Abbazia di Santa Croce dei Conti (Sassoferrato)
Abbazia di Santa Croce dei Conti | |
Abbazia di Santa Croce dei Conti, complesso monastico | |
Stato | Italia |
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Regione | Marche |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Marche |
Provincia | Ancona |
Comune | Sassoferrato |
Località | Trapozzo |
Diocesi | Fabriano-Matelica |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Strada Vicinale di S.Croce 63 Loc. Trapozzo 60041 Sassoferrato (AN) |
Telefono | +39 333 4211899 |
Posta elettronica | info@comune.sassoferrato.an.it |
Proprietà |
Stato italiano (chiesa); proprietà privata (monastero) |
Oggetto tipo | Abbazia |
Oggetto qualificazione | benedettina |
Dedicazione | Santa Croce |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. |
Sigla Ordine reggente | O.S.B. |
Fondatore | conti Atti di Sassoferrato |
Data fondazione | XII secolo |
Stile architettonico | Romanico e gotico |
Inizio della costruzione | XII secolo |
Strutture preesistenti | Tempio romano |
Materiali | pietra calcarea |
Coordinate geografiche | |
Marche | |
L'Abbazia di Santa Croce dei Conti è un complesso monumentale, che ospitò un monastero benedettino, situato nel comune di Sassoferrato (Ancona): il cenobio sorge, in posizione sopraelevata, nei pressi della confluenza dei torrenti Sanguerone e Marena nel fiume Sentino.
Denominazione
La denominazione precisa dell'abbazia è Santa Croce di Tripudio, ma nel linguaggio corrente è normalmente denominata "dei Conti", dizione che rimanda alla sua fondazione con l'erezione del castello di Sassoferrato per volontà della famiglia degli Atti.
Storia
Le frammentarie documentazioni storiche di cui si dispone sull'abbazia non aiutano a comprendere a fondo la reale evoluzione del cenobio: questa venne probabilmente fondata dai conti Atti, signori di Sassoferrato, alla fine del XII secolo per i monaci benedettini, e costruita da maestranze lombarde sopra i resti di un tempio romano con materiali di spoglio, provenienti dall'antico e vicino municipio di Sentinum.
Da una bolla di papa Innocenzo IV (1243 - 1254) sappiamo che la comunità monastica di Santa Croce era sotto la diretta protezione della Sede Apostolica.
Il periodo di maggior splendore e floridezza economica fu fra il XIII e il XIV secolo, quando l'abbazia espanse rapidamente la sua influenza e giunse ad avere alle proprie dipendenze circa 50 chiese e molti priorati in diverse diocesi, fra cui quelle di Camerino, di Nocera Umbra e Senigallia, e vasti possedimenti, costituiti da lasciti e donazioni, verso la zona della Marca, da Arcevia fino a Serra dei Conti: inoltre, con quest'ultima località vi furono anche dei contatti di tipo religioso, tanto è vero che alcuni monaci di S. Croce, hanno esercitato il proprio servizio pastorale in questa zona. A tale epoca, l'abbazia fu anche un importante centro di spiritualità, tanto che accolse nel monastero molti religiosi, compresi due beati: Alberto da Sassoferrato († 1350) e Gherardo di Serra dei Conti (1280 ca. - 1367).
Nel 1448 papa Niccolò V cede il monastero con tutte le sue rendite al conte Pandolfo degli Atti: è questo l'inizio della commenda che segna il principio della decadenza dell'abbazia.
Nel 1613 Paolo V inserisce il cenobio nella Congregazione Camaldolese.
Nel 1808 il monastero subì la soppressione napoleonica, ma i monaci vi rientreranno nel 1821. Nel 1860 verrà nuovamente soppresso e i suoi beni incamerati dallo Stato italiano.
Descrizione
Esternamente non si distingue l'andamento del perimetro originario del complesso, poiché i restauri, gli ampliamenti, il diverso modo di vivere il cenobio, né hanno cambiato l'immagine. La struttura monastica ha inglobato quella originaria e nel corso dei secoli, nuovi edifici si sono addossati ai precedenti cambiandone la configurazione.
Chiesa
La chiesa, inglobata all'interno del complesso monastico, rappresenta una delle più importanti testimonianze d'architettura romanica delle Marche. Gravemente danneggiata dagli eventi sismici del 26 settembre 1997, è stata recentemente restituita al suo antico splendore da un radicale intervento, che ha riguardato sia il consolidamento statico e la struttura architettonica, sia i restauri degli elementi lapidei (capitelli, paraste) e delle decorazioni parietali.
Esterno
La chiesa è preceduta da un profondo nartece (atrio porticato), voltato a botte, che introduce al portale di accesso il quale presenta una complessa modanatura formata da tre archivolti, a tutto sesto concentrici, decorati a motivi geometrici e fitomorfi poggianti su due capitelli con Aquile e Leoni che ghermiscono tre cobra.
La lunetta, che sovrasta il portale d'ingresso, è decorata con un dipinto murale raffigurante:
- Madonna con Gesù Bambino e due angeli (XV secolo), affresco, attribuito a Giovanni Antonio da Pesaro.[1]
Sul lato sinistro è impostato il possente campanile, aperto sulla sommità da quattro grandi monofore, costruito nel XIV secolo e poi modificato nel 1607: originariamente doveva avere anche una funzione protettiva, scelta che si riscontra anche in altri complessi monastici.
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta una pianta a croce greca iscritta in un perimetro quasi quadrato, con tre absidi nel lato orientale, due su quello meridionale e una su quello settentrionale, secondo un modello di derivazione bizantina: lo schema perimetrico, pur nei diversi risultati formali d'alzato, non è del tutto insolito nelle Marche ripetendosi con poche varianti in altre tre chiese: S. Maria delle Moie, San Vittore alle Chiuse e S. Claudio al Chienti.[2]
Il centro della chiesa è delineato da quattro grandi pilastri, compositi, addosso a ciascuno dei quali sono collocate due semicolonne in granito e pietra calcarea, provenienti da Sentinum, sormontate da pregevoli capitelli di derivazione lombarda, databili tra il XII e il XIII secolo, scolpiti in calcare bianco, che presentano motivi geometrici, fitomorfi, zoomorfi e antropomorfi, con bestiari e animali fantastici, ed uno, con l'unica scena sacra, che rappresenta la Crocifissione di Gesù Cristo, tema strettamente legato alla dedicazione della chiesa.
Secondo gli studiosi la chiesa doveva avere una copertura con tetto a doppio spiovente e tiburio ottagonale all'incrocio tra le absidi aperte sui muri longitudinali delle navate minori (come la Chiesa di San Vittore a Genga). Sono originali di epoca romanica i due ambienti quadrangolari voltati (uno a botte e l'altro a crociera), posti in controfacciata, ai lati dell'ingresso, illuminati da una monofora.
All'interno si conservano di particolare interesse storico-artistico:
- nel lato orientale:
- all'altare maggiore,
- Pala con San Benedetto da Norcia tra san Mauro, san Placido, san Pier Damiani, santa Scolastica e monaci benedettini; nella predella, Annunciazione, San Mauro mandato da san Benedetto da Norcia salva san Placido tirandolo per i capelli, San Benedetto da Norcia converte in serpe un fiasco di vino nascostogli da un garzone, Il monaco incostante e il dragone (1524), tempera su tavola di Pietro Paolo Agabiti.[3]
- Paliotto (XVII secolo), in legno intagliato, policromo e dorato.
- nell'abside a sinistra, dipinti murali del XV secolo, eseguiti ad affresco, di ambito marchigiano, raffiguranti:
- all'altare maggiore,
- nel lato settentrionale:
- entro una nicchia, Statua di san Rocco (seconda metà del XV secolo), in terracotta invetriata, di ambito marchigiano.
- nell'absidiola, dipinti murali della fine XIV secolo, eseguiti ad affresco, di ambito marchigiano, raffiguranti:
- in alto, Storie della vita di san Tommaso apostolo
- in basso: al centro, Madonna del latte; a sinistra, Madonna con Gesù Bambino e il Beato Alberto da Sassoferrato; a destra, Crocifissione di Gesù Cristo.
- nel lato meridionale:
- nella seconda absidiola, Pala con San Romualdo e san Pietro Orseolo[7] (fine del XVII secolo), olio su tela, attribuibile probabilmente ad Antonio Zanchi o al suo allievo Francesco Trevisani.
- nella controfacciata (lato occidentale), entro i due ambienti quadrangolari romanici, si conservano:
- Tabernacolo architettonico rinascimentale;
- Campana (primo quarto del XV secolo), in bronzo.
Sull'altare maggiore era originariamente collocato il celebre Polittico di Sassoferrato, attualmente custodito nella Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino, raffigurante:
- Madonna con Gesù Bambino in trono, San Girolamo, San Benedetto da Norcia, Santo Stefano, Sant'Elena, Crocifissione di Gesù Cristo, San Gherardo, San Pietro, Sant'Alberto degli Abati (?), San Paolo, Gesù Cristo redentore benedicente, Evangelisti, San Benedetto da Norcia visita santa Scolastica, Leggenda della vera Croce (terzo quarto del XV secolo), tempera su tavola, attribuita a Giovanni Antonio da Pesaro.[8]
Monastero
L'imponente e sobrio monastero (oggi di proprietà privata), a destra della chiesa, si articola attorno ad un chiostro rettangolare che presenta evidenti tracce romaniche e gotiche, ed aveva anche tutti gli altri elementi comuni ai cenobi: sala capitolare, refettorio, dormitorio, biblioteca, foresteria e magazzino.
Il complesso è stato recentemente sottoposto ad un radicale intervento di restauro, che ha riguardato sia il consolidamento statico che la struttura architettonica.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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