |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via San Vitale, 17 48121 Ravenna (RA) |
Telefono | 800 303 999 |
Posta elettronica | info@ravennamosaici.it |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Arcidiocesi di Ravenna-Cervia |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | San Vitale martire |
Fondatore | Ecclesio vescovo, Giuliano Argentario |
Data fondazione | 525 |
Stile architettonico | Paleocristiano e bizantino |
Inizio della costruzione | 525 |
Completamento | 547 |
Data di consacrazione | 17 maggio 547 |
Consacrato da | Massimiano arcivescovo |
Strutture preesistenti | Sacello di San Vitale (V secolo) |
Pianta | ottagonale |
Materiali | laterizi |
Coordinate geografiche | |
Italia | |
Patrimonio dell'umanità | |
Denominazione principale UNESCO | |
Monumenti paleocristiani di Ravenna Early Christian Monuments of Ravenna | |
Tipologia | Culturali |
Criterio | (i) (ii) (iii) (iv) |
Pericolo | Bene non in pericolo |
Anno | 1996 |
Scheda UNESCO |
inglese francese |
La Basilica di San Vitale è una chiesa, situata nel centro storico di Ravenna, considerata tra le massime testimonianze dell'arte paleocristiana in Italia, frutto del geniale inserimento di moduli costruttivi bizantini in forme spaziali tipiche dell'architettura romana.
Storia
La basilica, intitolata a san Vitale, sorge su un precedente sacello dedicato al martire, eretto nel luogo in cui, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, venne ucciso.
La chiesa fu eretta nel 525, vivente ancora Teodorico, per volontà di Ecclesio (522 - 533), vescovo di Ravenna, grazie al finanziamento del banchiere greco Giuliano l'Argentario (come poi avverrà per Sant'Apollinare in Classe), arricchitosi nella guerra greco-gotica, che la finanziò con 26.000 soldi d'oro.
San Massimiano, eletto arcivescovo di Ravenna da Giustiniano nel 546, per portare avanti il suo programma religioso e politico, continua l'opera iniziata da Ecclesio e conclude la decorazione musiva della chiesa di San Vitale, che verrà da lui stesso consacrata il 17 maggio 547.
Nel 1935 la Basilica di San Vitale è stata eretta a parrocchia.
Il 7 ottobre 1960 papa Giovanni XXIII l'ha elevata alla dignità di Basilica minore.[1]
Descrizione
Esterno
La Basilica di San Vitale è quella che più di ogni altra, a Ravenna, si richiama ai grandi esempi monumentali paleocristiani e, in particolare a San Lorenzo di Milano.
All'esterno, la chiesa si presenta semplice e disadorna essendo costruita in soli laterizi,[2] mentre la struttura ha una forma complessa: è costituita da un corpo ottagonale con un tiburio sopraelevato, ugualmente ottagonale, che ingloba e nasconde la cupola. Le facce del corpo esterno, aperte da due ordini di ampie finestre e rinforzate da contrafforti che si ispessiscono in corrispondenza degli spigoli, sono divise in orizzontale da una cornice dentellata in due parti corrispondenti al doppio loggiato interno e in verticale per mezzo di lesene in tre settori.
Dalla forma geometrica del nucleo principale emergono altri corpi rigorosamente definiti: il tiburio sopraelevato, ugualmente ottagonale, e l'abside semicircolare internamente e poligonale esternamente, affiancata da ambienti gemelli a pianta circolare.
L'edifico ha una pianta ottagonale preceduta, un tempo, da un quadriportico, ma attualmente solo dall'ardica (o esonartece) a forcipe[3] che si dispone tangente al lato frontale dell'ottagono e ad un angolo del perimetro, affiancato da due torri scalari.
Il campanile, aggiunto sopra la torre destra, risale al X secolo, ma è stato parzialmente ricostruito nel 1696 dopo il grave terremoto del 1688.
Interno
Aula ecclesiale
All'interno, a pianta ottagonale, è iscritto un secondo ottagono, con i lati che si dispongono come i petali di un fiore aprendosi in sette esedre, traforate da un doppio ordine di arcatelle e racchiuse entro grandi archi sostenuti da pilastri angolari, che producono un'espansione radiale pluridirezionale: le inferiori corrispondenti all'ambulacro, le superiori al matroneo.
Lo spazio centrale è sormontato da una cupola emisferica raccordata al tamburo ottagonale dai pennacchi e sostenuta da otto pilastri rivestiti di marmo greco (in gran parte rinnovati nel XIX secolo). La cupola ha una leggere struttura, costituita da tubi cavi in terracotta inseriti in orizzontale gli uni negli altri e presenta una decorazione pittorica realizzata tra il 1778 e il 1782, opera degli artisti Serafino Barozzi, Ubaldo Gandolfi e Jacopo Guarana.
Due sono gli ingressi che si aprono su due lati adiacenti dell'ottagono esterno. Di fronte ad uno di essi è il presbiterio seguito dall'abside, affiancata da due ambienti gemelli, caratteristici delle basiliche bizantine, detti pastoforia:
- a sinistra (generalmente sul lato settentrionale, dato che l'abside delle chiese antiche è sempre ad est), è chiamato prothesis (dal greco protithemi, porre avanti), ove si conservavano le offerte dei fedeli e si preparavano le funzioni liturgiche;[4]
- a destra (di solito, sul lato meridionale), detto diaconicon (dal greco diakonikòn, appartenente al diacono), dove si custodiva l'Eucarestia (pane e vino consacrati) e la suppellettile liturgica (vasi e paramenti sacri).[5]
Il pavimento attuale risale al XVI secolo, quando venne rifatto rialzandone il livello per ovviare alla frequente infiltrazione delle acque; i restauri lo hanno riportato alla quota primitiva, adattandovi al centro due spicchi di mosaico del pavimento originale rinvenuti nel corso dei lavori.
Il complesso, già straordinariamente mosso e leggero per il ripetersi degli archi, doveva esserlo in misura maggiore quando non era ancora parzialmente interrato e le colonne poggiavano su alte basi a gradini. Del resto tutto contribuisce ad alleggerire il peso delle masse strutturali: i pulvini - decorati con coppie di animali affrontati ai lati di una croce o che bevono da un kantaros - che staccano l'arco, quasi sollevandolo e sospingendolo in alto, e soprattutto i capitelli, i quali, persa la forma classica greco-romana, assumono quella di cesti, traforati come se fossero fragili trine marmoree sulle quali non gravi alcun peso. Oltre ai splendidi mosaici, completano la decorazione interna i marmi policromi, gli stucchi e le balaustre del matroneo, traforate finemente.
Lungo l'ambulacro si notano:
- entro una nicchia, Resti del sacello primitivo: un ambiente, rinvenuto nel 1911 (oggi ricolmo d'acqua), ascrivibile, in considerazione del suo livello (alla stessa quota del Mausoleo di Galla Placidia) alla prima metà del V secolo; un frammento del pavimento originale musivo, pertinente ad esso e databile al V secolo, opera di maestranze ravennati,[6] è addossato alla parete perimetrale dell'ambulacro, decorato con motivi geometrici e con un riquadro centrale raffigurante:
- Kantharos biansato circondato da elementi vegetali e volatili;
- Due pavoni contrapposti.
- addossato alla parete perimetrale, Sarcofago dell'esarca Isacio, morto nel 643.
Grande protagonista è la luce, che penetrando da diverse angolazioni determina un gioco luministico che appare imprevedibile. Questo effetto doveva moltiplicarsi all'infinito quando la basilica era ricoperta di mosaici. Lo sfarzo crea un effetto di sfavillio che sembra annullare il peso della costruzione in una dimensione quasi soprannaturale. Ciò è tipico della corte imperiale bizantina, mentre altri elementi, come la cupola alleggerita da tubi fittili, sono frutto dell'esperienza italiana, per cui si presume che alla basilica lavorarono maestranze sia locali che venute da oriente.
Maestranze ravennati, Evangelisti e simboli (540 - 547 ca.), mosaico
Presbiterio
Le pareti e le volte del presbiterio sono ricoperti da splendidi mosaici eseguiti tra il 540 ed il 547 da maestranze ravennati, tra i quali si notano:
- nell'intradosso del grande arco trionfale, Busti di Gesù Cristo pantocratore, Apostoli, santi Gervasio e Protasio:[7] entro quindici clipei, la cui cornice cambia alternativamente di colore (oro-marrone e bianco-grigio-azzurro), sono racchiusi tutti i personaggi identificati da un'epigrafe, tranne Cristo, che è collocato al sommo dell'arco; accanto a lui sono san Pietro e san Paolo, e gli altri Apostoli; i santi Gervasio e Protasio, figli di san Vitale, sono invece i primi che si incontrano partendo dal basso, uno per parte.
- sulla volta, Agnello di Dio e quattro angeli reggiclipeo tra girali d'acanto, pavoni e uccelli;[8]
- nella parete settentrionale,
- nell'arco soprastante la trifora del matroneo, Kantharos con tralci di vite e colombe;[9]
- a sinistra della trifora, San Giovanni evangelista e l'aquila;[10]
- a destra della trifora, San Luca evangelista e il toro;[11]
- sopra la lunetta, Angeli con croce apocalittica:[12] le figure dei due angeli, che si librano in volo e sorreggono un clipeo dal bordo policromo, contenente un'aurea croce latina gemmata dal cui braccio trasversale pendono due omega, sottolineano la vittoria dell'ortodossia sull'arianesimo e l'esaltazione del dogma trinitario, al quale allude la triplice colorazione della cornice esterna del clipeo;
- nella lunetta, Storie della vita di Abramo:[13] la scena raffigura due diversi episodi narrati nella Genesi (17,2-14; 22,2-13): l'accoglienza di Abramo ai tre angeli a Mambre e il sacrificio di Isacco;
- a sinistra della lunetta, Profeta Geremia;[14]
- a destra della lunetta, Mosè riceve da Dio la Legge (in alto) e Il popolo d'Israele (in basso);[15]
- nella parete meridionale,
- nell'arco soprastante la trifora del matroneo, Kantharos con tralci di vite e colombe;[16]
- a sinistra della trifora, San Matteo evangelista e l'angelo;[17]
- a destra della trifora, San Marco evangelista e il leone;[18]
- sopra la lunetta, Angeli con croce apocalittica;[19]
- nella lunetta, Sacrifici di Abele e Melchisedec:[20] nella scena al centro, si nota un altare, sul quale sono posti due pani e un calice, a sinistra si trova Abele (Gen 4,4 ), mentre porge verso il cielo un agnello, e a destra Melchisedec (Gen 14,18 ), che innalza un pane. Il sacrificio di Abele è visto come archetipo di quello di Cristo, mentre quello di Melchisedech come prefigurazione del sacrificio eucaristico.
- a sinistra della lunetta, Mosè nel roveto ardente (in alto) e Mosè pascola il gregge dello suocero Jetro (in basso);[21]
- a destra della lunetta, Profeta Isaia;[22]
Al centro del presbiterio,
- Altare (VI secolo) con una mensa formata da una splendida lastra di alabastro trasparente, sorretta da quattro colennette del 1932, e un paliotto marmoreo scolpito a bassorilievo raffigurante Due agnelli affrontati ai lati di una croce.
Abside
Anche le pareti e le volte dell'abside sono ricoperti da splendidi mosaici eseguiti tra il 540 ed il 547 da maestranze ravennati, tra i quali si notano:
- sulla fronte dell'arco:
- al centro, Angeli con monogramma cristologico;[23]
- ai lati, Gerusalemme e Betlemme:[24][25] le due città sono raffigurate con mura auree e turrite, dal perimetro esagonale, di fronte alle quali si erge un cipresso, simbolo di eternità.
- nel catino absidale, Teofania con Gesù Cristo cosmocratore, due arcangeli, san Vitale martire e il vescovo Ecclesio:[26] Cristo (giovane ed imberbe, secondo un'iconografia tardo-antica) è fiancheggiato da due arcangeli, che gli presentano san Vitale, a destra, che con le mani velate è ritratto nell'atto di ricevere la corona del martirio, mentre dalla parte opposta, il vescovo Ecclesio, cioè colui che ha dato inizio alla costruzione della chiesa, rappresentato nell'atto di offrirne il modello a Cristo stesso;
- sulle pareti laterali, L'imperatore Giustiniano e il suo seguito (a sinistra)[27] e L'imperatrice Teodora e il suo seguito (a destra):[28] i due pannelli, leggermente concavi per essere posti all'innesto della conca absidale, raffiguranti Giustianiano con una patena d'oro, e la consorte, l'imperatrice Teodora con un calice gemmato, accompagnati da dignitari e dame: nel primo, tra i personaggi del corteo notevole è la figura di san Massimiano (individuato dall'epigrafe sopra il suo capo) con tunica bianca e pallio dorato, l'uomo barbato è tradizionalmente indicato come il generale Belisario, mentre gli altri sono variamente identificati dagli studiosi come Anastasio (nipote di Teodora), Narsete, Giuliano l'Argentario o il prefetto del pretorio per l'Italia; nel secondo, le due dame alla sinistra di Teodora sono generalmente riconosciute come Antonina e Giovannina, moglie e figlia di Belisario. Le processioni dell'imperatore e dell'imperatrice, diademati e nimbati, con i loro seguiti vengono interpretate come "oblatio Augusti et Augustae", ossia l'offerta del calice e della patena fatta dalla coppia imperiale alla chiesa in occasione della consacrazione di S. Vitale oppure come offerta eucaristica degli stessi durante la celebrazione della Messa. Si tratta, comunque, dell'omaggio degli Imperatori a Cristo cosmocratore, rappresentato nel catino absidale verso il quale si dirigono, da cui trae origine il loro potere, ma essi sono anche tramite fra Dio e suo popolo. L'idea di subordinazione dei sovrani rispetto a Gesù, è sottolineata dalla posizione ribassata dei due pannelli in confronto alla conca absidale, secondo una logica tipicamente bizantina che tende a collocare nelle parti più basse dell'edificio le immagini di carattere terreno e storico. La tecnica rappresentativa è molto schematica (si noti, ad esempio, l'insolita prospettiva della porta con la tenda scostata per permettere il passaggio del corteo dell'imperatrice). Tuttavia, numerosi elementi contribuiscono a rendere la presenza dei sovrani senza tempo, fra i quali si ricordano, in particolare: la bidimensionalità, la preziosità delle vesti, la ripetitività dei gesti, la ieraticità dei due protagonisti, la solennità degli altri, la mancanza di un verosimile piano d'appoggio, il fondo d'oro che rende lo spazio irreale ed infinito.
Nella parte inferiore dell'abside, i restauri eseguiti tra il 1900 e il 1904 ricostruirono, sulla scorta di resti originali e di documenti, il rivestimento a tarsie, con dischi di porfido cinti di ornati a madreperla e smalto, divisi da lesene di serpentino; il monogramma più volte riportato è quello è forse quello di Giuliano l'Argentario. Al centro, la moderna cattedra episcopale marmorea, ripresa da quella della Basilica Eufrasiana di Parenzo (Croazia)
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